San Giuseppe, padre davidico del Cristo

La vita è il più grande dono che ogni essere umano riceve; è un dono che viene da Dio ma non senza la collaborazione di un padre e di una madre umani. La celebrazione della festa del 19 marzo, dedicata ai "papà", ritorna puntualmente ogni anno ed invita tutti a riflettere ed a gioire di fronte alla grandezza del dono della vita, di cui i genitori sono interpreti e custodi. Essi rappresentano una delle categorie fondamentali della società umana, anche se la più trascurata. Eppure il loro compito dovrebbe consistere non nel rimanere semplici comparse, ma diventare protagonisti delle trasformazioni della società. La paternità e la maternità sono, infatti, contemporaneamente sia un dono che un impegno.

La riflessione di questo mese si incentra appunto su colui che Gesù chiamò "Padre" e che alla missione di "Padre" e "Sposo" sacrificò tutto se stesso: S. Giuseppe, al quale è dedicata nelle pagine seguenti una preghiera (tratta dal libro "Pregate, pregate", Ed. Shalom) che chiude, come di consueto, la nostra rubrica. S. Giuseppe può considerarsi l’emblema di una cultura "presunta", poiché anche le persone che si professano devote di questo Santo, nella maggioranza dei casi non si rendono effettivamente conto della Sua reale grandezza. Seguiamo pertanto i punti salienti della rassegna storico-dottrinale di P. Tarcisio Stramare, Direttore del Movimento Giuseppino ("Gesù lo chiamò Padre", Ed. Vaticana, 1997), che spiega per quali ragioni S. Giuseppe non è semplicemente una figura marginale della Storia della Salvezza. L’umanità di Cristo percorre, per purificarla e santificarla, tutta "la via" dell’uomo, che passa attraverso la coppia, il matrimonio, la famiglia, la maternità, la paternità, inconcepibili senza San Giuseppe che, di tutti i Misteri della vita di Cristo, testimoniati nei Vangeli e celebrati nella Liturgia, è stato l’indispensabile "Ministro". La paternità di S. Giuseppe si esercita infatti attraverso gesti concreti: l’accoglienza del concepito, l’iscrizione di Gesù all’anagrafe, l’imposizione del nome, la circoncisione, la presentazione al Tempio, la protezione, il sostentamento, l’educazione ed il lavoro. Si tratta di un ruolo importantissimo, dato che , come affermato da Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica "Redemptoris Custos" del 1989, S. Giuseppe ha partecipato al disegno redentivo, che ha il suo fondamento nell’Incarnazione, come nessun’altra persona umana, ad eccezione di Maria Madre del Verbo incarnato. L’altissimo incarico e la corrispondente fiducia riposta in lui da Dio stesso, affidandogli i tesori più preziosi, Gesù e Maria, suppongono da parte di Dio, assieme a Grazie eccezionali, anche una speciale vocazione simile a quella dei profeti. Dato il rapporto d’analogia esistente tra le vocazioni profetiche, ci può illuminare la Rivelazione del Mistero di Cristo ricevuta da S. Paolo (la volontà salvifica di Dio nella pienezza dei tempi, secondo un piano che ha come oggetto la restaurazione dell’universo in Cristo) e riguardante la sua vocazione, ossia quella di impegnarsi nella missione di annunziare la salvezza ai pagani. Ebbene, come per Paolo, così anche per Giuseppe la chiamata di Dio si identifica con la Rivelazione del Mistero che lo porta, nel suo caso, ad essere testimone della volontà salvifica di Dio giunta alla sua massima espressione con il Mistero dell’Incarnazione.

Per mezzo di un Angelo, Dio comanda a Giuseppe nel sonno di tenere con sé la sposa Maria e di dare il nome al Bambino. Anche se il concepimento è opera dello Spirito Santo, Giuseppe accetta di compiere il suo alto ufficio: servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della sua paternità. L’adesione di S. Giuseppe alla volontà di Dio manifesta "una stupenda docilità, una prontezza eccezionale di obbedienza ed esecuzione" (Paolo VI, 19 marzo 1968). La caratteristica di S. Giuseppe è "l’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al Mistero dell’incarnazione ed alla missione Redentrice che vi è congiunta; l’aver usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla Sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro; l’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana oblazione di sé" (Paolo VI, 19 marzo 1966).

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San Giuseppe, padre putativo di Gesù Cristo

Alla domanda che i discepoli fecero a Gesù sul motivo del suo parlare in parabole, Egli aveva risposto citando Isaia: "A voi è dato di conoscere i Misteri del Regno dei Cieli, agli altri invece non è dato. (…) Beati i vostri occhi perché vedono e le vostre orecchie perché ascoltano. In verità vi dico che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere quello che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare quello che voi ascoltate , e non l’udirono" (Mt. 13.11-17). Giuseppe si trova non solo tra i felici destinatari della beatitudine pronunciata da Gesù: egli è il "Giusto" al quale è stato dato, in modo assolutamente privilegiato, di conoscere i Misteri del Regno, di vedere e di ascoltare l’Atteso delle genti e, unico, di sentirsi dal Lui chiamare con il nome di "Abbà", papà, lo stesso appellativo usato da Gesù con il Padre dei Cieli.

