Due note sui generi formulaici
1. Serialità
2.
Funzione espressiva e repressiva dei generi
1. Sulla serialità
Nei prodotti della serialità,
come per ogni rappresentazione e narrazione, operano quattro tempi: 1) il tempo
(interno e immaginario) della vicenda narrata, 2) il tempo (intermedio e
tecnico-stilistico) della narrazione, 3) il tempo (pratico ed estroverso) della
distribuzione, 4) il tempo (interattivo) del consumo, che può essere
occasionale, discontinuo, cultuale dei fans. La serialità si caratterizza per
la preminenza delle esigenze della distribuzione e del consumo su quelle della
narrazione.
Il film si distingue dal
telefilm innanzitutto per la lunghezza che dà possibilità di approfondire
personaggi e situazioni. Tale approfondimento non è necessariamente psicologico
e sociologico, ma piuttosto funzionale. Inoltre l’approfondimento possibile
con le serie è dato dalla molteplicità degli episodi, che supplisce alla
fruizione mediamente discontinua, laddove quella del film è di necessità
continua. La discontinuità introiettata del telefilm riguarda sia i tempi di
fruizione e consumo sia i tempi previsti per le interruzioni pubblicitarie.
La diversità di
collocazione di tali interruzioni nei telefilm importati si può cogliere quando
al culmine di una situazione di suspense la sequenza si interrompe con un
buio e riprende subito dopo, con la scena in svolgimento a partire da qualche
secondo prima dell’interruzione. Questo dimostra che ci sono due tipi di
collocazione delle interruzioni, quelle americane, simili alle cadenze del
romanzo popolare a puntate vittoriano, che deve lasciare il lettore sospeso in
un momento critico, e quelle europee, che si pongono nei momenti di stasi, tra
il primo e il secondo tempo, senza sospensione drammatica, perché in qualche
misura non vuole subordinare il ritmo narrativo all’intrusione pubblicitaria.
La serialità
si esplica in due modi fondamentali, che possono anch’essi ibridarsi:
la serie e il serial. Il primo modo si costituisce di una serie episodi ciascuno
concluso in sé; il secondo è una serie di episodi non effettivamente
conclusivi, attraverso i quali si svolge una trama continua che, pur fatta di
avventure episodiche che si susseguono con un inizio e una fine propria, non si
concludono in una singola puntata. Il serial si può formare per aggregazione di
storie diverse non del tutto ripetitive se non per tratti ambientali come Jurassic
Park, e per dilatazione o prosecuzione (o pre-secuzione) come Star Wars,
anche se questa distinzione è per lo più accidentale.
Nel serial quindi la
continuità è uno schema diegetico contenitore, entro cui vi sono tratti
discontinui, perché di lunghezza variabile, nella misura in cui si fanno
continuare le singole storie attraverso due o più puntate, mentre, quando una
storia si conclude, nel frattempo ne iniziano altre. Lo sfruttamento delle trame
molteplici che si intrecciano permette di far continuare la serializzazione in
una sorta di staffetta fra episodi, avventure, personaggi che, oltre a quelli
fissi (ma già più mobili di quelli a serie), entrano ed escono dal continuum
generale. Tale continuum generale è il vero genere serial.
La serie invece è di solito
basata su un tratto o personaggio protagonista, per esempio il tenente Colombo,
con uno schema di trama abbastanza fisso anch’esso. La serie si può
considerare come l’adattamento serializzato per la televisione, (quindi per un
mezzo di distribuzione più rigidamente cadenzato - settimanale di solito - che
non il cinema) dei generi tradizionali della narrativa popolare, come i gialli
con il medesimo detective, Poirot o Miss Marple, o Key Scarpetta, o la
fantascienza di Star Trek.
Nella serie i protagonisti
fissi sono più statici di quelli del serial, perché il continuum di
quest’ultimo comporta una certa apertura, e accetta in parte gli effetti del
tempo, seppure nel modo ibrido che vedremo. La staticità dei protagonisti
significa non solo che si sfrutta il piacere del ritrovamento delle stesse
peculiarità ed eccentricità che rendono divertente e rassicurante il già noto,
ma anche che l’interesse della variazione nello schema del genere è posto
altrove.
Per esempio in Colombo
non manca un interesse sociologico sui tipi e le caratteristiche della società
americana in cui gli episodi si svolgono. Colombo concilia le eccentricità del
detective, che di solito erano proprie del dilettante, con l’interesse per la
vita sociale, che è proprio del poliziotto di professione. Poiché la trama si
svolge come una partita a scacchi fra detective e assassino, che lo spettatore
conosce sin dall’inizio, il contesto psicologico e sociologico del delitto è
la vera variabile di ciascun episodio. Ogni volta Colombo deve addentrarsi in
uno scenario diverso, che è l’habitat culturale dell’assassino.
