Le Interviste
 
INTERVISTE
Dicembre 2000 (Dal sito "A Chain of Flowers") - Alcune notizie interessanti sul progetto solista di Robert.
Questo è il sunto di una piccola intervista fatta da un ragazzo che lavora alla radio del Michigan State University a Reeves Gabrels: "Lavoro alla radio del Michigan State University e ho avuto l'opportunità di fare un'intervista telefonica a Reeves Gabrels! E' una persona davvero simpatica. Quando gli chiesi cosa stavano facendo lui e Robert, lui mi rispose che uno dei loro progetti sarebbe stato quello di andare in studio per lavorare sul progetto solista di Robert, verso la fine di Febbraio. Reeves mi ha anche detto che Robert ha in testa altri 5 musicisti da coinvolgere nel suo progetto, ma Reeves non mi ha voluto dire i nomi di queste 5 persone, dato che il progetto non è il suo. Ma gli chiesi se alcune di queste persone fossero i vecchi o i correnti componenti dei Cure e lui mi disse <Si, io penso che alcuni di loro parteciperanno al progetto solista di Robert.>"
 
 
Ottobre 2000 (Dalla rivista X-Press) - Una parte dell'intervista che Robert ha rilasciato al giornale australiano "X-PRESS", di Bob Gordon
ROBERT SMITH - I CURE FORSE DOMANI, FORSE UN GIORNO...
"Devo lasciarlo andare, e lasciare che sia cosi; evitarlo, smettere di andare avanti; se aspetto troppo avrò paura di fare il salto" - "Maybe Someday", da Bloodflowers. Non che non sia più vero ciò che Robert Smith lasciò intendere quando disse che i Cure erano prossimi a sciogliersi, è solo che questa volta Robert sembra avere un'idea più definita riguardo al caso. Probabilmente. Dopo la realizzazione dell'album Bloodflowers, un ritorno alle sonorità più malinconiche dei classici album come "Pornography" e "Disintegration", e dopo aver ricevuto numerosi apprezzamenti sul Dreamtour - che finora ha attraversato Europa e Stati Uniti - Smith fa saggiamente notare che questo sarebbe un ottimo momento per sciogliere i Cure dopo più di 20 anni di musica. Avendo recentemente raggiunto i 40 anni Smith sembra sentirsi più a suo agio al di fuori del confort e dei confini dei Cure. Ma sorge ora un dubbio. Robert non era cosi contento del modo di suonare della band da anni. Per non parlare dei fan, di quella sempre più crescente e non catalogabile massa di persone che non riesce ad immaginare la propria vita senza la tristezza e la stravaganza musicali dei Cure. L'intervista che pubblichiamo questa settimana su X-Press è stata realizzata all'inizio di settimana scorsa, di fronte ad un Robert Smith in forma nella sua casa di Londra.
Sei stato in tournee per buona parte di quest'anno con l'album Bloodflowers, che cosa ha significato per te realizzare un tour con questo album e questa musica?
"E' stato davvero fantastico. E' stato il più divertente tour dei Cure che abbia mai fatto.Cosa che mi ha sorpreso. Moltissimo. Penso che probabilmente questo sia dovuto al fatto che abbiamo suonato canzoni che a me piacciono davvero, insieme al lato dei Cure che preferisco dal vivo, ovvero il lato più dark. Le nostre canzoni sono molto lunghe e, di conseguenza, i concerti sono risultati essere molto lunghi; io mi ci sono completamente immerso. Penso che anche il pubblico sia stato fantastico allo stesso modo. Ciò è probabilmente da ricondursi a ciò che stavamo suonando perchè noi stavamo creando un'atmosfera e i fan sono stati grandiosi. Intendo dire che il tour di Disintegration del 1989 è sempre stato una sorta di Santo Graal per i fan dei Cure perciò sono rimasto davvero scioccato nel vedere che il tour di quest'anno sia stato rivisto e apprezzato in maniera crescente. Tanto da raggiungere il vertiginoso riconoscimento di "tour stupendo come, se non meglio, di quello di Disintegration". E' stato grandioso. La band adesso è in armonia. Che si rispecchia in un tipo di sound davvero fantastico. E' come se adesso avesse raggiunto una propria identità, anche se questo ha richiesto alcuni anni... Ma è stupendo. E' stato un anno davvero buono.
Bloodflowers sarebbe dovuto uscire nel 1998. Noi abbiamo parlato nel '97 e sono sicuro che ci stavate già lavorando. C'è stato poi un ritardo?
Oh Dip... è passato così tanto tempo! (ride). Sì, in effetti c’è stato, ci abbiamo messo più tempo del previsto. Siamo andati in studio più o meno nel periodo di "Galore" che è uscito nel ’97, vero? Abbiamo composto circa 6 canzoni in poche settimane ma poi ho improvvisamente realizzato che ciò che stavamo facendo era,senza ombra di dubbio, spazzatura. Eravamo a metà del progetto quando l’ho semplicemente abbandonato perché era... vecchio, non suonava bene. Mi sono preso una pausa da tutto per qualche mese e poi ci sono ritornato su nel ’98. Non so, è stato puro istinto. Avevo capito che prima avevamo lavorato nella direzione sbagliata. Ora sono davvero felice di quello che ho fatto perché "Bloodflowers" si è rivelato essere un album davvero valido mentre ciò su cui avevamo lavorato all’inizio non lo era affatto. Era solo questione di fare le cose nel modo giusto. Anche se ero un po’ ossessionato da Bloodflowers. Avevamo composto infiniti demo, riscritto alcuni pezzi e molto altro perché volevo che ogni cosa fosse a posto prima di entrare in studio.
E’ stato notato che Bloodflowers può essere considerato parte di una trilogia che comprende Pornography (1982) e Disintegration (1989). Questi album sono accomunati anche da una certa ossessione durante la loro realizzazione?
Sì, anche se sono stato un po’ impreciso dicendolo. L’ho detto solamente per far sapere in anticipo ai fan dei Cure che ciò su cui stavamo lavorando era qualcosa di quel genere. Era per far capire che si sarebbe avvicinato più al lato di Pornography/Disintegration che a quello di album come "Wild Mood Swings" (1996), "Japanese Whispers" (mini album del 1984) o... "Mixed up" (collezione di remix del 1990), Dio ce ne scampi! Questo album avrebbe semplicemente rispecchiato il lato più introspettivo dei Cure. Inoltre era il miglior modo per descrivere ciò che volevo, cioè un’immaginaria trilogia composta da Pornography, Disintegration e Bloodflowers come terza parte. Per me, sotto il profilo delle canzoni, erano passati 10 anni da Disintegration. Volevo riprendere da dove avevo lasciato e vedere quanto più lontano sarei riuscito ad arrivare... e sono andato davvero molto più lontano! Mi sono ritrovato ad essere ossessionato dalle stesse identiche cose. Volevo prendere degli elementi da ciò che i Cure avevano creato musicalmente in passato e inserirli in Bloodflowers. Volevo davvero creare l’album archetipo dei Cure. Volevo che rappresentasse il vero sound dei Cure che veramente amo, cioè quello malinconico invece di quella roba più allegro-pop.
Nel periodo di "Galore" la canzone "Wrong Number" poteva essere considerata il potenziale indicatore di quello che i Cure sarebbero stati nell'album successivo, ma non è stato ovviamente così...
No, quella canzone si può associare solamente a "Never Enough" dall’album Mixed Up. E’ stata una semplice... deviazione. Certo, è stato divertente, ma ha costituito un caso a sé. L’abbiamo composta con Reeves Gabrels il quale ha avuto una grande influenza sul sound finale della canzone. L’ho composta solamente insieme a lui e Jason (Cooper, batteria). E’ nato tutto da una jam, davvero. Che è finita col diventare una canzone carina, molto pop. In un certo senso, come ho detto prima, volevamo effettivamente continuare in quella direzione. E’ stato lì che ho capito che in quel tipo di musica i Cure non potevano dare il meglio. Era una sorta di rock ibrido e bizzarro misto a danza e qualcos’altro. Non funzionava semplicemente perché senza Reeves non poteva suonare bene. Nel corso degli anni ho capito che c’è un certo tipo di musica che i Cure possono suonare davvero bene e questo era ciò su cui volevo concentrarmi. Penso che in passato abbiamo preteso di essere una band sempre diversa a seconda del periodo. Ora probabilmente sono finalmente convinto di quello che facciamo.
E’ possibile che questa sia stata una reazione all'uscita di un album come "Galore"? Tu non ti sei mai proclamato amante dei singoli, ma quel disco è stata una vera e propria celebrazione di singoli. Forse il concentrarsi sui singoli è stato qualcosa da cui ti sei voluto allontanare?
In parte suppongo di sì. Devo dire che c’è sempre un lato reazionario in me. Far uscire "Galore" è stata, nonostante tutto, una decisione di carattere pratico. Il mio cuore non c’era quando abbiamo realizzato quell’album. Ero davvero disincantato perché la compagnia di registrazione voleva un greatest hits mentre io volevo "Standing on a Beach Part 2", un CD che documentasse gli ultimi 10 anni di singoli della band. Non l’avrei mai chiamato "greatest hits" o "the best of" o cose del genere. Quelli della compagnia hanno visto subito che questo non era il grande album dei Cure che loro speravano che fosse seppur pubblicizzato dalla Tv e l’hanno semplicemente fatto uscire molto sottovoce. In quell’anno mi sono completamente estraniato da tutto, dai Cure e da tutto quello che stava per loro. Le cose non stavano andando nella giusta direzione per me.
Bloodflowers viene visto come un'eco di Disintegration anche perchè entrambi questi album hanno segnato il tuo ingresso in un nuovo decennio di vita. In Bloodflowers ci sono canzoni come "39" o "The Last Day of Summer" che possono far pensare a questo, vero?
Sì, ed è stata una decisione presa con consapevolezza. Sapevo, quando stavo per compiere i 40 anni, che volevo documentarlo in qualche modo. Ed ho pensato: "Quale modo migliore se non quello di scrivere una serie di canzoni?" Ho scritto tutte le canzoni in un lasso di tempo abbastanza breve, quelle che avrebbero fatto parte dell’album. Volevo solamente soffermarmi a riflettere su come mi sentivo in quel momento. In un certo senso ero anche abbastanza "acido" in quel periodo, mentre si avvicinavano i 40. Ma il non aver avuto un esaurimento nervoso dopo la realizzazione dell’album, il risultato raggiunto e il compimento dei 40 anni mi ha fatto sentire molto meglio. Anzi, ha risvegliato in me quella vecchia sensazione di catarsi, quella sensazione che non provavo dai tempi di Disintegration, quando per la prima volta provai qualcosa del genere. Di solito è più vicina la Strada per Damasco che tutto questo!
Nel periodo di Disintegration ti sei sbarazzato della tua collezione personale di foto e di filmini, cosa che ha in seguito ispirato la canzone "Pictures of You". Ora riesci ad affrontare più serenamente il cambiamento e il passare del tempo?
Si, in questo periodo sto leggendo molti vecchi libri che mi avevano influenzato quando ero giovane. Ho in un certo senso riassorbito molte delle cose che amavo per vedere come mi sarei sentito di fronte ad esse. In un certo senso ho fatto la stessa cosa ma non alla lettera. Non mi facevo problemi a sbarazzarmi di videocassette e film o a buttare libri fuori dalla finestra, ma avevo mentalmente trascurato alcuni dei punti di riferimento che ancora avevo, pensando di non averne più davvero bisogno. Alcuni di questi hanno passato il test, altri no. Una volta ogni 10 anni mi permetto di essere nostalgico. Comunque sto per smetterla di guardarmi indietro. Ho passato molto tempo a pensare a ciò che ho fatto, soprattutto negli scorsi 10 anni... non classifico la mia vita a seconda degli album dei Cure, tranne quando ne realizzo uno. Quindi ho semplicemente pensato: "Cos’ho fatto artisticamente e creativamente dai tempi di Disintegration ad oggi?" e tutto ciò è entrato in Bloodflowers, perché sentivo che sapevo cosa volevo fare segnando con questo album il compimento dei miei 40 anni, sapendo anche che sarebbe stata l’ultima cosa che avremmo fatto... volevo che fosse la fine di una parte molto particolare della mia vita. Tutto questo ha contribuito alla creazione di un album nostalgico e malinconico come Bloodflowers.
Ok, hai già alluso molte volte a questo fatto e la canzone "Maybe Someday" lo dimostra, come lo dimostrano anche molte tue recenti interviste... Ma sembra tutto un po' astratto. I Cure stanno davvero per arrivare alla fine?
Beh... faccio davvero fatica a pensare che questa band suonerà ancora, dopo quest’anno. Non credo che sarà possibile. Penso che anche gli altri lo sappiano, mi hanno preso sul serio. Sicuramente il modo in cui ognuno di noi ha suonato quest’anno e l’atmosfera generale del tour è stata tale da farmi pensare che ognuno sia convinto che sia la fine. E sono felice se lo sarà, perché sento che tutto finirebbe in modo naturale. Sono meno sicuro sul fatto che Bloodflowers sarà davvero l’ultimo album dei Cure, perché una parte di me sente che ci sarebbe da perdere, visto che la band lo ha suonato cosi bene dal vivo. Al momento suoniamo davvero bene insieme. Mi sembrerebbe un po’ stupido troncare cosi le cose, proprio adesso. Perciò credo che potremmo andare in studio e registrare qualche altra canzone e poi vedere come viene. Ma se non dovesse funzionare non fa niente perché comunque Bloodflowers è un fantastico modo per concludere. Mi dispiacerebbe compromettere questa cosa. Penso che una parte di me dica cose che motivino gli altri. Penso che se solo avessimo considerato questo come "un altro tour" e Bloodflowers come "un altro album" sarebbe stato davvero squallido perché sapevo che questo era ciò che non andava nella band. La completa mancanza di passione. Penso che dire agli altri: "Ok, questo è quanto, potete crederci o meno", ecco, allora ci hanno creduto e ci credo veramente anch’io allo stesso modo. E’ triste, davvero molto triste. Quando arriverà la fine dell’anno credo che tutto questo mi mancherà però so che dovrò prendermi una pausa altrimenti non farò mai più nulla.
Prima hai detto che la tua vita non è stata segnata in base agli album dei Cure, mentre per la gente è stato così negli ultimi 20 anni. Comunque, ti risulterebbe difficile staccarti da tutto questo? Ti sentiresti in qualche modo disorientato?
Non proprio, perché mi vedevo come il cantante dei Cure più 10 anni fa che adesso. Naturalmente mi sono concentrato su molte cose diverse nella mia vita. Quando faccio una cosa, quella diventa la più importante che faccio ma non occupa più completamente il mio tempo. Cioè, non è più l’unica cosa importante della mia vita. In questo senso non penso che tutto questo mi mancherebbe adesso come mi sarebbe mancato in passato. Se 10 anni fa qualcuno mi avesse detto: "Devi fermarti adesso" avrei risposto: "Cosa? E adesso che faccio?". Non smetterò di scrivere musica, lo farò comunque. Amo suonare e comporre musica, penso che sia una cosa fantastica. Molta gente vuole che noi continuiamo a suonare, lo so. E’ qualcosa che la gente desidera fortemente ma, da parte mia, sento che questo è semplicemente il momento giusto per fermarci come band che suona dal vivo. Ma credo che se facessimo un altro album e andasse bene le cose potrebbero cambiare. Se facessimo musica che la gente vuole davvero ascoltare non avrei problemi a riguardo.
Le scalette dei concerti del Dream Tour si sono concentrate molto sulle canzoni di Bloodflowers ma anche su materiale degli anni passati che siete stati ansiosi di riproporre. Questo tipo di tour ti ha riportato alla mente il significato che hanno per te molte canzoni?
Sì, prima di iniziare il tour abbiamo chiesto alla gente, tramite il nostro sito web, quali canzoni avrebbero voluto che noi suonassimo tra quelle che non suonavamo da anni. Infatti 8 delle 10 canzoni del risultato di questa "inchiesta" erano già incluse nelle nostre scalette. Ed è stato molto rassicurante sapere che quello che avevamo deciso di suonare corrispondesse molto a ciò che la gente voleva che suonassimo. Mi sono reso conto che quello sarebbe stato un buon tour perché sapevo che stavamo per salire sul palco e per suonare roba che per metà nessuno conosceva. Ma gran parte del pubblico è stata davvero contenta del fatto che abbiamo suonato vecchie canzoni tratte dagli album "Faith" e "Kiss Me Kiss Me Kiss Me". E’ fantastico suonare ancora qualcosa di quel genere. Abbiamo cercato di aggiungere qualcosa di diverso a quelle vecchie canzoni per riavvicinarle al modo in cui suoniamo adesso, ma le loro caratteristiche originali sono rimaste. Alcune vecchie canzoni che hanno questa caratteristica sono davvero belle, è un piacere suonarle.
E’ più gratificante o più sorprendente vedere che dopo tutto questo tempo il pubblico è così in sintonia con la band?
Beh, la cosa strana è che abbiamo conservato una piccola percentuale di fan della nostra età - ci sono davvero pochi "fedelissimi" che ci hanno seguito sin dal primo giorno - ma il pubblico si è continuamente rinnovato e ringiovanito grazie ai giovani, appunto. Noi attiriamo una nuova generazione di fan dei Cure con ogni cosa che facciamo, e questo è molto bello. Mi continua a far sentire giovane. O mi fa fare finta di essere giovane, che è molto diverso! (ride). Ma penso che ciò che facciamo attragga un certo tipo di persone. E non credo che c’entri l’età, tu ci puoi rientrare oppure no. Potresti avere 16 anni o 60 e sentirti vicino a noi oppure no... dipende dalla tua sensibilità.
In ogni caso questo è l'ultimo album-tour, come vorresti che venissero ricordati i Cure?
(Pausa)... Come un gruppo quasi pop. Veramente non so lo. Semplicemente che siamo stati una band completa. Più che essere ricordati per il fatto di aver realizzato dei buoni album mi piacerebbe che venissimo ricordati perché abbiamo fatto cose per conto nostro, con le nostre sole forze e che se mi venisse ridato indietro il tempo che ho avuto rifarei esattamente lo stesso, senza cambiare nulla. Penso che sia questa la cosa più importante.
 
