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"Quando
l'immagine è presente, è inutile che il pennello la finisca".
Non so se questa antica regola della pittura cinese sia stata conosciuta
dai pittori impressionisti, fatto sta che questi artisti non usarono più
nei loro dipinti la tecnica della finitura degli oggetti del quadro,
accennando al soggetto solo con il minimo di tratti di colore sparsi sulla
tela. Le figure venivano così "finite" dall'osservatore.
Da quel momento l'arte visiva cominciò a espandersi uscendo da formule
chiuse e si aprì a mille esperienze di ogni tipo.
Quando, come si dice, l'arte "raggiunse il massimo splendore",
il prodotto artistico era l'opera unica del grande Genio. Nelle varie
epoche il potere seppe sempre usare questi geni per continuare il proprio
dominio. La Cattedrale era il massimo dell'espressione artistica usata per
suggestionare il popolo analfabeta e mantenerlo in condizioni volute per
poterlo sfruttare. Nacquero così certi valori da attribuire all'opera
d'arte, come se non ce ne potessero essere più altri: il valore
dell'opera unica del genio artistico, la durata massima nel tempo, il
fatto a mano personalmente; valori che ancora oggi vengono considerati dai
più come validi. Ma intanto, come si diceva prima, dall'impressionismo in
poi l'arte si espande, si apre a mille esperienze, pittura e scultura sono
solamente due modi di dar corpo a espressioni artistiche, l'arte singola
diventa molteplice, diventerà le arti di una moltitudine di persone che
vogliono anche loro comunicare. Non c'è più l'arte per tutti ma c'è
l'arte di tutti. Si inventano nuove regole, si usano nuovi materiali, si
esce dal museo, si sta in mezzo alla gente. L'arte aiuta a vivere meglio.
Per addentrarsi in questo immenso mondo delle arti ci sono strade maestre
ben lastricate dagli storici, che hanno messo i loro cartelli indicatori
per spiegare tutto il possibile, e questo va bene. Ma ci sono anche delle
stradine secondarie, delle scorciatoie che possono mostrare dei nuovi
punti di vista. Proviamo a percorrerne una delle tante: una cosa si può
notare in questa storia, che la grande arte espandendosi ha trasformato
sè stessa abbandonando alcune componenti che, in effetti non le
appartenevano direttamente. Una di queste componenti è la letteratura,
quella componente che dava il "soggetto" al dipinto. Ci si
accorse, ad un certo punto che il soggetto non è l'arte, ma l'arte è
invece il modo di trattare, di comunicare, di costruire un soggetto
qualunque. Si lascia quindi il soggetto alla letteratura e si cerca di
indagare su altre componenti. (Nel frattempo il pubblico impreparato
continuerà a chiedersi di fronte ad un quadro: che cosa mi vuole
raccontare questo pittore? E così non vede il quadro). Molte opere d'arte
sono conservate nei musei non per quello che raccontano ma per il modo
"a regola d'arte" col quale sono state fatte.
Che cos'è quindi questa regola d'arte? Ce n'è una sola o ce ne possono
essere diverse? Ogni popolo ha la sua? Ogni artista può inventarne una?
Le regole d'arte danno qualità all'oggetto artististico qualunque esso
sia. Nasce così l'astrattismo il quale pensa di costruire dei dipinti
solo con le regole d'arte e con i colori, non importa con quali figure.
Non solo con le figure che si vedono ma anche con quelle che si possono
inventare. Si abbandona quindi la cosidetta riproduzione del vero
visibile, troppo limitativa, e ci si avventura nell'invenzione di forme
nuove, geometriche e non. Un dipinto di Kandinsky ci mostra infatti gruppi
di forme inventate naviganti in assenza di gravità in una atmosfera
pittorica. Ma sia questa atmosfera pittorica, sia i colori delle forme,
sono ancora colori tonali, sono ancora i colori della vecchia pittura.
Infatti vediamo nei dipinti di Mondrian e dei suoi seguaci, come i colori
e l'atmosfera della vecchia pittura siano aboliti a vantaggio di una
composizione rigorosa fatta in modo asimmetrico (mentre prima le
composizioni erano sempre centrate) e con colori primari. Lo spirito di
Mondrian si espande all'oriente e ritrova le asimmetrie dinamiche dei
giapponesi, più dinamiche della normale simmetria.
Si forma intanto per reazione allo spirito rigoroso, la pittura informale
la quale bandisce dai suoi dipinti qualunque tipo di figura ma ci mostra
delle superfici dove nella massima libertà e nell'apparente caos, colori
tonali e non, si mescolano liberamente. Viene abolito perfino l'uso del
pennello e nasce il segno sgocciolato. Queste due grandi componenti, una
la geometria e la regola, l'altra l'informe organico e la non regola si
alterneranno per un po' di tempo nelle mostre di quel periodo.
La componente geometrica diventando sempre più rigorosa, da astratta a
concreta, usando la matematica e la topologia, progettando arte cinetica e
programmata. L'informale invece si mostra sempre più casuale e organico
per cui qualunque venatura di marmo, qualunque macchia casuale poteva
andar bene.
Non a caso arriva Yves Kline ed espone i suoi dipinti in tinta unita: uno
tutto Rosso senza alcuna variazione di tono, uno Blu e uno Giallo. Veniva
eliminato anche il piacere dell'impasto cromatico: il blu era blu di
cobalto e basta. Nel frattempo Lucio Fontana prende una tela monocromatica
e la lacera con buchi e tagli. Proviamo quindi ad eliminare anche il
colore in tinta unita e non.
Restano l'olio su tela. Olio su tela. La tela con i suoi colori
raffinatissimi, dalla tela di canapa a quella di lino, a quella di cotone,
a quella sottilissima di batista.
Gli olii da quello di lino a quello di papavero, a quello di mandorle, a
quello di ricino, colori appena visibili.
Molto più raffinati del banale rosso e verde bandiera.
Olio su tela, olio puro, tela senza telaio, olii su tele.
Bruno Munari, 1980
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Bruno Munari, Olio su tela, 1980
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