La storia:

dal periodo spagnolo

al secondo dopoguerra


Il governo spagnolo in Sicilia non fu affatto un modello di efficienza e di onestà. Il Tribunale di giustizia funzionò in maniera arbitraria e oppressiva. Vennero ridotte le attribuzioni del parlamento, sempre diviso nei tre bracci, ecclesiastico, baronale e demaniale, e il governo fece opera corruttrice cercando con ogni mezzo di guadagnarsi alcuni tra i rappresentanti. Gli Spagnoli monopolizzarono il commercio del grano, accrescendo la decadenza economica dell'isola. Queste condizioni produssero rivolte, di cui si ebbe una serie a Palermo, contemporanea a quelle di Napoli, come quella di Giuseppe Alessi, che richiese si ristabilissero i privilegi del tempo di Pietro d'Aragona e si togliessero le gabelle in tutta l'isola. Il viceré e i nobili riuscirono a suscitare una sommossa popolare contro l'Alessi in cui questi fu ucciso e la rivolta, priva di un capo, fu domata. Seguirono altri moti e infine, sul finire del 1649, una congiura che ebbe per capi due avvocati, Antonio Lo Giudice e Giuseppe Pesce: la congiura fu scoperta e i due uccisi. Più tardi fu Messina a insorgere (1674) mettendosi sotto la protezione di Luigi XIV; ma, quando questi pensò a far la pace con l'alleanza dell'Aia, ordinò lo sgombero della città (gennaio 1678), che ritornò così sotto la Spagna. Con la pace di Utrecht (1713) il Regno di Sicilia passò a Vittorio Amedeo II di Savoia. La Spagna sotto la direzione dell'Alberoni tentò di riconquistare i domini italiani e nel 1718 un esercito sbarcò in Sicilia occupandola. La formazione immediata della Quadruplice alleanza costrinse la Spagna a ritornare sui suoi passi e allora la Sicilia fu trasferita all'Austria, che non aveva cessato di reclamarla e così, riunita a Napoli, passava sotto quella potenza per la ricordata pace di Utrecht. Il figlio di secondo letto di Filippo V, della nuova dinastia borbonica di Spagna, Don Carlos, durante la guerra di Successione polacca compì (1734) una vittoriosa spedizione nel regno che riacquistò in lui un re indipendente, pure essendo strettamente legato nella sua politica alla Spagna. Sotto di lui (Carlo III, 1734-1759) e sotto il figlio Ferdinando IV, finché fu al governo il Tanucci, si ebbe un indirizzo riformatore. Dopo il ritiro del Tanucci e soprattutto dopo l'inizio della Rivoluzione Francese prevalse un indirizzo reazionario: questo non fece che favorire nella gente colta lo sviluppo delle nuove idee (giacobinismo). A Palermo si ebbe nel 1795 la congiura Di Blasi. Nel 1799 e poi nel 1806-14 Ferdinando IV si ritirò da Napoli innanzi alle armi francesi riparando in Sicilia sotto la protezione della flotta inglese. Ferdinando IV, per le pressioni dell'Inghilterra, concesse alla Sicilia nel 1812 una nuova costituzione con le due camere dei Pari e dei Comuni, di tipo inglese. Ferdinando IV era stato costretto a concedere la costituzione anche dal fatto che la nobiltà. Questo spiega la soppressione del parlamento attuata dal re il 15 maggio 1815, non appena fu sicuro del suo ritorno sul trono di Napoli, e il decreto dell'8 dicembre l816 con cui ordinava che i due Regni, sino allora distinti, di Napoli e di Sicilia, dovessero formare l'unico Regno delle Due Sicilie. Quasi contemporaneamente procedeva all'abolizione delle libertà e delle franchigie della Sicilia, delle sue leggi, dei suoi ordinamenti, della sua zecca e delle sue magistrature. Ma una simile condotta destò subito nell'isola una viva opposizione, che condusse alla rivoluzione scoppiata nel luglio del 1820, subito dopo quella di Napoli: qui la carboneria e i militari napoleonici avevano chiesto e ottenuto la costituzione, mentre a Palermo si voleva il riconoscimento dell'autonomia siciliana. Però questa richiesta non trovò ascolto neppure presso il nuovo parlamento napoletano anzi, i deputati si disposero a sottomettere con la forza Palermo. Il particolarismo palermitano non aveva affatto giovato alla rivoluzione napoletana, che si era anzi dovuta logorare nel grave e difficile problema interno e, pertanto, neppure essa resistette a lungo all'esercito austriaco.
Negli anni seguenti, che furono gli anni centrali della Restaurazione, Ferdinando I, Francesco I e soprattutto Ferdinando II, salito al trono nel 1830, cercarono di temperare il loro governo con atteggiamenti più moderati ma questo non impedì che si susseguissero diverse rivolte: una scoppiata a Palermo nel 1831, guidata da Domenico Di Marco, cercò invano di ottenere una nuova costituzione; un'altra scoppiava a Catania e a Siracusa, favorita dalla situazione in cui versavano le popolazioni, colpite dalla carestie e dal colera. Meno avvertita fu in quest'ultimo moto l'esigenza dell'autonomia che invece continuava a essere sentita a Palermo, come dimostrò la rivoluzione del 12 gennaio 1848, una rivoluzione che precedette tutte le altre che scoppiarono in quell'anno, ma che pure non esercitò grande influenza proprio perché ancora animata dallo spirito di indipendenza isolana. In un primo momento la Sicilia sperò di riuscire a ottenere da Ferdinando II una costituzione separata, ma il parlamento, radunatosi il 25 marzo, dovette prendere atto del deciso rifiuto del re e allora dichiarò, nell'aprile, decaduta la monarchia borbonica e, dopo aver conferito a Ruggero Settimo, capo del governo