Nella seconda parte della nostra intervista Robert Smith parla a Bob Gordon del suo scrivere canzoni in futuro e di molto altro. Nonostante molte sue asserzioni avessero fatto pensare ad una rottura coi Cure entro la fine dell’anno, Robert Smith non se n’è stato con le mani in mano nemmeno durante la pausa del Dream tour, per godersi i successi del loro album più recente, Bloodflowers. Al contrario, Smith è stato molto impegnato a scrivere un nuovo gruppo di canzoni in un’ottica che, pur abbracciando il futuro, tiene molto conto del suo passato.
"E’ questo quello che ho fatto quest’estate", spiega, "perché avevamo circa 2 mesi liberi. Ho praticamente quasi finito di scrivere un altro album. In realtà mi sono rifatto molto al modo in cui ho scritto "The Head On The Door" (1985). Sto usando la stessa strumentazione; l’ho ripescata da una vecchia cassa nel mio garage che non aprivo da quando me ne sono andato. C’erano 4 tracce musicali e vari pedali con vecchi effetti. Ho riunito il tutto e ho pensato "Beh, questo è tutto ciò che avevo usato per fare quell’album". In effetti è molto bello ritornare a quell’incredibilmente semplice modo di comporre usando solamente 4 cose che devono funzionare insieme per poter creare una canzone."
Sembrerebbe che Smith si sia rifatto all’album The Head On The Door non tanto perché in passato questo ha avuto molto successo ma forse più per reazione contro quell’ossessività che lui stesso ammette essere dietro a Boloodflowers.
"Bloodflowers è stato in effetti un album tecnicamente molto complicato da scrivere anche se all’ascolto potrebbe sembrare dannatamente semplice", dice. "All’inizio avevo realizzato un vero e proprio impianto studio a casa mia. Usavo dei veri campioni di batteria che Jason (Cooper, batteria) mi aveva mandato e suonavo ogni cosa come se stessi realizzando un "vero album". Da una parte è stata negativa come cosa perché ho cominciato ad ossessionarmi su cose incredibilmente stupide che sapevo nessun altro nel mondo intero avrebbe mai sentito. Per esempio il ritardo anticipato di un’eco e robe del genere. Guardandomi indietro penso "Ma come faccio ad essere così?". E’ semplicemente parte della mia natura, davvero. Quindi è stato abbastanza liberatorio sapere che avevo solo 4 strumenti e 4 tracce e che, se volevo scrivere qualcosa, quello era tutto ciò che avevo. E’ come se fosse una simpatica autodisciplina."
Riguardo poi al fatidico enigma "stanno per sciogliersi oppure no?" che sta tormentando e terrorizzando i fan di tutto il mondo, Smith non lascia intendere se il prossimo LP sarà un album dei Cure o un album da solista.
"Ad ogni modo farò probabilmente suonare gli altri membri del gruppo nel prossimo disco", dice. "Vado così d’accordo con loro che non vedrei proprio nessuno altro suonare al loro posto. In un certo senso se mi fermo a pensare al "è il momento in cui voglio essere un artista solista o voglio fare un altro album coi Cure?", beh, per me è più importante il prodotto musicale. Non mi preoccupo di come si chiamerà finchè non avrò creato qualcosa."
Tra le notizie che faranno particolarmente piacere ai fan dei Cure c’è quella, secondo il sito ufficiale della band, che ci sia in programma l’uscita di 10 concerti live del Dreamtour su CD. Ridendo all’idea che questo sia "un vero e proprio furto ai Pearl Jam", Smith sembra essere propenso a quest’iniziativa, per far passare a molti la voglia di andare a comprarli da quelli che registrano i concerti illegalmente per poi rivenderli (bootleggers).
"Forse si è stati un po’ troppo ottimisti riguardo a questo perché, dopo aver riascoltato alcuni dei nostri concerti, credo che, per iniziare, potremmo far uscire un CD europeo e uno americano e poi vedere se ci saranno i presupposti per qualcosa di più. E’ un po’ come hanno fatto i Pearl Jam, non è proprio una mossa commerciale. Faremo in modo che sia più economico possibile. Sarà probabilmente qualcosa che, caritatevolmente, venderemo tramite il sito web. E’ solo che molta gente ci ha chiesto di fare una cosa del genere e, in questo modo, può essere, almeno in parte, accontentata. Praticamente tutti i nostri show vengono registrati illegalmente, ma è molto raro che qualcuno di loro sia buono in termini di qualità del suono da poter essere ascoltato anche dai non fanatici, anche perché suppongo che solo i fanatici comprino i bootleg. Ma non è proprio un’azione commerciale, non lo stiamo facendo in quell’ottica di pensiero. Competere con i bootlegger è molto difficile. Penso che la nostra sia tra le prime 10 band nel commercio dei bootlegger della storia, secondo un’indagine fatta in rete (ride). Penso che sarà questo ciò che faremo e potremmo anche far uscire qualche extra che non si può reperire da nessun’altra parte, per indirizzare la gente a sostenere il nostro modo di fare le cose."
L’imminente tour australiano dei Cure è il primo in 8 anni, l’ultimo risale all’ultima parte del tour mondiale dell’album Wish, che ebbe un successo strepitoso. Smith è consapevole dell’eccitazione dei fan australiani riguardo ai prossimi concerti (infatti ha saputo da Internet della notte di tributo ai Cure che verrà organizzata all’ Amplifier Bar) e sembra essere lui stesso molto elettrizzato.
"E’ passato troppo tempo", dice. "Guardandomi indietro sono riuscito a capire perché abbiamo saltato l’Australia nel tour del ’96 ed è stato davvero per ragioni stupide. Era tutto il resto che è stato troppo lungo; avevamo passato 16 settimane in America e alla proposta di andare a suonare in Australia e al Southern Hemisphere... beh, eravamo così stufi l’uno dell’altro che non ci siamo andati! (ride). Ma ora il tempo in cui abbiamo effettivamente suonato è molto meno rispetto ad allora. Abbiamo suonato solo 6 settimane in America e 6 in Europa e tutti noi non vediamo l’ora di suonare di nuovo. Penso che sarà davvero fantastico."

