3.1
Genere e modelli di coesione
Il genere è anche un modello di coesione, quindi uno dei mezzi o modi di
trasformare gli episodi in trama, collegandoli in un ordine: logico,
cronologico, simbolico, seriale (o ripetitivo/iterativo). Ciò che conta
è il legame conforme ad un’attesa culturale e quindi plausibile. Dalla
coesività si passa alla coerenza e quindi all’unità. Quando Aristotele
parla di catarsi ritiene che sia un effetto raggiungibile solo se la trama
della tragedia ha certi requisiti di consequenzialità e proporzione e
anche di contenuti. Da un punto di vista meccanico la catarsi è un
rilassamento dopo che è stato suscitato uno stato di tensione.
La
catarsi è un effetto di diversi fattori:
a) La
rappresentazione stessa. Solo se i fatti sono rappresentati, cioè finti,
siamo in grado di purificarci dalla pietà e dalla paura. Quindi primo
requisito è il distacco dalla realtà.
b)
Poi
ci deve essere un argomento interessante, capace di suscitare pietà e
paura, che non ci lasci indifferenti. Quindi altro requisito è
l’interesse, che nasce solo da cose per noi significative nella nostra
vita e nella nostra cultura.
c)
Infine la problematicità del giudizio, e dunque anche
dell’interpretazione dei fatti: pietà e paura devono essere in
contrapposizione. Dice Aristotele: se una persona buona viene punita, ciò
provoca pietà ma non paura; se una persona cattiva viene punita, ciò
provoca paura, ma non pietà. Per provocare pietà e paura insieme la
persona punita deve essere allo stesso tempo buona e cattiva. Ciò che
succede deve creare una tensione tra sentimenti e valori opposti, prima
dell’agnizione e della catastrofe.
L’effetto di catarsi dipende dunque dal fatto che, senza
subirne realmente le conseguenze, a causa del distacco, vediamo in gioco
degli interessi per noi significativi, che vengono organizzati in modo
conseguente, cioè diventano una trama.
I tipi di trama contribuiscono a formare i generi, che dunque
sono anche modi di articolare un sistema culturale. Le storie sono modi di
percorrere il sistema di valori e di norme di una comunità, che ne
mettono in evidenza le connessioni e la struttura. La coerenza di una
trama, e quindi di una storia, dipende anche dal sistema d’attese del
pubblico che si può chiamare genere. Il fatto che noi facciamo fatica a
capire i generi del teatro giapponese come il No e il Kabuki, dipende
appunto dal fatto che gli interessi articolati da quelle rappresentazioni
sono lontani dai nostri.
Quindi
quando parliamo di catarsi, non parliamo solo di un concetto non chiaro
che, se non fosse stato usato da Aristotele, avremmo potuto benissimo
ignorare, ma parliamo di qualcosa che s’identifica col senso del
rappresentare stesso, per il suo essere avvicinamento, a distanza, di
schemi che sono individuabili proprio perché li teniamo a distanza, e
attraverso i quali cerchiamo dei modelli e dei parametri di valorizzazione
dei modi di vivere e di morire. Rappresentare e/o raccontare è un
processo (processione) che unifica, nella drammatizzazione, azione e
pensiero, prassi e teoria.
A
questo punto si prospetta una serie di argomenti: i tipi di unità e
coerenza, i personaggi e i ruoli; infine il rapporto dell’arte con ciò
che arte non è, ovvero la storia e la filosofia, quindi i generi non
propriamente letterari e i generi non propriamente artistici.
3.2.
I personaggi e i generi.
Anche i personaggi sono legati al genere, per le loro caratteristiche,
come ad esempio la capacità di agire, e per le loro funzioni, come agenti
di interessi di cui sono rappresentanti, incarnazioni e portavoci. Un
personaggio è sempre un agente sociale, rappresenta un nucleo
significativo di una molteplicità; è se stesso e insieme un membro di
una comunità, un modello di umanità, sia Cristo, sia Giuda, sia Caino,
sia Abele, sia Amleto, sia Leopold Bloom.
Naturalmente ci saranno varie gradazioni di singolarità o di
tipizzazione. Una maschera come il miles gloriosus sarà più
generica di un personaggio di Joyce, ma Falstaff riesce ad essere tutte e
due le cose: una maschera e un individuo.
