GIAN FILIPPO ORLANDI

 

LE CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE ORIGINARIE DELLA CINTA MURARIA DI SASSARI DEL DUECENTO

(tratto da CASTELLUM N. 41, Roma 1999)

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I. IL DISEGNO ORIGINARIO

Fig. 1 - Le ultime cortine del corso S. Trinità riprese dal Delessert nel secolo scorso

Due documenti ci hanno consentito più di ogni altro, durante i lavori di risanamento e restauro progettati e diretti dal 1985 in poi dall'architetto Giulio Biddau, di ricostruire il disegno originario delle mura e delle torri della cinta muraria medioevale (v. nota 1) di e di decifrare le trasformazioni che esse subirono nei secoli: gli Statuti sassaresi, codice legislativo della Repubblica di Sassari nel Duecento (v. nota 2), e le fotografie (Fig. 1) del viaggiatore francese Delessert (v. nota 3 ) che nel secolo scorso ritrasse alcune parti delle fortificazioni sassaresi ancora in piedi, poco prima della loro pressochè totale demolizione.

Individuare poi in 26,2 cm il valore del "palmo sassarese" (v. nota 4) l'unità di misura applicata per la costruzione dell'opera ha consentito di risolvere agevolmente dei veri e propri enigmi costruttivi, perchè i circa duecento metri di cortina e le sei torri superstiti mostravano prima del restauro, sopratutto nel paramento murario degli spalti, una sovrapposizione di modifiche, rifacimenti parziali e integrazioni che celavano la trama del disegno originario dell'opera.

Fig. 2 - L'aspetto della Città alla fine del Duecento

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Negli ultimi decenni del Duecento gli Statuti ordinavano che ogni podestà del Comune di Sassari nell'anno del suo mandato facesse costruire un badu de muru, cioè un tratto di cortina muraria avente le seguenti dimensioni (v. nota 5):

lunghezza

20 canne da 10 palmi

m 52,40

spessore

8 palmi

m 2,10

altezza del muro

26 palmi

m 6,76

altezza del parapetto

4 palmi

m 1,05

altezza dei merli

4 palmi

m 1,05

altezza complessiva

34 palmi

m 8,86

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Fig. 3 - Le dimensioni delle cortine

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Il tutto doveva essere eseguito con pietra (che per Sassari è il tufo) da ricavarsi dallo scavo del fossato, calce e sabbia (due parti di sabbia e una di calce).

Da Vittorio Angius (v. nota 6) e dai nostri rilievi (v. nota 7) eseguiti sulle strutture aggiungiamo che il parapetto e i merli avevano uno spessore di due palmi e rispettavano in prospetto un modulo di quattro palmi.

Erano queste le dimensioni originarie delle cortine e negli Statuti non troviamo alcun cenno alla costruzione delle torri perchè esse, come vedremo più avanti, erano già state innalzate.

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II. IL MURO, GLI SPALTI, LE FERITOIE

Fig. 4 - Sezione di una cortina presso la torre T1

I due paramenti murari delle cortine sono realizzati con corsi regolari di pietra grossa, appena sbozzata, livellati con pietra minuta e murati con malta di calce e sabbia; a distanze regolari, sono legati tra loro con grosse pietre trasversali; il vano formatosi tra i due muri è riempito con pietrame vario e con un impasto di sabbia, calce e acqua pigiato con bastoni per eliminare i vuoti; una tecnica costruttiva che produce una muratura piuttosto compatta e resistente agli urti e consente altresì di eliminare gli sprechi del materiale.

Sul muro vero e proprio, largo 8 palmi (210 cm) poggia l'antipettus (parapetto), un muro dello spessore di 2 palmi (52 cm) e alto 4 palmi (105 cm) realizzato con pietrame selezionato per durezza e dimensioni, sul quale si elevano i merguleris (i merli) delle dimensioni di 4 palmi x 4 x 2 di spessore (105 x105 x52 cm). Il cammino di ronda risulta, perciò, largo 6 palmi (157 cm) e consentiva agevolmente il passaggio di due persone armate.

Fig. 5 - Due delle rare feritoie originarie delle cortine

Nella grande varietà di feritoie presenti nelle mura di Sassari (v. nota 8) le uniche riferibili all'impianto originario sono quelle realizzate in pietra grossa, appena sbozzata, come il paramento murario e contestualmente a questo (figura 5).

In origine, metà dei merli avevano, alternativamente, una di queste saettiere, costituite da una stretta fessura verticale esterna mimetizzata nel paramento, con una strombatura verso l'interno che consentiva un campo visivo di circa 30 gradi; ognuna di esse era affiancata da un'altra saettiera simile ricavata in basso, nel parapetto, sotto lo spazio intermerlare.

Alcune delle cortine superstiti mostrano ancora oggi la presenza di un tenacissimo intonaco che protegge il paramento murario.

