ENSLAVED - "Monumension"
(Osmose/Audioglobe)

60/100

TRACKLIST: Convoys to Nothingness / The Voices / Vision - Sphere of the Elements / Hollow Inside / The Cromlech Gate / Enemy I / Smirr / The Sleep - Floating Diversity / Self-Zero (outro) / Sigmundskvadet (feat. Trygve Mathiesen)

Da un po’ di tempo, i norvegesi Enslaved stanno cercando una nuova forma espressiva, un nuovo tipo di sound da associare al proprio nome e questo nuovo lavoro vede tale ricerca approssimarsi alla fine. Dopo la grezza e piatta formula thrashy di “Blodhemn” (un disco davvero deludente) ed i fasti dell’astratto ed onirico “Mardraum”, album di transizione che a quanto pare li ha portati alla consacrazione – nei limiti del possibile – arriva questo insolito “Monumension”, il quale è lacerato dalla sua posizione di confine metà dentro e metà fuori dal black metal... un lavoro che vuole elevarsi, salire in cielo, mentre al tempo stesso non vuole perdere la sua natura terrena, diabolica e primordiale. Bisogna ammettere che se in “Mardraum” era ancora possibile ritrovare gli autori di capolavori assoluti quali “Frost” e “Vikingligr Veldi”, con l’album in questione le cose cambiano un po’... ciò non significa che gli Enslaved risultino stravolti ed irriconoscibili, ma di certo le sonorità e l’approccio ora utilizzato sono qualcosa del tutto nuovo, insolito ed alieno a ciò che il nome degli Enslaved un tempo rappresentava. A livello stilistico “Monumension” parte esattamente dalla fine di “Mardraum” e ne porta avanti la vena psichedelica in maniera ostinata – quasi testarda direi – attraverso l’uso di passaggi dilatati e di parti a dir poco minimali, la ripetizione ipnotica di certi riff decisamente semplici, nonchè una raccolta di sonorità bizzarre (spesso dissonanti e contrapposte). Poche le parti cantante, lo spazio maggiore è riservato all’esecuzione strumentale... un’esecuzione che appare ridotta all’osso, scarnificata degli orpelli tecnici e di ogni raffinatezza, e quindi costringe l’ascoltatore ad affidarsi puramente al solo songwriting. Da questo punto di vista, l’impostazione è sicuramente più vicina al black metal primitivo di tante altre release della band (anche la produzione è sporca e grezzissima), ma è curioso notare come questo approccio venga invece applicato a parti di matrice progressive, bluesy hard rock, noise e death’n’roll anziché black metal! Sembra quasi che gli Enslaved si siano sparati un’overdose letale di Pink Floyd, Frank Zappa, Jethro Tull e King Crimson, registrando ore ed ore di jam-session allucinogene per poi scegliere i momenti migliori da mettere sul CD... e non so quanto questo potrà piacere a chi ancora continuava a vederli come dei vichinghi guerrieri dediti all’anticristianesimo! Paragoni sono proponibili con “Imaginary Sonicscape” dei giapponesi Sigh o “The Marriage of Heaven and Hell” dei connazionali Ulver, lavori che però si collocano su tutt’altro pianeta grazie ad una notevole fluidità, una maggior padronanza delle bizzarrie ed un songwriting più attento e meno ripetitivo, nonché una produzione curata e degna di tal nome. “Monumension” è comunque anche un concept che mischia mitologia nordica, psicologia, surrealismo, follia e trascendenza: un’intrigante storia di cui però non ho purtroppo capito nulla a causa della totale mancanza di testi e per la solita, confusa biografia della Osmose... peccato, sarà per la prossima volta. Al tempo stesso, è un lavoro del tutto anti-commerciale, una creazione indescrivibile di cui solo gli artefici hanno la chiave di lettura... una specie di fungo che vive all’ombra dell’albero costruito a fatica con il resto della discografia. Sinceramente, credo che si tratti solo di una transizione verso qualcosa di ancora indecifrabile. Il prossimo passo potrebbe portare alla consacrazione, ma anche all’oblio: restiamo a vedere cosa accadrà, intanto io preferisco fermarmi a “Mardraum”...

Alessio Oriani


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