Se prendiamo le varie coppie di innamorati: Romeo e Giulietta, Troilo e
Cressida, Petruccio e Caterina, Isabel Archer e John Osmond, sono tutte
coppie molto singolari e insieme modelli di un tipo di rapporto. Ma i
personaggi che formano le varie coppie di innamorati di Midsummer
Night’s Dream sono tutti uguali, perfettamente fungibili gli uni con
gli altri, e questo fa parte del messaggio specifico di quell’opera,
ovvero che l’amore è una cosa labile, misteriosa e inspiegabile, può
essere eterno, ma anche immediatamente sostituibile con un altro.
La tipicità tende ad essere un ruolo, quindi ripetibile e diffuso, una
sorta di modello statistico di comportamenti tra l’unicità e la
completa sostituibilità. Questi due estremi possono essere più o meno
apprezzati, e quindi sostituiti da termini apprezzativi o svalutativi:
approfondito può essere opposto a superficiale, tipico può essere
opposto ad astruso, significativo può essere opposto ad eccentrico,
essenziale a irrilevante.
E’ stato fatto notare che spesso, e anche in Shakespeare, i personaggi
comici tendono ad essere più stereotipati di quelli tragici. Si può dire
che la commedia "antica" (Aristofane) era più satirica e aveva
come obiettivo dei bersagli reali, cioè persone vere. La "commedia
nuova" (di Plauto e Terenzio) aveva per scopo una critica non più
personale, ma sociale, e quindi a questo scopo si interessa più ai tipi
ricorrenti. Il bersaglio è il comportamento, non chi lo mette in essere,
il peccato e non il peccatore. Nella tragedia invece si mette in
discussione un modello comunitario genealogico, primitivo.
In un mito il personaggio è un dio e quindi può fare qualsiasi cosa, di
solito una metamorfosi. In un morality play, che è un dramma
allegorico, il personaggio avrà una valenza precisa in uno schema con
effetto didattico e illustrativo. In una fiaba (folk tale e fairy
tale) il personaggio avrà un puro valore funzionale. In una favola (fable)
la funzionalità sarà legata alla cosiddetta morale. Sia
nell’allegoria, sia nella fiaba la plausibilità non è realistica, ma
appunto finalizzata agli intenti del genere. Per esempio in un cartone
animato Gatto Silvestro può precipitare in un burrone o essere colpito da
un colpo di fucile e rialzarsi dopo un momento di sorpresa e stordimento
come nulla fosse; nelle favole gli animali parlano, ecc. Nella pornografia
i personaggi si individuano per le parti del corpo che privilegiano nei
rapporti sessuali.
(In The Mexican abbiamo, come ormai capita nel cinema
contemporaneo, vedi Titanic, un insieme o un’accozzaglia di
generi. Ho reperito i seguenti: il nero criminale d’azione; il rosa, col
litigio iniziale dei fidanzati e la riunione finale; il nuovo genere
omosessuale, che consiste in storie d’amore che se non fossero tra
omosessuali sarebbero melense banalità, ma invece, siccome sono tra
personaggi dello stesso sesso, questo fatto le fa sembrare nuove. Poi c’è
la favola folklorica messicana, che riprende i moduli della letteratura
orale, con le varie versioni che si sovrappongono.
Ma ciò che mi ha fatto collegare questo film al nostro discorso sui
generi è un aspetto del cartone animato. Ad un certo punto viene nominato
Speedy Gonzales, e subito dopo succedono delle cose che sono tipiche del
cartone animato come quelle che succedono appunto a Gatto Silvestro o a
Speedy Gonzales. Il cartone animato ha la stessa velocità della farsa,
perciò il personaggio di Speedy è particolarmente appropriato come
segnale del genere, e non può succedere nulla di irreparabile in seguito
agli incidenti, per quanto catastrofici sarebbero nella realtà. Persino
la sparatoria finale tra il killer che ha rapito la ragazza e il
protagonista accade con quella leggerezza tipica dei fumetti.
E questo spesso ha fatto dire che i cartoni animati danno
un’idea sbagliata e pericolosa ai bambini, perché fa credere che si
possa buttare uno dalla finestra e questo poi si rialza come nulla fosse.
