Slavi d Slavi d'Italia

tratto da un SUPERBASKET del settembre 1998

Oltre Adriatico ma dentro di noi

Paradossalmente il nostro campionato potrebbe essere definito tricolore anche perché la sua storia è stata scritta da giocatori eallenatori di tre nazionalità diverse: italiana, statunitense e jugoslava. E anche quando l'ex Jugoslavia si è divisa in diversi stati indipendenti, dall'inizio dell'ultimo decennio, i giocatori di quelle zone hanno continuato a proporsi come i migliori del continente: cambiava la loro nazionalità, non la predisposizione a imporsi come unica, concreta alternativa alla forza Usa. Erano e sono i cestisti slavi, natia ridosso delle Alpi o sulle rive del Danubio o dell'Adriatico. Erano e sono protagonisti anche nel nostro campionato, dai tempi di Stankovic e Nikolic allenatori via via fino a Danilovic e Rebraca passando per Skansi e Cosic. A loro, agli slavi d'Italia, il nostro Marco Valenza ha dedicato un bellissimo libro in vendita dal 21 settembre per i tipi della Cantelli Editore. Il volume si intitola appunto «Slavi d'Italia - Trionfi& Misteri » e in 228 pagine corredate da oltre 100 fotografie propone una serie di ritratti e interviste, confessioni e dichiarazioni dei campioni più amati e rappresentativi, compreso quel Drazen Petrovic che in Italia non ha mai giocato ma che qui come in gran parte d'Europaè ricordato come un campionissimo, il primo a convincere gli americani che era ora di allargare i confini del campionato NBA ai cestisti provenienti dall'altra parte dell'Atlantico.
L'idea ispiratrice, per Marco Valenza, è stata quella di studiare il fenomeno di generazioni di vincenti. Si pensi, solo per restare alla cronaca più recente, che prima della vittoria della Kinder erano state ben nove le vittorie consecutive in Eurolega di squadre allenate da tecnici slavi (e la stessa Virtus di giocatori con quell'origine ne aveva tre in campo). Dal '92 a oggi, poi, tutte le squadre campioni d'Italia avevano nel quintetto titolare almeno un giocatore slavo. Marco si è semplicemente chiesto il perché di questa forza che si traduce in supremazia ed è di antica data. Non si è accontentato di risposte scontate, ha deciso di non basarsi sulla teoria di una razza geneticamente più alta e resistente e intimamente più affamata di successo e ha deciso di approfondire la ricerca intervistando tutti i campionissimi slavi. Il risultato è un libro di profonda umanità, dove ogni capitolo è una storia a sé e dove ogni giocatore o allenatore si rivela prima persona che personaggio. E dove la bravura di Marco Valenza si evidenzia nel cercare e poi riproporre aspetti anche insoliti e comunque mai banali di uomini che alla fine ci rendiamo conto di aver finora conosciuto in maniera assai superficiale.
Gli slavi, intendiamo gli uomini prima ancora che i giocatori, non sono abituati a parlare. Tranne forse Djordjevic, hanno sempre demandato al campo il ruolo di portavoce delle loro qualità ma anche della loro personalità. E' il caso di Danilovic, ad esempio, che addirittura con candore ammette la sua ferocia nel cercare il risultato. Salvo subito dopo confessare che l'idea di venire a Bologna, nel 1992, lo terrorizzava, perché il palasport di Piazza Azzarita era forse il campo che più lo aveva impressionato fino a quel momento. Dicevamo di Djordjevic e non possiamo non raccontare l'aneddoto del piccolo Sasha, figlio del capoallenatore della Stella Rossa ma grande tifoso del Partizan al punto da essere sorpreso e immortalato dai fotografi durante un derby a Belgrado, mentre sventola la bandiera bianconera. Raccontiamo il libro in breve, sfogliandolo a caso. Ecco allora Rebraca parlare dei suoi Mondiali di Atene, ancora Djordjevic ricordare la Fortitudo e Danilovic spiegare la trasformazione di Ettore Messina. Toni Kukoc ammette la sua ovvia ammirazione per Jordan ma spiega anche le difficoltà di adattamento per un europeo alla corte di Phil Jackson.
Franco Montorro




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