Thank You Nadia! (per la traduzione)

Settembre 2000 (Da MTV) - Intervista a Robert Smith del 15 Febbraio 2000
MTV ha trasmesso questo special martedì 15 febbraio: il nome del programma era " Una notte con ...i CURE". Lo special è durato circa 1 ora e 30 minuti. Durante la prima parte è stata trasmessa una videografia: dalle 10,15 Saturday Night  fino a Wrong Number.
All’improvviso il viso di Robert Smith apparve sorridente ed egli disse: " Il ritorno dei CURE….!".
 
"Nel 1998 quando raggiunsi i 39 anni cominciai a pensare a scrivere un disco sui sentimenti di chi arriva ai 40. Ho impiegato 6 mesi a scrivere le canzoni, ma, giusto prima di andare in studio per registrare, volevo rinforzare lo spirito della band come un vero gruppo. Io avevo le idee chiare nella mia mente sul suono e sulla struttura che dovevano avere le canzoni, ma per gli altri membri del gruppo era un boccone più duro ed una cosa meno piacevole. Ho impiegato 4 mesi per registrare le canzoni: 2 con la band e 2 da solo, ma quando il disco è stato prodotto, dalla fine di giugno ’99, c’è stato un enorme buco, così l’album è uscito solo nel febbraio del 2000.
 
È un disco molto malinconico, un modo di guardare indietro, agli ultimi dieci anni, all’interno dei Cure. Io sentivo che avevo bisogno di dare uno sguardo a quello che avevo fatto un decennio prima; quelle cose non avevano nessun legame con la confusione del nuovo millennio. Quando una persona raggiunge i 40 è come quando raggiunge i 20 ed i 30, hai la possibilità di decidere cosa vuoi fare della tua vita, se sei in buona salute! Bloodflowers richiama l’atmosfera di Pornography e Disintegration e di qualche altra canzone degli altri dischi; musicalmente c’è una specie di continuità o comunque c’è per me quale artista e cantautore. I Cure sono come una creatura che esiste da 20 anni; noi non abbiamo cambiato la nostra identità, come altri gruppi spesso rivendicano di avere fatto... È come mettersi un paio di occhiali e dire: "hey sono una persona diversa ora!"... Per 10 anni non ho accettato l’idea che i Cure avessero un proprio sound definito, perché comunque noi avevamo sperimentato diversi stili negli altri anni; ma ora devo ammettere che un "Cure sound" esiste effettivamente, e, dopotutto, questa idea non mi dispiace affatto.
 
Io penso che la storia dei Cure può essere divisa in 3 parti: non vorrei prendere in considerazione il primo disco, poiché non l’ho mai sentito come una nostra produzione. La prima parte della storia è incentrata su un gruppo di amici che suonano insieme. All’epoca avevo 14 anni e, durante l’ultimo anno a scuola, prendemmo parete ad una competizione organizzata dalla rivista inglese Melody Maker, e, a dire il vero, aveva un ridicolo annuncio. Diceva: "vuoi essere una rock star?"...(ride). Io ricordo che pensai: "no, vorrei solo ottenere un contratto di registrazione!!!". Era il 1978 ed avevo già scritto alcune delle canzoni che più tardi formeranno Seventeen Seconds; A Forest, per esempio, fu scritta in quel periodo, e quella era la musica che io volevo scrivere e suonare con la band. Adesso io sento che Seventeen Seconds è stato realmente il primo disco dei Cure, ed, insieme a Faith e Pornography, rappresenta il completamento della prima fase dei Cure. Pornography ha permesso ai Cure di diventare famosi. Quando iniziai a scrivere la musica per quel disco, l’atmosfera era realmente moody ed io ero completamente assorbito da me stesso e da quello che sentivo; il disco fu il risultato di tutte queste sensazioni insieme. Nel frattempo iniziavamo ad avere i nostri fans tra la gente che accoglieva con gioia le bands che producevano "unappy music"... e i Cure era una di quelle bands tra tutte le altre (nel frattempo scorrevano sul video le immagini di Ian Curtis e Joy Division). Quando Ian Curtis morì nel 1980, sapevo che per la gente, visto quello che stavo facendo, io dovevo essere il prossimo della lista: bene, noi in qualche modo, eravamo un po’ eccessivi per le cose che facevamo in quel periodo ed io, per la gente, ero destinato a morire presto. Ma queste cose mi preoccupavano molto e, nel frattempo, il gruppo non stava più lavorando bene, ed io iniziai a chiedere a me stesso che cosa volevo realmente e se quello stile di vita fosse veramente adatto a me. L’unico modo per sfuggire a questo mostro, che io avevo contribuito a creare, era distruggerlo.
 
La mia reazione verso tutte quelle persone che attraverso i Cure potevano essere solo pessimisti e negativi... era produrre una canzone demenziale come Let’s go to bed: l’intenzione era chiaramente distruggere la nostra immagine e, nel frattempo, iniziare tutto da capo. Io mi aspettavo che i fans che ci amavano ci avrebbero odiato per questo cambiamento di direzione, ma non potevo immaginare che stavamo raggiungendo un nuovo, grande successo... tuttavia con reale piacere ed interesse produssi The Walk, the Lovecats e il successivo disco. La cosa che mi faceva andare avanti era che, ad un certo punto, io suonavo sempre con Siouxe and Boushees, così, mentre con loro producevo gothic e dark music, allo stesso tempo con i Cure facevo tutti quei video e quelle canzoni demenziali: era come avere due separate vite, e andai avanti così per almeno due anni.
 
Iniziai ad accettare l’idea che nei Cure le due cose potevano vivere insieme e non ero infastidito dal mix tra il lato dark della band e l’allegria delle canzoni. Sapevo che esistevano persone pronte ad accettare le due cose insieme. The Head on the door era il prossimo passo: la band era per me il miglior modo per esprimere me stesso ed io volevo scrivere canzoni moody e pop e metterli nello stesso disco, ed era quello che stava realmente accadendo. Durante quel periodo il fatto che curavamo i nostri video, produsse ai Cure un notevole successo: Close to me ci aiutò in questo senso; è infatti diventato uno dei più famosi video tanto che MTV passò il video regolarmente per un bel po’ di tempo. Il genere di musica pop che io volevo fare era un mix dei Beatleas e di the Buzzcoks: l’idea base era 3 minuti di musica pop come Boys don’t cry.
 
L’album Kiss me fu un esperimento per me: improvvisamente avevo una gran libertà ed i Cure potevano fare qualsiasi cosa. Noi scrivevamo 20 canzoni e registravamo 15 di loro ed io continuavo a scrivere perché stavamo sviluppando tante idee ed io pensavo che il solo modo di tirare fuori il meglio era non smettere mai di scrivere!
Bene, molte delle canzoni di quell’album hanno avuto un gran successo, come Why can’t i be you e Just like heaven: in ogni modo io non potevo immaginare che la reazione del pubblico sarebbe stata così grande anche in termini economici.
 
Quando iniziai a produrre Disintegration sentivo che volevo farla finita con tutto. Dopo il tour la band voleva separarsi perché, a quel punto, noi avevamo raggiunto un livello artistico che non poteva essere migliorato in alcun modo. Disintegration ci procurò un nuovo successo commerciale, ma io penso che quel successo dipendesse dal fatto che la gente ci conosceva attraverso le cose fatte in Kiss me, e così compravano il disco anche se non ci conoscevano davvero: con Disintegration i Cure iniziarono la regolare performance nei grandi stadi... il disco era la nostra reazione contro la fama e la ricchezza che avevamo guadagnato. Accadde l’esatto contrario, perché alla fine del "Preyer Tour" noi eravamo ancora più grandi!!!!
 
È dura trovare un legame tra quel periodo e quello in cui avevo 20 anni, perché molte cose erano cambiate...
Il ’92 è stato l’anno in cui mi sono allontanato dai Cure: il gruppo era sempre stato un modo per esprimere me stesso ma, dopo Wish, io sentivo di non avere più niente da esprimere attraverso la band e volevo una fine naturale, indolore... Bene dopo Disintegration ogni disco era l’ultimo: io ora mi rendo conto che era diventato uno scherzo, e lo stesso era per gli altri membri, ma loro sanno che questa volta ho un solo progetto, Bloodflowers appunto. Questo significa che potrebbe essere davvero la fine per i Cure. L’atmosfera del disco è triste e moody: in qualche modo Bloodflowers è un cambiamento, anche se per me l’idea di cambiare non è necessariamente una brutta cosa.
È giusto che io guardi avanti, ed io sento che potrei avere rimpianti se a 40 non provassi a fare qualcosa di diverso.
Il fatto che gli altri sapevano che questo album poteva segnare la fine, mentre registravamo, ha influenzato il risultato finale... ma io non posso dire ora con certezza se è l’ultimo album oppure no! Io proprio non lo so!
Io sono stato davvero contento di aver prodotto Bloodflowers, perché durante il periodo di lavorazione ho provato tante strane emozioni e sentimenti che non avevo mai sperimentato prima: se ci sarà qualche altro disco in futuro, allora sarò felice di farlo, ma se invece sarà l’ultimo album dei Cure, sarò felice perché non potrei pensare un modo migliore per concludere la nostra storia.
 
So che proverò un senso di vuoto senza i Cure, ma nello stesso tempo io mi sentirei stupido se non assecondassi e seguissi il cambiamento che sta avvenendo dentro di me in questo momento.

Thank You Simona! (per la traduzione)

