In ritardo/Late on the Event-Scene


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6. Ricchezza e intelligenza
(T. T. Waring, 10 Ottobre 2000)

Un’uscita polemica tipicamente americana suona più o meno così: "Se sei così intelligente come dici, come mai non sei ricco?"

Il presupposto implicito in questa domanda è che lo scopo intrinseco dell’intelligenza sia di accumulare danaro. Le persone stesse, negli Stati Uniti, sono spesso valutate in questo modo, e infatti si usa anche dire: "Quel tale vale x milioni", intendendo: "…possiede x milioni di dollari".

Vangelo a parte il pregiudizio contro l’accumulo di ricchezza era raffigurato un tempo negli avidi avari dei romanzi di Dickens, fino all’avaro reso simpatico da Walt Disney nei panni di Paperon de’ Paperoni. Fuori dal pregiudizio tuttavia il danaro è un convertitore totale, che ha la funzione di rendere omogenei tutti i beni in termini di valore, e funge da veicolo essenziale di un’economia di scambio.

Il danaro non si può mangiare ma, nelle condizioni opportune, è in grado di procurare il cibo. Quindi il valore del denaro richiede certe "condizioni opportune", vale a dire una società in cui il cibo è disponibile e sia commercializzato. Poiché viviamo in una società moderna e non su un’isola deserta, questa è la normalità.

Ma ciò non giustificherebbe ancora un eccessivo accumulo di danaro. Tale accumulo è invece necessario in un’economia sviluppata o meglio ancora globalizzata, che per funzionare richiede enormi investimenti. Gli investimenti sono gestiti da apposite organizzazioni di persone dette imprese o aziende, che in un capitalismo primordiale nascono per iniziative personali di padroni o di oligarchie padronali. Era il cosiddetto capitalismo familiare, ormai superato però dalla gestione manageriale, in teoria per conto di un azionariato diffuso. Quando invece le enormi ricchezze sono personali, appaiono ancora circondate dal sospetto del malaffare o per lo meno dalla volgarità. Oppure la loro gestione è così apertamente economica e, seppure in via indiretta, funzionale al bene diffuso, da renderne irrilevante la titolarità personale.

Tale irrilevanza può apparire utopica e a sua volta irrilevante in un mondo dove il divario tra ricchi e poveri e tra le economie stesse aumenta invece di diminuire. E tuttavia possiamo considerarla un criterio per scindere l’accumulo di ricchezza dall’avidità insaziabile degli avari caricaturali.

Detto questo, il possesso della ricchezza non ha ancora un legame specifico con l’intelligenza. Si può essere ricchi senza essere intelligenti, ma soprattutto si può dedicare l’intelligenza a scopi diversi dall’accumulo e perfino dalla gestione del danaro. Per tornare alla domanda iniziale, si può ritorcere il presupposto che la regge con una supposizione opposta: "E’ proprio perché sono intelligente che non ho bisogno di essere ricco."

 

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