Care
concittadine e cari concittadini, sono candidato con le forze dell'Ulivo
a guidare il governo del Paese nella prima, decisiva legislatura del nuovo
millennio. Sosterrò questo impegno con determinazione, umiltà, entusiasmo.
La determinazione che nasce dalla coscienza delle capacità e delle
idee del riformismo italiano. Con umiltà, perché di fronte alle incertezze
del futuro l'Italia non ha bisogno di un capo assoluto né di un padrone,
bensì di una classe dirigente capace di orientarne ed accompagnarne la creatività
diffusa, la voglia di lavorare, il bisogno di sicurezza e di regole certe.
Con entusiasmo, perché la nostra società ha già dimostrato di saper
vincere sfide storiche come l'ingresso nell'Unione monetaria europea, raddoppiando
il tasso della sua crescita economica e preservando, pur nei suoi forti
dislivelli, una visione unitaria e solidale delle diverse aree del Paese.
Confido, con le forze della mia età, la mia esperienza di politico e di
amministratore, di poter servire l'Italia e di operare nei prossimi anni,
quando l'euro avrà preso il posto della lira, per stabilizzare definitivamente
il nostro sistema economico e finanziario e soprattutto perché l'intera
penisola sia dotata di servizi - pubblica sicurezza, trasporti, sanità,
scuole - di alto livello europeo. In queste condizioni di fiducia le famiglie
italiane potranno affrontare senza paura le sfide del cambiamento che ancora
ci attendono.
In risposta alle inquietudini che attraversano il paese, il centrodestra
eccita paure molto lontane dai nostri valori e dall'identità del popolo
italiano. Un'Italia più libera e sicura può crescere solo all'interno di
un'Europa tollerante e pluralista. I valori stessi di cui è espressione
la chiesa cattolica coincidono in larga misura con la cultura italiana ed
europea, anche perché è forte l'idea laica di uno Stato capace di tutelarli
e di garantire anche le diversità nell'ambito di regole comuni.
Cinque
anni di governi dell'Ulivo ci consegnano un'Italia più moderna, e con maggior
spazi di libertà di fare, più vitale di quella che conoscevamo. Il nostro
programma per i prossimi cinque anni - che sarà presentato alla vigilia
dello scioglimento delle Camere - è di renderla ancora più moderna, più
libera, più vitale. Si tratta indubbiamente di un obiettivo ambizioso. Con
questa Lettera agli italiani presento le idee con cui intendo percorrere
la strada che ci porti a questo obiettivo, coniugando i risultati del buon
governo con un nuovo slancio di innovazione.
Italia 2000
Il nostro paese è ai primi posti tra le nazioni più industrializzate. All'inizio
degli anni Novanta il suo tasso di crescita economica era di circa l'1%.
A metà decennio era salito di mezzo punto percentuale. Alla fine del 2000
toccherà il 2,8%. Buona parte del nord vive una condizione di pieno impiego.
Al sud, una disoccupazione ancora molto al di sopra della media europea
coesiste con notevoli tassi di crescita in alcune zone.
A dispetto di un quadro tutt'altro che negativo, il paese è diviso tra desiderio
di cambiamento e incertezze per il futuro. Le privatizzazioni dello scorso
decennio hanno aperto al mercato settori fin qui protetti. L'accesso all'informazione
e alla tecnologia, in assenza del quale il mondo del lavoro è sempre meno
avvicinabile, non è ancora alla portata di tutti. Gli stili di vita cambiano
molto rapidamente, e in modo spesso tumultuoso. L'immigrazione, diventata
nel giro di pochi anni un fenomeno di massa - seppure nettamente inferiore
agli altri paesi europei - ha trasformato una società sostanzialmente stabile
in un paese dalle componenti multietniche, chiamato a elaborare quasi all'improvviso
forme di convivenza tutt'altro che scontate. La vivibilità di centri e periferie
e la salute dei cittadini si confrontano con minacce e squilibri ambientali.
