Il popolo dei Crocifissi

Le Confraternite sono conosciute soprattutto per una delle loro manifestazioni più caratteristiche: la processione devozionale dei Crocifissi. Ma quello dei disciplinati è un mondo molto più ricco e complesso di quanto appare a un osservatore occasionale.

 

di Alberto Peluffo

 

Chi non conosce la realtà delle Confraternite si accorge solita­mente della loro esistenza almeno una volta all'anno, in occasione delle cerimonie in cui i confratelli, vestiti con una cappa di tela legata in vita con un cordone, portano in processione i Cro­cifissi. L'attività di queste associazioni è però molto più ampia e si articola in diversi settori; come recita il loro statuto dio­cesano, il compito fondamentale di una Confraternita è quello di "promuovere fra i suoi membri una vita cristiana esemplare me­diante la professione fedele dello spirito evangelico, la solleci­tudine per la missione della Chiesa, l'intensa partecipazione alla vita liturgica, la valorizzazione della preghiera in tutte le sue forme e l'esercizio comunitario della carità.".

Le Confraternite sono in effetti le prime associazioni laiche nate nell'ambito della Chiesa, con il compito di esercitare opere di misericordia spirituale e corporale all'interno della comunità cittadina. Storicamente la loro nascita si fa ascendere ai primi secoli del millennio appena concluso, ma furono gli anni del tardo medio­evo (XIII-XIV secc.) a vedere la loro piena affermazione, spesso in sim­biosi con le corporazioni che raggruppavano le cate­gorie so­ciali del tempo. Erano, in pratica, associazioni di mutua assi­stenza che nell'esercizio della carità, della penitenza e della pietà contribuivano ad alleviare le sofferenze più gravi in un periodo in cui l'esistenza era dura per tutti, e a rinsaldare  la soli­darietà fra i concittadini, nello spirito dell'epoca che segnò il passaggio da una concezione pessimistica della vita, in­tesa come condanna al la­voro e alla sofferenza imposte all'uomo a causa del suo peccato originale, a una più serena visione di re­denzione tramite le buone opere.

Le Confraternite erano luogo di aggregazione, in cui persone di diversa estrazione e diversa provenienza si riunivano in uno spi­rito di uguaglianza, legate dal giuramento di fedeltà al Vangelo; allo stesso tempo erano associazioni di mutuo soccorso autogestite: una cassa comune permetteva il sostegno economico ai confratelli biso­gnosi e consentiva, all'occorrenza, di procurare loro un ricovero o di finanziare opere di manutenzione dei beni in concessione ad esse. Rico­prirono un ruolo essenziale anche nella cre­scita della consa­pevolezza sociale dei cittadini, riproducendo al loro interno le stesse regole dell'organizzazione comunale: i gruppi dirigenti ve­nivano già allora eletti collegialmente da tutti i confratelli, senza distinzioni di ceto e istruzione, e ve­nivano rinnovati fre­quentemente; l'ampia divisione dei poteri, inoltre, coinvolgeva un gran numero di confratelli nella gestione interna.

L'elezione dei responsabili della Confraternita è sempre stata, in effetti, un esempio di democrazia: i Superiori, cioè il Priore, il Sottopriore e il Maestro dei Novizi, sono eletti direttamente da tutti i con­fratelli a scrutinio segreto e durano in carica un anno, a partire dalla prima domenica di Avvento. I Superiori poi nominano gli al­tri Ufficiali, con i quali formano il Magistrato dell'Arciconfra­ternita. L'esercizio della de­mocrazia non venne mai meno, neanche nei periodi in cui i cittadini erano privi di questi diritti al di fuori degli oratori in cui i capi famiglia si riuni­vano per gestire la Confraternita e per discutere su quanto era necessario alla comunità.

 

L'inizio della diffusione delle Confraternite sembra legata al movimento dei Flagellanti, nato nel 1260, quando Ranieri Fasani, a Perugia, lesse ai suoi concittadini una lettera della Madonna che invitava alla pe­nitenza e alla flagellazione tramite la disci­plina. Il movimento penitenziale si fece presto spazio anche nel Savonese: qui, fra le opere poste in atto dalle Confraternite si segnala l'istituzione di ospedali, fra i quali quello della Miseri­cordia, fondato sul Priamar nel 1344 dal terz'ordine domeni­cano.

Un particolare mo­mento di grazia si visse ai tempi dell'appari­zione della Ma­donna ad Antonio Botta nel 1536, appari­zione che rinvigorì la presenza del tema della misericordia nella cultura religiosa sa­vonese e da cui nacque la processione del Ve­nerdì Santo. Ecco come descriveva l'evento il libro di Giacomo Picconi pubblicato nel 1760:

"Lontano da Savona quattro miglia circa nella Valle di S. Ber­nardo ... aveva la sua povera abitazione un buon vecchierello per nome Antonio Botta. Era egli di vita innocente, d'illibati co­stumi, nemico dell'ozio, amico della divozione e della carità; e nutriva special tenerezza verso la Beatissima Vergine, in onore della quale praticava ogni giorno qualche atto di virtù, e la co­rona con particolar divozione ne recitava. Mentre adunque un giorno di Sabbato alli 18 di Marzo dell'anno 1536 era andato a la­vorare circa il levar del sole in un suo podere, sceso per lavarsi le mani in un picciolo ruscello, che scorre nella Valle, vide all'improvviso discendere dal Cielo un grande splendore, per il quale molto sorpreso fu per caderne a terra tramortito, e subito poi sentì una voce nello splendore, che dissegli "Levati su non dubitare, che sono Maria Vergine " Alzossi egli, e parvegli di ve­dere così in confuso nello splendore la figura di una Donna, la quale a lui disse "Vanne al tuo Confessore, e digli che annunzj in Chiesa al Popolo, che digiuni tre sabbati, e faccia la Proces­sione tre giorni in onore di Dio, e della sua Madre. Tu poi ti confesserai e comunicherai, ed il quarto sabbato ritornerai in questo luogo". ".

