Gian Filippo Orlandi
SASSARI
LE SUE MURA
E UN PO' DI STORIA
Dolcemente adagiata sulla fascia collinare che cinge il Golfo dell'Asinara, circondata da oliveti, orti e vigneti............
Sassari appare così a chi, appena sbarcato nell'antico "porto di Torres", si dirige verso l'interno.
Una tranquilla cittadina, senza alcuna particolare vocazione; è la seconda città dell'Isola ed è sede di un'Università che di tanto in tanto....sforna un presidente della Repubblica. Ecco, questo è forse l'unico motivo che talvolta fa parlare di Sassari.
Visitata quasi casualmente dai turisti, soltanto due volte all'anno si presenta ai forestieri in veste folkloristica: - a Maggio, quando la Cavalcata Sarda, una splendida rassegna dei costumi dell'Isola, sfila per le vie della Città e si conclude con il palio e con i balli serali in Piazza d'Italia; - in Agosto, quando con i Candelieri si rinnova un voto secolare in nome della Vergine Assunta (che, secondo la tradizione, liberò la Città da una delle tante epidemie di peste del passato), in una pittoresca discesa (la Faradda) dei grossi ceri di legno che, a suon di pifferi e tamburi per le vie del centro storico, si conclude nella Chiesa di Santa Maria di Betlem in una festosa cornice di folla e alla presenza delle maggiori personalità civili e religiose.
Ma, a parte questi due giorni, per tutto il resto dell'anno la Città riprende il suo beato grigiore quotidiano e dimentica il turista; quasi lo snobba.
Eppure non ha neanche delle grandi prerogative industriali; ha una certa vivacità culturale e artistica, che però raramente valica i confini dell'Isola.
Ma forse il suo maggior pregio è proprio questo: è una città, tutto sommato, tranquilla; non particolarmente bella, nè brutta; un clima mite, una popolazione che sa farsi i fatti suoi; un centro storico pittoresco ma un po' trascurato, un tantino di verde qua e là, qualche monumento, qualche bella piazza; insomma, a Sassari ci si può vivere, e questo oggi non è poco.
Negli ultimi decenni la Città si è estesa a macchia d'olio e conta oggi centotrentamila abitanti, ma fino alla metà del secolo scorso era ancora chiusa, da ben cinque secoli, entro una cinta muraria che già da tempo risultava assai stretta e resisteva alle continue pressioni dei cittadini che chiedevano di poter costruire extra muros, contro gli interessi privati dei proprietari di immobili che ricavavano esosi fitti all'interno della cinta urbana.
La documentazione d'archivio della storia di Sassari si riduce per il dodicesimo secolo a pochi documenti in cui, per la prima volta, compare il suo nome nella versione più antica: Thathari.
Prima di allora il buio assoluto, almeno negli archivi, ma, pur tra grandi difficoltà, si riesce oggi a ricomporre le prime tessere di quel mosaico dell'esistenza di Sassari nel primo millennio dell'Era Cristiana, ben oltre quell'ottavo o nono secolo in cui, secondo alcuni, le scorrerie saracene avrebbero favorito la formazione del primo insediamento nel sito in cui sorge Sassari, costringendo gli abitanti delle coste a rifugiarsi nell'interno.
Ma diamo tempo al tempo ed entriamo nella storia di Sassari attestata dai documenti.
Nel XII-XIII secolo è sede di una pieve (San Nicola de Thathari) e da centro agricolo si trasforma sempre più in un centro di commerci, mentre la presenza alterna dei Pisani e dei Genovesi si intensifica e il borgo acquista maggiore importanza commerciale, strategica e quindi politica.
Negli anni Trenta del Duecento, in un clima politico e sociale particolarmente surriscaldato, la popolazione in rivolta scaccia la nobiltà locale; il giovanissimo "Giudice" Barisone III, sovrano del Logudoro, viene assassinato, si instaura il governo comunale e si apre una nuova fase storica che produce un nuovo volto della Città: nuovo governo, nuove leggi, nuovi edifici pubblici e tutta una nuova struttura urbanistica.