A tutte queste preoccupazioni cercheremo di rispondere con poche, chiare
idee, e col progetto di una società aperta, che tuteli le tradizioni e accolga
le differenze. Lavoreremo per un'Italia aperta al cambiamento, che affronti
i suoi problemi e le sue paure imparando a tollerare e a governare le incertezze
di una società complessa. Per costruire questa nuova Italia intendiamo raggiungere
in cinque anni due grandi obiettivi: una piena e buona occupazione e
una vita di qualità per gli italiani.
Trovare un lavoro all'altezza delle proprie capacità è oggi la principale
preoccupazione degli italiani. Per questo al primo posto del nostro programma
c'è il raggiungimento di una piena e buona occupazione, che garantisca
pari opportunità agli uomini e alle donne. E' un traguardo meno remoto di
quanto potrebbe apparire. Negli ultimi anni, infatti, il risanamento della
finanza pubblica, l'ingresso in Europa, il ridimensionamento dei grandi
monopoli pubblici e privati hanno sbloccato il nostro ambiente economico
e sociale, restituendo efficacia alla libera concorrenza. Il primo risultato
di questa trasformazione è che il milione di posti di lavoro rumorosamente
promesso dai nostri avversari l'Ulivo lo ha, silenziosamente, realizzato.
Adesso dobbiamo fare molto di più, portando in cinque anni la disoccupazione
alla sua soglia fisiologica.
Per raggiungere questo traguardo, intendiamo agire su cinque nodi fondamentali;
1. il fisco e lo
stato sociale;
2. la scuola;
3. la
flessibilità e i nuovi diritti dei lavoratori;
4. l'imprenditoria
e le nuove economie della conoscenza;
Una
nuova cittadinanza sociale e liberi 'piani di vita' personali Far coesistere un prelievo
fiscale accettabile con un sistema di garanzie che assicuri a ogni cittadino
un'adeguata base di diritti sociali è la grande scommessa di tutte le democrazie
avanzate. Questa scommessa noi possiamo vincerla. Possiamo ridurre ulteriormente
la pressione tributaria, e portare a compimento la riforma dello stato sociale
coniugando due termini a lungo ritenuti incompatibili:
libertà e sicurezza.
In cinque anni mi impegno
a far scendere il peso generale
del fisco sotto il 40%: un
obiettivo ambizioso, ma realistico, e compatibile con il mantenimento dello
stato sociale. In particolare, intendo ridurre
di altri cinque punti il cosiddetto cuneo fiscale,
cioè la differenza fra costo del lavoro effettivo e salario netto percepito.
Se a questi interventi si uniranno ulteriori sgravi per le retribuzioni
più basse, lavorare diventerà una scelta più conveniente per tutti, e assumere
lavoratori - anche a basse qualifiche - più conveniente per le imprese.
Tenendo fisso questo obiettivo
di legislatura, il mio governo cercherà di ottenere il massimo di mobilità
sociale agendo su leve finora inerti, e a torto considerate marginali. La
prima è la progressiva abolizione delle imposte sui trasferimenti di
proprietà. Poter comprare una casa, un terreno o un'automobile senza
costi aggiuntivi costituisce infatti un ausilio all'iniziativa privata,
e una seria misura in favore dei cittadini economicamente meno forti.
Il welfare deve diventare essenzialmente uno strumento di prevenzione dai
rischi e di riduzione dell'insicurezza. E' necessario un intervento radicale,
che leghi l'assistenza pubblica alla riforma fiscale. Sarà alzato quindi
il minimo imponibile esente, via via più alto a seconda del carico familiare;
e le attuali forme di sostegno ai redditi andranno sostituite con un
'dividendo sociale', cioè un credito d'imposta rimborsabile, collegato
all'incentivazione al lavoro o alla formazione, in modo da aiutare le
famiglie bisognose a superare con le proprie forze la soglia di povertà.
La difesa del valore della famiglia, a partire dal fisco, è al centro della
nostra attenzione. Parimenti è per noi un obiettivo primario ridurre la
povertà e la quantità di famiglie che si trovano in difficoltà.
