In ritardo/Late on the Event-Scene
Nell'universo senza
memoria dell'accelerazione mediatica,
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo modo per ricordare
16.
Prefissi: neo, trans, post, iper, sub, para, anti. Una
serie di prefissi ha dominato la nomenclatura politica e culturale della
seconda metà del secolo scorso. Molto frequenti sono stati: neo, trans,
post, iper. Meno usati sono ora invece: sub, para, anti. Quest’ultimo,
antagonistico per definizione, è stato usato soprattutto in politica:
antifascismo, anticomunismo, anticapitalismo. Sub e para denotano una
gerarchia, con un senso limitante o addirittura spregiativo: le subculture
sono idee, atteggiamenti e costumi vigenti in ambiti ristretti e
settoriali della società complessiva. La subletteratura o paraletteratura
è costituita dai generi della letteratura popolare, (romanzo giallo,
romanzo rosa, ecc.) non sufficientemente elevata per raggiungere la
pienezza di una considerazione critica seria. Tutti
gli altri si ritrovano invece nella denominazione di movimenti e
atteggiamenti artistico-culturali, dove hanno la peculiare caratteristica
di precedere, nella composizione della parola, il termine a cui invece,
cronologicamente, sono succeduti. Anche l’antifascismo può venire solo
dopo e in reazione al fascismo, ma l’ordine cronologico è ovvio e
irrilevante rispetto al significato agonistico. Invece neo, post e iper
modulano proprio il senso del venir dopo, che quindi è materia
fondamentale del significato dei termini. Per
esempio la neoavanguardia degli Anni Sessanta in Italia voleva acquisire e
riprendere il rinnovamento delle poetiche, iniziato dalle avanguardie
europee della prima metà del secolo. Il prefisso neo designa infatti la
ripresa di qualcosa che riscuote il consenso degli innovatori, anche se
richiede un adeguamento ai tempi: neoclassicismo, neoscolastica,
neocapitalismo. Qui dunque il tempo intima un intervento riparatore che
riproduce e trasforma, senza contraddire lo spirito del fenomeno
originario. Il senso del dopo e del nuovo ha natura di supplemento
evolutivo. Più
neutrale tra neo e post appare trans (transavanguardia, transessuale), che
designa uno spostamento qualitativo in cui ancora una volta il tempo non
è pertinente. Non c’entra la storia o la gerarchia, quanto una ricerca
“laterale” verso ipotesi ontologiche parallele, che coesistono accanto
agli altri stati dell’essere. E’ una sorta di neo a-cronico o di post
non agonistico, che rivendica la libertà di cambiare senza complessi e
senza acribia. Post
indica la successione cronologica in modo letterale, e tuttavia è meno
comprensivo di neo verso i fenomeni a cui succede. Esprime un senso di
sufficienza verso i movimenti superati che, come tali, hanno perso quella
sostanziale validità che veniva invece riconosciuta dai neo. Ciò non
avviene subito: per esempio postimpressionismo, pur segnando un distacco
significativo dall’impressionismo semplice, non ha una connotazione
distintiva militante e avversativa. Il
più noto e attuale dei post è ovviamente il postmodernismo. Qui il post,
anche perché recente, si nutre ancora di molta ambiguità e ambivalenza
nei confronti del modernismo, col quale condivide molti caratteri. Per
questo alcuni sostengono che, al di là del successo della nuova
denominazione, non vi sia fra i prodotti culturali del modernismo e del
postmodernismo una dimostrabile differenza morfologica, ma solo un diverso
atteggiamento ideologico. Il che non sarebbe comunque una distinzione da
poco. Tuttavia
la nozione che il postmoderno segnali una realtà culturale e politica del
tutto originale, pur radicata ovviamente nel mondo che lo ha preceduto,
sembra prevalente, e forse, avvalorando l’idea che il “dopo” debba
essere necessariamente diverso dal “prima”, contraddice la cosiddetta
morte della storia, che della postmodernità è uno dei postulati. In
sostanza il modernismo predicava il succedersi incessante delle avanguardie, e comportava la negazione del valore attuale
degli stili del passato. Esso però sembra rifiutare di farsi sostituire
da ciò che lo segue, e pretende di sopravvivere nel suo post. Il
postmoderno accetta invece, sincronicamente, il valore di tutti gli stili
e, abolendo la linearità della storia, in pratica la riattualizza
totalmente nei suoi artefatti. Ma quando si tratta di staccarsi dal
modernismo, rivendica a sua volta una cesura rispetto al passato, negando
così il persistere sincronico del prima e del dopo. Una
proposta, che vorrebbe comporre la controversia, ma non sembra però
attecchire, è quella che avanza il termine ipermodernismo in luogo di
postmodernismo, per segnalare solo uno sviluppo dimensionale di caratteri
già presenti nella modernità. In tal modo perveniamo alla funzione del
prefisso iper. Iper
è più snob di super, che è ottocentesco (superuomo) o bassamente
tecnico (supermarket, superattico, supersonico). E’ infatti l’ultimo
arrivato tra i prefissi alla moda. Va da iperrealismo a ipertesto, a
ipermerce (che non si vende all’ipermercato, ma forse sì). Esso
sembrerebbe un indicatore quantitativo, per significare un accrescimento:
è la stessa cosa di prima, ma arricchita e sovradimensionata per qualche
aspetto. Tuttavia ben presto, e giustamente, libera la pretesa che, oltre
un certo limite, la quantità diventa qualità. Così, quasi
inaspettatamente, diventa il prefisso più innovativo, fino a scomparire,
laddove l’inorganico si trasforma in organico, il robot in cyborg,
oppure ricade nel post: postumano. |