SKINLESS - "Foreshadowing Our Demise"
(Relapse/SELF)

95/100

TRACKLIST: Foreshadowing Our Demise / Smothered / The Optimist / Salvage What’s Left / Tug of War / Intestine / Affirmation of Hatred / Enslavement / Merrie Melody / Pool of Stool

Gli Skinless sono l’ennesima band-rivelazione dell’iperattiva Relapse, etichetta per eccellenza dedita a suoni malati e corrotti. I quattro newyorkesi sono infatti autori, come la maggior parte delle band Relapse, di death metal brutale... ma di classe! “Foreshadowing Our Demise” è un disco che si riconcilia con il death metal e ribadisce come, oramai, l’unica vera patria del genere (sia esso più o meno brutale oppure tendente al grind) siano gli Stati Uniti. La qualità media delle brutal band a stelle e strisce è ormai senza dubbio altissima: pensate alle ultime uscite di band quali Nile, Incantation, Exhumed, Coalesce, Dying Fetus… tutti piccoli capolavori di brutal-grind, e tutti ovviamente Made in USA. L’unica vera “rivelazione” europea dell’anno sono stati i veterani Extreme Noise Terror, ma per il resto - soprattutto in Scandinavia - non si fa altro che scrivere canzoni facili facili, dall’ormai stantio sapore semi-power metal rendendole più grezze con inutili growls (se questo è death metal...): per fortuna che ci sono gli Skinless! Il disco si compone di nove pesantissime tracce di death metal caratterizzato da inumane growling vocals: monolitico, con passaggi che virano verso il grindcore per tornare poi a passaggi più cadenzati, attraverso una sezione ritmica che travolge ogni cosa nel suo incedere maestoso e violento... come mi fanno godere questi dischi! Peccato che oggi giorno il novanta per cento delle uscite siano inutili e soporifere... in ogni caso, è pur vero che il disco in questione non rappresenta niente di innovativo (come del resto la maggior parte delle uscite brutal), ma non è facile trovare band che suonino questo sottogenere musicale in maniera così impeccabile e con un simile gusto nella scelta dei suoni e delle timbriche vocali. Per quanto mi riguarda è il disco dell’estate 2001, la classica rivelazione che ti allieta in qualche modo il periodo più caldo e appiccicoso dell’anno... una ventata d’aria fresca, finalmente, visto che non faccio altro che comperare o ascoltare dischi vetusti. Inumani!

Andrea Flavioni


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