PER IL RILANCIO

DI UNA PROSPETTIVA LAICA,

SOCIALISTA E RIFORMISTA

 

Il terrorismo delle Brigate Rosse ha ucciso ancora. Ancora una volta la vittima - Marco Biagi - è un uomo del dialogo, un riformista che ha collocato la sua azione al confine degli schieramenti precostituiti, cercando nel contesto attuale, europeo e italiano, una misura tra le innovazioni necessarie per promuovere più occupazione ed estendere i diritti ai nuovi soggetti e la coscienza di ciò che delle conquiste del riformismo storico è irrinunciabile e duraturo.

L’assassinio di Marco Biagi è l’estremo tentativo di inquinare il conflitto politico e sociale con l’odio, con la violenza, con il sangue.

Non abbiamo dubbi che tutte le forze democratiche delle più diverse ed opposte configurazioni e sensibilità concorrano nella risposta più netta e più risoluta per individuare e catturare gli assassini, per sgominare le cellule residue, per respingere ogni imbarbarimento del libero confronto che è il sale della democrazia.

Questo è il momento in cui tutti i riformisti socialisti, laici e cattolici - a livello politico e culturale, sindacale e sociale - debbono scendere in campo aperto per rendere forte, chiaro e visibile il senso della loro lotta per far vincere le ragioni del dialogo e delle riforme che rendano possibile la conciliazione tra modernità e giustizia. Questo è il modo migliore per continuare l’impegno di Marco Biagi.

La migliore replica del riformismo sindacale alle difficoltà e alle sfide del presente, alle chiusure della controparte confindustriale, al vuoto strategico del Governo ed al comportamento apertamente provocatorio e antisindacale di alcuni suoi esponenti deve consistere sempre nella capacità di saper collegare la mobilitazione ad una prospettiva di cambiamento.

Occorre una capacità di proposta che integri lo stesso “Libro bianco” di Marco Biagi in un “Libro delle riforme” che aggredisca anche il nodo di tutti i problemi italiani: l’arretratezza del Mezzogiorno.

Il deficit di sviluppo, di occupazione, di formazione, di infrastrutture, di sicurezza, di efficienza e di trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni è un macigno che pesa non solo sulle popolazioni meridionali ma sul dinamismo dell’intera società italiana alla prova dei processi di integrazione e globalizzazione mondiale.

Ancora una volta in Italia i temi del lavoro, della sua qualità, della sua distribuzione, delle garanzie e dei diritti dovuti a tutti i suoi protagonisti è al centro di un acuto conflitto sociale intrecciato, aggravato e distorto da un ancor più acuto conflitto politico.

I riformisti di tradizione laica e socialista esprimono una forte e convinta solidarietà al movimento sindacale nel momento in cui si accinge a dare una risposta di mobilitazione e di lotta unitaria alle scelte operate da Governo; ed in modo particolare alle forze riformiste sicuramente maggioritarie al suo interno, alle quali oggi spetta il compito - difficile ma ineludibile - di condurre l’intero movimento sindacale verso lo sbocco di una piattaforma di segno nettamente riformista.

L’unità del Sindacato si afferma nella piena autonomia dal Governo e da ogni ipoteca politica e di schieramento nel più efficace e cosciente dispiegamento dei compiti di tutela e di promozione sociale che gli sono propri e connaturati.

Il Governo reca su di sé la responsabilità politica di avere spezzato il filo della partecipazione sindacale prospettando “un dialogo sociale” come mero intrattenimento, consegnandosi alla alleanza con la Confindustria e prospettando per il Sindacato il ruolo di forza meramente caudataria. Sua è la responsabilità di aver azzerato ogni tavolo di confronto. Come sua è la responsabilità di aver fornito alle forze del massimalismo movimentista i materiali per la radicalizzazione sociale.

La Confindustria voleva la rottura con il Sindacato ed il Governo l’ha avallata. L’inserimento della delega sull’articolo 18 è stato un gesto politico operato contro le forze riformiste del movimento sindacale. Fino a quando il Governo continuerà a fare dei diritti dei lavoratori - a partire da quelli sanciti dallo Statuto voluto da autentici riformisti come Brodolini, Giugni e Donat Cattin - un elemento di agitazione sociale, di rottura e di contrapposizione, la lotta sindacale sarà inevitabile e le forze riformiste del Sindacato non staranno nelle retrovie.

