La porta di San Valentino

Ciccando su ciascuna formella si ottiene l’ingrandimento e la didascalia

 La Porta di S. Valentino con bassorilievi di Antonio Masini
Inaugurata ad Abriola in provincia di Potenza
UN GUSTO DECORATIVO CHE GRADUA GLI EFFETTI PLASTICI
(Giuseppe Appella da “L’Osservatore Romano” del 19-03-1998)

      Perché il sogno di ogni scultore – a prescindere da ogni intento religioso – è la porta di una chiesa? per lasciare vivere la propria opera nell’aria, tra la gente, sottoporla alle diverse luci del giorno e della notte, ai diversi climi delle stagioni, fuori dai musei e dalle gallerie anche delle case dove la televisione e il mercato hanno omologato il bello e il brutto? per sanare, con le dimensioni dell’opera e l’architettura che la contiene, tutte le incomprensioni e tutte le mortificazioni che anche l’artista riceve durante la propria vita? per misurare la capacità delle immagini, oggi, a narrare una storia in cui generazioni e coscienza possano riconoscersi? per trovare, come rimedio, un supplemento d’anima agli accresciuti bisogni materiali dell’uomo moderno? per sfidare il tempo e crearsi una illusione di eternità?
      L’esempio che torna in mento ogni volta, è quella “Porta del Paradiso” di Lorenzo Ghiberti nel Battistero di Firenze che vide concorrere artisti come Brunelleschi e Jacopo Della Quercia e occupò quasi tutta la metà del Quattrocento. Ci vorrebbe l’intero spazio di questa pagina per narrare le speranze e le delusioni, le lotte che costò quella porta affidata a Ghiberti che pure, a quelle 28 formelle, dedicò alcuni decenni della sua vita. Ne è valsa la pena, se dopo cinquecento anni è rimasta sempre la “Porta del Paradiso”.
      Ma torniamo al nostro secolo, alla fine degli anni Quaranta e agli inizi degli anni Cinquanta, al sogno angosciato di Manzù per la porta di San Pietro e al sogno deluso di Fontana per la porta del Duomo di Milano. Manzù impiegherà 17 anni, dal 1947 al 1964, per portare a termine quella porta, voluta da Papa Giovanni XXIII affettuosamente sollecitato dal nostro don Giuseppe De Luca (e sarebbe bello raccontare una delle leggende fiorite intorno a questa porta); Fontana, tra il 1950 e il 1952, fu costretto a rinunciare per sollecitazioni inaccettabili che privarono una delle più belle chiese del mondo di un capolavoro il cui bozzetto, per ironia della sorte, è ora nella Collezione Vaticana d’Arte Religiosa e Moderna.       Antonio Masini (Calvello 1933), che nasce pittore ma è di continuo tentato dalla scultura, il suo sogno, piccolo o grande che sia non importa, le sue ansie, le sue speranze se li è coltivati, in umiltà, all’ombra di questi esempi, di Maestro Wiligelmo del duomo di Modena, di Maestro Anelami della Cattedrale di Parma, di Maestro Nicolao di S. Zeno di Verona, per riceverne forza e coraggio. Tornando dalle visite alle porte delle nostre chiese meridionali, dal Duomo di Benevento a quello di Troni, dove la mano dell’uomo-artefice ha modellato preziosi poemi sacri in bronzo, ha capito che la cosa migliore era mettersi disciplinatamente dietro a tanta eredità, farsene contaminare, riafferrare il senso primigenio della plasticità tutta semplificazione e vasta coscienza degli spazi, il vigore di modellato, e quelle forme robuste di cui si era nutrito girando nei paesi lucani, da Rampolla a Rivello, da Potenza a Calvello, alla stessa Abriola, che più conservano, in capitelli e sarcofagi, in portali, cori e bassorilievi, in statue di varie epoche, testimonianze scultoree.                                        Il coraggio l’ha trovato nella fiducia di don Antonio Laurita, Parroco di Abriola, nella devozione dei donatori delle venti formelle raccolti nella inconscia percezione di un evento e di un sentimento. A questi, e a tutta la comunità di Abriola, Masini doveva raccontare, non esibire, Bibbia ed Evangelo, la storia della fede, la vita delle grandi coppie del Nuovo e del Vecchio Testamento, i giorni terreni di S. Valentino, le leggende che lo legano al paese lucano e ne fanno una componente importante dell’identità di questi luoghi.      Doveva, quindi, agire sull’immaginazione e sulla sensibilità dei fedeli senza avvilirli. Perciò, non poteva non concepire figurato, ai limiti del verismo, anche davanti a episodi di trascendenza. Ecco, allora, la scarna rappresentazione della domestica quotidianità del villaggio, cadenzata utilizzando, uno stile castigato, la tensione alla pluralità dei gruppi disseminati nelle formelle, con la capra, il toro, il cane, la spiga di grano, il passero, l’accetta, tra il pieno rilievo delle figure in primo piano e, in controcanto, sullo sfondo, gli episodi immersi tra le leggerissime profilature degli scenari architettonici, e pieghe di panneggi, osservazioni pittoriche, un gusto decorativo, insomma, che gradua gli effetti plastici nei legami tra una storia e l’altra e tra l’intera porta e il tempio che la contiene.       Solo così era possibile raccontare Bibbia ed Evangelo nei risvolti umani, dove l’elogio dei campi e delle virtù sono una sorta di trattato delle opere e dei giorni affidati ai simboli della tradizione cristiana, pervenendo in un calmo equilibrio di forme.

