E pensare che ora lo chiamano “il grande
vecchio”…Invece io, tutte le volte che vedo Alberto Fantini, in barca o
alla televisione, lo rivedo quando quindicenne lo portai a fare una regata
di Vaurien a Colico,e stavo un po’ in apprensione all’idea di scuffiare
in quelle acque scure, così diverse da quelle
di
Antignano; mi sentivo responsabile, con i miei trent’anni, di quel
ragazzino. Molto probabilmente, se ci fossimo rovesciati, avrebbe
raddrizzato la barca, sarebbe salito a bordo e poi mi avrebbe tirato su
prendendomi per la collottola. Alberto ora ha 45 anni, ed ha iniziato
con il Vaurien nel ’75 vincendo subito il campionato italiano Juniores,
poi è passato alle tavole a vela dove vinse un italiano (vittoria
contestata) davanti a Paolo Brianda. Da allora è stato su tutti i tipi di
barche IOR, fino a quando Cino Ricci lo chiamò per Azzurra nell’87 a
Fremantle. In seguito ha vinto all’incirca 8 campionati del mondo e 6
europei. Ieri, mentre ero con lui a fargli compagnia durante il
trasferimento del Farr 40 da La Spezia a Livorno, ci siamo divertiti a
ricordare alcuni episodi di questi ultimi trenta anni. Nell’89 era alle
Isole Vergini con il maxi Longobarda di Varasi e mentre erano tutti
insieme a passeggiare in una specie di giardino botanico c’erano
naturalmente i nativi di Saint Thomas che chiedevano un dollaro per far
vedere la loro arrampicata fino in cima alla palma. Quando il ragazzo
chiese il dollaro ad Alberto, lui si levò le ciabatte infradito e come una
scheggia si arrampicò fino in vetta. Dopodiché discese e chiese il dollaro
all’isolano allibito.
Nel 92 a San Diego prima di una regata decisiva tra
il Moro di Venezia e Ville de Paris, i “tecnici” gli dissero di togliere
la hook (peso 500g.) ed attaccare direttamente la penna della randa alla
testa dell’albero. Il nuovo assetto durò circa 10 minuti, dopodiché la
randa scese in coperta. Albi a quel punto andò in testa d’albero e vi
rimase per 45 minuti a fissare in qualche modo la vela a riva, mentre gli
elicotteri delle televisioni americane gli ronzavano sulla testa
impedendogli di comunicare (a voce) con il pozzetto. Quando scese non era
capace di stare in piedi perché le cinghie del bansigo gli avevano
bloccato la circolazione del sangue. Negli stessi giorni una scheggia di
carbonio gli era entrata nell’alluce di un piede che gli medicava sua
moglie Cristina (senza che lo sapesse il medico del team) per non essere
sbarcato e salutare la Coppa America.
Nel 99 era a Punta Ala con l’X 412 Bonifati
(timoniere Enrico Chieffi) e mentre in poppa con 20 Nodi di scirocco,
sotto spi, era in testa d’albero a lavorare alle drizze, pensarono bene di
fare una strapuggiata e mettere l’albero in mare. Alberto mi ha raccontato
che non è il massimo del godimento.
Nel 2000 a Palma per la coppa del re era imbarcato su
Marrakesh Express (il 1° Wind) un Ceccarelli 38, mentre era a lavorare
alla 2° crocetta gli si ruppe il bansigo e piombò in coperta.
Resosi conto di non essersi fatto male si rialzò e,
come mi disse: “ho fatto come i motociclisti, mi sono rialzato e mi sono
arrampicato sull’albero a recuperare il bansigo sgarruppato”.
Eh sì, lui le fa tutte semplici’ perché è vero, ora
Alberto ha quarantacinque anni, ma ne ha ancora quindici, quando si muove
come un gatto a prua o gioca con sua figlia Margherita, con le ginocchia e
le mani piene di calli, i capelli “strinati” dal sole di sopra e sotto
l’Equatore, il sorriso disarmante, segno di una disponibilità ed un
entusiasmo illimitati.
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