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La situazione pedagogica


1. Dell'educazione


Dell'educazione

La situazione pedagogica, col professore che parla in classe e gli studenti che ascoltano e imparano è una ripetizione , modificata, traslata, del rapporto tra la madre che nutre e il figlio che viene nutrito. E' una situazione comunicativa e di partecipazione affettiva e comunione. Il maestro che ama il suo lavoro, ama questa situazione e ama i suoi discepoli. Egli prova, nell'esplicare il suo compito, la soddisfazione della madre che porge il seno al bambino.

Dal punto di vista psicoanalitico il discepolo rivive nel rapporto pedagogico una fase di sviluppo della sua personalità che Freud chiama fase orale. E' la prima fase, in cui il bambino si identifica col corpo materno, e comincia a strutturarsi psichicamente sulla base di categorie primarie quali interno ed esterno, unione e distacco dal seno della madre nei momenti di allattamento e di attesa. La verbalità del rapporto pedagogico ha a che fare con la bocca, anche se è la bocca che parla del maestro e non quella che succhia del bambino. La parola - diretta all'orecchio, ma in realtà alla mente - è la spiritualizzazione del cibo che non nutre più il corpo, ma l'anima. Il linguaggio, fatto di segni, è una selezione comunicativa che si libera della materialità per farsi acumen e astrazione efficace.

La situazione pedagogica da un lato è una regressione per il discepolo, che è posto nella condizione di ricettore, non in sé passivo, ma in sé vuoto, mancante e desideroso di nutrimento intellettuale: il sapere. Ciò comporta un elemento affettivo, un attaccamento (o rifiuto del cibo indigesto e quindi odio) per le cure che il docente si prende della fame di sapere del discepolo. La regressione comporta l'accettazione della propria immaturità o ignoranza da superare. Qui vi è il corollario della diversità d'atteggiamento tra matricole e discepoli anziani alla soglia della maturità e dell'uscita dal modulo di studi. I rituali di iniziazione delle matricole sono rivelazioni di tale accettazione della regressione, che viene punita da chi l'ha quasi, ma non ancora, superata, ed allontana ed esorcizza la propria condizione quasi superata e il sé passato che è ancora ufficialmente immaturo, arrogandosi un potere sadico che sovrappone alla fase orale aspetti della fase anale.

Nella situazione pedagogica il discente si ripropone come infante che deve essere nutrito e accudito. Questa cura è una cura "materna", che implica una vicinanza e una partecipazione, comunione, identificazione amorosa col corpo materno, che ad un certo livello della situazione pedagogica stessa viene traspersonalizzato , diventa cioè un rapporto che va oltre il maestro, con la disciplina, col sapere, con la dottrina (disciplina/dottrina), un patrimonio di conoscenze, anche se viceversa il maestro personalizza in sé il fascino e il potere della dottrina.

C'è poi il rapporto di potere che si sviluppa dalla differenza di sapere e dalla differenza di maturità, e di solito anche di età. L'attaccamento al maestro è sì un modo di comunicare con la fonte del sapere per succhiare la conoscenza, ma implica un senso dell'apprendimento come sforzo per superare questo divario, identificarsi con la potenza del maestro, varcare la barriera del potere, e uscire dallo stato di inferiorità. (Mondo affettivo come scorciatoia al mondo intellettuale).

La situazione di transfert pedagogico negativo è quella in cui il discente non apprezza la disciplina, rifiuta il sapere somministratogli e vede il maestro come un torturatore nei confronti del quale mettere in opera tutti i sotterfugi e le difese, che non sono solo resistenze, bensì tecniche di fuga e di sopravvivenza del sé originario che non vuole essere contaminato e trasformato, e nemmeno obbligato a dedicare il suo tempo ad un apprendimento superficiale e formale. E' una situazione di ostilità verso la madre cattiva e avvelenatrice come nella favola di Biancaneve. L'anoressia può avere a che fare con questa situazione, anche se di solito il discente ostile trova il suo cibo in culture alternative, tribali e generazionali. L'anoressia può comunque essere una rappresentazione somatica del rifiuto di un nutrimento culturale e dei maestri/genitori.

La situazione pedagogica può però essere interpretata in connessione alla fase genitale, che è una fase più matura, e per questo non trova riscontro in una regressione del discente, bensì in una parità di status e in una diversità di funzione. In tale rappresentazione il rapporto non è una nutrizione, bensì un'inseminazione e in teoria diviene un rapporto paritario, per cui la trasmissione del sapere non implica un apprendimento passivo, ma un'elaborazione personale del discente che fa crescere il seme con l'apporto della sua fertilità ovulare. Ciò che viene generato non è un prolungamento dei genitori, ma un prolungamento della disciplina/dottrina.

