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CASELLI IN CALABRIA

Giovedì 6 aprile 2000 il Presidente Giancarlo Caselli è stato in Calabria per una serie di impegni che lo hanno portato anche a visitare la Casa Circondariale di Cosenza.

La giornata è iniziata a Soverato (CZ), dove il Direttore Generale del D.A.P. ha partecipato ad una interessante manifestazione organizzata per gli studenti degli Istituti superiori della città alla quale erano presenti il sindaco di Soverato Calabretta, Carlo Mellea coordinatore dell'osservatorio Uniti contro le illegalità "Falcone e Borsellino" ed organizzatore dell'incontro e Doris Lo Moro Sindaco di Lamezia Terme.

Il Presidente Caselli, partendo dall'opera di Cesare Beccaria "dei delitti e delle pene", ha fatto una puntuale e dettagliata analisi del sistema giudiziario attraverso il suo iter storico rivisitato alla luce dei vari sistemi e meccanismi procedurali su cui si articolano i processi, in particolar modo quelli penali. Successivamente si è svolto un interessante dibattito con i giovani presenti.

Nel primo pomeriggio, il Presidente Caselli si è trasferito a Cosenza nella locale Casa Circondariale, dove l’atmosfera era quella delle grandi feste. La visita è stata caratterizzata dall’incontro del Direttore Generale dell’Amministrazione Penitenziaria con tutto il personale che opera nella struttura penitenziaria cosentina.

E’ stata una visita improvvisata, ma colma di aspettative. Si è parlato di realtà penitenziaria.

Il dottor Caselli ha esposto il lavoro svolto durante il suo mandato indicando le problematiche principali legate al personale e alle risorse, i programmi di sviluppo.

Punto dolente della discussione è stato il problema della carenza di organico del personale di Polizia Penitenziaria. A tal proposito sono stati elencati una serie di provvedimenti previsti.

E’ stato riconosciuto dal Capo della Polizia Penitenziaria l’impegno e il sacrificio degli appartenenti al Corpo che quotidianamente svolgono il servizio in situazioni, talvolta, precarie.

Il confronto, denso di contenuti e di emozioni, si è rivelato diretto e colloquiale.

Il Direttore Generale ha incoraggiato il personale a perseverare nella dedizione, certo che le prospettive riserveranno un futuro più raggiante.

Sono emersi tanti problemi, ma pure percorsi d’impegno e prospettive di riscatto.

A dir il vero, dei quesiti posti dal personale il destino continuerà a non essere troppo favorevole. Infatti è stata puntualizzata la necessità di rivalutare il Corpo che, ancor oggi di fatto, è considerato "polizia minore".

Il Corpo di Polizia Penitenziaria rientra, a pieno titolo e pari dignità, tra le forze di polizia presenti sul territorio.

Si parla tanto di carcere, ma ben poco della Polizia Penitenziaria. E’ stato prospettato al Direttore Generale che forse ciò è frutto di scelte e compromessi errati. Basta pensare all’estromissione della Polizia Penitenziaria dal tanto discusso riordino delle forze di polizia. Ancora una volta non c’è stata la possibilità di confrontarsi con gli altri corpi. Non è stato riconosciuto il ruolo, la dignità e la professionalità.

E’ stato rammentato che, con la gestione dei soggetti detenuti sottoposti al 41 bis O.P., la Polizia Penitenziaria assolve con impegno la sua missione, affermando il ruolo di istituzione al servizio della sicurezza sociale.

A prescindere da queste pretese legittime, l’essere esclusi dal riordino delle forze di polizia, da un punto di vista meramente opportunistico, significa limitazioni di concorsi, di risorse finanziarie, di mezzi e quant’altro.

Ben poco, ha asserito anche il dottor Caselli, si può fare se mancano i fondi.

Ancora oggi, nonostante le disposizioni normative vigenti, sussistono realtà in cui il personale svolge turni massacranti di otto ore calpestando, così, la dignità dello stesso.

Negli interventi è stata evidenziata la continua negazione dell’istituzione delle sezioni di P.G. della Polizia Penitenziaria.

La visita del presidente Caselli che era accompagnato dal Dott. Antimo Pacifico Provveditore Regionale, dal Dottor Filiberto Benevento Direttore della C.C. di Cosenza e dall'Ispettore Sup. Natale Ramondino Comandante del Reparto di polizia pen. è proseguita con un sopralluogo alla intera struttura penitenziaria Cosentina.

