PUNTI DI VISTA

 

"Quando finalmente decise di accostare le sue labbra alle mie, le guance mi si infiammarono. Con i nostri visi vicinissimi, poco prima del limite dopo il quale l'uno non vede più l'altro ma a dominare sono gli altri sensi vitali, riuscii a scorgere negli occhi di lui una sorta di luce, diversa da quella che di solito gli ravvivava lo sguardo. Era la luce che mi apriva l'accesso ad una nuova esistenza. Ora sentivo di amarlo."

Alessia osservava compiaciuta lo schermo del suo computer. Poteva dirsi soddisfatta della creatura a cui le sue digitazioni sulla muta tastiera avevano appena dato vita, definitivamente. Il lavoro era terminato, con un bel lieto fine che l'editore avrebbe di sicuro apprezzato e magari avallato con un largo sorriso.

E dire che, all'inizio, si era mostrata alquanto diffidente verso quell'ammasso di cavi e scatole misteriose che le era prepotentemente entrato in casa, quasi scacciandola dalla sua scrivania bianca, su cui amava poggiare disordinatamente ogni genere di cose. Quel coso, temeva, avrebbe privato le sue mani e la sua mente della magia della scrittura manuale.

Il tempo si era poi ingegnato per mostrarle i vantaggi dello scrivere 'automatizzato'. 'Ottimizzare il proprio tempo', come amavano dire gli ingegneri riguardo i processi di produzione, le era sembrato, a quel punto, quasi doveroso.

Aveva imparato, ormai, che il 'word processor' le consentiva di tagliare, spostare, cucire, copiare a piacimento parti intere delle pagine che scriveva oppure semplici aggettivi, che spesso si divertiva a far saltare da un punto all'altro di un periodo per vedere dove suonavano meglio.

Si era sempre chiesta, però, dove andassero a finire le parole che cancellava dallo schermo del suo computer. Se vivessero di vita propria anche dopo essersi dileguate dai suoi 'file'.

Si era piano piano convinta che questo modo di combinare i suoi pensieri in alambicchi di fonemi fosse qualcosa di diverso dall'impugnare una penna e riempire con l'inchiostro i vuoti di una pagina bianca. Che, insomma, battere sulla tastiera per poi cancellare e ritornare a scrivere nello spazio ridiventato pulito somigliasse molto di più alle sue insicurezze e ripensamenti e cambiamenti di umore e di affetti di quanto accadesse, invece, con la china perennemente impressa su un foglio. Eppure, le restava misterioso quel gesto così facile e immediato: vai prima in 'Edit' e poi scegli 'cut' e tutto quanto hai deciso di far sparire, sparisce.

Come le prove di un omicidio che si vorrebbe perfetto. O di una storia d'amore che non si sarebbe mai voluto vivere. Certo.

Stette così, senza pensare a nulla, guardando fuori dalla finestra. Odiava le luci blu al neon della strada su cui dava la sua abitazione ma in quel momento non ci pensò troppo.

 

Giancarlo distolse lo sguardo dall'ampia vetrata oltre cui amava proiettare la mente quando voleva concentrarsi su qualcosa di importante. In fin dei conti amava quella vista e le luci blu al neon che la facevano somigliare tutto l'anno ad un albero di Natale perennemente acceso, ingannevole come solo gli alberi di Natale sanno essere. Strinse deciso tra le dita la sua penna a punta fine e, dopo aver osservato per un istante il foglio bianco che aveva dinanzi, vi si tuffò come in una piscina senz'acqua.

"Quando finalmente decisi di accostare le mie labbra alle sue, le guance le si infiammarono. Con i nostri visi vicinissimi, poco prima del limite dopo il quale l'uno non vede più l'altro ma a dominare sono gli altri sensi vitali, riuscii a scorgere negli occhi di lei una sorta di luce, diversa da quella che di solito le ravvivava lo sguardo. Era la luce che mi apriva l'accesso ad una nuova esistenza. Ora sentivo di amarla."

Guardò con un certo autocompiacimento l'inizio di quella storia che le era appena corsa giù, dall'anima alla punta della penna, trasportata velocemente dall'inchiostro come in un apparato circolatorio perfettamente funzionante. Gli piaceva vedere la china bluastra aprirsi in impercettibili chiazze in corrispondenza dei punti e delle virgole oppure poggiarsi delicatamente tra le rotondità delle vocali e le asperità delle consonanti. Restava incantato a fissare, come in un'impronta digitale, il risultato delle sue pressioni sulla carta, sicuro che ad ogni impercettibile impulso nella sua mente corrispondesse inevitabilmente una variazione dell'energia associata al tratto della penna. Per questo prediligeva la punta fine, che gli consentiva di compiere accuratamente le sue analisi, come un ispettore della scientifica prono sul cadavere ancora caldo.