provvisorio, la reggenza, scelse il nuovo re nella persona di Alberto Amedeo, duca di Genova e figlio di Carlo Alberto. La Sicilia trasferiva apertamente sul piano italiano le sue aspirazioni autonomistiche mostrando di intendere la sorte della penisola come una federazioni di liberi Stati. Approfittando dell'isolamento in cui la Sicilia si trovava, fu più facile per i Borbone condurre la lotta contro l'isola; nel settembre, Messina, lungamente bombardata, dovette cedere ed entro il 1848 le truppe napoletane completavano l'occupazione della costa orientale, investendo poi, nel nuovo anno, Palermo: il l5 maggio 1849 Ferdinando II ritornava in possesso di Palermo e, di conseguenza, di tutta l'isola. Il perido successivo non fu di certo più tranquillo: alcune insurrezioni rivelarono quale era lo stato d'animo dei Siciliani, finché il 4 aprile 1860 scoppiò la rivolta, capeggiata da Francesco Riso, rivolta che fu detta del convento della Gancia. Le truppe borboniche ne ebbero abbastanza facilmente ragione, ma essa offrì il modo a Crispi di dimostrare a Garibaldi come l'isola fosse pronta ad accogliere la spedizione che questi aveva in animo di fare, dopo però che il popolo siciliano si fosse sollevato. Lo sbarco dei Mille avvenne a Marsala l'11 maggio 1860, il 14 maggio da Salemi Garibaldi assumeva la dittatura della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, il giorno dopo sconfiggeva il nemico a Calatafimi, aprendosi la via per Palermo, dove giungeva il 27 maggio, il 2 giugno il gene-rale formava un ministero, nel quale la figura predominante era Crispi e, poco dopo, scacciava dall'isola l'inviato di Cavour, La Farina, ma accettava la collaborazione di Depretis, pure inviato da Cavour, nominandolo anzi prodirratore. Con la battaglia di Milazzo del 20 luglio tutta la Sicilia era liberata e la spedizione continuava sul continente. Tuttavia una non indifferente parte della classe dirigente isolana era contraria a una annessione pura e semplice e avrebbe voluto conservare una certa autonomia, ma Cavour, facendo votare per la fusione, infranse queste aspirazioni. I ceti popolari, nel passaggio dalla società feudale, in cui godevano di diritti che ne alleviavano le condizioni, alla società borghese quale fu introdotta violentemente nell'isola, ebbero maggiormente a soffrire e, pertanto, alimentarono quello che fu detto brigantaggio. Questa situazione portò alla rivolta di Palermo del settembre del 1866, in cui si trovarono unite a combattere il governo della Destra le due opposizioni: da un lato quella reazionaria del clero e delle classi popolari e dall'altro quella democratica e repubblicana, che raccoglieva parte della borghesia delusa dall'unità. Per sette giorni Palermo fu tenuta dagli insorti e si dovette mandare il generale Cadorna per aver ragione della rivolta.
Dal 1866 al 1894 le condizioni dell'isola invece di migliorare peggiorarono, soprattutto in conseguenza della rottura dei rapporti commerciali con la Francia nel 1887, che danneggiò notevolmente l'agricoltura meridionale. Nelle campagne il disagio dei contadini era aggravato dall'occupazione, da parte dei borghesi, delle terre demaniali. Ciò destò una viva resistenza e portò al tragico episodio di Caltavuturo (gennaio 1893), quando le truppe spararono sui contadini uccidendone undici. Intanto, a cominciare dal 1890-91, la propaganda socialista era penetrata nell'isola ed erano sorti, numerosi, i Fasci dei lavoratori. Il movimento, che si estendeva sempre più, favorito dalla cattiva situazione economica, fu affrontato dal secondo ministero Crispi con la forza: fu decretato lo stato d'assedio e sospesa la libertà di stampa, furono sciolti i Fasci e gli arrestati deferiri ai tribunali militari. Le condizioni dell'isola non migliorarono gran che, neppure durante il decennio giolittiano che anzi, con il protezionismo industriale, peggiorò la situazione del Meridione in grande prevalenza agricolo. Le perduranti condizioni di arretratezza favorirono un'ingente emigrazione tra il 1900 e il 1914, specialmente verso gli Stati Uniti. Dopo la prima guerra mondiale anche in Sicilia, come nelle altre regioni del Sud, frequenti furono le invasioni dei terreni da parte dei contadini affamati di terra e desiderosi di strapparne un pezzetto al feudatario o al grosso latifondista. saline Neanche il regime totalitario fascista riuscì a risolvere i problemi siciliani (nemmeno quello della mafia, che pure si vantò di avere estirpato), sicché tutti quei problemi si ritrovarono immutati dopo la seconda guerra mondiale. Gli sbarchi anglo-americani, nel luglio del 1943, provocarono danni notevoli e solo lentamente la Sicilia si risollevò. Intanto, però, riprendeva forza l'antica tendenza all'autonomia. Si trattava di un movimento sostenuto in particolare dai latifondisti che temevano eventuali riforme agrarie; esso tenne agitata la vita dell'isola per diversi anni, finché si andò spegnendo, anche per l'istituzione, il 15 maggio 1946, della Regione Siciliana, che concedeva l'autonomia amministrativa. Nell'aprile del 1947 veniva eletto il primo parlamento siciliano. Dal 26 febbraio 1948 la Sicilia fu costituita in Regione autonoma, con propri poteri legislativi, nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato italiano.




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