Chi - soprattutto dopo l’assassinio di Marco Biagi - vuole sinceramente riaprire il dialogo nell’interesse generale del Paese deve accantonare ogni pregiudiziale e la pretesa a prestabilirne le condizioni e gli esiti.

I riformisti propugnano l’esigenza di efficaci e lungimiranti riforme in materia di lavoro, di Welfare, di efficienza dello Stato e di Federalismo, di efficienza dei servizi e del sistema produttivo, di istruzione e di formazione facendo del carattere pubblico dell’insegnamento il caposaldo irrinunciabile.

Nel “politico” come nel “sociale” il compito dei riformisti è dunque decisivo per ricostruire le linee di frattura che in questa fase operano nella società, nella politica e nell’economia.

Attorno alla questione del lavoro, all’unità, alla capacità di proposta del riformismo laico e socialista si possono ricercare le condizioni perché le sue idee e i suoi valori diventino piattaforma politica e tornino ad essere guida del Paese esaltandone la capacità di essere in Europa e di confrontarsi con la globalizzazione.

Mai come in questo momento infatti la società italiana e quella europea hanno necessità e urgenza di riforme per assicurare giustizia e libertà, dinamismo economico e dinamismo dell’equità, partecipazione, diritti, cittadinanza che si realizzano crescendo insieme e non accrescendo le diseguaglianze.

Il riformismo laico e socialista ha dimostrato storicamente e può confermare oggi che non c’è contrasto tra giustizia e libertà.

Al contrario di tutti i conservatorismi, al contrario del massimalismo e del liberismo agitatori e propagandistici, il riformismo sa, sa predicare e può dimostrare che c’è giustizia solo nella libertà e vera libertà solo con la giustizia sociale.

 

Abruzzese on. Salvatore

Archetti on. Vittorangelo

Alagna on. Egidio

Angioni on. Francesco

Aniasi on. Aldo

Antezza Maria

Artali on. Mario

Barbalance on. Francesco

Barra on. Francesco

Benaglia Franco

Benvenuto on. Giorgio

Benzoni Alberto

Biscardini Roberto

Borgoglio on. Felice

Brancati Prof. Aldo

Capria on. Nicola

Carettoni Prof. Ettore

Carli Anna

Carli on. Carlo

Cascino Michele

Chianale on. Mauro

Ciotti Beniamino

Coen Prof. Federico

Colonna Prof. Nicola

Conte on. Carmelo

Craxi on. Bobo

Croce Amedeo

De Santis Lelio

Delfino on. Lillo

Dell’Unto on. Paris

Di Vagno on. Giuseppe

Fardin on. Gianni

Formica on. Rino

Frasca on. Salvatore

Giacco on. Luigi

Gubbini on. Carlo

Guerrieri Massimo

Guizzi Prof. Francesco

Intini on. Ugo

La Ganga on. Giusi

Landolfi Prof. Antonio

Lauricella Prof. Giuseppe

Liso Prof. Franco

Lombardo Prof. Turi

Macaluso on. Emanuele

Magnolfi on. Beatrice

Manchinu on. Alberto

Martelli on. Claudio

Mattina on. Enzo

Marconi Prof. Pio

Mazzillo dr. Luigi

Morando sen. Enrico

Morales Giorgio

Napoli Giuseppe

Napolitano on. Giorgio

Nencini on. Riccardo

Olivo on. Rosario

Pappaterra on. Domenico

Potì Vittorio

Principe on. Sandro

Raffaelli on. Mario

Romano on. Domenico

Ruffolo on. Giorgio

Signorile on. Claudio

Solari Prof. Leo

Sollazzo on. Angelo

Spano on. Roberto

Spini on. Valdo

Tamburrano Prof. Giuseppe

Tapparo on. Giancarlo

Tedesco Alberto

Tempestini on. Francesco

Turci on. Lanfranco

Veronese Silvano

Vertemati on. Luigi

Vita Rocco

Zanella on. Siro

Zito on. Sisinio

Zoppi Mariella