Quest’ultimo sembra poter inscenare il delitto perfetto proprio per il suo
dominio dell’ambiente. La tecnica di Colombo consiste nel farsi spiegare
dall’assassino stesso, chiamato a collaborare, come funziona quel mondo. E
quando Colombo ha acquisito una conoscenza sufficiente dell’ambiente, è in
grado di muoversi in esso con la stessa padronanza, per ricostruire il delitto.
Colombo è il tipico eiron definito da Frye, che finge di non sapere per
sapere di più e venire a capo delle situazioni.
Secondo Eco (“Tipologia
della ripetizione”, in L’immagine plurale, a cura di F. Casetti,
Marsilio, Venezia, 1984) il continuum più aperto del serial è solo una serie
mascherata, dove i personaggi si sostituiscono gli uni agli altri e invecchiano
persino, ma in realtà ripete, in forma storicizzata, compreso il consumo del
tempo, la stessa storia in una fondamentale astoricità e atemporalità. Forse
questo non è del tutto vero; comunque ciò conferma che il vero criterio
distintivo non è dato dai personaggi e dalla trama, ma dal contesto (ethos) in
cui i personaggi agiscono.
Questi dubbi sono
sostenibili se analizziamo un serial di mafia come I Soprano, che può
definirsi l’attualizzazione, trasposta in serial, del genere mafioso che ha
una sua evoluzione storica, dai film di gangster con protagonisti mafiosi
italiani (Little Caesar) che documentano le lotte del primo dopoguerra e
degli Anni Trenta, ai film seriali del Padrino che, essendo anche una
saga genealogica, diventano anche documento storico. I mafiosi dei Soprano
sono lo stadio contemporaneo di questa evoluzione e documentano il presente.
Questo dimostra la maggiore compatibilità tra storia e serial: pur non
sfuggendo in qualche misura alla ripetizione, il serial non è del tutto
collocato nell’atemporalità. Il serial può dare il senso della storia in
corso, che non va verso la conclusività della finzione, ma in parte si disperde
nell’inconcludenza dei casi della vita, che possono anche rimanere sospesi.
Per certi versi, come nelle telenovele peraltro, le lungaggini delle tecniche
ripetitive possono alludere alle lentezze della realtà, e a loro volta possono
dare il senso di un rallentamento della storia che è affine all’astoricità.
Data la propensione
all’ibridazione si possono peraltro concepire modi misti, di serie e serial,
come pare sia il telefilm Buffy, dove, accanto a strutturazioni
diegetiche che si ripetono, si pongono altre situazioni che evolvono e riportano
la dimensione della temporalità, per cui i personaggi percorrono itinerari di
vita realistica, maturano e invecchiano.
Come la produzione dei robot
e dei cloni si perfeziona tecnologicamente con le successive generazioni, fino a
produrre replicanti che, per certi versi, sono migliori degli uomini (per
esempio le leggi comportamentali non aggressive dei robot di Asimov), così
anche i prodotti seriali possono perfezionarsi col tempo, oltre che esaurire le
possibilità narrative. Il miglioramento nella ripetizione produce un’estetica
specifica da esplorare. Ci sono generi formulaici che producono variazioni entro
il genere; prodotti separati che per affinità e a posteriori costituiscono un
genere in cui si collocano; generi evolutivi pur nella ripetizione, come appunto
i serial, che si costituiscono per accumulazione e prosecuzione: per esempio Star
Wars; generi misti, la cui differenziazione si pone a vari livelli come
appunto Buffy. L’estetica della ripetizione deve tener conto
dell’intreccio dei quattro tempi della serialità menzionati all’inizio.
La misura e la collocazione
della ripetizione va indagata caso per caso, ma la serializzazione inizia a
segnalarsi nel paratesto, per esempio nel titolo dei gialli, e nelle sigle di
presentazione dei telefilm che sono spesso una sorta di trailer con le
caratteristiche della serie, assemblate dai vari episodi (per esempio la sigla
di Hunter) e con una sigla musicale che ne permette il riconoscimento
immediato e funge da richiamo uditivo che segnala agli spettatori dispersi nella
casa l’inizio del programma.
La genealogia delle serie è
il feuilletton ottocentesco, il radiodramma a puntate che introduce la
pubblicità come sponsor, il fumetto, che incide sulla rapidità narrativa e
l’amplificazione degli effetti. Il passaggio dalla diretta alla registrazione
favorisce la frequenza delle interruzioni, e la distribuzione in zone a diverso
fuso orario negli USA, mentre la televisione struttura i suoi palinsesti
rispetto alle ore della giornata.
Un misto di fantastico e di
horror come The Twilight Zone (Ai confini della realtà) viene
indicato come genere di successo, ricollegabile all’atmosfera culturale di
incertezza vissuta negli Anni Cinquanta dall’America, tra minaccia atomica e
guerra fredda.
