In ritardo/Late on the Event-Scene

 

Nell'universo senza memoria dell'accelerazione mediatica
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo modo per ricordare

 

 

9. "Sono i media, bellezza! E non puoi farci niente!"

(Leonardo Terzo 15 Gennaio 2001)

 

 

Lo studio della pornografia si rivela sempre più utile per capire alcuni fenomeni della comunicazione contemporanea. I requisiti della pornografia sono tre: 1) la presentazione di rapporti sessuali, 2) oltre i limiti del pudore, 3) per eccitare il fruitore. Per difendere la presentazione esplicita di elementi sessuali, spesso i pornografi, o semplicemente gli spudorati, hanno contrapposto la spudoratezza sessuale a comportamenti criminali, quali la corruzione e il ladrocinio degli amministratori pubblici, definendo questi comportamenti più “pornografici” di quelli sessuali. In questo modo nel tentativo di negarlo cadono invece nel tranello di accettare il termine “pornografia” come giudizio di valore negativo, invece che come termine neutro, di carattere tecnico e descrittivo, senza riprovazione morale.

 

Tuttavia quest’uso traslato, che sposta la riprovazione su altri comportamenti reprensibili, definendoli “pornografici”, apre uno spiraglio di comprensione su altri fenomeni, nei quali non è prevista o non è interesse principale l’esibizione sessuale. Permangono invece gli altri due elementi, che in effetti conducono ad una fruizione di tipo pornografico o para-pornografico, quale che sia la materia esibita. Oltre i limiti del pudore, e per eccitare gli spettatori, si possono infatti mostrare altre cose, in primo luogo l’emotività: per esempio quando si mostrano i genitori di una vittima, barbaramente uccisa, in preda al dolore. Insomma quando si trasporta nella sfera pubblica qualcosa che appartiene, sulla base di norme etiche e di costume, alla sfera privata.

 

È ovvio che di solito la sfera sessuale è parte della vita privata; e i comportamenti sessuali fra adulti consenzienti sono del tutto leciti, o addirittura obbligatori per un contratto civile e/o religioso come il matrimonio. Quindi la pornografia propriamente detta non mostra qualcosa in sé riprovevole, ma diventa riprovevole perché lo mostra. Questo perciò diventa il criterio di trasferimento (da cui l’uso traslato del termine) alla sfera della pornografia di ogni possibile altro comportamento.

 

D’altra parte il fruitore stesso deve porsi in questi casi in una disposizione ricettiva che abbia le caratteristiche “morbose” proprie, (per convenzione di genere e quindi per il cosiddetto patto fruitivo), della pornografia stessa. La “pornograficità” diventa quindi una serie di caratteristiche della situazione d’uso: la pornografia, come la letteratura e tante altre cose ancora, è tutto ciò che viene usato come tale.

 

E così perveniamo al terzo requisito: l’eccitazione sessuale del fruitore, che è il fine e l’effetto auspicato della comunicazione pornografica. Essa sarà ancora un’eccitazione “sessuale”, se la materia presentata non lo è? Probabilmente no; ma per rispondere correttamente, occorrerebbe fare delle indagini sul campo. È comunque un’eccitazione, tendente anch’essa ad un tipo di soddisfazione o gratificazione paragonabile all’orgasmo.

 

Il punto a cui vogliamo pervenire in capo a questa riflessione è che, accanto alla trasposizione nella sfera della pornografia di contenuti non sessuali, ma comunque privati, suscettibili quindi di esposizione impudica ( un crimine, appunto, o un qualsiasi motivo di esposizione al ricatto), si possono formare casualmente o, più spesso, creare artatamente le caratteristiche che danno luogo alla fruizione morbosa di elementi che di per sé non sarebbero suscettibili di privatezza e quindi di esposizione impudica.

 

È il caso dei prodotti di quei mezzi, come gli autoscatti e le videocam, il cui uso permette di solito, oltre gli usi comuni, anche la produzione pornografica non professionale, e che perciò acquisiscono un’aura trasgressiva che sembra inquinare tutti i loro effetti, e di conseguenza ispira gli utenti ad assistere in modo impudico anche a ciò che impudico non è o non sarebbe.

 

Scatta una sorta di riflesso condizionato. Come il cane di Pavlov salivava quando si accendeva la lampadina, anche se non c’era il cibo, così la messa in opera di certi strumenti, come le videocamere in un ambiente chiuso, sembra rimandare all’accensione delle “luci rosse” dello spettacolo pornografico, e il pubblico si dispone ad eccitarsi anche se vede atti della vita ordinaria, o nulla addirittura. Il principio in teoria ovvio, ma in questo caso non del tutto ovvio, che possiamo dedurne è il seguente: le condizioni della visione sovra-determinano il contenuto di ciò che si vede.

 

Il principio opposto opera nella desessualizzazione della pornografia vera e propria, che perde la sua aura morbosa, perché troppo ripetutamente esibita in condizioni di normalità, trasferita anch’essa quindi, ma dalla sfera della clandestinità a quella della pubblicità, ormai senza colpo ferire e quindi senza effetto di eccitamento.
  

Questo principio è verificabile anche in campi diversi dalla pornografia, vera o traslata. Per esempio quando il calciatore Ronaldo sbagliava un tiro, o addirittura non riusciva a colpire il pallone, (ciò che nel gergo si chiama un “buco”), i telecronisti magnificavano lo stesso il suo gesto atletico mancato, come gioiello di abilità calcistica eccezionale, perché le condizioni di eccitazione in cui si erano disposti ad assistere alle imprese calcistiche del “fenomeno” sovra-determinavano ciò che erano in grado di vedere. Al contrario, uno stupendo gol in rovesciata, fatto in una partita di Coppa tra Fiorentina e Manchester United dal semisconosciuto Bressan, viene accolto con incredulità e fastidio dai commentatori, con l’aria di dire: ma come si permette?

 

Si deve ancora osservare che la volontà di mostrare la realtà, imperante nel realismo ottocentesco, è stata sostituita nel modernismo novecentesco dalla ricerca dell’autenticità.  Ma mentre il realismo credeva di documentare l’essenza della vita sociale, l’autenticità novecentesca si accontenta di documentare l’esistenza, e non retrocede quindi di fronte alla banalità, alla noia, o al racconto degli sforzi di Leopold Bloom sul gabinetto.

 

All’inizio del terzo millennio si è scoperto che le cose significano ciò che significano se e quando passano per un mezzo di comunicazione. Perciò la deformazione non è un optional, ma di serie. Parafrasando Humphrey Bogart in un famoso film: “Sono i media bellezza! E non puoi farci niente!”

 

 

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