Francesco Locane | ||
Francesco Locane è nato a Gorizia nel 1978.
Vive a Bologna dove studia Scienze della comunicazione. Scrive poesie e
racconti. Ha pubblicato il libro di racconti " Tempi Diversi
". E' considerato il "Vate" della Setta dei Poeti Avellinesi. | ||
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E toccai
L´angoscia
Quasi per caso
Ne avvertii
Il freddo bollore
La dolce tristezza
Il gelido appassionato bacio
Fu in me
Fu in lei
Chiusi gli occhi
Rapida vibrazione immobile
Frustrata lungo la schiena
Mortale orgasmo
Vitale scarica elettrica
Che ti lascia stordito
Ma vivo
E poi
piú nulla
Se non il desiderio
Di rifarlo .
Mi hanno visto
Di notte
Vagare
Aspettavo ansioso
Dietro ogni angolo
Il mostro cattivo
Fammi paura
Mangiami
In un sol boccone
Ingoiami
Senza masticare
Così esco
E ti aspetto ancora .
Buonanotte .
Spengo la luce .
Mi immergo ,
salto
nel buio
denso .
Pace .
Calma .
Solitudine .
Non ho voglia
di domani ,
di stare male ,
di non riuscire a piangere ,
di perché ,
di sogni infranti .
Possa io non svegliarmi piú .
Buonanotte .
Lo studio era critico .
Il blues era statico .
Il cielo era incerto .
Il mondo era immobile .
Nessuno muoveva .
Nessuno cambiava .
Il vento tirava .
Lui era ignobile .
Lei era cinica .
La coppia era fradicia .
La pila era scarica .
Nulla si muoveva .
Niente cambiava .
Il vento tirava .
La casa era vuota .
Il treno era fermo .
Le finestre sbattevano .
La tele urlava .
Lui non si muoveva .
Lei non cambiava .
Il vento tirava .
Stanco di noi .
Enormi massi
da dentro mi dilaniano
Dolorosamente
Credo di aver solo sbagliato vita
Saluto
Da lontano con la mano
le leggere responsabilitá
Di un tempo
E nella mia cupa dimensione
Vedo Zenone il vecchio
Che ride , annuisce con la testa
Quando mi perdo
Nello spazio
Fra due note
Fra piede e terra
Fra due punti di una foto di giornale
Fra due parole
Fra due macchie sull´asfalto
Fra due lancette di un orologio
Sempre piú
Molle ed
inutile .
Dall´alto del mio cielo
gettami per terra .
Sbatto
senza un gemito ,
con un tonfo secco ,
che si fa sepolcro .
Sospeso
Su un cavo di cristallo
Trasparente e fragile
Mi confondo con l´aria
Sul punto di cadere
Oramai da mesi
Le lacrime
Fanno da contrappesi
Non vedo l´orizzonte
Il cielo si infrange sugli scogli
Andarsene cosí ,
tutto d´un tratto
Non è il mio stile .
Meglio scomparire piano ,
in dissolvenza ,
Nella nebbia
Raccolta sul Po
Non corretemi dietro ,
non chiamatemi ,
se potete ,
Limitatevi a contemplarmi .
Forse
Riapparirò .
Lasciatemi solo .
Non voglio
sentirvi nè vedervi .
Lasciatemi qui ,
al buio ,
mentre cerco ,
nel mio animo inondato di lacrime ,
nel barlume ,
una traccia di me stesso
Tracce di rosso
Il sangue é stato
Violento , bastardo
Crudele , amato
Tracce di rosso
Qualcuno ha sofferto
Per strada , in casa
Dentro , all´aperto
Tracce di rosso
C´é stato qualcosa
Cancella , annulla
La mente riposa .
Ormai credo
che sia più facile
scrivere per te
una melodia
che capirti , o tentare di farlo .
Ti manderò allora
queste note stonate
su cui arrampicarci
precari ,
e guarderemo il mondo
dall´alto di un accordo
di settima .
E lí con me scoprirai
che si può fare jazz
anche senza musica .
Oggi cammino
In terza persona
E affronto le
Cose
Di lato
Di tutto quel che so
Rimangono solo le
Vocali
Dense e
Nere
Le parole
Sgocciolano sul foglio
Come cera
Mi scotto e
Ci gioco.
Restano infine
Lucide morbide macchie.
Stanco di sentire
Discorsi d'amore e
Fruscii di carezze
Mi rinchiudo
In un sordo silenzio
Annuisco
Facendo finta di capire.
Mi dissero dell'eco
Qualcosa
Sarebbe tornato
Seduto sull'orlo
Dell'orrido
Ho lanciato
Un urlo d'amore
Ancora lì
Aspetto
Le gambe nel vuoto
Scandendo i respiri
Le
parole dolci che mi hanno detto
rovinate
dal tempo e dagli eventi
le
tengo in una scatola nascosta.
Come
pezzi di pupazzi a volte
riprendo
in mano quei brandelli d’amore
e costruisco esiti e corpi nuovi,
ma
fragili e deboli, forse mostruosi,
tra
le mani si sfaldano, cadono
a
pezzi, non resistono, non respirano più.
Il
ricordo di giochi riusciti per caso
lascia
il posto a perpetui e dolorosi rigetti.
In
un raggio di sole
come
un gatto stanco
ho
chiuso gli occhi
finché
è durato.
Qualche
giorno fa
la
luna era
di
cartone.
Oggi
la
ricordo grigia
o
azzurrina.
La
memoria
la
rende ancor
più
frusciante.
Passerà
anche quest’estate
E
la mia solitudine
Tornerà
ad assumere
Forme
più fresche.
Non so dire perché
Mi alzai di scatto,
Preso e rapito
Da una voglia di andare
Verso un punto impreciso
Laggiù.
E
vi arrivai.
O
almeno così credevo.
C’era
Il
mare, ma
Il
mare,
Questo
conosciuto,
Portava
morte.
Tutt’intorno
alghe
Perivano
lentamente
In
un inebriante fetore estremo.
Di
morte.
E
mosche, o insetti,
Volavano
via al mio passaggio
Per
poi tornare
Alle
alghe,
Al
marcio,
A
mangiare.
Vita
che si nutre di
Morte
che si nutre di
Vita
che, inevitabilmente,
Muore.
Ed
io, alto sopra la massa,
Mi
sentii svenire, cadere,
(morire)
Incantato
dall’
Assoluta
bellezza della