MORTEM - "Decomposed by Possession"
(Merciless/Soundcave)

60/100

TRACKLIST: Death Rules Supreme / Devilled / Blackest Funeral / Morgue Rapist / Hell and Beyond / Curdled Blood / Decomposed by Possession / Noctivagants / Incubus - The Return

Nuovo lavoro per i peruviani Mortem, four-piece attivo da oltre una decina d’anni e già autore di quattro demotape e due album. Lo stile della band, immutato rispetto alle release precedenti, è un death metal di vecchio stampo, che si rifà ai capisaldi del genere come Possessed, Master, Death e Thanathos o – giusto per citare qualche nome più recente – God Dethroned e Martyr. Ne va da sé che con queste premesse “Decomposed by Possession” non può di certo configurarsi come un album innovativo e capace di suscitare grandi interessi, ma piuttosto si auto-rinchiude nella nicchia delle produzioni strettamente destinate ai maniaci ed ai nostalgici del genere. Buone comunque le intenzioni, che riportano in voga certe sonorità troppo spesso dimenticate a favore di una brutalità e di una velocità d’esecuzione forzata a tutti i costi. Discreta anche la produzione, un ennesimo segnale del fatto che anche nel Sudamerica le cose stiano migliorando a livello di studi di registrazione e mixaggio (tra l’altro la scena estrema è anche piuttosto florida in quei paesi), mentre il libretto si rivela forse un po’ troppo artigianale e stereotipato. Dal punto di vista compositivo ed esecutivo, i nove pezzi di “Decomposed by Possession” ruotano interamente attorno alla figura di Fernàn Nebiros (cantante e chitarrista ritmico) e Wilber Rosàn (chitarrista ritmico e solista), in questo aderendo ai canoni del genere suonato in maniera rigorosamente guitar-based. Molto buone le vocals, che sembrano davvero essere uscite da un disco di fine anni ottanta (anche come mixaggio), ma lo stesso non si può dire delle parti di batteria, vera palla al piede di questo “Decomposed by Possession”... è forse proprio l’operato di tale Jaime Garcìa che impedisce alle canzoni dei Mortem di decollare, rinchiudendole in uno schema ritmico fin troppo lineare e ripetitivo che a tratti diventa quasi irritante. Peccato, perché in questo modo le nove tracce presenti non fanno altro che chiedere vendetta! In ogni caso, si tratta di un disco senza infamia né lode, adatto solamente agli ultra-nostalgici che vogliono avere tutto, ma proprio tutto, del genere in questione.

Alessio Oriani


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