2. Funzione espressiva
e repressiva dei generi
Il gotico, parallelo
all’industrializzazione e alla nascita della burocrazia, nell’età delle
macchine, reprime a suo modo, ma al tempo stesso esprime, ciò che è represso
dal realismo e dal razionalismo, cioè il flusso degli istinti, la violenza e
l’erotismo, che si incarnano nel villain, per distanziarsene moralmente. I
generi popolari amplificano questa funzione di esprimere reprimendo che lega
amore e morte. In vari modi: per esempio svalutando questi prodotti a sub-letteratura,
e reiterando ossessivamente un ethos feticizzato, che si concentra su una
riduzione parziale della vita.
La parcellizzazione del
lavoro (catena di montaggio) diventa parcellizzazione o feticismo del corpo
nella pornografia; ma di per sé i generi riducono la tematizzazione mimetica
della vita a soluzione di problemi parziali, smembrando l’unità delle facoltà
umane. I generi esprimono egocentrismo e fantasia di onnipotenza attraverso lo
sfogo di insoddisfazioni quotidiane in vari tipi di alienazione. L’individuo
borghese perde l’eroismo del fantastico aristocratico e lo recupera attraverso
il superuomo di massa, mascherandosi da super-eroe; laddove perde l’erotismo
lo recupera nella pornografia; se perde la possibilità di capire i meccanismi
della società e dell’animo umano li recupera con la finzione della detective
fiction; perde la certezza del rispetto delle leggi da parte della polizia e lo
recupera col giallo procedurale; perde il dominio delle sue pulsioni distruttive
e lo recupera con l’horror e le storie dei serial killer.
La rappresentazione del
sesso nella pornografia ha un carattere esibizionistico, mediato e distorto
dalla spettacolarizzazione. Ma nello stesso tempo rivela, nonostante tutti i
riduzionismi, che la sessualità ha aspetti non semplici e non uniformi. Visto
da vicino, l’uniforme si rivela multiforme. Non si capisce perché la
mediazione letteraria è considerata nobile e la mediazione visiva o
pornografica non lo è, tanto più in quanto mediazione consapevole. Infatti
proprio l‘esibizionismo è anche esibizione di consapevolezza e consapevolezza
dell’esibizione. Il sensazionale è, o può essere, a seconda dei momenti
defamiliarizzazione e meta-rappresentazione, che svela attraverso l’eccesso e
la dismisura l’assuefazione alla presunta naturalezza. Il fantastico accentua
sempre il lato inventivo della finzione, che invece la finzione realistica tende
a celare. Lo spaghetti western svela l’artificialità del western autentico.
Tutti i generi in quanto
tali sono selezioni espressive e riduttive insieme, perché si limitano a temi e
situazioni particolareggiate. L’accostamento di amore e morte, che è il
fascino erotico del corpo morto, disponibile e massimamente reificato, può
interpretarsi come specchio della consapevolezza della durata effimera
dell’eros, che come la vita e la vitalità porta comunque alla morte. È la
brevità del momento più vitale e perciò più consapevole: si gode e si muore
(dice Eliot che la vita è nascita, copula e morte). La materia sensibile, e
quindi il piacere dei sensi, vive e perciò si sfa. A differenza dell’amore,
la gastronomia e il piacere della gola non vengono nobilitati ed esaltati,
eppure si rinnovano quotidianamente come l’appetito sessuale, e più del sesso
il cibo è essenziale alla vita umana. La pornografia, in quanto arte applicata
come la gastronomia, si rinnova per il consumo. Proprio il consumo le eternizza
in modo diverso dall’arte pura, attraverso il rinnovamento quotidiano del
desiderio.
Accanto alla passività
erotica del cadavere, si sviluppa la passività morale dell’automa, che non ha
libero arbitrio come il cadavere non ha possibilità di resistere. L’automa è
preceduto dalla fase sperimentale e paurosa del mostro come quello di
Frankenstein, creato dalla scienza, e il vampiro, creato prima dalla religione e
poi usato dalla borghesia come spauracchio del residuo feudale oppressivo che
non vuole morire definitivamente. L’automa mostra il bisogno di venire a patti
con la macchina umanizzandola, perché può essere utile e servizievole, fino a
impiantarsi nel corpo come protesi integrata che prolunga i sensi e la vita. Da
A.I. a E.T. L’extra terresre E.T. è il modello dell’immigrato extra
comunitario che viene accettato come necessario afflusso di forza lavoro per far
sopravvivere l’economia.
Prima che la postmodernità
reclamasse il “capovolgimento della prassi” per cui il vero livello
materialistico è l’immaginario, mentre la realtà sarebbe sovrastrutturale,
quando un ceto, una classe, una nazione, perdeva il potere materiale, si
attaccava all’immagine, ovvero al potere culturale. Il potere culturale si
instaurava a posteriori rispetto a quello economico, e permaneva però per
qualche tempo quando quest’ultimo era perduto: vedi aristocrazia e borghesia,
Europa e America. Ora che il potere materiale tende a deterritorializzarsi,
passa da particolari produzioni alla smaterializzazione finanziaria. Per taluni
il dominio della tecnica forma una cultura sua. Quale? Quello della
comunicazione?