Oppure si fanno vedere personaggi che si sparano addosso allegramente e
poi ci si lamenta se i ragazzi sottovalutano le conseguenze reali di
possibili atti di violenza. Lo stesso discorso si può fare per la
pubblicità. Si è sempre detto che la pubblicità esagera e dice cose non
vere, ma nessuno si aspetta che lo spettatore della pubblicità creda
davvero a ciò che la pubblicità dice e quindi non è il caso di
censurare queste esagerazioni, anche se sono non verità. Poi però ci si
accorge che la gente, continuamente bombardata da immagini del mondo
iperbolico rappresentato nella pubblicità, finisce per credere che le
cose siano veramente così, e quindi di conseguenza finisce per credere a
tutte le panzane che vengono dette dagli uomini politici alla televisione.
Comunque un carattere comune di queste miscellanee di generi è la
lunghezza. Per esaurire il repertorio di tutti i gusti occorre più tempo.)
In una tragedia i personaggi tendono ad individuarsi in rapporto
all’interesse fatalistico-esistenziale delle loro vicende. Nelle opere
di Shakespeare questo interesse riguarda due temi tragici ricorrenti. Il
primo è il problema della successione dinastica, (McBeth, King Lear,
Hamlet) che è politico e storico, ma che riguarda, in una prospettiva
ciclica e astorica, anche il semplice succedersi delle generazioni (Romeo
& Juliet, The Tempest, King Lear). L’altro tema è la volontà
di farsi creatori del proprio destino (Coriolano, Antonio e Cleopatra,
Richard III), che nella tragedia, dove questo tentativo non riesce, è
il problema della libertà rispetto alle costrizioni del fato; o rispetto
alle costrizioni della società, nella commedia, dove la riuscita è più
facile e frequente.
Naturalmente il tema della libertà, del superamento dei limiti (vincoli
sociali, morali, di natura), come in Faustus, nella tragedia omonima di
Marlowe, e di altre figure titaniche, è una specificazione del tema di
tutte le tragedie, cioè la volontà di sottrarsi alla morte. Nell'estetismo
questo tema si tramuta nella volontà di mantenere la bellezza, in Dorian
Gray. Perfino Pinocchio ha qualcosa di Faust, volto in senso buono, e quindi con la
Fata Turchina al posto di Mefistofele. I limiti da oltrepassare sono
quelli della sua natura di burattino (bambino cattivo e disubbidiente) per
diventare un bambino vero (buono e ubbidiente).
In una commedia il personaggio tende di più alla tipicità sia del ruolo
scenico, sia del ruolo sociale, e sembra maggiormente dotato di immunità
fisica e psicologica contro la morte o la pazzia, similmente ai personaggi
dei cartoni animati.
3.3. Rappresentazione e performance.
Ci sono diversi modelli di unità e diversi modelli di connessione:
causale, magico, retorico, contrastivo, assurdo. Uno dei modi dell’unità
è l’unità d’azione, di tempo e di luogo, che implica dei sistemi di
ripartizione: ore, giorni, anni, case, villaggi, città, nazioni. Vedi
generi come il campus novel, il western, la fantascienza. I generi sono
dunque legati ai luoghi o cronotopi.
Il principio dell’unità contiene forse ciò che emergerà in seguito
come principio della performance, o esecuzione che coincide con la
rappresentazione, dove arte e vita si sovrappongono, quando cioè, per
esempio nei programmi del tipo del Grande Fratello, ciò che si vede non
è una rappresentazione, o finzione che rimanda a una storia e a un mondo
rappresentato, ma vuole essere un pezzo di vita reale in tempo reale.
L’unità d’azione, di tempo e di luogo, non vale per l’epica e la
narrativa, perché il fine dell’identificazione dello spettatore o del
lettore col racconto è di altro tipo: è un rinvio al passato degli
antenati (come la Storia per i moderni) o un invito ad un’osservazione
delle vicende altrui, viste attraverso finestre esemplari sul mondo, per
istruirsi, (ma comunque in un tempo immaginario determinato o
indeterminato, che non è quello che stanno vivendo nello stesso momento
gli spettatori). Nella modernità la narrativa prende il ruolo della
saggezza mitica, che ora però nella narrativa viene scoperta e non
ritrovata.
Nel teatro postmoderno la performance ritorna a coincidere con la vita,
tuttavia non per identificazione col mito (vedi il dogma
dell’Eucaristia; il rito per definizione non è una rappresentazione, ma
un rinnovarsi dell’evento mitico), ma perché trascina la vita in
un’esperienza neo-dionisiaca performativa, che diventa il fine di una
poetica di tipo para-salvifico, che va dalla ricerca dell’autenticità
allo straniamento e quindi alla performance.
3.4.
