In ritardo/Late on the Event-Scene

 

Nell'universo senza memoria dell'accelerazione mediatica,
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo modo per ricordare

 

 

 

14. Effetti internet (Leonardo Terzo, 9 giugno 2001)

 

Due articoli sul New York Times del 2 giugno 2001 discutono alcuni effetti dell’uso di internet.
(
Adding Up the Costs of Cyberdemocracy 
http://www.nytimes.com/2001/06/02/technology/02INTE.html

And They Told Two Friends...: Sexual Boasting and the Internet Don't Mix
http://www.nytimes.com/2001/06/03/magazine/03WWLN1.html)


Si tratta dell’amplificazione che le vicende private, raccontate via e-mail, possono subire, se dirottate nel circuito della rete su scala più ampia rispetto ai destinatari previsti, e dei toni eccessivi e autoritari che l’esposizione di opinioni personali su qualsiasi argomento può assumere a causa della libertà e dell’interattività del mezzo. 

Nel primo caso si parla di “disintermediazione”, nel secondo di “polarizzazione di gruppo”. Si riscontra che la mancanza di un contatto reale con i destinatari, cioè di un contesto interlocutorio percepibile, e la mancanza di una ricezione immediata delle reazioni al messaggio, ha l’effetto di scatenare l’indiscrezione ed il cattivo gusto.

Si può osservare che la mancanza di un immediato riscontro al messaggio è comune all’uso di gran parte dei mezzi di comunicazione a distanza, a partire dallo scambio epistolare. Quindi se questi effetti si producono solo, o in maniera più rilevante, in internet significa che la situazione presenta comunque caratteri inaspettatamente peculiari al mezzo.

L’impiegato coreano che è stato licenziato una settimana dopo essersi vantato per e-mail delle sue conquiste erotiche, e aver visto le sue parole fare il giro del mondo on line, sarebbe forse stato più discreto scrivendo una lettera? Non è facile dirlo, ma certamente una lettera non sarebbe rimbalzata così facilmente sugli schermi di destinatari imprevisti. Una lettera, considerata come oggetto materialmente durevole nel tempo, avrebbe forse intimato maggior ritegno allo scrivente. Al contrario l’immaterialità del messaggio elettronico sembra implicare una mancanza di durata che indurrebbe inavvertitamente ad allentare i freni inibitori.

D’altro lato l’indiscrezione è una merce notiziabile, o una notizia vendibile, per definizione, come sanno bene le agenzie di gossip, che prosperano anche in rete proprio su questi argomenti. La peculiarità mediatica del fatto sta piuttosto nella dimostrazione che internet serve ai piccoli e ai grandi circuiti; mette a disposizione i suoi mezzi per una comunicazione di circolo privato che l’inatteso interesse proietta sui circuiti dell’informazione mondiale. Ma anche questo dopo tutto non fa che riprodurre il processo costitutivo di ogni notizia, che può nascere da un evento qualsiasi che la circolazione ingigantisce a fatto del giorno o dimentica in tre righe di cronaca.

Più specifica di internet sembra la “polarizzazione di gruppo”, ovvero il fatto che una selezione delle notizie e delle opinioni che lasci filtrare in un circolo di lettori, a loro volta tendenzialmente uniformi (per mentalità e interessi politici o economici o culturali), solo informazioni gradite e atteggiamenti condivisi porti inevitabilmente ad una mentalità autoritaria e intollerante, con un rafforzamento delle credenze comuni, la formazione di dogmatismi di gruppo e il rifiuto retoricamente violento delle opinioni estranee.

Si vede qui come l’interattività, che taglia su misura le informazioni per un pubblico specializzato o parcellizzato in gruppi ristretti, possa produrre effetti opposti a quelli teorizzati ottimisticamente dai sostenitori della rete quale strumento inarrestabile di democrazia e circolazione delle idee. A questo proposito si ammette che l’ottimismo, tipico delle prime fasi di sviluppo della teorizzazione sul cyberspazio, ha lasciato il posto ad un tecnorealismo di seconda generazione, più critico e consapevole delle diverse opzioni evolutive tra apertura e isolamento culturale.

Finora si è temuto soprattutto che la maggiore informazione potesse globalizzare le culture, mettendo a rischio le particolarità locali. Si vede ora che la possibilità di personalizzare e cucirsi addosso in modo interattivo un’informazione a misura dei propri gusti e pregiudizi può dar luogo parimenti a fenomeni di frammentazione culturale e alla disgregazione di comunità con valori e politiche maggiormente condivise.

A suo modo, ad esempio con una “politica dei link”, chi si affaccia operativamente nella rete dovrà essere avvertito che potrà optare tra i vari dosaggi informativi tra quelli intesi alla formazione di consumatori e quelli intesi alla formazione dei cittadini.

 


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