Ma i documenti attestano che la vicenda comunale fu in qualche modo interrotta o quanto meno congelata per circa quarant'anni, fino a quando i Pisani ripresero il controllo della Città e sopratutto quando il famoso Conte Ugolino conquistò Sassari, nonostante le rimostranze del Pontefice; in quegli anni riprende a comparire nei documenti il Comunis Sassari.
In quell'ultimo quarto di secolo possiamo anche assistere finalmente ai lavori di costruzione della cinta muraria che, quando sarà ultimata, conterà ben quaranta cortine intercalate da torri quadre (tranne una, rotonda) e da quattro porte, per uno sviluppo di circa 2500 metri.
Una solida cinta di mura e torri di bianco calcare che si elevavano dalla campagna circostante mostrando fiere un ritmo serrato di merli e di feritoie di vari tipi e che proteggevano un'area urbana di quasi 40 ettari: 31400 mc. di muratura delle cortine; 8300 mc. di muratura in cantoni per le torri; 1160 feritoie nelle cortine e altre 320 nelle torri. La pietra necessaria fu ricavata in gran parte dalla scavo del fossato esterno alle mura, ma anche dallo spianamento dell'area di sedime e da cave vicine.
L'Opera dessos muros (così viene definita nei documenti dell'epoca) fu ultimata nel Trecento inoltrato e se consideriamo che il codice degli Statuti Sassaresi, che risale agli ultimi decenni del Duecento, prescriveva la costruzione di una cortina all'anno, pur con le varie e probabili interruzioni l'opera doveva essere stata iniziata intorno al 1270, nel periodo in cui i Pisani controllavano stabilmente quasi tutta l'Isola; a conferma di ciò possiamo aggiungere che anche l'inizio di altre delle più importanti fortificazioni sarde è attribuibile agli stessi anni, in un piano generale di riforma e di potenziamento delle strutture difensive delle principali piazzeforti della Sardegna. In pratica, le opere furono cominciate nel 1235-36, subito dopo la costituzione del Comune, ma, se così fu, certamente furono interrotte per essere poi riprese circa quarant'anni dopo per iniziativa dei Pisani e del Conte Ugolino.
Inizialmente furono costruite le torri, circa quaranta; in seguito, come risulta dagli Statuti del Comune di Sassari, si elevarono le cortine, una all'anno, e le dimensioni erano tassativamente imposte dal capitolo 18 del primo libro, che riportiamo:
Badu unu de muru a petra et a calchina mischiata cum arena, si qui sa una parte siat de calchina, et issas duas de arena, et siat altu palmos XXVI sensa su antipettus, et issus antipettus siat palmos IV , et issos merguleris sian atteros IV et longu cannas XX , ad cannas de palmos X, et largu palmos VIII, cascatuna potestate qui est, et pro tempus qui aet esser, in tempus dessu regimentu suo fathat, et issas petra, qui aet esser bisognu pro fraicare su dictu muru, se boguet in su fossatu dessu Cumone, et cio ad ispesas dessu cumone de Sassari, et cussu midesmu sian tentu de facher, de isvoitare su fossatu daue suna porta assa attera.
Il capitolo successivo imponeva al Podestà e agli Anziani di verificare lo stato delle mura, delle porte e del fossato due volte all'anno: a Marzo e a Settembre.
Le caratteristiche architettoniche della torre che proteggeva la Porta S.Antonio e il conto di una cortina all'anno dimostrano, alla luce di vari altri indizi, che la cinta fu ultimata intorno al 1320-1330, alla vigilia dell'avvento nell'Isola degli Aragonesi; e Sassari, prima alleate e poi vittima anch'essa dello straniero, divenne ben presto una delle tante pedine mosse a piacimento del Re d'Aragona in una terra sarda sempre più intrisa di sangue.
La popolazione sassarese, infatti, fiera e insofferente delle vessazioni e delle promesse mancate, si ribellò più volte, ma ogni volta fu sempre più duramente domata; la costruzione del castello, nel punto più alto del circuito murario, fu il mezzo più convincente.