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III. LE TORRI

Al contrario delle cortine, la cui costruzione non richiedeva un particolare grado di specializzazione alle maestranze addette ai lavori, le torri di Sassari mostrano un'esecuzione talmente accurata da potersi paragonare a quella delle più significative espressioni architettoniche dell'epoca in Sardegna (v. nota 9) .

La composizione muraria mostra un alto grado di precisione, con cantoni perfettamente squadrati, levigati e posti in opera con un sottilissimo velo di malta; tra i due paramenti un riempimento anch'esso realizzato con cura completa l'opera.

L'abilità dei mastri de murare del Duecento ovviava così alla scarsa durezza del tufo locale, che non era certo l'ideale per lo scopo a cui fu destinato.

Fig. 6 - Particolare dei "denti" di aggancio delle due murature

Ai due lati delle torri, una serie di "denti", di cantoni sporgenti dal paramento esterno (figura 6), consentiva l'ancoraggio della muratura delle cortine in costruzione alla struttura delle torri già elevate in precedenza.

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La tipologia più frequente delle torri di Sassari è a pianta rettangolare, col paramento esterno e quello interno in cantoni (v. nota 10).

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(cliccare sulle foto)

 

 

Fig. 7 - Sezione longitudinale Torre T2

Fig. 8 - Il terzo livello della torre, prima del restauro, invasa dalle agavi

Fig. 9 - Pianta del terzo livello della torre T2, con 4 feritoie e 2 porte

Questo tipo di torre (vedi figg. 7-8-9) è costituito da:

- un basamento pieno, atto a sopportare le sollecitazioni ossidionali;

- un piano terra chiuso, destinato a deposito, a cui si accedeva dall'alto;

- un secondo livello coperto da volta a botte (v. nota 11) in muratura, con quattro postazioni da tiro; da esso si accedeva al piano inferiore e a quello superiore;

- un terzo livello con volta a botte, con altre quattro postazioni e due porte laterali di accesso agli spalti;

- una terrazza protetta per tre lati da parapetto e merli, con altre feritoie, a cui si accedeva tramite una botola dal piano inferiore.

Anche le torri, come le cortine, rispettano rigorosamente un preciso disegno modulare impostato sul palmo sassarese, pur con alcune varianti tra una torre e l'altra derivate dal protrarsi del periodo di costruzione e dai continui progressi dell'architettura fortificata in quell'epoca.

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Fig. 10 - L'impostazione modulare della pianta di una torre

 

La pianta tipo (fig. 10) è caratterizzata da un prospetto largo 24 palmi, ripartito in tre parti uguali dalle due feritoie frontali all'esterno, e in tre parti da 4 + 8 + 4 palmi all'interno, e il vano è chiuso per tre lati da muri dello spessore di 4 palmi, in una tipologia impostata senza il paramento interno in cantoni e le volte, o quanto meno sulla possibilità di eseguirli o meno, a richiesta del committente.

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Fig. 11 - Arciera del secondo livello della torre T2 Fig. 12 - pianta, prospetti e sezione della feritoia

 Fig. 13 - Due arciere del secondo livello, modificate per l'uso delle armi da fuoco Fig. 14 - Pianta, prospetti e sezione di un'arciera modificata

 

Le torri della cinta di Sassari mostrano due tipi di feritoie originarie: quelle del terzo livello (figg. 11-12), di cui rimangono vari esemplari perfettamente conservati, mostrano una fessura verticale esterna larga 3-4 cm e alta 57 cm, fiancheggiata da due cantoni in pietra dura, che si allarga verso l'interno fino a divenire un quadrato di 75 cm di lato, rialzato di pari misura dal pavimento; le altre, al primo livello, sono realizzate alla quota del pavimento e all'esterno sono uguali alle precedenti, ma all'interno si allargano fino a diventare una nicchia voltata larga 125 cm e alta 165 cm (v. nota 12). Il foro superiore che mostrano (figg. 13-14) fu aggiunto successivamente per adattarle all'uso delle armi da fuoco.

Mancano esempi di feritoie originarie del coronamento, perchè le uniche presenti in una delle torri superstiti risultano eseguite con scarsa perizia e riteniamo che non appartengano all'impianto originario.

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 Fig. 15 - L'antica Porta de Sanctu Flasiu in una foto del Delessert Fig. 16 -  Il robusto cardine che rimane della scomparsa Porta de Gurusele

Le porte civiche in origine erano quattro: quella di Capu de villa (poi ridenominata porta Castello, dopo la costruzione di quest'ultimo) e quelle di Sanctu Flasiu (San Biagio), di Gurusele (di Rosello) e di Utheri ed erano ricavate direttamente nella massa muraria, perchè l'unica torre che proteggeva una porta, quella di San Biagio (fig. 14) mostra elementi costruttivi riferibili al Trecento inoltrato e riteniamo perciò che fu aggiunta in un secondo tempo per proteggere la porta.

Fig. 16 - La città murata nel disegno contenuto in un manoscritto del Seicento

 

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