 
Luglio 2000 (Di Javier Andrade - Da Miami) - Intervista a Robert Smith
Come ti fa sentire andare in tour in questo momento, nel 2000, sapendo che è l'ultimo?
Nel mio inconscio so che siamo alla fine. Ma devo dire che questo è il miglior tour che ho fatto con i Cure da molto tempo.
Quanto è differente?
Penso che la ragione sia perchè onestamente è una delle ultime volte che lo faccio, così cerco di dare il massimo in ogni spettacolo. Sono show lunghi, di circa tre ore, e sono concerti epici, come quelli di Disintegration. L'atmosfera è diversa da quella degli ultimi anni. Non c'è musica pop. Quella che vivo è un'esperienza emozionante. Mi sento strano, ma allo stesso tempo bene. Ed il motivo è proprio perchè mi sto divertendo molto.
E' successo lo stesso con l'ultimo album?
Quel che stiamo facendo dal vivo è in buona serie un omaggio a "Bloodflowers". Questo album è un'ora di musica particolare. Quindi intendiamo ricreare negli spettacoli la stessa atmosfera. Quel che facevamo nei concerti precedenti era una cosa diversa. E' semplice accontentare il pubblico con gli hit, ma noi ci abbiamo rinunciato. Ho detto agli altri "questa è la strada che dobbiamo prendere fino alla fine".
Perchè hai deciso di fare una canzone così lunga come "Watching me fall", di 11 minuti, in questo periodo pop? E' deliberatamente contro il mondo della radio?
Suppongo di sì, volevo che fosse il singolo, e così suggerii alla casa discografica, che ovviamente mi ha risposto con "no". Gli dissi anche che sarebbe stata l'unica canzone sulla quale avrei fatto un video. Non so veramente come si potrebbe realizzare. Deve essere complicato fare un video di 11 minuti. Sarebbe quasi un film. La canzone è davvero molto lunga, quando la feci ascoltare al gruppo pensarono che fossi diventato pazzo. Non poterono credere che avessi registrato un demo di un quarto d'ora. Ma io non faccio cose per creare reazioni. Quando abbiamo fatto l'album non consideravamo come adattarlo al mercato attuale.
Quando canti "I've been watching me fall" ti riferisci a come vedi te stesso sul mercato?
A dire la verità l'ho scritta in uno dei miei momenti più bui, quando ho riconosciuto di non aver realizzato tante di quelle cose che intendevo realizzare da giovane. "Watching me fall" in qualche modo si riferisce a quelle volte che avevo la tentazione di avvantaggiarmi delle altre persone per la posizione in cui mi trovavo, per quel che facevo. Ed è difficile resistere alle tentazioni.
Quali cose pensi di non aver realizzato?
Generalmente ho la sensazione che quel che ho fatto è sbagliato. Che la mia vita non è andata come avrebbe dovuto e dovrei cambiare. E' il primo album da "Disintegration" che vivo come un'esperienza 'purgativa'. Anche gli altri me lo dicono. Me lo hanno fatto capire dicendomi che non c'è molta musica in cui puoi trovare questo tipo di sentimenti. Ci sono molte stupidaggini ma pochissima musica che ti fa sentire qualcosa.
Dopo c'è quest'altra canzone, "39", dove dico che sono scappato dalle idee e dalla passione, scappato da tutto. Ed è proprio quello che sento in questo periodo. Mi sono sentito squallido su tutto. Ma non ora, è passato.
Vorresti dire qualcosa alle band che intendono seguire la direzione musicale dei Cure, come i NIN, Smashing Pumpkins, Marilyn Manson o Rob Zombie?
E' strano che tu abbia citato questi 4 gruppi, perchè conosco 3 di loro, e Billy Corgan è il solo, o uno dei pochi nel mondo della musica commerciale, col quale sono stato bene in compagnia, sebbene non siamo d'accordo in molte cose di cui abbiamo parlato. Anzi posso dire che siamo in totale disaccordo, ma siamo stati bene comunque. Lui è venuto a Chicago per vederci suonare all'inizio dell'anno. Siamo usciti e non siamo andati d'accordo per tutta la nottata. Abbiamo discusso di tutto, dalla musica al mondo in generale. Abbiamo punti di vista totalmente differenti, ma nonostante tutto siamo stati bene l'un l'altro. Poichè c'è qualcosa che condividiamo, qualcosa di ognuno di noi che piace all'altro. Attualmente mi è piaciuto quel che ha fatto con gli Smashing Pumpkins; mi piacciono abbastanza. E vale lo stesso per i NIN e per Trent Reznor... Penso davvero che siano persone che fanno musica che rispecchia quello in cui credono. E coloro che fanno questo tipo di musica, qualunque sia, non hanno bisogno di nessun consiglio. Fanno musica senza scopiazzare, e non penso che cercano consigli. D'altra parte sono stato molto lusingato di sentire che per altri musicisti sono stato influenzante. Mi piacciono queste band, ed è reciproco. E' insolito che qualcuno ammetta di esser stato influenzato dai Cure e che non mi piaccia tale band.
Anche Jonathan Davis, dei Korn, ha dichiarato di amare la musica gotica, il dark degli anni 80, ed ovvimente i Cure.
E' misterioso, ma ci sono alcuni nuovi musicisti metallari che ammettono di esser stati in parte influenzati dal materiale dei Cure. Posso intendere che si riferiscono a dischi come "Pornography", ad esempio, dove compaiono un paio di distorsioni pesanti.
Non pensi per il modo in cui fate i video?
Mi piace pensare a personaggi di band importanti che vedono i Cure e cercano di comprendere come li abbiamo fatti, ci stimano e vorrebbero avere la longevità che noi abbiamo raggiunto col nostro modo di fare. Credo che se ci sia una ragione per la quale siamo resistiti a lungo è perchè c'è integrità. Per il modo in cui abbiamo fatto le cose. Non abbiamo mai messo la musica da parte... è un modo non più di moda di agire, di proteggere ciò che è proprio. Per lo meno è quel che sento riguardo alla musica che abbiamo fatto. Ma non prendo tutto quel che ci riguarda seriamente. Ecco perchè abbiamo anche fatto video ridicoli. Inganno me stesso in alcuni video. Non prendo sempre seriamente me stesso. Come musicista, penso di essere ridicolo a volte. Ma come artista provo a creare qualcosa di cui la gente possa godere. Questo è quel che prendo seriamente, il resto è immondizia.
Ti piace l'idea di fare un album col tuo nome, e non "The Cure", sulla copertina?
E' la prossima cosa che voglio fare. Fortunatamente avrò la possibilità di invitare alcuni amici di quelli menzionati prima per suonare alcune canzoni (ridendo, NdA). Mi piacerebbe collaborare con gente diversa, in base al tema, e probabilmente suonare anche con la band. Ma la prossima cosa che farò non si chiamerà "The Cure". Se faremo un nuovo album dopo "Bloodflowers" deluderemmo tutti. "Bloodflowers" è diventato subito uno dei dischi favoriti dai fan poichè si rifà moltissimo ai Cure. Ma le canzoni che ho scritto dopo di allora non suonano più come quelle. Ricordo quando abbiamo fatto "Disintegration", il passo successivo è stato l'album "Mixed up" ed abbiamo avuto un ritorno molto negativo da tutti. Così stavolta ho pensato che se voglio fare qualcosa di diverso, o insolito, dovrò denominarlo "Robert Smith", e dopo la gente potrà considerarlo come un mio errore, e non un errore della band.
Ti stai preparando a volare in Messico e in Sud America per questo tour? Anni fa dicesti che a causa della tua paura per gli aeroplani avresti suonato solo in Nord Messico...
E' vero, non volevo volare, ma stavolta lo supererò.
Cosa farai stavolta ?
Volerò. L'ho superato. Volare non mi dispiace più. Non mi spaventa. Ho imparato a bloccarne il timore. Sarà meraviglioso fare un bel tour in Sud America, e vedere tanti Paesi oltre al Brasile e l'Argentina. Ovviamente il Distretto Federale del Messico è in testa alla lista dei posti dove non abbiamo ancora suonato. Abbiamo un così grosso ritorno dal Messico che non possiamo mantenerlo fuori. E' incredibile non aver suonato lì finora. Le nostre vendite in Messico sono meravigliose. Probabilmente le vendite vanno così forte proprio perchè non ci abbiamo mai suonato. Ma non penso sia vero.

Thank You Stefano! (per la traduzione e l'intervista)

Luglio 2000 (Da CDNOW) - Intervista di CDNOW con Robert Smith - di Steve Baltin
Quando Robert Smith annunciò che Bloodflowers sarebbe stato l'ultimo album dei Cure, la notizia fu accolta con un collettivo "come vuoi". Si i malinconici ragazzi sfidano che "i ragazzi non piangeranno" se la band si dovesse sciogliere dopo venti anni. Ma i fans dei Cure sono abituati ad ascoltare minacce così, aspetteranno qualche anno, e poi verranno ricompensati con un nuovo album dal principe della malinconia.
Che cosa è diverso questa volta? E se Smith scioglierà davvero il gruppo? La musica dei Cure ha risuonato per tanti anni con milioni di fans vestiti di nero. Per molti di loro Smith non è solo un cantante, ma è un poeta che parla per loro.
Da una intervista con Smith in una sala conferenze in un Hotel di New York, dove si trovava durante una recente visita alla città, ho avuto la sensazione che forse è così.
Forse è stato il tono malinconico con cui Smith ha parlato della sua amicizia con il bassista Simon Gallup e con il batterista Jason Cooper, o forse è stato quello che ha ammesso, e cioè i suoi progetti futuri al di fuori dei Cure.
Qualunque cosa sia, Smith appare serio questa volta. Questo significa che Bloodflowers sarà l'ultimo album dei Cure? È questa la fine di un notevole percorso che ha visto nascere pezzi come "Lovesong","Boy's Don't Cry", "Just Like Heaven", "Why Can't I Be You", e molti altri?
Nemmeno Smith sa dare la giusta risposta adesso. Come egli dice "ho designato questo come l'ultimo album dei Cure. Ma ciò non significa che non ho buone intenzioni in futuro"
Come sta andando il nuovo disco dal vivo?
Veramente bene. Abbiamo fatto il primo show promozionale ad Amburgo, e ci ha dimostrato che molte persone già impazzivano. L'intera folla cantava insieme a noi; le due canzoni di apertura erano entrambe nuove, e quando io ho sbagliato le parole, la fila di fronte a me le cantava correttamente. Abbiamo fatto sei canzoni nuove in uno show. Abbiamo inserito alla fine della scaletta canzoni che, secondo me, sono complementari alle canzoni di Bloodflowers. Ci sono molti pezzi di Disintegration e di Pornography. In quel senso è un vero e proprio concerto e non solo uno show promozionale.
Quali sono le tue aspettative per questo disco?
Se la gente potesse ascoltare il disco... è tutto quello che mi interessa. Il mio cuore non è realmente al 100% in quello che sto facendo, perché quando io stavo producendo il disco io lo stavo facendo per la gente che lo avrebbe ascoltato in futuro, non necessariamente ora. Ci sono persone che parlano con me di Disintegration; sono passati più di dieci anni da quando abbiamo prodotto quel disco. Io volevo fare un album di cui la gente avrebbe parlato anche dopo dieci anni dalla sua uscita. Quell'album è Bloodflowers. È sicuramente gratificante che funzioni bene adesso, ma quello che mi aspetto è che tra un anno, oppure tra cinque anni, la gente farà riferimento ad esso come uno dei tre album che hanno fatto i Cure. È questa la mia intenzione.
Uno dei tre album? Sicuramente ce ne sono stati di più.
Bene, io penso che il lavoro dei Cure può essere condensato nei tre album... se io fossi stato onesto, sarebbero dovuti essere probabilmente i due singoli album e Bloodflowers. Penso che Pornography, Disintegration e Bloodflowers sono  le tre cose migliori che io ho fatto con la band. Abbiamo fatto poco negli anni e penso che attualmente non sia il massimo. Ma la motivazione per il gruppo nei primi dieci anni era incredibilmente forte; io sapevo esattamente cosa stavo facendo. Nei secondi dieci anni, la ragione per cui noi rallentavamo gradualmente, è perché io credo in quello che ho detto. Io ho scritto dei dischi solo quando ho sentito l'impulso di farlo. I buchi però diventavano sempre più lunghi. Ed è stato così per quattro anni, e sarà probabilmente così per altri dieci anni prima del prossimo disco, se ci sarà un prossimo disco.
Simon ha detto che tu non sai mai quale possa essere l'ultimo album dei Cure. Sai tu se questo è l'ultimo?
Ha torto. Io voglio dire che ho designato questo come l'ultimo lavoro dei Cure, ma ho tante altre buone intenzioni. Io preferirei che questo fosse l'ultimo album dei Cure. Una piccola parte di me vuole continuare. Penso che noi abbiamo fatto qualcosa di veramente buono, e io sono felice con il gruppo, e quindi penso che sono un po' pazzo a voler smettere, "perché smettere ora?". Io però voglio un buon ricordo di quello che ho fatto con i Cure, e penso che sarebbe fantastico fermarsi proprio quando stiamo producendo la migliore musica. Io mi conosco abbastanza e Simon sbaglia perché so che se non smetto adesso non lo farò mai, ed è una cosa che mi riempie di tristezza e non di gioia. Io sento che noi abbiamo fatto abbastanza, ed io personalmente ho fatto abbastanza nei Cure. Ma non smetterò di fare musica. Voglio solo che il gruppo si sciolga quando tutti hanno una idea positiva di noi, piuttosto di scivolare nell'oblio di tanti vecchi uomini che fanno musica per nessuno in particolare. Il tour vero, prossimamente, se tutto va bene, sarà il miglior concerto che abbiamo mai fatto. Questa è la mia intenzione. Si baserà sulle canzoni di Bloodflowers, ma attingeremo anche da tutte le vecchie canzoni che la gente ha dentro. Sarà una esperienza di grandi emozioni. Probabilmente io sarò lacrimoso in questo processo di abbandono e spero di poter andare avanti in questa mia intenzione. Ho già pianificato qualcos' altro dopo, per conto mio. Spero mi divertirò abbastanza da non sentire la mancanza dei Cure.
Avendo fatto parte dei Cure quasi tutta la vita da adulto, non ti spaventa il fatto di andare lì fuori e fare qualcosa con il nome di Robert Smith? Anzi, prima di tutto, in questo tuo progetto userai il nome di Robert Smith?
Non sono sicuro, è molto probabile! Ma il mio progetto potrebbe finire con la colonna sonora di un film. Piuttosto che uscire come solista io preferirei scrivere la colonna sonora di un film, ma ci vogliono le persone giuste ed il progetto giusto. Questo non mi preoccupa. Se questo non succede io porterò il progetto a termine comunque e magari lo registrerò da solo come un singolo. La ragione per cui io sto nel gruppo, e perché il gruppo ha continuato, sta nel fatto che a me veramente piace ogni componente del gruppo. Io sono contento dell'ambiente del gruppo. È fondamentale una struttura portante, ma è più importante la dinamicità e i rapporti di amicizia che esistono nel gruppo. Jason è un batterista fanatico. Io non posso suonare la batteria e così dovevo prendere qualcuno che mi piacesse; quella persona è Jason. Simon è il miglior bassista con cui ho mai suonato. Essenzialmente quello su cui i Cure si sono sempre basati è l'unità di queste tre persone che suonano: batterista, bassista e chitarrista; è da lì che viene il suono, ed entrambi sono veramente dei miei buoni amici. A me piace l'idea di andare fuori con loro dopo che abbiamo suonato. Io non voglio essere un impiegato. È questo che mi piace del gruppo. È quello che mi è sempre piaciuto del gruppo. Mi è sempre piaciuto avere persone attorno a me che la pensassero come me. Non mi piace l'idea di un gruppo che fa risse in qualsiasi posto, sebbene all'occasione questo può essere un buon divertimento. Quella è l'idea che non devi mai diventare un adulto quando fai parte di un gruppo. Io voglio dire che probabilmente è vero se tu permetti che ciò accada, ma la gente dimentica che puoi avere una vita fuori dal gruppo. Noi in ogni caso non viviamo nella stessa città. È una delle cose che cambia quando diventi vecchio. Il tempo che passiamo via diventa sempre più lungo, così non sarà uno strappo doloroso per me veramente... io vorrò vedere quelli del gruppo, ma non dovrò andare in tour con loro.
 