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       Realizzata negli anni 1995-1997 dall'artista lucano Antonio Masini, inaugurata il 7 febbraio 1998 alla presenza del Cardinale Francis Arinze, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, è composta di venti formelle in bronzo narranti storie del Vecchio e Nuovo Testamento e leggende su S. Valentino ed Abriola.

7 febbraio 1998
Cronaca di una giornata particolare

UNA NUOVA PORTA A S. VALENTINO
L'opera bronzea interamente pagata dai fedeli
Oggi pomeriggio ci sarà la cerimonia di benedizione
(Rocco Nigro da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 7-02-1998)

ABRIOLA - Ormai è tutto pronto. Il paese è in festa. Nella serata di oggi, dopo tre anni di intenso lavoro, il vecchio portone di legno della Chiesa Madre tornerà ad aprirsi. Questa volta, però, con una nuova veste. Venti formelle di bronzo, per una superficie che si estende su quattro metri e sessanta centimetri di altezza per due metri e sessanta centimetri di larghezza, modellate dalle mani sapienti dello scultore Antonio Masini e realizzate dai maestri della Fonderia Veneta di Valentino de Gueggio e figli, a Valeggio sul Mincio, prenderanno il posto dei vecchi e fatiscenti riquadri in legno. Delle venti scene, dieci sono ispirate alla vita ed ai miracoli del martire romano Valentino, decapitato il 14 febbraio del 269, ai tempi dell'imperatore Claudio II il Gotico. E non poteva essere diversamente, visto che il 28 per cento degli abitanti di questa comunità porta il nome di Valentino e per ben due volte l'anno si festeggia il "patrono degli innamorati". Le altre dieci formelle rappresentano le grandi coppie del Vecchio e Nuovo Testamento. Sulla porta, poi, oltre a questi grandi riquadri, ce ne sono altri due, in cui vengono effigiati un cinghiale (simbolo di Abriola) e il leone di San Marco (simbolo della fonderia). "Ho fatto sculture per tante altre chiese - dice l'artista lucano Antonio Masini - ma questa è stata un'esperienza unica e forse irripetibile. Infatti non ho avuto, come di solito avviene, il mecenate ricco e illuminato, ma persone che hanno finanziato con i propri risparmi le singole formelle, mettendovi il proprio nome, come tanti ex-voto". E su questo capolavoro di arte sacra brillano - tra gioia e commozione - gli occhi di don Antonio Laurita. Il sacerdote ci tiene a sottolineare che "questo portone è stato realizzato interamente con i fondi dei devoti di San Valentino. Nessuna istituzione ha sostenuto questa iniziativa. Abbiamo voluto realizzare questo portone non solo per dar lustro a quel santo che per essersi rifiutato di sacrificare agli idoli accettò la morte, ma anche per prepararci con fede e spirito di carità alle celebrazioni per il Giubileo del duemila". La cerimonia di benedizione del portale, oggi alle 16, porterà ad Abriola l'Arcivescovo Metropolita della Diocesi, Monsignor Ennio Appignanesi, e il Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Cardinale Francis Arinze.

 

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UNA PORTA PER SAN VALENTINO IL SANTO CHE VINSE LA FAME
Ad Abriola, sull'Appennino lucano, il portale della Chiesa Madre,
opera di Antonio Masini, racconta la vita del martire che secondo la leggenda salvò il paese da una terribile carestia

(Piero Bartellini da "Famiglia Cristiana" n. 10 del 18-03-1998)

A San Valentino, celebre patrono degli innamorati, è dedicata una porta in bronzo recentemente inaugurata nella Chiesa Madre del paese lucano di Abriola, in provincia di Potenza. L'opera di Antonio Masini, costituita da venti formelle, narra diversi momenti della vita del santo e scene dell'Antico e del Nuovo Testamento. Masini, scultore nato a Calvello nel 1933, è autore di numerose opere d'arte sacra. Nella porta di Abriola egli restituisce la figura di Valentino, personaggio di grande spessore umano, totalmente dedito alla evangelizzazione in tempi di crudele repressione da parte del potere costituito. Di origine romana, arrestato per ordine dell'imperatore Claudio II fra il 268 e il 270 d.C., fu decapitato lungo la Via Flaminia. In quel punto Papa Giulio II fece erigere una basilica verso la metà del IV secolo. Narra la leggenda che ad Abriola, ai tempi di Valentino, scoppiò una grande carestia. Avvertito da un angelo, Valentino organizzò un convoglio di carri di grano che portò finalmente sollievo alla popolazione stremata. Questi eventi sono raccontati in alcune formelle della porta di Abriola, altre rievocano invece Valentino mentre conforta i cristiani prigionieri nelle carceri romane e, infine, il suo martirio. Tutto in uno stile semplice, figurato, diretto. Uno stile che dimostra di avere bene assorbito la lezione di autori di celebri porte del passato, come Benedetto Antelami, Lorenzo Ghiberti, Filippo Brunelleschi oltre che di maestri ontemporanei quali Giacomo Manzù.

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