Queste e altre misure andranno a comporre il disegno di una nuova cittadinanza
sociale, che assicuri a ciascuno servizi e prestazioni essenziali -
il diritto alla formazione, all'assistenza sanitaria, a una pensione dignitosa
- lasciando poi ai singoli la libertà di elaborare un piano personale
di assicurazioni integrativo. Ciò richiede che i diritti maturati in
forme di lavoro diverse siano equiparati, e possano essere liberamente utilizzati
da ciascuno sulla base della contribuzione assicurativa nell'arco della
vita.
Libertà
di scelta e certezza della qualità educativa Tutte le nuove economie si
basano su un accrescimento continuo dell'informazione e della conoscenza.
L'idea di un ciclo formativo limitato a un periodo nella vita dell'individuo
è quindi destinata, gradualmente, a scomparire. Abbiamo bisogno di un sistema
che assicuri, oltre l'obbligo scolastico, la formazione professionale
ai giovani, e prepari ciascuno a uno scambio continuo di lavoro e apprendimento
in tutto l'arco della vita.
Di conseguenza ci servono più scuole, e scuole più competitive. Da
un lato, si tratta di programmare investimenti pluriennali nella manutenzione
e nel rifacimento delle strutture, e di chiedere agli insegnanti impegni
professionali europei, in cambio di retribuzioni europee. Dall'altro, occorre
investire sul valore pubblico dell'insegnamento.
Su questo punto vogliamo essere molto chiari. La scuola è, e deve rimanere,
un servizio pubblico, non statale , ispirato a finalità e a regole
condivise. Una sua brutale immissione sul mercato non è quindi, nel nostro
disegno, accettabile. Ma tutelare il diritto di tutti a una formazione di
qualità, pur nel quadro di un sempre più rilevante sostegno alla scuola
pubblica, non esclude, anzi postula, la diversificazione dell'offerta
di insegnamento. Nello schema che intendiamo attuare lo Stato garantirà
la parità e la corretta competizione, sulla base di presupposti comuni,
degli istituti pubblici fra loro e nei confronti dei privati. Ma fornirà
alle famiglie, che devono scegliere il corso di studi dei propri figli,
una certificazione di qualità basata su parametri quali i programmi
e il rendimento.
Intendiamo infine garantire a tutti l'accesso, e arginare il grave fenomeno
dell'abbandono scolastico. Pensiamo ad assegni attribuiti in base al
merito, che diano più indipendenza agli studenti, estendendo le regole
materiali del diritto allo studio.
3) La flessibilità e i nuovi diritti dei lavoratori
Le nuove regole sulla flessibilità
e sul mercato del lavoro hanno consentito a centinaia di migliaia di giovani
di trovare un'occupazione, che in buona parte dei casi si è poi trasformata
in un rapporto stabile. Non dobbiamo quindi avere paura dell'opportunità
di cambiare lavoro, o di lavorare in forme sempre diverse. Ciò che invece
dobbiamo impedire è che la flessibilità si trasformi in precarietà diffusa,
bruciando molte delle garanzie tradizionali. Per questo il nostro intento
è trasformare l'incertezza di chi è in cerca di un'occupazione, o vede minacciata
la propria, in una grande occasione di libertà: libertà di scegliere
come e dove formarsi, di passare anche più volte da un'attività a un'altra,
da una città a un'altra.
Per questo riteniamo necessario istituire, e garantire, nuovi diritti. Quello
a una formazione continua, innanzitutto, che ponga ciascuno in condizione
di affrontare i cambiamenti senza esserne travolto. E quello a una rete
di protezione delle cui maglie facciano parte una adeguata copertura,
anche assicurativa, per il rischio di disoccupazione, pari ad almeno
il 50% dell'ultima retribuzione e il ricongiungimento del percorso previdenziale
anche per chi esercita attività saltuarie, o ha un rapporto di tirocinio
o di collaborazione.