Thank You Simona! (per la traduzione)

Marzo 2000 (Dalla rivista "Rock Star") - Da una rivista musicale italiana Rock Star "Total Recall"
Robert Smith ricorda tutto, ora. Il passato dei Cure, il sound che li ha resi famosi, gli album migliori da Pornography a Disintegration. E poi aggiunge: "Il nuovo, Bloodflowers, sarà un altro grande classico." Possibile, allora, che sia davvero l'ultimo capitolo della band?
Sul tavolo sono sparse le copertine di tutti (o quasi) gli album dei Cure e Robert Smith comincia a giocarci come fossero tessere del domino. "Qui manca Pornography" ci dice con una voce tranquilla, i capelli corvini sconvolti e solo un filo di eyeliner. "Si" ribatto "Mancano anche Japanese Whispers e il live dell'84". "Certo" mi fa lui "ma è più importante Pornography perchè assieme a Disintegration è la nostra pietra di paragone". Si rannicchia nell'ampia maglia da hockey blu. "Prima di registrare Bloodflowers, il nuovo album, ho fatto sedere gli altri della band in una stanza e ho messo su Pornography e Disintegration, dicendo loro di immaginarsi Bloodflowers come un seguito di questi due. Quando ho inciso Disintegration, però, non pensavo di fare il 2° album di una trilogia. Per Bloodflowers mi è venuto naturale guardare indietro a quello che avevo realizzato con i Cure. Disintegration definiva un momento ben preciso e con questo nuovo album ho voluto incidere un classico album dei Cure con il classico suono dei Cure".
Sistema le copertine in due file ben distinte. "Faith, Seventeen Seconds, Pornography e Disintegration sono i migliori album dei Cure; hanno lo stesso tipo di canzoni e Bloodflowers dovrebbe stare qui, in fila con loro. Con Disintegration sapevo benissimo quello che volevo fare ancor prima di entrare in studio. Con Bloodflowers è successa la stessa cosa. Per questo motivo lo considero il primo vero album così. Disintegration è stato quasi un mio album da solista perchè fino alla fine non ho coinvolto gli altri. Poi ho visto che le canzoni nella veste acustica mancavano di potenza e allora le ho date in mano alla band. Al tempo (era il 1989, ndr) ero una persona molto... difficile (lo dice ridendo, ndr). Ero convinto che se avessi coinvolto troppo gli altri Cure, ne sarebbe uscito un disco come Kiss Me Kiss Me Kiss Me. Ricordo che quelli della nostra casa discografica, al primo ascolto, lo giudicarono un suicidio dal punto di vista commerciale. E uguale definizione hanno dato di Bloodflowers quando l'hanno ascoltato in anteprima la scorsa estate. E' vero; non ci sono hit singles in questo disco, ma ho raggiunto un'età e uno stadio in cui non me ne frega niente degli hit single. Forse questo ha a che fare con il fatto che sto diventando vecchio ma non posso più cantare ciò che non mi emoziona. Non riesco ad immaginarmi mentre arrivo sul palco a cantare pezzi pop! Abbiamo fatto degli show per promuovere Galore (la compilation dei singoli 87-97, ndr) e mi sentivo strambo: andavo sul palco e non avvertivo nulla. Adesso canto le nuove canzoni, potenti e definite, e mi sento di nuovo bene. Abbiamo inseguito per anni un "suono" e adesso l'abbiamo in pugno. E' la fusione di diversi elementi: il basso a sei corde, la chitarra e la mia voce".
Nelle canzoni del nuovo album passa diverso tempo prima che tu inizi a cantare. Si va dal minuto di "Maybe Someday" agli oltre 2 di "Out of This World". "I tempi di Disintegration erano addirittura superiori. L'idea originale del nuovo disco prevedeva un'intro strumentale di 30 secondi prima di ogni canzone, solo per mantenere uniforme l'atmosfera. La ragione per cui "Out of This World" funziona così bene è che tu aspetti, aspetti e intanto l'atmosfera continua a crescere".
Si percepisce una dicotomia nei testi, con tutti quei "sempre" e "mai" che scandiscono i brani. Nella title-track sono addirittura presenti in aperta contrapposizione. "Sono conscio di questa dicotomia. E' da quando ho 15 anni che suono nei Cure. Non immaginavo avrei fatto nient'altro nella vita. Quando sono andato in tour per promuovere Wild Mood Swings (il precedente disco in studio datato 1996), ho scoperto di aver sviluppato un lato di me che avevo trascurato. Ho capito che mi sentivo meglio a casa. Ho cominciato a conoscere la mia famiglia ed ho stretto amicizia con molti dei miei nipoti. Ora c'è una lotta tra queste mie due parti. Non posso stare a casa, sviluppare un'esistenza al di fuori del gruppo e poi andare in tour per degli anni. In passato non avevo alcun dubbio. Volevo andare in tour con i Cure e fare dischi con i Cure: tutto si svolgeva con i Cure. Ora la vita in tournée è un modo di vivere penoso, per me. Il bere, le droghe e la tensione: ne ho abbastanza di quello stile di vita. Preferisco stare a casa... con il bere, le droghe e la tensione! Questa dicotomia e la scelta che devo fare rappresentano i temi principali dell'album nuovo. Devo venire a patti con il fatto che sono cambiato. Per la prima volta nella mia vita sento che quello che faccio non è la cosa che mi viene più naturale. Prendi una canzone come "39" (la penultima di Bloodflowers). L'ho scritta nel giorno del mio compleanno. Invece di festeggiare, mi sono chiuso nella mia stanza e ho scritto il mio personale Tanti Auguri".
Proprio in "39" canti "Non c'è più nulla da bruciare/ E il fuoco è quasi spento". Per fuoco intendi l'ispirazione? "Si" risponde con tono triste "In Bloodflowers volevo essere onesto sul mio stato d'animo. Volevo scrivere canzoni che significassero davvero qualcosa per me. Se questo è il mio ultimo album con i Cure - pensavo - devo scrivere in modo sincero. Adesso tutti mi dicono che il disco nuovo mi ha fatto pensare in modo positivo riguardo al gruppo, e infatti negli ultimi sei mesi Bloodflowers mi ha fatto cambiare idea. Il paradosso è che prima di questo album sentivo che i Cure stavano scivolando via. Forse è meglio che ritorni a fare musica da solo a casa mia - pensavo - ma poi sono diventato di nuovo entusiasta del gruppo. Sento che siamo grandi. Suonassimo dal vivo ora, potremmo salire sul palco di qualsiasi festival, davanti a qualsiasi pubblico, con qualsiasi altra band in cartellone, e la gente capirebbe che siamo i migliori. Suonando le canzoni nuove assieme a qualcuna delle vecchie - quelle più potenti - mi sono reso conto che i Cure sono ritornati ad essere una grande band, una band importante... per me, solo per me! Non me ne fotte niente del resto del mondo! Lo scorso anno pensavo non avremmo più fatto concerti perchè mi deprimevano se pensavo alla band. Pensavo che Bloodflowers sarebbe stato l'ultimo album, e così le liriche seguono i binari di questo pensiero. Ogni canzone è basata su di me: è me. "The Loudest Sound" è la mia paura del futuro. Il tema me l'ha ispirato una vecchia coppia che vedevo sempre passeggiare sulla spiaggia davanti a casa mia. Mentre componevo Bloodflowers mi sentivo nostalgico. Beh, non avevo mai sistemato le mie fotografie in un album e così mi sono ritrovato a comprarne diversi che ho riempito di foto e che ho sfogliato rivedendo il passato. Guardavo quello che avevo fatto negli ultimi dieci anni e mi immaginavo quello che avrei fatto nei prossimi dieci. Un altro disco, magari fra due o tre anni? Non lo so e non mi importa quello che verrà dopo Bloodflowers perchè c'è questo tempo particolare, ora, e mi interessa solo questo. E poi i miei piani per il futuro non funzionano mai".
 
Robert Smith commenta i dischi dei Cure:
Three Imaginary Boys - "Non lo sento come un disco mio. L'abbiamo registrato in tre giorni e mixato in tre notti. E' l'album dei Cure che amo di meno".
Seventeen Seconds - "Le canzoni (A Forest, M, At Night) le avevo già scritte al tempo di Three Imaginary Boys. E' qui che iniziano davvero i Cure".
Faith - "Con Seventeen Seconds, Pornography e Disintegration, è uno dei nostri migliori album. Il singolo "Primary" non l'ho scritto pensando che passasse in radio".
Pornography - "Il punto più alto della prima parte della nostra storia. Un momento definitivo. "One Hundred Years" la suoniamo ancora oggi".
Japanese Whispers - "Per due volte avevo pensato ad un album solista, poi ho cambiato idea. Le canzoni del primo tentativo sono diventate quelle di Japanese Whispers".
The Top - "Con The Top ho cercato di rendere i Cure un gruppo più colorato. A quel tempo avevamo un lato pop, uno psichedelico e uno gotico".
The Head on the Door - "Un altro passo per allontanare i Cure dalla definizione di band gotica. Mi sentivo a mio agio con queste canzoni pop da trentaquattro minuti".
Kiss Me Kiss Me Kiss Me - "E' uno strano insieme di canzoni. Mi piaceva questo miscuglio di stili differenti. Ci sono canzoni scritte da ciascun membro della band".
Disintegration - "L'impatto che ha avuto sulle persone è dato dal suono particolare. Non ci sono singoli ovvi e sono tuttora sorpreso da quanto sia diventato popolare".
Wish - "All'inizio pensavo uscisse un altro album dark; invece ne è uscito uno più allegro. "Friday I'm in Love" non è un brano profondo né emozionante".
Wild Mood Swings - "Il singolo "Mint Car", purtroppo, non ha combinato nulla in classifica e mi ha fatto capire che il mondo del pop è cambiato".
Bloodflowers - "Credo che i Cure abbiano un suono particolare e che sia quello di Bloodflowers: un suono che dà forma a canzoni lunghe ed emozionanti".
 
