Ogni comunità non era chiusa in sé stessa dentro i propri villaggi ove, talvolta, alle comuni strutture edilizie abitative si associavano silos per la  conservazione di cibi e monumenti del culto come quello ad altare terrazzato megalitico di Monte d’Accoddi (Sassari), somigliante per la forme alle ziggurat mesopotamiche.

A fianco: l'altare prenuragico di MONTE D'ACCODDI con, in primo piano, pietra ovoidale scolpita.

 

Allineamento di menhirs a PRANU MUTTEDDU

 

 

Uno scenario megalitico connaturato con quello ambientale è costituito dai filari di sessanta pietre fitte (menhirs) convergenti verso un insieme sacrale-funerario di tombe a ipogeo, a cupola, nel luogo di Pranu Mutteddu (Goni). Migliaia e migliaia di anni portano sulle proprie spalle le perdas fittas di Goni, anello di congiunzione tra le civiltà megalitiche del nord Europa e quelle del Mediterraneo.

 

Anche in Sardegna, dunque, sotto la vigile attenzione dei druidi ingegneri, venivano conficcate nel terreno delle sentinelle litiche, i menhir, ad indicare la strada che portava al mistero della morte, in questo caso alla tomba di Pranu Mutteddu.

Essa contiene una tomba, unica nel suo genere, scavata in un enorme monolito trasportato da un altro luogo. Osservando queste costruzioni è logico dedurre  che già in epoca prenuragica, intorno a 2400 a.C. , esistessero nell’isola civiltà evolute e dotate di una rigida organizzazione del lavoro.  

                                                                                                     Menhirs del Museo di Laconi (NU)

I complessi megalitici infatti potevano essere creati  solo grazie alla partecipazione di tutta la tribù. Le pratiche religiose, d’una religiosità naturalistica-animistica, organiche al mondo rurale, portarono a sviluppare la produzione artistica in ceramica e pietra: sulla prima incidendo snelle superfici lustrate, i cerimoniali e modellando figurine maschili e femminili a tutto tondo: con la pietra, realizzando astrattissime, quasi eteree, immagini della dea-madre in stile affine a quello degli idoletti delle regioni anatoliche-egee (il che testimonia attività di scambio e ruoli specifici nella società agricola di cui le stesse immagini sono allusiva espressione).

A fianco: rappresentazione della Dea Madre (Museo Sanna di Sassari)

Notevole appare l’evoluzione civile nell’età del rame (2400-1800 a.C.), caratterizzata da aspetti differenti di cultura materiale, forse indicativi di comunità di stirpe diversa, tutte però distinte dall’uso che fanno del metallo (rame, piombo, argento, oro), appena conosciuto nella fase precedente del Neolitico.

In conseguenza prende sviluppo ulteriore il megalitismo con l’erezione di sepolture collettive (140 dolmen semplici e allungati) di cromlecs, strutture circolari limitate da menhir artefatti o naturali, interpretate come osservatorio astronomico, calendario delle fasi mensili solari e lunari rivelatrici del variare delle stagioni e connessi cicli agricoli: se ne conoscono nelle località di Monte Baranta (Olmedo), Biriai (Oliena), Circuìtus (Làconi).

Emergono le prime fortificazioni. Esse segnano una svolta nel senso che, per ragioni di difesa e controllo dei luoghi, presuppongono l’esistenza di leader, capi politici e militari appartenenti a un ceto dominante di guerrieri, necessari per la coesione delle comunità fattesi aggressive.

Hanno inizio forme di accumulo di beni e specializzazione di ruoli e l’attività artigiana si esprime con vigore soprattutto nel settore della metallurgia.

Dolmen "Sa  Coveccada" - Mores (SS)

Grandi statue-menhirs armate, di pietra, ritrovate nelle zone centrali della Sardegna, che raffigurano gli antenati-eroi, illustrano questo cambiamento socio-culturale, per non dire epocale, contemporaneo e non esente da contatti con i modi di vita e i comportamenti di altri gruppi etnici del Mediterraneo e soprattutto del mondo europeo.
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