4) L'imprenditoria e le nuove economie della conoscenza
Il tessuto di imprese grandi,
medie e piccole che è la forza dell'economia italiana costituisce un modello
studiato in tutto il mondo come efficace prospettiva nazionale nel mondo
della globalizzazione. Noi intendiamo rafforzarlo, aprendolo alle nuove
economie della conoscenza. Per questo abbiamo scelto di intervenire sia
sui costi vivi - in primo luogo quelli energetici - sia sui margini di rischio,
tuttora alti per la piccola imprenditoria tradizionale e decisamente eccessivi
nelle iniziative collegate alle nuove tecnologie
La recente crisi del petrolio ci ha ancora una volta posto di fronte alla
nostra dipendenza, sbagliata e antieconomica, dai combustibili fossili.
Dobbiamo investire subito
nelle fonti rinnovabili,
come l'energia solare, e avviare la ricerca e lo sviluppo delle risorse
del futuro, quali l'idrogeno. In parallelo,
è urgente dare compimento alla liberalizzazione del mercato dell'energia,
ottenendo così una riduzione delle tariffe e un consistente miglioramento
dei servizi.
Per tutte le
piccole imprese e per le attività artigiane stiamo
elaborando un pacchetto di proposte che riguardano il fisco, il credito,
i rapporti con la pubblica amministrazione, gli enti bilaterali di concertazione.
Ma, soprattutto, gli aiuti per l'innovazione tecnologica. Sulle nuove economie
esistono infatti poche certezze, o forse una sola: che il loro sviluppo
è estremamente rapido, e impone trasformazioni altrettanto veloci. E' quindi
essenziale semplificare quanto
più possibile l'apertura di nuove attività. In
questo senso vanno tutte le nostre realizzazioni e proposte, dallo sportello
unico per le imprese all'autocertificazione degli imprenditori. Ma, ancora
più in profondità, va reso immediato l'accesso
ai capitali di rischio. Né
l'attuale offerta creditizia, né le eventuali risorse personali sono infatti
sufficienti a finanziare iniziative spesso onerose, soprattutto nella fase
iniziale. In altri paesi avanzati, a ciò provvedono fondi
pubblici creati ad hoc -
una formula che stiamo pensando di importare, adattandola alle caratteristiche
del nostro mercato.
Infine, è importantissimo
chiudere il circuito fra impresa
e ricerca, e lo si può fare
agendo in entrambe le direzioni: trasformando l'università in un 'incubatore'
di progetti realizzabili all'esterno, e finanziabili con fondi
specializzati che ne attenuino
il rischio, e offrendo crediti
di imposta alle imprese che
collaborano con la ricerca.
L'Italia meridionale è in
cammino. Alcune zone registrano tassi di sviluppo superiori a quelli di
parti del nord. Nonostante la disoccupazione ancora alta, il permanere di
sacche di arretratezza e la presenza della criminalità organizzata, il sud
ha una nuova classe dirigente, che rifiuta l'approccio assistenzialista,
e chiede di poter competere, in Italia come in Europa.
Il
futuro del meridione è legato a quello delle nuove tecnologie, capaci
di generare nuova imprenditorialità e sviluppare le vocazioni naturali del
territorio: l'agricoltura, anche tipica e biologica, un'industria di trasformazione
non inquinante, il turismo - nel settore soltanto un addetto su cinque lavora
al sud, una percentuale che potrebbe essere triplicata.
Ma le nuove tecnologie corrono il rischio di girare a vuoto, se non si affrontano
i nodi veri dello sviluppo meridionale. Il primo è senz'altro la
sicurezza delle persone e delle imprese,
da garantire con una lotta alla criminalità organizzata che in questi anni
ha dato risultati importanti, ma che è lontana dall'essere conclusa. Ci
sono poi infrastrutture da
ammodernare subito, cominciando
da quelle vitali: trasporti, reti di metanizzazione, acquedotti e aeroporti.
