Vita di Santa Cristina
LA STORIA E IL MARTIRIO

Nel corso dei secoli è stata ed è ancora viva nella Chiesa la memoria di Santa Cristina, Vergine e Martire Bolsenese, la cui santità si irradia tutta dalla profonda e totale imitazione del Vangelo di Cristo, fino a seguirlo sopra ogni altra realtà abbracciando come Lui il martirio.

Martire: questa è la notizia storicamente certa della biografia di Cristina, fino dalla più remota antichità. Così, infatti è scritto nella cartella scolpita sull?urna marmorea, databile al secolo XI dove vennero per lungo tempo conservate le reliquie della Santa. La Sua immagine d?altronde appare nei mosaici del V I secolo in Sant?Apollinare Nuovo a Ravenna, nella famosa teoria delle Vergini Martiri occidentali.

Solo questo appellativo emergerebbe con certezza rispetto ad ogni altro devozionale e fantasioso dato biografico. Alla storica certezza del Suo Martirio. avvenuto il 24 luglio. come attesta già il più antico calendario della Chiesa romana, purtroppo non fanno riscontro altrettante notizie certe sull?anno della Sua morte che si ritiene, per lunga tradizione, sia avvenuta dopo l?ultimo editto di Diocleziano che promulgava la pena di morte indistintamente contro tutti i cristiani ed in tutto l?impero.

Contemporanea ai più famosi Martiri della nostra fede come Agnese, Vittoria, Lucia. Sebastiano e Giorgio, Cristina fa parte della schiera dei Martiri che nel 303-304 d.C. hanno glorificato la Chiesa nascente.

LA TRADIZIONE

Le fonti per la ricostruzione della biografia della Santa sono la tradizione più antica. peraltro ancora viva nell?anima popolare, gli Atti risalenti al VI secolo d.C. e il più antico martirologio di S. Girolamo del IV sec.

Cristina, figlia dodicenne di Urbano, prefetto del municipio romano di Volsinii, allora città opulenta e popolosa, di una nobildonna di casato romano appartenente alla Gens Anicia. famiglia questa che aveva sulle rive del lago di Bolsena seria grandi possedimenti e ottime officine e cave di pigi (Vitruvio), abbracciò la nuova fede di Cristo ancora bambina innamorandosi di quel Vangelo predicato sulle rive del nostro lago fino dalle origini dai Santi Giorgio e Frontone, discepoli di San Pietro.

Cristina fu iniziata alla religione cristiana da una amica e fedele ancella di palazzo. Urbano, accortosi della conversione della figlia, cercò in tutti i modi di allontanare fanciulla dalla sua fede, ma nulla riuscì a scalfirne minimamente la volontà. La fece chiudere in un?ala del palazzo gentilizio insieme a dodici ancelle, e la circondò di agi e di lusso. Cristina, però distribuì ai poveri le sue ricche vesti e i metalli preziosi ricavati dagli idoli da Lei infranti. Il padre, a questa notizia, salì su tutte le furie e dopo averla interrogata a lungo, non più come padre ma come rappresentante del potere dell?impero romano, che stava per concludere ormai parabola del suo splendido millennio, conscio della propria debolezza, spietato verso i più umili che avevano osato contrapporre l?amore alla forza, condannò Cristina ad essere denudata delle vesti e pubblicamente flagellata dopo averle fatto recidere i suoi biondi capelli. Commosse da tanta crudeltà, le donne del posto coprirono Cristina con i loro mantelli e i carnefici, dopo lunghe ore di battiture, stremati dalla divina resistenza della fanciulla, caddero a terra esanimi.

Urbano, allora, ordinò che la fanciulla venisse condotta in carcere dove venne visitata dalla madre e da alcune altre matrone, ma nemmeno le lacrime materne riuscirono a smuovere Cristina. Il padre disperato nella notte buia fece trasportare la fanciulla su di una barca fino al centro del lago, dove con una grossa pietra al collo venne gettata tra i flutti. Miracolosamente Cristina galleggiò sulle acque come un fiore di ninfea usando per barca lo stesso strumento di martirio, la pietra, dove rimasero le impronte dei Suoi piedi. Ritornata a riva, si presentò spontaneamente al tribunale del padre che nel rivederla per il dolore e per la rabbia morì. Allora i demoni sorsero dalle viscere della terra per trascinare il folle Urbano all?inferno.

Il successore nella carica di prefetto Dione, rispettando le leggi Diocleziane non fu meno severo nei confronti della fanciulla. Fattala nuovamente interrogare ordinò che venisse immersa in una caldaia di olio e pece bollente dove Cristina entrò orante come in un bagno di fresca rugiada. Visto inutile questo tormento. Dione la fece legare ad una grande ruota metallica che al suo girare avrebbe slogato le esili membra della Santa; al primo girare di ruota, questa, per intervento dell?angelo del Signore, si spezzò uccidendo i carnefici e destando stupore tra gli astanti. Il prefetto, stupefatto per gli avvenimenti e furibondo per la sua impotenza verso la fanciulla, fece condurre Cristina al tempio di Apollo per obbligarla a bruciare l?incenso alla divinità, ma alle sue ferventi preghiere la statua del Dio scese dal piedistallo infrangendosi al suolo e uccidendo con una scheggia lo scellerato Dione. A tale vista. si convertirono alla fede di Cristina parecchie migliaia di pagani.