Modelli di unità e modelli cronotopici
Il fatto che i generi formulaici privilegino il cronotopo ovvero il
mondo-contesto spazio-temporale, o utilizzino, come nel rosa, il rapporto
interpersonale come spazio, implica una consapevolezza quasi
deterministica di geografia e storia, anche quando ne prescindono in senso
letterale, come appunto quando non interessa il contesto storico se non
come ideologia dei rapporti umani (rosa) o come tecnologia (SF) o
concezione epistemologica (giallo). L’unità è data dal fatto che si
vive in quel mondo, in quelle condizioni imposte dal contesto, e tutto ciò
che avviene nella storia avviene per vari motivi, ma ciò che interessa è
che avvenga trasfuso nell’iconografia, (e quindi nella tecnologia) da
quel mondo specifico derivante (cavalli e pistole, o salotti e balli, o
castelli, sotterranei e prigioni, o campi di battaglia e dilemmi
strategici.)
Il legame seriale è ripetitivo e quindi statico, non si sviluppa, ma si
combina per variazione o varietà combinatoria come il caleidoscopio,
l’avventura e la pornografia. La ripetizione può essere interpretata a
sua volta in modi molto diversi. Può essere l’eterno ritorno del tempo
ciclico, o invece una serialità che è versione massificata del tempo
ciclico.
La presentificazione del cosiddetto “tempo reale” somiglia o no alla
performatività e/o alla sincronicità simbolica? La performatività si
esaurisce in sé, la sincronicità permane in una stasi senza sviluppo
significativo. Nella sincronicità simbolica nessun senso è detto o dato,
speso, attribuito e quindi perso. L’istantaneo, a sua volta, per la sua
brevità sembra pressoché il nulla, ma in qualche modo misterioso tiene
in piedi la comunicazione e quindi il tutto. (Framme/a/ontologia potrebbe
essere definita la scienza della comunicazione contemporanea, fatta di
frammenti, collezionati come un’antologia che costituisce la vera
ontologia del mondo presente.)
Anche per quel che riguarda le unità, vi sono modelli di unità
storicamente realizzati e modelli possibili. Ci può essere l’unità di
luogo e non quella di tempo o viceversa. O azioni parallele (vedi L’uomo
senza qualità, di Robert Musil), o un’unità di luogo allargata,
sostituita da un’unità di pertinenza dei vari luoghi dove si svolgono
tratti d’azione ritenuti rilevanti, come nel montaggio cinematografico.
L’unità di pertinenza si converte in un’unità di “presenza ai
fruitori”, per cui l’unica unità che conta è quella sulla scena
teatrale o sulla pagina del libro, o sullo schermo. L’unità di luogo
dove si svolge la storia raccontata tende a scomparire sotto l’unità di
presentificazione al lettore-spettatore-fruitore, cioè sotto l’unità
della performance o esecuzione. Ciò è possibile sempre a causa del patto
fruitivo.
Qual è il tipo di unità di pertinenza dell’ipertesto? L’ipertesto
trova tale unità di pertinenza nella scelta parziale dell’itinerario
fruitivo del lettore, all’interno delle possibilità totali di
percorrenza permesse dai link. La diversità sostanziale tra testo e
ipertesto è che il lettore riduce, ritaglia la sua parte
"parziale" nella totalità dell’offerta autoriale. L’iper in
più rispetto al testo è la residualità, mai del tutto esperita. Il
lettore non legge l’ipertesto se non qualitativamente, ma dal punto di
vista quantitativo solo parzialmente e quindi in modo particolare e
soggettivo.
La libertà del soggetto si attua nella dispersione della soggettività
postmoderna, quando cioè non si crede più all’individuo. Questo perché
la morte dell’autore è anche la morte del lettore? Sì se entrambi sono
intesi come ideali. Muoiono cioè il lettore e l’autore implicito o
modello, e nascono i loro corrispondenti empirici. Il lettore
dell’ipertesto legge dei frammenti che riytaglia e ricuce parzialmente
da un testo maggiore parcellizzato. L’ipertesto è frammentarietà più
unità ipotetica potenziale e parziale. Abbiamo perciò tre ordini di
cose: 1.L’ipertesto totale virtuale, 2.Un database frammentato e
depositato, 3.Una certa quantità di frammenti, collegati dal lettore
nelle realizzazioni fruitive.
L’unità di pertinenza, nella tradizione letteraria si esprime come unità
di effetto, dalla catarsi in poi.
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