L'attaccamento al maestro/madre può traspersonalizzarsi in un'atmosfera dionisiaca, ma a prescindere da questa che può essere considerata devianza e fissazione alla fase uroborica matriarcale/patriarcale(?), è da capire e studiare nella sua effettiva origine nella partecipazione (mistica?) , che è una prospettiva esistenziale privilegiata dalla psiche femminile, mentre la psiche maschile si fonda sull'esperienza della distinzione tra sé e gli altri, sul distacco dalla madre per raggiungere l'individuazione, e vede quindi il prevalere della comunicazione in termini di rapporto intellettuale piuttosto che in termini di partecipazione affettiva.

La situazione pedagogica deve infatti, pur profittando della regressione del discepolo a bambino da nutrire, inserire nelle modalità del rapporto nutritivo, pur favorevole al passaggio della conoscenza, un elemento di distinzione intellettuale che si innesti sulla partecipazione con modalità di rapporto psichico tipicamente maschile e analitico, che quindi sottolinei le distinzioni: fra maestro e allievo, fra persona del maestro e disciplina insegnata, fra dimensione teoretica dell'insegnamento e vissuto e applicazione pratica di tali temi.

Nel rapporto pedagogico si ripercorre la trasformazione da bambino ad adulto, da studente ad agente, da immaturo a maturo (esami di maturità), e quando lo studente diventa studioso si realizza la situazione affine alla fase genitale della collaborazione creativa tra maestro e discepolo. Naturalmente gli esami non finiscono mai. Ogni volta che passiamo da un ordine di studi ad un altro, da un grado di maturità ad una nuova fase di apprendimento, da una struttura psichica, pertinente ad una certa fase, ad un'altra, tutto il processo pedagogico di regressione e maturazione si ripropone e viene ripercorso. Le due modalità di attaccamento e distinzione, tra identificazione e autonomia, devono convivere. In particolare il rapporto tra maestro e allieva trova la giusta via evolutiva quando sviluppa nella donna il modello intellettualistico della distinzione e della maturità, intesa come capacità di intervenire nel mondo come agente che trasforma attraverso l'ideazione e l'applicazione. In un certo senso la donna deve desessualizzarsi e separare l'affettività dalla sua volontà attiva. Questo è anche una defemminizzazione. Allo stesso modo il maestro deve porsi come modello spirituale e non come modello maschile, separando a sua volta, attraverso la desessualizzazione, una sorta di fascinazione seduttiva, da conquistatore sessuale, dalla capacità di convincimento di natura intellettiva ed eventualmente etica.

Il convincimento intellettivo può fare a meno del convincimento etico (wertfreiheit), ma non viceversa. D'altro lato, seppure indirettamente e in modo non predicatorio, il rapporto pedagogico non può essere solo cognitivo, anche perché ad una responsabilità etica il maestro è comunque chiamato a rispondere, dentro e fuori dal rapporto pedagogico. La trasmissione stessa del sapere, come il nutrimento, prevede che non vengano trasmessi cibi avvelenati, e implica una cura del bambino finalizzata alla sua sopravvivenza come fine etico. Il maestro deve accompagnare e favorire un itinerario di maturazione che porta al distacco da lui come genitore superiore e nutritore, ma che deve diventare un rapporto alla pari di nutritore di conoscenza e di affetto solidale generalmente umano e di amicizia e saggezza. Il discepolo conquista così una parità di diritti, una libertà di apprendimento e di indirizzo degli studi che prima non aveva, non deve necessariamente giungere a una separazione affettiva.
Secondo S.B. non ci sono più maestri, e questo viene riferito alle due dimensioni, "distanza" e "tempo", che sostanziano il rapporto pedagogico. La distanza è esperienziale, perché il maestro ha avuto un'altra vita, su altri registri, plurimi, del sapere: insegnante, moralista, politico.

[E altri ruoli aggiungerei: se si prende in considerazione il "lavoro" del maestro fuori dallo stretto insegnamento, perché non considerare tutti i suoi modi di essere, intellettuali e non: familiari, finanziari, sessuali?
Inoltre questo non vale per tutti i rapporti? S.B. proietta sul rapporto pedagogico categorie che non sono ad esso pertinenti in senso specificante, e sono il dialogo, il rispetto e l'alterità. Mi sembrano più pertinenti invece le categorie analogiche di travasamento, seminazione e coltivazione. Il rapporto pedagogico non solo è rapporto con l'altro, ma è rapporto asimmetrico dall'alto in basso, e questo è più importante]

S.B. dice: il maestro non è un'enciclopedia sullo scaffale, e ciò ha a che fare con la natura qualitativa e dunque non quantitativa dell'insegnamento e del sapere, e con la natura diacronica, formativa e maturante, dunque con la tempistica opportuna, del rapporto pedagogico.