Fu nel corso della seconda apparizione che la Madonna nominò le Confraternite dei Disciplinanti, dicendo: "ed a questi sia racco­mandata la disciplina massimamente nel giorno del Venerdì Santo; imperocché se non fossero quelle poche Orazioni, e buone operazioni, che fannosi per le Confraternite, e da altri servi di Dio, sarebbe il mondo più tribolato che non è" e, nel dare la benedi­zione, raccomandò tre volte "Misericordia, e non giustizia".

Il ripetuto richiamo si in­serisce in un contesto storico drammatico per la città di Savona, che subiva in quel periodo un pesante at­tacco da parte dei geno­vesi, fino alla distruzione del porto e della cattedrale. Non ven­detta, dunque, ma misericordia, il senti­mento che il Vescovo Dante Lanfranconi ha definito "la disposi­zione a condividere la soffe­renza e i disagi dell'uomo perché non resti schiacciato sotto il loro peso, ma venga liberato dalla di­sperazione della solitudine e dell'impotenza, grazie all'amore de­gli altri uomini che sanno per­donare e gli manifestano stima e non rifuggono dal portare i pesi degli altri.".

Le Confraternite liguri ebbero una grande crescita verso la metà del Cinquecento, periodo in cui la nostra regione era infestata dai barbareschi: molte Confraternite nacquero per riscattare gli abitanti delle coste rapiti e deportati come schiavi nei bagni di Algeri e di Tunisi. L'espansione continuò fino al Sette­cento, men­tre, nell'Ottocento, per mano di Napoleone prima e dei governi massonici poi, si registrò un ridimensiona­mento della loro pre­senza e della loro influenza nella società ci­vile. All'epoca ri­sultavano esistenti nel territorio della Diocesi le Confraternite di Sant'Anna a Noli, dei Disciplinanti a Spotorno, Vezzi e Ber­geggi e del SS. Sacramento e di San Rocco a Voze.

Negli archivi comunali di Noli si trovano due documenti, datati 1809, in cui i funzionari napoleonici riferivano ai prefetti la situa­zione dell'Arciconfraternita nolese, istituita secondo la re­gola di San Carlo Borromeo. Suo compito principale era quello di provvedere alle sepol­ture, oltre che di intervenire alle solennità religiose e svolgere le normali funzioni di preghiera. Era parti­colare la posizione dei pescatori, devoti di Sant'Andrea, a cui è dedicato, in Cattedrale, un altare curato dall'Arcicon­fraternita: essi, anziché contribuire con le stesse offerte degli altri con­fratelli (nel 1809 ammontavano a 12 soldi per gli uomini e a 4 per le donne), tenevano, presso ogni padrone di pesca, una "bussola" (bìsciua) in cui versavano, per ogni equi­paggio, la metà del gua­dagno giornaliero di un uomo; inoltre, i familiari di un pescatore defunto erano esentati dal pagamento del contributo de­stinato ai confratelli che si occupa­vano della sepol­tura.

Con le trasformazioni sociali a cavallo fra l'Ottocento e il No­vecento e la nascita di altre associazioni ecclesiali, le Confra­ternite persero la loro forte con­notazione sociale e di mutuo soc­corso e si dedicarono più specificamente alle pratiche del culto.

Una nuova fase si aprì con il Concilio Vaticano II, che diede spazio e valore all'impegno ecclesiale del laicato. Ciò diede un rinnovato impulso alle Con­fraternite diocesane, che iniziarono una nuova fase di crescita. Oggi, grazie alla loro presenza diffusa sul territorio e alla loro vocazione devozionale, le Confraternite sono una realtà solida e ben radicata, in grado di contribuire a dare una risposta positiva alla crisi delle vocazioni che investe la Chiesa e in particolare la nostra Diocesi e, contemporanea­mente, a manifestare attivamente la loro vicinanza a chi soffre: gli iscritti dedicano il loro tempo al concreto assolvimento delle opere di misericordia, assistendo i diseredati, alleviando la so­litudine degli anziani, confortando gli ammalati; recentemente si sono oc­cupati anche del soccorso ai profughi albanesi e hanno por­tato aiuto diretto alle popolazioni del Piemonte alluvionato.

Nel 1976, per volontà di Monsignor Sibilla, allora Vescovo di Savona-Noli, nacque il Priorato Dioce­sano Confraternite. Era l'8 aprile, data particolarmente significativa perché coincide con il giorno della se­conda apparizione mariana ad Antonio Botta.

 

 

Ringraziamo per la preziosa collaborazione il dott. Marco Carpi­neti, Priore Regionale delle Confraternite Liguri, e il signor Giovanni Mario Spano, Segretario del Priorato Diocesano delle Con­fraternite di Savona-Noli.