 
Gennaio 2000 (Dalla rivista "El Pais") - Da un giornale spagnolo El Pais "Tentaciones"
Dicono addio, e non sappiamo se crederci. Non é la prima volta che i Cure hanno annunciato il loro ritiro dalle scene, ma questa volta sembra una cosa seria: il loro leader, Robert Smith, ha intenzione di voltare pagina e proseguire con nuovi progetti.
I Cure lasciano in eredità un gran numero di canzoni coinvolgenti e video memorabili: il loro primo classico fu "Boys don't cry", nel 1979; l'ultimo é forse "Friday I'm in love" (1992). Con il motore al minimo, gli inglesi sono rimasti attivi durante gli anni novanta, ma la loro immagine sarà legata per sempre al decennio precedente.
In qualche modo, i Cure, con i loro album, il look gotico, il loro trucco e il loro taglio di capelli (o le pettinature) sono uno dei grandi simboli degli anni ottanta, un periodo la cui musica ed estetica sta vivendo giorni di resurrezione. Per questo motivo, e per la divertente lucidità del loro leader, l'addio di questo gruppo storico merita decisamente una copertina.
E' stato detto che Bloodflowers sarà l'ultimo album dei Cure, che Robert Smith vuole cambiare aria dopo un tour d'addio. Ma, quando l'abbiamo intervistato, il suo cruccio più grande era di comprare un tipico ventaglio spagnolo per sua moglie.
Robert Smith entra nella suite dell'albergo di Madrid dove lo aspetta il giornalista e corre verso le doppie finestre. Si sforza per aprirle. "Non capisco perchè ti impediscano di respirare aria fresca, come se fossi un malato". Dopodiché inizia una difficile ricerca - é miope - finché non individua il frigobar e afferra un'orange soda. "Non chiedo molto da un albergo, solo che abbiano un servizio in camera davvero funzionante, anche se chiami alle quattro del mattino. E anche che mi lascino dormire. E' così strano da capire che ci sono persone che non seguono il normale orario di un dirigente?"
La notte scorsa Robert ha fatto baldoria a ritmo di flamenco. Infatti, ha chiesto di sperimentare "il vero flamenco", e alla Casa Patas é stato abbagliato dal ballo di Maria Juncal e dalla musica di Pedro Cortés. "Mi hanno detto che il chitarrista non era di prima categoria, anche se mi é sembrato che suonasse mille volte meglio di me. Ma non mi ha scoraggiato, al contrario: mi hanno restituito il desiderio di suonare e comporre. E la ballerina! Mi é piaciuta un sacco, preferisco quella spontaneità ad uno spettacolo di Joaquìn Cortés. Era un tale piacere che ho assaggiato gli alcolici, sebbene avessi promesso di evitarlo durante questo tour promozionale. Non é giusto che io mi ubriachi in una città e poi non mi attenga ai programmi del giorno seguente."
Quindi i fatti della notte scorsa non devono esere stati gravi, nonostante ci sia stata un'altra fermata etilica nel Dejate Besar, un locale vicino al suo hotel. Robert si presenta col mascara sugli occhi, ma senza rossetto. Indossa una felpa XXL che si rivela pratica: le maniche gli coprono le mani e così versa contemporaneamente dai recipienti di caffè e latte senza temere di scottarsi. Che arte, Robert. "Ti ringrazio. Con tutto quello che ho bevuto nella mia vita, il minimo che posso fare é essere un bravo cameriere."
I Cure e l'alcool. "Siamo stati una band molto alcolica e sono schedato in molte città per aver fatto cose stupide, cose che non ricordo nemmeno! Anche la sangria può essere un problema. Bere nei Cure riguarda un qualcosa di sociale: certi vini che siano pronti da portare sul palco. La cosa negativa é quando si ricorre all'alcool o alle droghe per perdere le proprie inibizioni. Tali sostanze potenziano il tuo coinvolgimento nella musica, ma nego che ti aiutino a creare arte, le cose che ho scritto mentre ero fatto sono state... delle stronzate. Be', il più delle volte." [ride]
Uno può sempre scrivere sulle ripercussioni e sui rimpianti e su tutto il resto. "Uff! Il mio ultimo album autobiografico é stato Disintegration, 10 anni fa, che presenta dei parallelismi con l'ultimo. Non mi piace raccontare cose intime, per paura di annoiare: immagina, 20 e rotti anni pubblicando dischi. Naturale che non rivelo mai quando parlo di me e quando si tratta di osservazioni su gente sconosciuta o semplici fantasie. In generale, sono contento della mia vita e non la uso per cercare ispirazione. Sono molto noioso: mi occupo del mio giardino, vado al cinema, mi occupo della mia famiglia. Qualche volta incoraggio le leggende su di me, affinchè ci sia più confusione. Una cortina di fumo!"
Hai dei figli? "No, mia moglie ha deciso di non averne ed io non mi vedo come padre: manco di disciplina, non voglio nemmeno immaginare come sarebbe mio figlio. Preferisco essere uno zio, ho 21 nipoti. Veramente! In casa mia, la cosa più facile da trovare sono i bambini durante i weekends. Mi trovo molto bene con loro: sanno che ho uno strano lavoro, che suono la chitarra e che appaio in televisione. Mi ammirano di più da quando mi hanno visto in una puntata di South Park! Io non sono una rock star, sono lo zio Robert".
Curioso, molta gente pensa che la personalità di Robert Smith sia un po'... infantile. "Suppongo che sia a causa del rifiuto di essere cinico, per rifiutare di mostrarmi stanco del mondo. Credo che ci siano persone che hanno paura di crescere per via delle responsabilità; io ho la fortuna di fare ciò che voglio e dò origine ad avvenimenti che forse non sono alla portata di un'altra persona di 40 anni. Sono il capo di me stesso. Ma mi assumo anche la responsabilità di un gruppo e, quando sono in tour, ci sono 40 o 50 persone che dipendono da me, non posso giocare con le loro risorse".     TEMPOREGGIATORI
Parliamo del nuovo album, Bloodflowers, che ha impiegato un'eternità a venire registrato. "Non così tanto, cominciammo nell'estate del 1998, ma pensavamo che sarebbe stata una buona idea esercitarci suonando in qualche festival. E ha funzionato, ma abbiamo anche dovuto pagare il prezzo di alcuni eccessi. In autunno siamo tornati in studio e abbiamo usato troppa nuova tecnologia, alla fine avevamo ancora molto da fare. Già nel 1999, ho inciso le mie parti a Londra. Quindi, decidemmo di mixarlo in campagna, nel Surrey. Era una nuova esperienza per noi e... be', non siamo stati molto diligenti, ma l'album era finito per l'estate. Ci dissero che non era molto commerciale, non é nemmeno prevista la registrazione di video, e che aspettassimo finché fosse passata la febbre del millennio, la compagnia non ha molta fiducia, ultimamente, nel nostro potenziale commerciale. Vedi, del resto, ero convinto che l'avremmo registrato in qualche settimana, una di quelle occasioni in cui avevo chiare le canzoni ed il suono che avrebbero dovuto avere, ma..."
Qual é il tuo vero ruolo all'interno dei Cure? "Io mi vedo come un direttore d'orchestra, ho la musica nella mia testa, so cosa mi serve e devo tirarlo fuori da alcuni strumentisti. Per me, questa é la miglior line-up dei Cure, e per questo motivo siamo stati insieme per cinque anni; sta tutto nel motivarli a fare il miglior disco che riusciamo a realizzare. Ma é necessario cercare quello spirito, non imporlo come un obbligo. Possono passare mesi senza che io pensi ad un nuovo brano, ma ho abbastanza esperienza da sapere che arriverà al momento giusto, quando un'emozione diventerà un'idea".
Ci sono regole, c'é un codice comportamentale per essere nei Cure? "No! Se qualcuno ha bisogno che gli sia detto cosa non dovrebbe fare, non merita di appartenere alla band. Evidentemente, non ubriacarsi per suonare, ma questo vale anche per me." Nemmeno regole su come vestirsi o in che modo acconciarsi i capelli? "L'immagine dei Cure sono io, gli altri si conciano come vogliono, ne abbiamo alcuni che sono molto hippy. Ma non ho problemi con gli hippies".
IL LEADER GENEROSO
Riguardo ai Cure, in genere non viene detto che sei generoso; dividi le royalties con i tuoi musicisti. "In primo luogo, sono amici che condividono la mia sensibilità; questo conta di più di qualsiasi possibile capacità tecnica. A dire il vero, avere un musicista di alto livello normalmente porta dei problemi. Questa cosa della distribuzione delle responsabilità evita che i soldi interferiscano con il processo artistico. I testi sono miei e la musica é firmata da tutti, affinchè nessuno dica 'ma io ho composto l'85% di quella canzone'. No, é già stato fatto un patto precedentemente e non é necessario discutere sulle percentuali".
Fu scioccante vedere che Lol Tolhurst, il tuo batterista fin dagli inizi (e poi tastierista, ndt), ti citò in giudizio richiedendo dei presunti diritti d'autore che gli avresti sottratto. "Fu estremamente spiacevole. Permise di farsi guidare da persone attorno a lui che pensano solo a ricavarne denaro, dei bastardi a cui non importava nulla di una relazione profonda come la nostra. E' arrivato a dire che era diventato un alcolizzato per causa mia. La cosa peggiore é stata andare in tribunale e vedere qualcuno che sa che sta facendo qualcosa di abominevole. La sentenza fu completamente a mio favore e mi é addirittura dispiaciuto per lui. Lo stupido era rovinato, per il costo degli avvocati e del processo. Ma io non posso perdonare che abbia coinvolto anche mia moglie".
Robert manifesta un amore illimitato per Mary, una di quelle compagne di tutta una vita che lo ha sostenuto durante i suoi periodi bui. Oggi lui sta facendo impazzire il suo manager per il suo capriccio di comprare un ventaglio castigliano per sua moglie. Lo compra all'ultimo momento: un modello da 300.000 pesetas. "Mary é stata la grande influenza nella mia vita, la roccia che rimane forte quando io perdo la testa. Ha notato, per esempio, che divento aggressivo e scontroso quando mi taglio i capelli. Così li faccio crescere... Mary é molto materna con me. E molto, molto tollerante".
Quando ricevi notizie di qualcosa come la strage alla Columbine High Shool e viene detto che gli assassini ascoltavano rock gotico, temi che siano fans dei Cure? "No, loro non uccidono nessuno, tutto ciò che fanno é suicidarsi [ridacchia]. Non scherzo, a Los Angeles un ragazzo é salito sul palco e ha cominciato a ferirsi. Accadono sempre cose prive di senso con noi là a L.A. Ci sono state organizzazioni che hanno minacciato la nostra casa discografica per aver pubblicato Killing an arab. Noi spieghiamo che Killing an arab viene da "Lo straniero", un libro di Albert Camus e, chiaramente, essi non sapevano né chi fosse Camus né che quell'omicidio non avesse componenti razziste. Nemmeno il nostro Pornography parla di pornografia, ma dell'oscenità della violenza, dello sfruttamento, degli abusi di potere. Fortunatamente, non abbimo una tale visibilità da diventare capi di teste calde. Quello é il problema di... non so."
Marilyn Manson? "Esattamente. E' venuto a trovarci dopo un concerto e poi ha detto che per lui ero stato "uno strano tipo" [ride]. Suppongo che sia abituato ad avere a che fare con dei pazzoidi che cercano di superarlo in atrocità e non mi é mai passato per la testa. Il suo lavoro é palese: canta, si veste, fa cose che sono calcolate per scandalizzare. Gli americani, giovani e vecchi, cadono nella trappola e questo dovrebbe dare per scontato che la sua fama implichi che lo accusino di tutte le cose spiacevoli che si verificano nel mondo, qualche anno fa era Ozzy Osbourne, che metteva messaggi satanici nei suoi album. Ciò che non si chiedono é come quei ragazzi potessero immagazzinare così tanto odio... ed un intero arsenale".
MUSICA A CASA
"Non ascolto mai i Cure nè qualsiasi cosa che li ricordi a casa. Preferisco mettere dischi 'dance', specialmente di 'ambient', musica classica o suoni più etnici. Porto con me da questo viaggio dei CD di flamenco. La verità é che preferisco ascoltare musica strumentale o cantata in una lingua che non conosco, i testi della musica pop di solito sono così brutti che che mi impediscono di godermi le canzoni".
L'EROE
"Jimi Hendrix, sopra chiunque. Mi ha impressionato il fatto che abbia inventato la sua vita, passò dall'essere un chitarrista mercenario negli Stati Uniti a diventare un rivoluzionario della musica in Inghilterra; rese realtà i suoi sogni di libertà. Andai al festival dell'isola di Wight quando avevo 10 anni, ma non vidi Jimi, mio fratello mi lasciò chiuso in tenda mentre andò via per scopare o farsi. Non l'ho ancora perdonato".
LETTURE
"Io ho un problema; se mi piace qualcosa, vado in libreria e compro tutto quello che c'é dell'autore e lo leggo. Così faccio sempre tardi. Un nome? Iaian Banks. Ma tendo di più a divorare libri scientifici, testi riguardo la genetica o l'astronomia".
CINEMA
"Sono un fan dei fratelli Cohen e di Terry Gillian. Ma adoro anche i film di Steven Spielberg, credo che nessuno riceva critiche così cattive ed ingiuste. Non mi considero un mitomane (qualcuno che mente a se stesso, che inventa bugie): so che Stanley Kubrick ha fatto tanti film brutti quanti ne ha fatti di belli. Sì, é divertente trovare produzioni hollywoodiane in cui il protagonista é caratterizzato come Robert Smith... non faccio nomi! Avrei preferito che mi chiamassero per collaborare con me, voglio comporre per il cinema ed ho molte idee per girare il mio proprio film".
ALBUM-TRIBUTO
"Ho partecipato a dei tributi facendo canzoni di Doors, Depeche Mode o David Bowie, ma sono veramente orgoglioso solo della mia versione di 'Foxy Lady', di Hendrix. Recentemente mi hanno chiamato per un album di covers di Nick Drake, che io ammiro quasi quanto Jimi, ma non mi piacevano gli altri artisti che partecipavano ed ho rifiutato. Mi piacerebbe anche fare qualcosa con i Thin Lizzy".
VIDEOCLIPS
"So che i video dei Cure sono molto popolari, ma non mi é mai piaciuto farli: di solito non mi identifico con il personaggio che devo interpretare, sono un po' più istintivo. A dire il vero, quei video sono stati registrati per risparmiarci di recitare in televisione: un tipo della casa discografica ci assicurò che apparire così come eravamo era controproducente, che le vendite degli album che promuovevamo calavano anziché salire. Ma io mantengo un'ottimo rapporto col nostro regista, Tim Pope. A proposito, finiamo l'intervista: devo chiamarlo, mi hanno detto che é appena diventato papà".
 