[Il rapporto pedagogico consiste appunto nell'esistenza dei ruoli di maestro e allievo: se non ci sono più maestri vuol dire che non c'è più rapporto pedagogico, o che il rapporto è radicalmente cambiato perché sono cambiati entrambi i ruoli. Se non ci sono più maestri non ci sono nemmeno allievi, o meglio è proprio perché non ci sono più allievi.]

[Ci sono maestri che abbiamo conosciuto solo attraverso i libri. Anche questo mette in luce la funzione dei discepoli nella creazione del maestro: sono sempre i discepoli che scelgono il maestro e non viceversa. Il maestro invece deve parlare per l'uditorio universale, anche se le occasioni della sua parola gli danno il senso dell'uditorio contingente.]


"La pertinenza delle occasioni educa al tempo della domanda e dell'ascolto".

[Ciò per me ha a che fare con le procedure, che attengono al costume sociale. Si tratta di formalità, come per es. i cicli scolastici, che attengono alla modulazione del rapporto, e forse ancor di più con la gradualità propedeutica del processo educativo. Ma mi sembra che l'autrice voglia alludere a una sorta di savoir faire, che lascia margini di distanza che sono margini di libertà rispetto a un rapporto che non deve essere soffocante. Infatti poi si parlerà di pharmakon.]


"Il tempo educativo è il tempo di una vita, delle sue contingenze."

[Anche qui obietterei che tutto rientra nelle contingenze della vita, e dunque anche il tempo educativo. Cosa significa allora questa osservazione? Forse che ci sono momenti in cui il maestro si astiene dal contatto educativo? Cos'è la full immersion, da cui si distingue il rapporto col maestro? Non si capisce. Se il maestro educa anche coi vari suoi ruoli, come può uscire dalla full immersion dei suoi ruoli?]


La distanza più importante da tenere è quella affettiva, che però stranamente, con l'esempio di Platone (kolakeia) viene "superficializzata", nel senso che un rapporto affettivo troppo stretto non viene considerato troppo vicino o profondo, ma troppo esteriore e cosmetico.

Lo scopo dell'educazione è guidare l'allievo a cercare le occasioni di soggettivazione. Non si capisce perché, e si cita Freud, questo sarebbe impossibile.

Il difetto della condizione attuale, implicito al venir meno dei maestri sarebbe: una stima dei maestri ridotta a curiosità voyeuristica, e un tempo educativo scandito sui ritmi del consumo, invece che sui tempi della formazione e della crescita. L'ducazione è banalizzata e ridotta a quantificazione (crediti?). Il maestro si è trasformato in luogo di informazioni, di offerta del sapere: il modello è il supermercato delle informazioni: internet. (E la biblioteca? E l'Università tradizionale, con la sua radice nell'universo, non era fondata sullo stesso principio di disponibilità quantitativa? O vogliamo credere che un tempo fossero tutti Leonardo da Vinci?)

[Mode culturali, frenesia dell'adeguamento o superamento]


Un fatto è il mutamento della natura del sapere come conseguenza del rapido mutare del mondo.
La somma delle conoscenze necessarie a sopravvivere si rinnova in brevissimo tempo.
Ne derivano: 1. passaggio da saggezza a conoscenza, a informazione. 2. Accelerato incremento della quantità di unità culturali da padroneggiare per considerarsi istruiti e alfabetizzati. 3.Conseguente parcellizzazione specialistica della conoscenza. 4.Nessuno assurge per troppo tempo a detentore di un sapere valido.

Questo trasforma i possibili maestri, ex saggi, in politici; i possibili maestri, ex scienziati o ex filosofi, in tecnici di settore; i possibili maestri, ex eruditi, in archivi elettronici. Resta ambigua la figura dell'ex artista che si trasforma in pubblicitario o in guaritore.

Chiedere a ciascun insegnante che cosa ritiene di insegnare veramente ai suoi discepoli. Io ritengo di insegnare in modo diretto, ma soprattutto indiretto, il piacere della conoscenza (che contiene la conoscenza del piacere) e l'equilibrio tra distacco e atteggiamento etico.

 

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