Investire nel sud deve diventare conveniente. Già
la Finanziaria del 2001 prevede una serie di sgravi fiscali per l'emersione
del lavoro nero e crediti d'imposta che spesso rimborsano, alle imprese,
oltre la metà del capitale impegnato. E le risorse per interventi di ampio
respiro non mancano. L'Unione Europea ha messo a disposizione, per il mezzogiorno,
circa centomila miliardi entro
il 2006. Una somma ingente,
che in collaborazione delle Regioni, nei cinque anni di governo, dovrà essere
spesa per intero.
Il problema più rilevante rimane la minore produttività del sud, che causa
persistenti svantaggi competitivi.
La differenziazione salariale, necessaria
in questa fase per attrarre nuovi investimenti, può essere conseguita senza
mettere in discussione i contratti nazionali, ma coniugando la decontribuzione
dei salari più bassi al decentramento della contrattazione aziendale e territoriale.
Nello stesso tempo vanno favorite la mobilità della manodopera e quelle
economie di agglomerazione della forza lavoro specializzata che altrove
sono state fattori di successo dei sistemi locali.
Il Nord ha tutto da guadagnare dallo sviluppo del Sud, che in pochi anni
può dare maggiore respiro al mercato nazionale, aprendolo verso il Mediterraneo,
i Balcani, il Medio Oriente. A dispetto di visioni antagonistiche e arcaiche
quali quelle propugnate dalla Lega Nord, la distanza che da sempre separa
le due Italie si va assottigliando. L'intero Paese ha insomma a portata
di mano un'opportunità storica, l'ultima prima dell'allargamento dell'Unione
Europea. Un'opportunità che non intendiamo lasciarci sfuggire.
Fin qui abbiamo descritto
un grande obiettivo, il raggiungimento di un'occupazione soddisfacente per
tutti. Ma la nostra politica ne ha almeno un altro, forse anche più importante,
benché meno immediatamente definibile: migliorare effettivamente la qualità
della vita di tutti i giorni. Niente di più e niente di meno di ciò che
spetta a una nazione che proprio per la civiltà, la tolleranza, la bellezza
delle arti e della natura è da sempre conosciuta nel mondo. Pensiamo insomma
a un nuovo paesaggio italiano,
da costruire su quattro fondamenta:
Sorvegliare,
punire, reinserire Tutti gli indicatori recenti
dimostrano come l'opera di prevenzione e repressione del crimine, organizzato
e non, sia oggi più energica ed efficace. Eppure, la domanda di sicurezza
è una delle istanze più radicate nel paese. Indubbiamente, la microcriminalità
diffusa e l'immigrazione clandestina pongono problemi rilevanti, e nuovi.
Di cui il centrodestra si serve irresponsabilmente per agitare, di fronte
all'opinione pubblica, fantasmi inquietanti - salvo assumere spesso, in
Parlamento, posizioni per scardinare il funzionamento della giustizia.
Il diritto alla sicurezza è oggi un diritto di cittadinanza.
Noi vogliamo essere severi con il crimine e decisi a rimuovere le cause
del crimine.
Intendiamo combattere l'immigrazione
clandestina, anche tramite controlli
alle frontiere da attuare
attraverso nuove forme di collaborazione con le forze di polizia degli altri
paesi europei: configurarla come reato servirebbe solo ad allungare le procedure
di espulsione, che devono invece diventare immediate per chiunque abbia
commesso reati minori, da scontare nel paese di origine.
L'esigenza di una maggiore protezione dell'incolumità personale va assolutamente
soddisfatta, aumentando il controllo
del territorio con una maggiore
presenza in mezzo alla gente delle forze dell'ordine e attraverso nuove
forme di coordinamento, come i
presìdi di quartiere, realizzati
congiuntamente da commissariati di Polizia e stazioni dei Carabinieri.
Ma una maggiore garanzia
dell'effettiva tutela dei diritti si ottiene soprattutto riorganizzando
la giustizia come un servizio per tutti
- cittadini italiani e stranieri, parti lese, imputati.