Thank You Giacomo! (per la traduzione)
 
December 1999 (From CMJ) - Here's a great interview with Robert from CMJ (College Music Journal) on Yahoo Music: Black Celebration: Robert Smith On The New Cure Album By M. Tye Comer.
In 1979, a three-piece, post-punk outfit from Britain with the portentous moniker of The Cure released Three Imaginary Boys, an album of nervous and edgy pop tunes that marked the debut of what would become one of the most respected and influential bands in the history of alternative music. For 20 years, The Cure's music has evolved with impressive disregard for the changing fashions of popular music. The band remained a cult icon and college radio staple throughout the early-'80s, laying the foundation for the emerging goth-rock scene with Robert Smith's navel-gazing lyrics and doomy pop posturing, as well as his ghoulish appearance. In the mid to late-'80s, however, The Cure discovered its penchant for pop dementia and found commercial success as one of mainstream radio's most curious and idiosyncratic outfits. Now with his 40th birthday behind him and the release of a poignant and powerful new album, Bloodflowers, on the horizon, Smith discusses the past, present and questionable future of his monolithic modern rock creation.
When did you record Bloodflowers? The [recording] session was broken up into two sections. We worked on it for about a month prior to Christmas of '98 and then for a couple of months in the spring of '99. I mixed it on and off over a long period of time. Everything was wrapped up about June of this year, so it's been finished for a long time.
Was it a conscious decision to delay the album's release? Yeah. We were working for a release date of Halloween of this year, in typical Cure fashion [laughs], but as the process went along, certain people in the various record companies around the world started getting cold feet about promoting the album pre-Christmas, pre-millenium, blah, blah, blah. There's no obvious single on the album and they got kind of nervous about what they were going to do with it. I think they kind of deferred the pleasure of figuring out how they were going to sell it.
Did it bother you that the label decided to hold onto the record? The problem with it actually stems back to the Galore singles album, which came out [in 1997]. The various major labels wanted it to be a greatest hits album, but I insisted that it was kept as another decade of singles, and I held out. Contractually, I have the power to insist that all records be released the way that I want them. And at the time, the label -- not so much Elektra, but Polydor in Europe -- really stiffed the record. They just wouldn't promote it. They didn't take out any [advertisements] and they only pressed the contractual minimum so it didn't chart high. That just kept a sour taste in my mouth and I didn't feel like going through that again with Bloodflowers because the record means too much to me for it to become a plaything for the record companies. From an artistic point of view, I was very disappointed, because it's kind of a nostalgic album. It's got a very wistful, looking-sort-of-back feel to it, and it was supposed to be kind of a closing of the decade for me. But, having said that, I didn't really expect people to throw it away on New Year's Eve '99 and never listen to it again. But on the positive side of it, it's given the band a few months to rehearse the songs, so we'll be very ready for next year when it's released. We're doing album launch shows, and quite a few other things around the release, which is unusual for us. Normally everything is on top of itself and we're rushing to get the artwork done and the release date is looming.
It must be unsettling to find that your label wouldn't properly promote your releases at this stage in your career. Well, for the past 20 years that we've been releasing albums, every album has been more commercially successful than the one before it. But that stopped with Wild Mood Swings. Wish was the most commercially successful album and then Wild Mood Swings came out about four years later, which was kind of a long gap... and suddenly we came in at a lower level, which I totally expected. I mean, I thought everyone was pretty crazy around me thinking we'd just pick up where we left off because it doesn't really work like that. It suddenly dawned on the record companies that they had no idea why we had got more and more successful and it had nothing to do with marketing, promotion, or anything that was under their control. Since then, they've kind of been floundering really. I mean, I think Bloodflowers... is one of the best three albums The Cure has ever made, but right now [the labels] are kind of struggling to see how they can promote it. Personally, it doesn't bother me in the slightest. The advent of the Internet has been really good for the band. With the few interviews I've been doing for the album, I've been saying that it's like an archetypal Cure album. Once people start to hear it, the word will get out on the 'Net that I'm telling the truth. So I think that just word of mouth will draw the album to people's attention.
Why did you decide to return to the "archetypal" Cure sound with Bloodflowers? There were a couple of things involved. One is that I was turning from 39 to 40, and I felt like I wanted to make an album that marked the transition the way I did with Disintegration when I moved from 29 to 30. So it was partly conceived that I would try to do the same kind of thing, but there was a genuine desire within me to mark the transitional period. I mean, that's why the group has always existed, for me to express myself. But I haven't written an autobiographical album since Disintegration, and I wasn't sure if I should. When I write music, I never know what I'm going to write about until I do it, and I'm writing in a lot of different styles all the time. But I decided that I would only work on the ones that fit into this particular mood. The record company was a little [dismayed] when they listened to Bloodflowers and realized that they weren't going have another radio single. I just didn't really feel like writing or performing pop songs this time around. I wanted the album to have a lot more coherency and more emotional depth... and not have the mood broken by a couple of radio-friendly singles. Remembering back to Disintegration, I didn't really care if anything was going to be commercial or not and I had to get back into that mindset. I just wanted something I could sit down and listen to for an hour where the mood wouldn't be broken, like Disintegration and Pornography. Before we even started recording, I already knew the running order of the songs, the tempos, and the keys. I had obsessed over it to the point where I knew how the album would end up before we even started making it.
Are you, like your label, at all concerned that there isn't an obvious radio single on the album? When making an album like Bloodflowers, you've just got to put that all out of your mind. I don't think it's really right in this stage of The Cure's career for me to be compromising what we do musically in any way with a desire to be commercially successful. I think we've had our fair share of commercial success and it would be very greedy to start worrying about it now.
Is it easier to make a more conceptual album like Bloodflowers than a more pop-focused one like Wild Mood Swings? I personally find it easier, but the others hated it. [Bassist] Simon [Gallup] and [keyboardist] Roger [O'Donnell], who were in the band for Disintegration, hated making that album, and two weeks into making Bloodflowers, they told me that they hated making this one too. In fact, the other four band members left before the mixing because they didn't like the atmosphere in the studio. Every lineup of The Cure has always said that they're the best lineup. The day before we went into the studio to begin recording Bloodflowers, I played the others Pornography and Disintegration and said, "These are two fantastic lineups. In order to have any chance at being the best Cure lineup, you have to come out with an album that's got this kind of emotional impact. It doesn't matter that Wild Mood Swings had some great songs on it. What [The Cure] is remembered for is albums like these." When we made Wild Mood Swings, the house was full of friends and family and people laughing, 26 people at dinner... that sort of vibe. With Bloodflowers, absolutely no one was allowed in the studio that wasn't actually recording. I found it easier to work when no one was talking and no one was laughing. Everyone thought I was being really horrible, and I guess I was because I just wanted everyone to really focus on the album. For those three months, the rest of the world just took a back seat and I didn't worry about anything except making the album. It's been 10 years since I've done that. It's enjoyable on a personal level because before we started making the album, I felt very unsure about the band. I felt that maybe we'd reached a natural end to things and I'd become slightly disillusioned about what I was doing in The Cure anyway. But the actual process of making the album and how it ended up has given me a newfound enthusiasm for the band because I think it's a great record. People always talk about recording music as a therapeutic process and most of the time it's bullshit, but this has been the first time in 10 years that it actually effected me on that kind of level, so it's been a great thing for me. When I invited the others to come hear the playback after I'd finished the last mix, they were astounded at how good it was. I don't think they realized what they were making while they were making it. So although they didn't enjoy the process, I think they appreciate why I was making it in that way. And we're all good friends again. They just hope that we're not going to record the next album like that.
The next album? Do you deny rumors it that will be, in fact, the last Cure release? The album has such a sense of finality. Well, I think it's apparent in the lyrics that when I wrote it, I intended it to be the last Cure album. I think that in everyone's mind, there was this sense that this could be the last thing that we do, at least with this lineup, which is another reason I think they didn't enjoy it. It was an uncomfortable feeling, because no one really wanted it to end, but I thought that maybe it should. I felt that the drive that's behind the band, which essentially comes from me, was gone and I wanted one big swan song. But the weird thing was that since we've done it, I feel totally different about it. I feel really good about the group. I really look forward to playing these songs in front of people. I think there are going to be some fantastically emotional concerts next year. Whether we do anything after that is, as usual, very vague. The difference is that I would like to. If you asked me this time last year, I would have said there was no way in the world that I was doing anything more with The Cure after this album. And I really meant it. But if we're still good friends by this time next year, there's every possibility that we'll make another album. But I wouldn't bet on it. If Wild Mood Swings turned out to be the last Cure album, I would be kind of unhappy about it, because it doesn't sound right as a last Cure album. But Bloodflowers sounds the way the last Cure album should sound.
Since you mention The Cure's infamously frequent lineup changes, just how much have the other band members effected, and contributed to, the band's overall sound and artistic direction? I think the original lineup -- the three-piece of me, Simon and [drummer/keyboardist] Lol [Tolhurst] -- had a very distinctive sound. And in a way, Lol's inability as a drummer, the fact that he was constrained by some lack of rhythmic nonce, meant that The Cure sound was very unique and very individual. It only reached a point of frustration during the making of the Pornography album. Simon and I took a drumstick each and stood on either side of Lol and drummed with him because he was physically too weak to do it and we wanted a big booming sound. Once that band fell apart, Lol was kind of sidelined and never really again contributed to what the band did on an artistic level. I think the core of the band that did The Head On The Door, which was in place from '84 through '92, and underpinned the Kiss Me..., Disintegration and Wish albums, was great. Particularly, it was a sensational live band. Making this album, I think this lineup has really come of age. I think Jason [Cooper] in particular has proven himself to be the drummer I always thought he could be. Boris [Williams] has always been the definitive Cure drummer, but I was astounded how much Jason has improved over the last couple of years. It was a great moment realizing that what I heard in my head was actually going to translate to tape. I think to the general public, The Cure is Robert Smith and a bunch of blokes. But I think what most people don't realize is that the most important thing to me is who is actually in the band. Although it doesn't really change how I write, it does translate into how we make the record.
