In ritardo/Late on the Event-Scene

 

Nell'universo senza memoria dell'accelerazione mediatica,
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo modo per ricordare

 

 

 

4. Concettualità e contemplazione nell'arte contemporanea.
(Leonardo Terzo, 11 Settembre 2000)

 

L'arte contemporanea viene considerata, tra le altre cose, un sistema di riorientamento della percezione. Sembra dunque logico che si adegui alle condizioni che il mondo attuale propone come vettori di contemporaneità percettiva. Tra accelerazioni e riterritorializzazioni, e oltre ogni ridefinizione di tempo, spazio, luce, forma, una delle tendenze più frequentate è l'aspirazione a smaterializzare. E' una pratica artistica che, da semplice Cenerentola, come tipologia ultima dell'avanguardia fatale, si ritrova inaspettatamente nella dimora del Principe Azzurro Mediatico con in mano il biglietto vincente alla lotteria della virtualità.

A partire dalla paranoia metamorfica, già negli Anni Sessanta concentrata sul feticismo dei "new mutants", fino al concettualismo strettamente inteso, la vulgata critica usava esaltare i materiali e le operazioni sui materiali, ricchi o poveri, naturali o sintetici, tagliati o bruciati, fissi o mobili, concentrati o dispersi, penetranti o agguantanti, ma è sempre stata sollecita ad appoggiarli, tradurli e spiegarli con la melodia di apparati cognitivi di strabiliante intellettualismo giustificatorio.

Il fruitore, costretto a rincorrere fughe formali, a introdursi in tunnel installatori, ad accontentarsi di documentazioni fotografiche di comportamenti simil-demenziali, accetta infine stremato di farsi ispezionare da stroboscopi non distanti da quelli egualmente installati nelle ubiquitarie discoteche sulle rotte ferali di ogni sabba stragista del villaggio glocale. 

Allusivamente la velocità incoraggia quelle operazioni di body-art definitivo che introducono al decesso della carne superflua, acclimatando accelerazioni, smaterializzazioni, traiettorie ambientali di oggetti conniventi accartocciati, con inutilità astratta, ma simbolica, e monumentalità cimiteriale, ma funzionale.

Funzionale a che? La contemplazione sensibile di fronte alla "cosa" imprecisata, ma installata e ambientata è certamente una fruizione anacronistica che scioccamente vuole usare gli occhi entro i confini ristretti di discipline visive ormai evaporate. Funzionale forse alla techno-chiacchera rombante in sottofondo di impresari del terziario autopromozionale, ovvero del flusso autodecodificato che, come la moneta cattiva, scaccia il corpo buono dell'arte dal mercato dei media.

 

 

 


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