Servono subito più mezzi,
più magistrati, e una migliore organizzazione. La
durata dei procedimenti va ricondotta entro i limiti ragionevoli sanciti
dalla Costituzione. Occorrono poi regole nuove. Nella sfera del diritto
civile, va ridotta l'area di intervento dei giudici, risolvendo un numero
crescente di controversie in sede extragiudiziale. Per quanto invece riguarda
il diritto penale, va ridotta
al 50% l'attuale durata del processo
e vanno garantite la centralità
al primo grado di giudizio e l'esecutività della sentenza in appello quando
venga confermata la condanna. A garanzia della propria autorevolezza, la
Cassazione deve attenersi a una stretta funzione di legittimità. Inoltre,
anziché disegnare sanzioni in astratto più severe, va assicurata
la certezza della pena, limitando i benefici penitenziali per chi ha commesso
i reati più efferati e prevedendo, per i reati minori, una gamma di misure
alternative al carcere.
2) L'ambiente come risorsa
Verso un nuovo paesaggio italiano
Il territorio, le opere d'arte,
le città sono le radici della nostra identità e della nostra cultura. Ma
sono anche il nostro futuro. Per questo la nostra agenda diventa, qui, molto
complessa e ricca, dovendo al tempo stesso rispondere a emergenze spesso
drammatiche e assicurare un forte slancio progettuale. La quantità e la
qualità di ciò che dobbiamo intraprendere - il recupero del degrado ambientale
e del dissesto idrogeologico, la lotta agli usi illegali o impropri del
territorio, l'ammodernamento della rete infrastrutturale, la riqualificazione
dei centri storici - ci incoraggiano ad avviare un grande programma di ricostruzione
del nostro bene più prezioso:
il paesaggio italiano e il suo patrimonio culturale.
Sono tutte questioni che
intendiamo affrontare in un modo estremamente concreto, perseguendo l'idea
di sviluppo sostenibile. Lo illustrerò con un solo esempio, quello
del piano di riforestazione dell'intera dorsale appenninica. Un
grande intervento, che affronta simultaneamente più problemi: l'esigenza
di restituire alla penisola un polmone verde danneggiato; l'abbandono delle
zone montane, che costituiscono il 50% del nostro territorio con il rischio
crescente di dissesti e frane; la scomparsa del pascolo e di importanti
attività agricole e artigianali sui prodotti tipici e di qualità; la cancellazione
di piccole comunità, civiltà e culture materiali da sempre parte del nostro
patrimonio.
E', ripeto, solo un esempio. Il nostro programma conterrà piani e indirizzi
- dall'istituzione di un servizio
civile volontario anche per la protezione del territorio
a un ampio spettro di sussidi
all'imprenditoria "verde" e
agli operatori che tengono conto, già nella progettazione, della valutazione
dell'impatto ambientale.
Un capitolo importante sarà dedicato alla sicurezza
del lavoro e sul lavoro e a quella ambientale: dai rischi naturali fino
agli incidenti stradali.
L'Italia
in rete Il Paese sconta oggi un grave
ritardo infrastrutturale, che ostacola la mobilità di persone, merci e informazioni.
In Italia ci si sposta male e si comunica male. Larga parte del territorio
rimane da cablare e l'informatizzazione del nostro tessuto produttivo non
è ancora compiuta. Entro la fine della legislatura dobbiamo quindi trasformare
il nostro territorio in una rete di strade e autostrade informatiche, che
colleghino fra loro imprese, amministrazioni, professionisti, centri di
ricerca.
In tema di trasporti, il nostro obiettivo è completare
la struttura portante del sistema dei trasporti d'interesse nazionale
lungo le direttrici nord-sud ed est-ovest e nelle aree metropolitane. Questo
programma dovrà realizzare un riequilibrio tra le diverse forme di mobilità
potenziando in particolare il trasporto ferroviario e via mare, superare
le attuali strozzature della rete autostradale, rafforzare i sistemi di
trasporto pubblico metropolitani.
