Abitanti:
2000
Altezza
s.l.m.: 957 m
Distanza da
Potenza: 24 km |
Sorge
sull'Appennino Lucano in provincia di Potenza a 957 m s.l.m, distante 24
km dal capoluogo il piccolo centro di duemila anime circa che annovera
come patrono il santo martire romano.
Sull'origine del nome Abriola ci sono varie ipotesi. Alcuni lo fanno
derivare dal latino aper, cinghiale, essendo questa terra ricca di boschi
nei quli ancora oggi esistono esemplari della specie. Altri, come lo
storico Racioppi, lo fanno derivare da "briolia", termine molto usato nel
Medioevo per indicare "la selva circondata da un muro chiuso per esercizio
della caccia del feudatario".
Il paese nel corso
dei secoli ha avuto collocazioni diverse a seconda delle contingenze
storiche. Scavi effettuati nel 1976 presso il locale campo sportivo hanno
portato alla luce una tomba con relativo corredo funebre fatta di vasi di
ceramica a vernice nera con figure rosse. I reperti sono evidente
testimonianza di un insediamento che risale almeno al IV secolo a.C. La
via Erculia, nel tatto da Grumentum a Potenza, passava nel territorio di
Abriola.E' probabile che i Romani
abbiano saldamente presidiato questa fortezza naturale che consentiva il
controllo di gran parte del territorio circostante.
Il paese, nella sua
collocazione attuale, ha avuto sviluppo da un'antica roccaforte araba da
ascrivere, probabilmente, tra quei 150 "munita oppida" che i Saraceni
avevano in Italia nell'863.
Nel 907 il saraceno
Bomar cedette Abriola, con il fortilizio, al longobardo Sirifo in cambio
di Guardia sul Basento. Con i Normanni il paese fu feudo di Guaimaro da
Capaccio e al tempo di Federico II di Svevia di Americo
d'Avezzano.
Durante la
dominazione angioina furono signori i Filangeri, il cui potere nel 1530
passò a Filiberto Chalon d'Oranges. Nel sec. XVI il territorio fu dei
Dangro, nl XVIII dei Caracciolo e nel 1758 passò ai Federici di Montalbano
col titolo di baroni.
Il 23 luglio 1809
la banda di Scozzettino, con Taccone e Scarola venuti da Laurenzana e
Melfi, segnò la fine dei baroni Federici. Insieme a molti notabili del
paese, tutta la famiglia, tranne il piccolo Carlo, fu trucidata. In quella
stessa data i briganti bruciarono anche l'archivio comunale e
parrocchiale, rendendo, in tal modo, particolarmente difficile la
ricostruzione di una storia più precisa e dettagliata del periodo
antecedente il 1809. Gli unici
documeti storici che si possono rinvenire sul posto sono costituiti dalle
opere d'arte presenti nelle chiese e da quel poco che resta
dell'architettura antica del paese.
Della roccaforte araba, trasformata ed ampliata dagli Svevi e dagli
Angioini, si vedono i resti di una torre a pianta quadrata e un portalino
rinascimentale d'accesso. L'antico centro conserva l'aspetto
caratteristico dei quartieri arabi.
Sul versante sud, a valle, si scorgono ancora, incorporati in successive
fabbriche, tratti delle mura di cinta medioevali e una porta con torrione
quadrangolare.
Le chiese, poi,
rendono testimonianza di un'intensa vita religiosa accompagnata da opere
di promozione artistica di notevole rilievo.
Negli anni del
Risorgimento Abriola divenne centro liberale, in quanto sede di vendita
carbonara, e successivamente, di un circolo costituzionale.
Il brigantaggio
postunitario interessò ancora una volta le nostre contrade, che per oltre
quindici anni andarono soggette a rapine e incursioni nonostante i
provvedimenti repressivi e la vigile attività della Guardia
Nazionale.
Tra la fine del
1800 e gli inizi del 1900 ad Abriola cominciò a verificarsi il fenomeno
dell'emigrazione, ancora in atto, segno di uno scarso e lento
sviluppo. |