In ritardo/Late on the Event-Scene



Nell'universo senza memoria dell'accelerazione mediatica,
arrivare in ritardo sull'attualità è
l'ultimo modo per ricordare

 

 

 

11. Violenza e cultura (T.T.Waring, 1 marzo 2001)

In occasione del ripetersi di crudi e feroci atti di violenza assassina, o di riduzione in schiavitù, o di tortura e mutilazione, illustrati con giustificata o compiaciuta insistenza dai mezzi che formano e indirizzano l'opinione pubblica, il primo quesito che ognuno si pone riguarda le motivazioni di tali atti. 

Così a seconda delle circostanze, degli interessi o delle inclinazioni degli interlocutori, si attribuiscono le responsabilità ora al razzismo, ora alle comunicazioni di massa che diffondono pornografia e violenza, ora al venir meno del ruolo della famiglia e della scuola, ora a culture estranee più inclini alla barbarie, ora a modelli di comportamento egoistici e consumistici. 

In sostanza in tutti i casi la ricerca delle motivazioni consiste nel dare una spiegazione culturale ad azioni di aggressività distruttiva, perché nell'uomo la pulsione fisica deve attraversare un filtro culturale. 

Chi compie la violenza vuole certamente raggiungere uno scopo (l'eredità, la vendetta, il dominio), ma gli atti di aggressione non hanno nello scopo stesso il loro seme. Ciò di cui dobbiamo chiedere conto non è per quali fini estrinseci è stata esercitata la violenza, ma perché, per raggiungere quei fini, in sé talvolta leciti, è stata impiegata l'aggressività distruttiva, e non ad esempio la persuasione o il lavoro o l'amore.

Una prima risposta può essere: per inadeguatezza, per incapacità, per comodità. Ma occorre cominciare a considerare la questione dal lato opposto, e cioè: non sarà forse che stiamo confondendo la natura dei fini con quella dei mezzi? 

È davvero possibile che Hitler, e con lui ogni altro razzista precedente e successivo, ritenessero e ritengano giusto e conseguente sottomettere e sterminare delle persone perché le ritengono inferiori? O al contrario è molto più plausibile che ogni teoria razzista venga escogitata, senza bisogno di crederci, per sottomettere e sterminare qualcuno con motivazioni incredibili? Insomma la violenza è la conseguenza del razzismo? O non è piuttosto il razzismo che è conseguenza pretestuosa della voglia di esercitare un'aggressività altrimenti culturalmente assurda?

Se così fosse, eliminare il razzismo, convincendo chi lo esercita che le teorie su cui si basano le sue credenze sono false, non diminuirebbe per nulla la volontà di aggredire e uccidere. Uccidere qualcuno perché ha la pelle colorata non è diverso che uccidere qualcuno perché è tifoso della squadra avversaria. Ed eliminati il razzismo e il tifo sportivo, la violenza troverebbe comunque altri pretesti per esercitarsi.

Lo stesso capovolgimento tra fini e mezzi va applicato agli ambiti in cui si esercita la criminalità e alle sue motivazioni. La criminalità organizzata mira ad arricchirsi con mezzi illeciti. Quando l'alcol era proibito, negli Stati Uniti degli Anni Trenta, il gangsterismo prosperava sul suo contrabbando. Una volta legalizzato l'alcol, la criminalità si è dedicata sullo spaccio della droga. Se sarà legalizzata la droga, la criminalità si dedicherà più massicciamente ad altri delitti: rapine, corruzione politica, omicidio su commissione. 

I contrabbandieri di sigarette nelle strade delle nostre città, per lo più tollerati, di fronte alle sporadiche retate oppongono un ricatto morale di questo genere: se ci togliete questa fonte di guadagno, per quanto illecito, ci costringerete ad altri e peggiori tipi di crimine.

La criminalità sfrutta ogni nuovo mezzo, per esempio le discariche abusive ma, una volta eliminato il problema dei rifiuti, ne troverà un altro. Legalizzare la droga, liberalizzare la vendita del tabacco, depenalizzare il falso in bilancio, equiparare i calciatori extracomunitari ai comunitari, è irrilevante per eliminare la criminalità, la spinge solo su altre fonti di guadagno illecito. Il problema della violenza, come quello della criminalità, vanno affrontati a partire dalle loro origini materiali, non dai loro sbocchi culturali.

 

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