Indico qui solo alcune priorità: per
le ferrovie, il raddoppio della Torino-Venezia e della Caserta-Foggia-Bari-Taranto;
per la viabilità, il rifacimento della Salerno-Reggio Calabria e la rapida
attuazione del progetto già concordato per l'ampliamento del tratto appenninico
dell'autostrada Bologna-Firenze.
Noi presenteremo un elenco delle cose che saremo in grado di realizzare
per davvero. Ad esso va aggiunta la piena funzionalità delle autostrade
del mare, cioè il collegamento
con i principali porti dell'Adriatico e del Tirreno. Un insieme di progetti
di grande respiro, che potrà essere realizzato con il concorso o il finanziamento
integrale di investitori privati costituendo così il primo, importante banco
di prova della partnership fra pubblico e privato. Per renderli realizzabili,
sarà necessario rendere più efficienti e semplici le
procedure, individuando una precisa responsabilità per la realizzazione
delle opere, così da eliminare
i conflitti di competenza e gli ostacoli burocratici che rendono oggi di
fatto lunghissima l'attuazione delle opere pubbliche.
Uno
sportello al servizio dei cittadini Tutti gli interventi che
abbiamo fin qui delineato sono necessari. Nessuno però è sufficiente a migliorare
la nostra vita quotidiana senza un
buon funzionamento dei servizi e della pubblica amministrazione. Che
oggi, nonostante gli indubbi miglioramenti degli ultimi anni, dall'autocertificazione
al decentramento amministrativo, hanno ancora standard qualitativi troppo
bassi. Chi paga gravemente le inefficienze irrisolte sono innanzitutto le
persone più povere e le famiglie in difficoltà.
Dalla piena realizzazione
della riforma federalista
ci si aspetta, giustamente, molto e, in particolare,
uno stato più leggero e più vicino ai cittadini.
In alcune esperienze italiane, con l'enfasi posta sui sedicenti 'governatorati'
regionali, al contrario, si tende a dar vita a un modello pesante, che moltiplicherebbe
passaggi e vincoli trasferendo su base regionale i difetti del centralismo.
Dobbiamo realizzare un federalismo che aiuti la società a realizzare, in
autonomia, finalità comuni. E in questo senso vogliamo applicare la
sussidiarietà. L'area di
intervento della pubblica amministrazione va ridotta e concentrata sui servizi
essenziali. Ove possibile, specialmente per i servizi alla persona, alle
famiglie e per la protezione della maternità e dell'infanzia, la gestione,
anche di parti di essi, va affidata al privato
sociale o alle organizzazioni
no-profit. In ogni comune
e quartiere è necessario dare vita a
progetti per anziani, per
utilizzare la loro esperienza e per renderli partecipi alla vita collettiva.
Anche in questo campo, come nella scuola, ottenuta la qualità, bisogna controllarla.
Per questo proponiamo che tutte le attività sociali, gestite pubblicamente
o affidate ai privati, siano sottoposte alla predeterminazione di indicatori
di qualità e di efficacia e a una rigorosa
certificazione. Per esempio
nella
sanità vanno indicati standard sui tempi di attesa di una visita specialistica
o di un intervento medico.
Italia
2006 Tra cinque anni consegneremo
agli italiani un paese diverso e migliore rispetto a quello in cui viviamo
oggi. Un Paese più libero, più forte e più competitivo.
Con meno leggi e meno burocrazia, capace di liberare tutte le risorse
che ancora oggi sono poco sfruttate.
Un Paese che combatte esclusione, povertà, discriminazioni di qualsiasi
tipo.
Un Paese più unito, dal nord al sud, e più civile.
Soprattutto, sarà un Paese nel quale le famiglie possano consegnare ai
nostri figli maggiori sicurezze per il futuro, in un ambiente più pulito,
con servizi più efficienti.
Nell'Italia del 2006 saranno più forti i diritti e i doveri dei cittadini,
e maggiore la loro libertà. A ciascuno verranno garantite le tutele fondamentali,
a tutti sarà consentito l'accesso - in primo luogo - ai sistemi di comunicazione,
attraverso i quali passano ormai buona parte delle opportunità di lavoro
e di crescita, individuale e professionale. L'attuale, anacronistico duopolio
televisivo, che distorce e paralizza il mercato dell'informazione, non
esisterà più.