Successe a Dione il prefetto Giuliano, uomo rude e accanito persecutore dei Cristiani. Fatta trascinare la fanciulla davanti al suo tribunale, la condannò ad essere uccisa dal morso di serpi velenose che, alle preghiere della Santa divennero mansuete come agnelli e asciugarono con le loro lingue le lacrime della fanciulla. Giuliano esausto la fece murare in una fornace per mattoni dove Cristina rimase per cinque giorni e cinque notti. Quando ormai si pensava di trovare solo cenere, aperta la fornace, con stupore e meraviglia, il prefetto vide la fanciulla in devota conversazione con un gruppo di angeli che per tutto il tempo con il loro sbatter d?ali avevano tenuto lontano il fuoco dal suo corpo verginale. Ancora oggi la tradizione indica in alcuni ruderi sulla via Cassia. circa a due Km. dall?abitato, i resti della fornace dove la Santa subì questo martirio.

Disperato per l?ennesima sconfitta, Giuliano trascinò la fanciulla per le vie della città fino all?anfiteatro, dove, dopo averle fatto recidere le mammelle e la lingua, legata ad un palo fu fatta bersaglio da un nugolo di frecce.

Così Cristina passò dalla terra al cielo a contemplare il volto di quel Cristo che tanto aveva amato.

IL CULTO

Il corpo di Cristina venne tumulato nelle locali catacombe, che oggi portano il Suo nome, fino all'editto di Costantino del 313 d.C. che dava libertà di culto alla nuova religione, allorché dalla Chiesa primitiva il corpo della Santa venne trasportato, pur rispettando l?originario luogo della sepoltura, in un grande sarcofago di pietra locale. Distruggendo parte degli ambulacri catacombali si costruì un primo oratorio sotterraneo sulla tomba della Martire. Ben presto si edificò una grande Basilica, che nel corso dei secoli fu ampliata e arricchita con opere d?arte dalla devozione del popolo e dalla munificenza di principi e sommi pontefici. Le spoglie mortali di Cristina riposarono nel grande sarcofago all?incirca fino al secolo V111 d.C. quando, inseguito ad una manomissione da parte di alcuni pellegrini, per sicurezza vennero trasportate nell?isola Martana.

Qui furono ritrovate dalla contessa Matilde di Canossa che le fece autenticare da Papa Gregorio VII. Per suo volere furono riportate nel primitivo sarcofago. Da accurate ricerche sui Regesti di Papa Gregorio è risultato che il ritrovamento delle reliquie e la loro glorificazione a Bolsena avvennero tra l?8 e il 22 ottobre 1078, anno in cui venne riconsacrata dallo stesso Pontefice la Basilica di Santa Cristina, che aveva subito proprio in quegli anni dei radicali restauri. Sulla tomba della Martire si eressero altari di grande valore storico ed artistico, come il bel ciborio del Secolo IX chiamato altare del Miracolo, perché su di esso avvenne il famoso prodigio eucaristico del 1263. Sul finire del secolo XV il cardinale Giovanni Dei Medici, futuro papa Leone X, fece erigere al posto del vecchio altare trasportato altrove una mensa adornata con una grande pala in ceramica invetriata, opera dello scultore Benedetto Buglioni nella cui predella sono raffigurati in rilievi bicromi tre episodi del martirio della Santa. Nell?arcosolio sottostante fu posta una statua di terracotta dello stesso autore rappresentante la martire nel sonno della morte.

Nel 1891, dopo la scoperta della tomba della Santa, l?altare ceramico fu sostituito da un monumento funebre di dubbio gusto sul quale fu adagiata la bellissima statua del sunnominato scultore fiorentino.

IL RITROVAMENTO DELLE RELIQUIE

Con il passar degli anni si perse l?esatta ubicazione della tomba della Santa. Soltanto il 5 Agosto 1880, durante i lavori di sterro, scavo e restauro delle catacombe effettuati per interessamento del canonico Daddi e del vescovo Monsignor Briganti, lavori eseguiti in parte sotto il consiglio e la guida degli archeologi Giovanni Battista De Rossi ed Enrico Stevenson, si riportò alla luce il grande sarcofago della Santa. All?interno non giaceva il corpo intero di Cristina ma una piccola cassa marmorea dentro la quale, frammiste a terra e polvere di legno, giacevano molte ossa. Dai periti di anatomia dichiarati appartenenti ad un corpo tra gli undici e i tredici anni. Sull?urna marmorea si trovava scritto "Qui riposa il corpo della Beata Cristina Martire". Il sarcofago fu trovato con una rottura irregolare nella sua parte posteriore, a conferma della tradizione del furto avvenuto nei secoli precedenti. Oggi, queste reliquie sono conservate in una urna nella nuova cappella di Santa Cristina nella Cattedrale di Palermo e nella Parrocchia di Santa Cristina in S. Cristina Gela (provincia di Palermo), donate dal Card. Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo, il 24 giugno 1994.