Una corsa a Creta

Azzurro e sole mi portano inevitabilmente al mare, dove ogni tanto faccio le mie passeggiate o le mie corse, anche in pieno inverno. E, se dico mare, devo dire anche Grecia. Anzi Creta, due anni fa.

Ero lì per un corso sulla chimica e la fisica dell'ozono, maggio millenovecentonovantanove.

Quando vado in un posto diverso da quello in cui abito devo, prima o poi, correrci copra. Sì, proprio così, sentire la terra fuggire sotto i miei piedi, l'aria venirmi incontro, gli alberi restare indietro e non pensare, a nulla.

Senza tempo, senza spazio.

Solo io.

Lontano miglia da casa, correre come un cacciatore neolitico che bracca la preda annusandone i passi.

Quel pomeriggio avevo voglia di correre. Il corso era finito, avevamo un sacco di tempo libero fino a sera.

Kolympari, costa nord di Creta. Un paesetto di pescatori, un monastero ortodosso bianco e blu, porte colorate azzurre dappertutto, lunghe barbe di pope tra le piante di limoni.

"Ao', a Bernà, se famo sta corsetta?", chiedo al mio amico Bernhard, tedesco. Glielo chiedo in inglese, ovviamente. "Would you like to have a run with me?".

"Yes", dice lui da perfetto tetesco di cermania. "At what time?".

"Five o'clock, ok?"

Vabbè, dice lui.

Alle cinque ci vediamo. Sole ancora alto. Onde che brillano come donne ad un ballo di gala.

Ti amo, mare, quando sai essere così struggente.

Iniziamo a correre. Lui mi segue ma ha un passo diverso dal mio. Direi un passo da centometrista più che da corsa di resistenza.

"Si stancherà", penso io, in italiano.

Macchè. Dopo cinque minuti, lui si stanca di me e decide di guidare il gruppo. Che poi eravamo io e lui. Insomma, da primo mi ritrovo ultimo.

Lasciamo le ultime case di Kolympari. Un pescatore ci guarda e sorride.

"Ma 'ndo vai?", gli faccio. "Bernhard, where are you going?".

"That way", mi fa. E prende a sinistra.

"Ma c'è la statale, non vorrai mica farti mettere sotto da un greco! Questi guidano peggio dei napoletani, stammi a sentire, vuagliò, che sono mezzo napoletano pure io".

Ride. E corre. Sempre più veloce. Io inseguo.

Non lo mollo, lo tallono. Non posso cedere. L'idea è stata mia.

Ma quanto corri, Bernhard. Noi, in Italia, corriamo in modo ... diverso.

Non posso fare la parte del fesso. Penso a qualcosa che mi dia coraggio.

Ecco, ci sono: 1970, semifinale a Città del Messico, Italia-Germania 4-3.

Anzi, posso fare di più: 1982, finale a Madrid, Italia-Germania 3-1. Campioni del mondo, campioni del mondo, cam ...

Bernardo corre. Conosco a memoria il suo didietro, ora, e senza che si metta in dubbio la mia "eteronatura" direi che ha un bel fondoschiena. Invidiabile.

Sulla statale le automobili arrugginite dei greci sfrecciano come i rottami di un razzo esploso in volo. Respiro di tutto. Che diavolo ci mettono nei loro serbatoi? Lo yogurt andato a male?

Decidiamo di comune accordo di tornare indietro. E' passata più di mezz'ora.

Il mondo a ritroso. Le macchine però sfrecciano sempre allo stesso modo.

Le casette di Kolympari si avvicinano.

Il pescatore ci sorride di nuovo. Che fai, sfotti? Ce sto dietro, mica m'ha seminato!

Il sole si tuffa nel mare. Rosso.

Ti amo mare, quando le gote ti si infiammano così.

Però questo tramonto l'avrei visto volentieri con una donna, non con questo mangiatore di patate che mi trotterella davanti.

Ecco la scuola. Finalmente.

"Would you like to have a swim?".

Una nuotata con l'acqua a sedici gradi? Ma guarda che io sò italiano, mica vengo dalla Lapponia!

Il bagno poi lo feci a sud dell'isola, a Elafonis. Meraviglia. Ancora ce l'ho negli occhi. Sabbia rosa, acqua azzurra, mare ovunque. E porte azzurre.

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