Libero di scegliere come informarsi e dove formarsi,
l'italiano del 2006 avrà conquistato, nei fatti, quella che oggi appare
ancora, a volte, una formula di rito: la
cittadinanza europea.
L'Italia del 2006 sarà più sicura della propria identità.
E sarà più federale. Fra
cinque anni, l'attuale bicameralismo
sarà sostituito da un sistema più semplice - con un numero minore di parlamentari
- in cui la seconda Camera rappresenterà le istanze delle Regioni, delle
Province, dei Comuni.
Sarà quindi diversa, l'Italia del 2006. Ma diverso sarà anche lo scenario
internazionale. Restituire alla politica il ruolo che le spetta è oggi
la più importante sfida democratica che il mondo si trovi ad affrontare.
Una sfida fin qui perduta, almeno a giudicare dall'esito di buona parte
dei negoziati internazionali. Una sfida che il nostro Paese deve contribuire
a vincere. Lavorando per restituire alle regole commerciali, giuridiche
e politiche il loro peso di fronte al predominio della finanza globale.
Entrando in un'Europa sempre più forte e integrata, con una politica estera
e di sicurezza comuni. Un'Europa che è la nostra migliore difesa dai meccanismi
altrimenti inesorabili della mondializzazione e dai rischi di un futuro
senza identità.
Un'Europa che nel 2006 sarà, fino in fondo, la nostra seconda patria.
Care concittadine e cari
concittadini,
le idee che sottopongo a voi le presento anche al più ampio confronto
con i dirigenti e i militanti delle forze politiche che si richiamano
all'esperienza unitaria dell'Ulivo e con i protagonisti attivi della società
civile. Esse fondano la loro credibilità sui risultati già conseguiti
dal 1996 ad oggi.
Quando l'Italia pareva destinata a perdere lo storico appuntamento europeo,
l'impegno consapevole di un Paese intero sotto la guida politica credibile
e vincente di uomini come Prodi e Ciampi - senza dimenticare l'azione
di buongoverno locale di tanti Sindaci, Presidenti di regioni e province
ed amministratori locali - hanno confermato che il
centrosinistra è capace di mantenere quello che promette, come
hanno dimostrato i governi di D'Alema e Amato.
Non vendiamo sogni, siamo i garanti del cambiamento. Vi
proponiamo un nuovo salto in avanti, non un salto nel buio della Destra.
Ma non intendiamo nascondere che l'azione riformatrice del centrosinistra
è stata limitata dagli eccessi di instabilità e di litigiosità da cui
è afflitto il nostro sistema politico e a cui noi stessi abbiamo partecipato.
La mia candidatura unitaria, espressione di una realtà che valorizza i
partiti e che supera le esperienze di parte, rappresenta anch'essa un
impegno e una promessa: opererò concretamente per una politica più semplice
e pulita, fin dalla formazione delle liste elettorali. Niente più frammentazione,
assai meno liste che in passato, in rappresentanza di tutte le nostre
culture riformiste, accomunate da candidature capaci di valorizzare l'esperienza
e realizzare l'innovazione e l'immissione di forze nuove. Tutto il contrario,
quindi, della coalizione conservatrice riproposta per la terza volta agli
italiani al comando di un Berlusconi sempre identico a se stesso e affiancato
da partiti e partitini dalle idee confuse e profondamente confliggenti.
Lungo tutta la sua storia, l'Italia ha trovato nell'esperienza di governo
delle forze democratiche la saggezza e la lungimiranza necessarie ad accompagnare
i momenti più felici della sua crescita economica e culturale. I prossimi
cinque anni saranno di grande crescita: il nuovo Ulivo ne simboleggia
la speranza. Noi, donne e uomini dell'Ulivo, siamo pronti a vincere le
elezioni e guidare una nuova stagione di forza, responsabilità, giustizia,
cambiamento.