Il pensiero teologico su S. Giuseppe ha trovato un forte impulso soprattutto nella voce autorevole dei Sommi Pontefici, i quali hanno messo a fuoco con la luce del Magistero i punti essenziali della teologia giuseppina:

    1. Pio IX con il decreto della Sacra Congregazione dei Riti "Quemadmodum Deus" (8 dicembre 1870) proclama S. Giuseppe Patrono della Chiesa Universale: è secondo solo a Maria nel potere di intercessione. Con il decreto "Inclytum Patriarcham" (7 luglio 1871) viene riconosciuta a S. Giuseppe il diritto ad un culto superiore a quello degli altri Santi, si ritiene che gli furono concesse da Dio Grazie speciali per il suo stato.
    2. Leone XIII, nell’Enciclica "Quamquam pluries" (15 agosto 1889), espone tutta la dottrina su S. Giuseppe, dai fondamenti della sua dignità sino alla ragione singolare per cui merita di essere proclamato Patrono di tutta la Chiesa, modello ed avvocato di tutte le famiglie cristiane.
    3. Benedetto XV, nel Motu proprio "Bonum sane" (25 luglio 1920), ricorda l’efficacia della devozione a S. Giuseppe come rimedio ai problemi del dopoguerra e raccomanda inoltre di supplicarlo in favore dei moribondi, poiché "egli è ritenuto meritatamente il loro più efficace protettore, essendo spirato con l’assistenza di Gesù e Maria".
    4. Pio XI, nell’Allocuzione del 19 marzo 1928 sostiene la superiorità di S. Giuseppe su S. Giovanni Battista e S. Pietro; nell’Allocuzione del 19 marzo 1938 riconosce all’intercessione di S. Giuseppe il titolo di "onnipotente". Pio XI, riservando a S. Giuseppe il titolo di "Padre della grande Carità", poteva additarlo, nella descrizione evangelica del Giudizio Universale, per una sua particolarità: "Insieme con Maria, la particolarità di S. Giuseppe sarà in quell’ultimo giorno di non dire nulla, di non rispondere, di non poter replicare interrogando alla constatazione suprema del Giudice Divino. Giacché, quando il Signore dirà la grande spiegazione dell’eterno premio dei giusti, S. Giuseppe, unico tra questi, non risponderà con espressione di meraviglia. In mezzo a tutto quel generale stupore, uno solo non rimarrà affatto meravigliato: S. Giuseppe, il quale si troverà nella verità vissuta ed esperimentata. Allorché il Signore gli ricorderà che aveva avuto fame e gli aveva dato da mangiare e, aveva avuto sete e lo aveva dissetato, era spoglio e lo aveva rivestito, S. Giuseppe risponderà: "E’ vero, o Signore, è tutto vero" (19 marzo 1936).
    5. Pio XII nel discorso del 1° maggio 1955, istituisce la festa liturgica di S Giuseppe Operaio.
    6. Giovanni XXIII, nella Lettera Apostolica "Le voci" del 19 marzo 1961, riassume gli atti dei precedenti pontefici in onore di S. Giuseppe e lo nomina protettore del Concilio Ecumenico Vaticano II.
    7. Paolo VI, nella Cost. "Lumen Gentium" (21 novembre 1964) accoglie l’inserimento del nome di S. Giuseppe nel Canone della S. Messa.

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Il Patriarca San Giuseppe

8) Giovanni Paolo II, nell’Enc. "Redemptor hominis" (4-3-1979), inserisce S. Giuseppe nel cuore della Redenzione. Nell’Allocuzione del 19 marzo 1980 propone S. Giuseppe come modello a "tutti i Pastori e Ministri della Chiesa, perché servano il popolo di Dio con dedizione attiva e generosa, come S. Giuseppe servì degnamente il Signore Gesù e la Vergine Madre". Nell’Enc. "Redemptoris Mater" (25 marzo 1987) S. Giuseppe è presente in tutti gli episodi dell’infanzia di Gesù. Nell’Esortazione Apostolica "Redemptoris Custos" (15-8-1989) vi è un’ampia riflessione sulla figura e la missione di S. Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa. "Ancora oggi – scrive Giovanni Paolo II – abbiamo perduranti motivi per raccomandare a S. Giuseppe ogni uomo (RC, n° 31). "Questo patrocinio deve essere invocato ed è necessario tuttora alla Chiesa, non solo a difesa contro gli insorgenti pericoli, ma anche e soprattutto a conforto del suo rinnovato impegno di evangelizzazione nel mondo e di rievangelizzazione in quei Paesi e nazioni dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti, e che sono ora messe a dura prova" (RC, n°29). Giovanni Paolo II, dopo aver notato che "le anime più sensibili agli impulsi dell’amore divino vedono a ragione in S. Giuseppe un luminoso esempio di vita interiore", spiega come "l’apparente tensione tra la vita attiva e la vita contemplativa trova in lui un ideale superamento, possibile a chi possiede la perfezione della carità. Che S. Giuseppe diventi per tutti un singolare maestro nel servire la missione salvifica di Cristo, compito che nella Chiesa spetta a ciascuno e a tutti: agli sposi ed ai genitori, a coloro che vivono del lavoro delle proprie mani o di ogni altro lavoro, alle persone chiamate alla vita contemplativa come a quelle chiamate all’apostolato" (RC, n°32). L’insigne esempio di S. Giuseppe, infatti, "supera i singoli stati di vita e si propone all’intera comunità cristiana, quali che siano in essa la condizione ed i compiti di ciascun fedele" (RC, n°30). Aggiungiamo che nella prefazione del nuovo codice di Diritto Canonico, promulgato da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983, la retta osservanza delle norme è affidata, dopo l’impetrazione della Beatissima Vergine Maria, Madre della Chiesa, "Al suo sposo S. Giuseppe, patrono della Chiesa". Il Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato dallo stesso pontefice nel 1992, dedica la giusta attenzione ai "Misteri dell’infanzia e della vita nascosta di Gesù" dei quali S. Giuseppe è stato "Ministro" (nn°522-534) ed invita "ad affidarci a S. Giuseppe, Patrono della Buona Morte" (n°1014).

Simona B.

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