 

Le luci blu al neon continuavano testarde ad accendersi e spegnersi ad intermittenza. Lei era in anticipo, stranamente. Si era vestita quasi di fretta, indossando un paio di jeans ed un maglione pesante, poi il soprabito amaranto. Lo vide arrivare da lontano con il suo passo lento, disimpegnato, come di uno che ha tempo da perdere. Avvolto nel paltò nero con il collo fasciato dalla sua sciarpa grigia, provava ora tenerezza per lui, tanto da accostarlo nella sua mente ad un cucciolo che cerca la mamma. Sorrise all'idea, anche perché era difficile pensare a Giancarlo, alto almeno venti centimetri più di lei, come ad un cucciolo.

Ormai lei lo conosceva benissimo: lui che evitava ogni discorso impegnativo, scartava abilmente le questioni di politica, lavoro e, in particolare, tutto ciò che riguardasse troppo da vicino le ragioni della loro relazione. Era invece abilissimo a spostare sempre l'attenzione su quanto di più futile gli passasse per la testa.

Ad Alessia, all'inizio, era piaciuto anche per questo, per l'allegria che sapeva comunicarle quando si vedevano, un divertimento assicurato e incosciente. Prima di Giancarlo aveva conosciuto solo uomini inviluppati dai loro problemi, tanto da non riuscire a fare di meglio che usarla come contenitore di frustrazioni. La loro fragilità affiorava inevitabilmente alla superficie dopo poco tempo, stanata dalla sua vitalità e dal carattere forte e a tratti rude. Però Giancarlo la attraeva, nonostante la sua erre morbida e la disattenzione per ciò che gli accadeva intorno. E poi, in effetti, sapeva corteggiare una donna, sapeva cosa dire e in quale momento agire.

Giancarlo la raggiunse e sorrise. La guardò negli occhi, gli occhi del colore del mare quando la tempesta è imminente, né troppo azzurri ma nemmeno interamente verdi. Lì confrontò per un attimo con i suoi: scuri. Poi le strinse le mani. Lei lasciò fare.

Silenzio.

Lui le sollevò delicatamente una mano per baciarne il dorso. Quei gesti tentavano sempre di allentare la tensione, evitare che lei si preoccupasse inutilmente. Alessia lo sapeva benissimo. D'un tratto si sentirono attratti irresistibilmente l'uno verso l'altro e in un momento i loro volti furono vicinissimi.

 

Alberto camminava silenziosamente sfiorando i muri delle case. Non voleva mai dare troppo nell'occhio. Camminare era la sua passione, soprattutto di sera e d'inverno, quando trovi poca gente in giro e non c'è bisogno di tenere lo sguardo sollevato per non finire addosso a qualcuno. Per lui le luci blu al neon facevano parte del paesaggio in modo naturale, come può esserlo il sole in uno scorcio di campagna. La loro presenza gli era rivelata unicamente dalle ombre che proiettavano a raggiera intorno a sé, come uno spaventoso ordigno fatto esplodere furtivamente su un'isola deserta.

Li aveva già visti da lontano. Erano abbracciati e si guardavano fissi. Alberto continuò a camminare, sperando che si allontanassero o che, almeno, non si accorgessero di lui. Era, la loro, una composizione armoniosa, un tutt'uno, si sarebbe detto. Stava quasi per arrivargli al fianco. Era costretto a passare di lì per tornare a casa, tra il muro e quella strana coppia che non parlava e non si muoveva. Erano ben visibili sotto l'insegna di una pizzeria ed Alberto poteva vederli bene, ormai. Lui in un paltò nero e sciarpa grigia, lei che doveva essere niente male sotto il soprabito scuro, forse amaranto.

Alberto si fermò quasi incuriosito, aspettando che i due si mostrassero infastiditi e lo allontanassero. Invece, no. Quando finalmente l'uomo che teneva la donna stretta tra le braccia decise di accostare le labbra a quelle di lei, le guance le si infiammarono. Con i loro visi vicinissimi, poco prima del limite dopo il quale l'uno non vede più l'altro ma a dominare sono gli altri sensi vitali, Alberto riuscì a scorgere negli occhi di entrambi una sorta di luce, diversa da quella che di solito ravviva lo sguardo degli amanti. Era la luce che gli apriva l'accesso ad una nuova esistenza.

Ora Alberto sentiva di amare di nuovo sua moglie.

 

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