Intervista a Bruno Munari
di Mauro Baioni (1986)
Mauro Baioni, insegnante e frequentatore abituale della galleria Sincron, intervista Bruno Munari durante una sua antologica “Opere dal 1935 al 1986”

Domanda: Ho letto nel suo ultimo libro una citazione di Lao Tze “produzione senza appropriazione, azione senza imposizione di sé, sviluppo senza sopraffazione” e penso che questa frase del IV secolo A.C., oltre a riassumere le linee della sua opera culturale ed artistica, possa costituire un manifesto politico molto attuale. Esistono nessi tra l’arte e la sua coscienza politica?

Munari: Penso che la politica si faccia con l’azione più che con le manifestazioni. Il problema vero è quello di far sì che la gente venga disabituata a farsi risolvere problemi dagli altri, ma che la loro creatività sia così sviluppata che da sola possa affrontare i propri problemi. Per coscienza politica intendo la consapevolezza di essere in una società di “malviventi”, cioè di persone che vivono male, che sono individualisti, perché è dall’individualismo che nascono la furberia e lo sfruttamento, tutte cose sgradevoli che rendono la vita impossibile anche alle persone serie, leali e oneste; allora il problema politico è quello di occuparsi della nuova società che sostituirà questa

Domanda: Qual è questa nuova società?

Munari: Sono i bambini , che sono già qui adesso. Così da molti anni io, come atto politico, mi occupo della crescita culturale dei bambini, non solo in Italia, cercando di fare in modo che questi bambini siano degli individui formati e completi e quindi  persone che, di fronte ad un problema sociale, si mettano insieme per risolverlo.

Domanda: Molti, a sinistra, conservano il luogo comune, derivato dal realismo socialista, che l’arte non-figurativa possa non essere compresa dalle gente. Perché è mancato il matrimonio tra arte d’avanguardia e movimenti politici progressisti?

Munari: Credo che la responsabilità maggiore stia nella mancanza di cultura. Noi  siamo ancora in una situazione in cui l’artista è considerato un divo, un invidiabile dai poveretti che non sono realizzati. La “Grande Arte”, di concezione borghese, fatta a mano dal Genio solo per i più ricchi, non ha più senso nella nostra epoca. Se si vuole arrivare ad una arte di tutti (e non per tutti) è necessario trovare degli strumenti che facilitino l’operazione artistica e fornire a tutti i metodi e la preparazione per poter operare. Il cosiddetto “realismo socialista” è pura demagogia, cultura malintesa. Se ad un’opera d’arte si vogliono dare compiti di comunicazione politica, meglio affidarsi ad un pubblicitario, lo farebbe assai meglio. Molti artisti di sinistra producevano opere con contenuti politici molto forti ma non si preoccupavano di essere capiti: fornivano dei messaggi senza preoccuparsi se questi erano dei veri messaggi oggettivi e non, invece, dei valori soggettivi di rabbia personale. E poi era sbagliata anche la destinazione. Molti quadri concepiti come protesta politica anti-borghese vanno poi a finire nelle case dei ricchi borghesi i quali assorbono tutto. Hanno assorbito il ’68, hanno assorbito il ’78, assorbiranno l’88. Permettono tutto perché tanto sanno che sono cose passeggere e loro sono quelli che restano. Quindi noi dobbiamo occuparci molto dei bambini.

Munari racconta poi tutta una serie di episodi di riscontro alla sua attività. Da bambini di tutto il mondo gli giungono spesso dei disegni, nati dalla lettura di sue opere; intere classi, stimolate dai loro insegnanti, lavorano con il “metodo Munari”; fino alle tesi di laurea su di lui (l’ultima è appena stata fatta in Giappone). Poi riprende:

Munari: Quindi io ho anche delle risposte soddisfacenti a questa mia attività. Anche adesso, questo invito che ho avuto da Tokyo: sono stato chiamato per realizzare anche lì tutti i laboratori per l’infanzia che ho già realizzato in Italia ed in altri paesi: La Fondazione Nazionale per la Gioventù ha costruito appositamente un edificio di 17 piani nel quale intende raccogliere tutto ciò che è stato fatto di meglio, nel mondo, per i bambini. Mi ha messo a disposizione tre piani nei quali ho realizzato i miei laboratori, ho tenuto anche dei corsi per istruire i numerosi operatori che, stabilmente e a tempo pieno, faranno funzionare questi atelier.

Domanda: Quali sono gli strumenti più adatti per colmare la distanza tra l’artista ed il pubblico?

Munari: Sono, senza dubbio, la cultura, l’informazione e l’eliminazione dei preconcetti. Molti non capiscono l’arte astratta, cioè senza contenuto letterario, proprio perché cercano il contenuto letterario che non c’è più. Del resto se esiste differenza fra l’Annunciazione di Raffaello e l’annunciazione di Pinco Pallino, ciò significa che il valore non è nel soggetto del quadro. O no? Oggi…veramente da molto tempo…s’è capito che l’oggetto può essere l’opera in sé, cioè che il quadro è sé stesso. Di fronte ad una rosa nessuno si chiede cosa significhi: perché di fronte ad un quadro si pensa sempre che rappresenti un’altra cosa? Così, come non è possibile “spiegare” un brano di Bach, nello stesso modo non si può “raccontare” un quadro. Certo, non tutti sono Bach e, sostenendo la soggettività delle emozioni in un’opera si rischia di permettere a molti imbroglioni di spacciare per arte delle cose pessime. Del resto Mac Luhan sosteneva che, con l’arte, è facile farla franca.

Nome di Mauro Baioni costruito da Bruno Munari

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