Anche in questo periodo drammatico, però, la città conobbe momenti positivi. La nuovissima cinta muraria dimostrava la sua piena efficacia contro i nemici, che stavolta erano i Doria, i quali in vari episodi tentarono, con grande dispendio di mezzi, di sfondare la tenace e valorosa difesa dei cittadini e dei militi appostati sugli spalti con attacchi sempre più violenti ed organizzati per mezzi bellici e per numero di assalitori; ma, nonostante tanto accanimento, la difesa riuscì sempre a contenere gli assalti e le mura superarono ogni prova.
Probabilmente le strutture subirono qualche danno più o meno serio, ma non al punto da costringere i difensori a cedere al nemico.
Nel giro di cinquant'anni i Doria ritentarono l'impresa con ben sette spedizioni, una più agguerrita dell'altra; dovevano difendere i loro interessi nel Logudoro e la conquista di Sassari era essenziale per riuscirvi, ma non raggiunsero mai il loro scopo: le mura di Sassari uscirono da quella fase storica indenni, dimostrando di essere inespugnabili, se usate convenientemente e con un corredo di uomini, armi e macchine belliche adeguato all'offesa.
E infatti, per tutto il periodo dei combattimenti all'arma bianca Sassari respinse ogni minaccia e ogni aggressione che le si presentò davanti; quando però cominciarono a comparire le nuove armi, quelle che funzionavano grazie ad un miscuglio infernale di polveri che conferiva loro poteri micidiali anche a distanze ben maggiori di quelle di attacco tradizionali, allora il sistema classico di difesa cominciò a vacillare e le alte mura, gli esili merli, le vecchie feritoie risultarono inutili, addirittura dannose per gli stessi difensori e molte delle fortificazioni che fino a quel momento si erano dimostrate imprendibili o quasi dovettero rivedere completamente il loro ruolo tattico e militare, perchè con le nuove armi potevano facilmente essere dominate da uno o più punti circostanti.
Per altre, più fortunate, fu sufficiente apportare alle strutture una serie più o meno costosa di modifiche, adattamenti e rinforzi che consentirono di mantenere pressochè inalterato il loro ruolo strategico e militare anche in funzione dell'uso delle nuove armi.
Ma Sassari non fu tra queste ultime e ben presto gli stanziamenti di denaro per le sue fortificazioni furono concessi soltanto per quegli interventi strettamente indispensabili per limitare i danni in caso di aggressione: cimatura delle torri, riempimento degli intervalli nei parapetti, sopraelevazione del cammino di ronda per ridurre l'altezza degli spalti, aggiunta di nuove feritoie e modifica di quelle esistenti per consentire l'uso delle nuove armi.
E così, ben presto persero del tutto il nobile disegno originario.
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Nel secolo scorso la Città, dopo ben cinque secoli di inerzia urbanistica, letteralmente esplose oltre la vecchia cinta (che fino a quel momento era rimasta pressochè completa) verso la campagna circostante; infatti, dopo un breve periodo di esitazione, anche per la spinta di un'epidemia di colera si cominciò ad aprire dei varchi, che divennero ben presto sempre più numerosi e consistenti fino alla demolizione pressochè totale delle cortine e delle torri, e non si salvò neanche il castello.
Oggi si conservano ancora circa duecento metri di cortina e sei torri; ben misera parte di quella che era la cinta medioevale, eppur sufficiente per testimoniare il valore architettonico dell'opera e per ricostruirne il disegno originario, tra le varie modifiche apportate nei secoli.
Quasi dimenticate fino a qualche anno fa dagli stessi Sassaresi e dai loro governanti, non avevano mai avuto neanche l'onore di un cartello segnaletico; ma oggi, dopo i recenti restauri affidati dal Comune ad un noto architetto locale, Giulio Biddau, si è risvegliata la coscienza dei cittadini per il valore storico che questi non indifferenti resti conservano, in un più generale desiderio di conoscere e recuperare quella parte di storia cittadina di cui da tempo si è perduta la memoria.
E i resti di quelle mura e di quelle torri, che paradossalmente sono sopravvissuti a tante guerre ma non alla pace, hanno ritrovato oggi col restauro la loro dignità architettonica e attendono ora di ritrovare anche quella storica, nel contesto di una più ampia rivalutazione della stessa Storia di Sassari, una città che poco alla volta sta ritrovando finalmente il suo passato.
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ultima modifica:30 dicembre 2000
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