Il protrarsi dell'incontro con il personale a Cosenza, non ha permesso al Direttore Generale di effettuare una visita anche al N.C. penitenziario di Rossano Calabro, dove era atteso dal personale recentemente assegnato.

Il Dottor Caselli, Direttore Generale del DAP, in serata è intervenuto a Montalto Uffugo (CS) all’incontro organizzato dal Distretto Scolastico n° 22, dall’Amministrazione Comunale e dall’Associazione Culturale "Democrazia e legalità".

Tema del convegno, è stato: "Obiettivo legalità: Regole, comportamenti, efficienza della Pubblica Amministrazione".

Per il dottor Caselli componenti essenziali della legalità sono il funzionamento del processo e l’esito della pena.

Le recenti disposizioni normative in materia processuale penale sono conosciute come "Giusto processo". Tale denominazione crea una situazione di sbandamento e di equivocità da indurre, i non addetti ai lavori, a pensare che i processi fino ad oggi celebrati siano stati ingiusti. Fermo restando che un giusto processo deve tutelare i diritti dell’imputato, l’ex procuratore capo di Palermo ha analizzato le forme di processo e il funzionamento. Il dottor Caselli ha distinto i processi in tre categorie: dal processo in cui non è garantito completamente il diritto alla difesa in quanto la tutela è affidata a un difensore d’ufficio, a quello che si svolge in tempi rapidi poiché basato sulla flagranza determinata dall’evidenza della prova o dei fatti, fino ad arrivare a quello complesso in cui è difficoltoso dimostrare la prova dei fatti. Quest’ultimo è caratterizzato da tempi molto lunghi, con enormi spazi per le nullità, continui rinvii e che spesso si conclude con la prescrizione.

Da questa analisi si evince che le garanzie, a secondo del processo, si differenziano violando i principi base di uguaglianza e imparzialità.

Il più delle volte si riscontra che protagonisti di "processi veloci" sono la povera gente, i soggetti più deboli, i disadattati. Infatti, il Direttore Generale del DAP, ponendo un interrogativo,ha detto: "Non è forse il caso che il processo diventi giusto per tutti e non ci sia una discriminazione nell’erogazione di garanzie tra i cittadini?".

Ha accennato alla diversità di meccanismi processuali presenti nelle altre nazioni europee come la Francia e nei paesi anglosassoni. Si è soffermato sull’eccessivo garantismo del sistema penale italiano che necessita di strumenti legislativi finalizzati ad attivare sbarramenti e filtri poiché, altrimenti, lo stesso rischia di esplodere.

L’eccessivo garantismo rischia di collassate la giustizia.

Per quanto riguarda l’esito della pena, il presidente Caselli ha sottolineato che il carcere ha una funzione di espiazione, ma anche di deterrenza e di neutralizzazione, ossia di impedimento al condannato a commettere ulteriori fatti delittuosi. La rieducazione è la funzione fondamentale della pena. E’ finalizzata al recupero e al reinserimento sociale del soggetto.

La rieducazione è un principio sancito dalla Costituzione, ma fondamentalmente è un dovere di civiltà scritto nelle nostre coscienze.

Una buona parte della popolazione carceraria, circa il 30%, è composta da tossicodipendenti, nei confronti dei quali deve essere attuato un tentativo di recupero psicologico.

Le carceri sono sovraffollate e ciò non favorisce il processo di rieducazione. Il sovraffollamento è un’ulteriore pena accessoria inflitta a coloro che hanno sbagliato. Vi sono circa 10.000 detenuti in più rispetto alla capacità degli istituti penitenziari.

Le carceri devono essere non luoghi di segregazione, ma luoghi di rieducazione. Ma, purtroppo, in queste condizioni il carcere diventa scuola di delinquenza.

Un sistema penitenziario, che punta sulla rieducazione e sul reinserimento del detenuto, ha un valore di convenienza per la società. Infatti quanti più soggetti si recuperano, tanto più è garantita la sicurezza e la tranquillità dei cittadini.

Il Direttore Generale del DAP ha concluso asserendo che il sovraffollamento dei luoghi di pena richiede risorse e mezzi per consentire agli operatori penitenziari di rendere meglio il non facile servizio pubblico al quale è preposto.

Le condizioni di lavoro del personale dell’Amministrazione Penitenziaria, in particolare della Polizia Penitenziaria, diventano impossibili ed il trattamento diventa di difficile attuazione per mancanza di spazi.

Il dottor Caselli ha auspicato per il futuro un sempre migliore funzionamento sia del processo penale che dell’esito della pena.

                                   Damiano Bellucci 

                                    Ruggero Pastore