What do you think has allowed The Cure to maintain such an import role in alternative music culture? It's a very weird combination of things and obviously, there are things in the mix that I don't really know about. But overall, I think at the heart of it is the songs. Without the music, the rest of what I would say has no bearing at all. I mean, there are a million and one people who set out with good intentions, but without the songs you really haven't got a chance. We've simply come up with songs that people enjoy listening to, even if it's on a superficial level. Beyond that, we've managed to retain a certain part of our audience, which is the key to the audience growing. The longer we've been going, the more people empathize not just with me as a singer, but also with what the band represents, which is success on its own terms without any overtly commercial overtones. For example, we've never allowed our music to be used in advertisements, which is a very simple thing but it's unusual. And I think a certain type of person responds to that. It's the sensibility within the band. What we do, we do on our own terms. If we fail on our own terms, that's fine. But we don't want to succeed on anyone else's. It sounds almost kind of twee, because we have been successful and it's easy to say that. But there are several times when we've been offered an easier route to commercial success and I've decided not to take it. The thing that's always driven The Cure is not the desire to be successful. It's always been an end in and of itself. The fact that other people have kind of enjoyed it has just been a bonus. I've enjoyed the success the band has had, but it hasn't been the motivating force behind the band existing.
Was it difficult, then, to accept the fact that the band was successful? Not really, because it happened very slowly. In the very early days, when we were just a three-piece, I wanted to be like Wire or the Banshees. These were the people I emulated on a very immediate level. They were the generation immediately preceding me, literally by a year. They had a certain kind of power to them that transcended punk. I wanted the Cure to be that, but we never were. We actually sounded like the Buzzcocks in the early days, but I think that's because my songwriting was still in its very early stages. I think it was influenced by early Beatles -- the sense of a three-minute guitar-pop song. But when we developed our own kind of voice in the early '80s, The Cure developed into something I hadn't really thought it could be. It was actually more difficult for me to become the leader of this sort of weird cult than it was actually to make the transition from that into the late-'80s when the band became commercially successful with their singles, particularly in America. It was actually the early period of the band that was more intense for me. The reason I took a break from it all after the Pornography album was because I couldn't really cope with what was going on. After that, the band got really demented on the pop side of things, with "Lovecats" and "Let's Go To Bed" and all that stuff.... I wasn't really dealing with the band becoming successful because there was a whole other [slew] of things going on. So by the time that we ended up with quite a high degree of success in the late-'80s, I had gone through so many transitions and phases, it didn't really seem weird because that's how my life was going. I mean, looking back, it was actually quite bizarre. But the only time I feel like it really changed my personality was when we did an American tour with the Kiss Me Kiss Me Kiss Me album in 1987. I remember halfway through the tour, thinking to myself that I was growing a bit mad, because everywhere I went I was being stared at and that was the first time I was aware of that happening. I wasn't prepared for the level of success we had achieved. But I just adjusted to it and it became a part of my existence within The Cure.
So you're at peace with your fame now? When the band goes out and does something, I expect that there are going to be a certain number of people who turn around and come up to me. It's become part of my life and I don't resent it. I hate people that moan about being recognized and stuff. I mean, the plus side of it and the freedom that it brought me is huge. Outside of the band, I've always lived in the same way, in the same community with the same friends. I've kind of had a very solid background to return to, so it hasn't effected me so much. People around town know what I do, but they're not really interested. I still shop in the same shops and the [checkout girls] stopped looking up from the till a long time ago.
When did you become aware of the band's impact on college radio? We were aware of it from very early on, actually. We came over to the West Coast of America with the Seventeen Seconds tour, and that was entirely based on our success on college radio. Back then, we weren't being played anywhere else. Even in the mid-'80s we became more popular, but we never became a mainstream band. It's kind of like we've bridged two worlds, or fallen between two stools, between alternative and mainstream. To a lot of mainstream programmers, The Cure is still a bit too weird. To an alternative programmer, sometimes we're a bit too mainstream. Sometimes we've benefited from that and sometimes we've kind of suffered. I actually enjoy that kind of position because I think it reflects what the band does. I would hate to be forced into the position where everything we do has to be "alternative." At the same time, I would hate to think that we're trying to fit into whatever the mainstream is at that time. I think we've been accommodated by the mainstream when it has suited the mainstream. So even though we've become successful, I feel that we represent an alternative, just not the alternative.
How did you react to the dissention of some of your hardcore fans when singles like "Just Like Heaven" and "Love Song" started getting heavy airplay on commercial radio and MTV? I think that what saved us, and what those Cure fans soon realized, was that we were able to pull off some hits like "Just Like Heaven" but retain our integrity at the same time. That's the trick that I think a lot of people don't manage to pull off. I'm not really sure how we managed it, but I really did enjoy both sides of what we were doing. I really liked making videos and developing that kind of self-mocking, idiot image. At the same time, I enjoyed going out on stage and playing in front of a vast number of people for two-and-a-half hours and coming offstage crying because what we had done had been so emotional. I think that when people grasped that the two weren't incompatible or mutually exclusive, some of the initial feelings early fans had that we had sold them out relented a little bit and gave us a bit more leeway, which benefited us really because we managed to retain a lot of that hardcore audience.
And it was in your favor that Disintegration, which was definitely in that classic Cure vein you spoke of, was also one of your most successful releases. We had a record company listening party for Disintegration as a work in progress about a month before it was finished and I remember the silence in the room after I played it because [the record executives] were expecting Kiss Me... Part Two. There was just this look of absolute dismay on people's faces. I was informed about a week later that I was committing commercial suicide. They wanted to push the release date back and they thought I was being "willfully obscure," which was an actual quote from the letter. I actually kept the letter and I cherish it because Disintegration actually went on to sell millions. Ever since then I realized that the record companies don't have a fucking clue what The Cure does and what The Cure means. So I'm waiting for someone to tell me that I'm committing commercial suicide with Bloodflowers as well.
So the Cure's relationship with the music industry hasn't always been smooth. Do you think labels are even less likely to now to give new bands a chance to grow and develop at their own speed? I'm happy that we were developing in the period of time that we were, because things are much more instant now. I found it very easy to hold back because I was just saying no to everything that was offered to us that would take us to the next level. I was happy to just be selling enough albums to allow us to pay for the next album. That's how I maintained control of The Cure in the early years. A lot of people pay lip service to the fact that they're going to do it on their own terms, but very few people actually do because they think that if the opportunity's there, it's only going to be there once and they have to seize it. That's part of our culture now -- grasp it, because you might not get a second chance. But when The Cure was developing that wasn't really the idea. We'd pass up opportunities because the amount of self belief we had meant we could afford to be left alone until we had developed this culture around the band, whereby the record company wouldn't even bother trying to interfere. We developed ourselves apart from the music business. I'm not sure if you would be left alone to do that now.
What's the difference between then and now? I think it would be much more difficult because there's so much more competition. There's so much more fighting for space and the turnover's so fast. People are much less willing to take a risk on developing a band because they have to justify spending the money. Accountants run it all now. Lawyers and accountants ran things in the old days as well, but there was some leeway for creative people to make decisions. I think it's harder now for decisions to be made on a purely artistic premise. It used to be instinct, but now it has entirely to do with the marketplace and demographics. It's a science now. The marketing and promotion side has always been there, but now it's reached such a fever pitch that it would be very difficult for a record company to nurture a band. At the end of the day, a record company expects a band to sell a lot of records and I don't think there's anything else behind it. We stayed with an independent label [Fiction] that was one removed from the majors... and I think it was a very good thing [for us]. We haven't had the benefit of having the major marketing clout behind us, but we kind of took that as one of the downsides of what was otherwise a very good way of working. We kept all decisions within the Fiction/ Cure world, and then it was presented as a fait accompli to [Polydor and Elektra]. So it was a choice that we made very early on, to allow ourselves the space to develop. If we thought that we missed one opportunity, then we could regret it at our leisure. But we would have failed on our own terms.
How were you able to wield your relatively autonomous control over the course of the band's career? It has as much to do with my character as it has to do with anything else. I've been very headstrong over the years and I've always reacted very badly to the notion that the artist cannot understand what goes on in the commercial world. That's so much bollocks. To retain control over your own destiny, your own career, you have to understand the idiots that you're dealing with. Otherwise, you'll get caught up in them and you'll be trapped and you'll get fucked basically. I understand every facet of what The Cure is involved in. I don't deal with it on a daily basis, but I have to understand why decisions are being made and what the repercussions are, otherwise I would have lost control over the whole thing years ago.
So do you feel an affinity for bands such as U2 and R.E.M., who also developed over a long period of time rather than taking easier roads to success? Well, I certainly don't feel any affinity towards U2. I never have. I think there's a touch more with R.E.M. because I think the sensibility within the band is slightly more in tune with what The Cure does. I feel the most affinity for people like Billy [Corgan] from the Smashing Pumpkins, or with a band like Mogwai, who are infinitely younger than The Cure but have that indefinable something. I just sense there's something about an artist or a band that I instinctively like what they do and I understand why they do it. I hope they reciprocate.
Do you have any advice to offer to up-and-coming musicians? I think it's difficult offering advice. If you have the kind of character where you would genuinely prefer to create art, if it's so immersed in what you do and you figure that success will either come along or it won't, then you don't need any advice. If you become successful, then you'll love it. If you don't you'll still love it. If you're doing something that means something to you on any kind of personal level, there are bound to be other people who are going to be into it as well. I think anyone that's not of that mindset I can't offer advice to anyway because I can't understand how doing it any other way could really make any sense.
And finally, what in the world possessed you to guest on South Park last year? I just thought it was an extremely funny program. They sent me a couple of episodes when I was in New York. I just cried with laughter and I had to go back into makeup because my makeup had run. [Laughs] I just thought they wanted me to do a George Clooney and make gay dog noises, or something. But I thought it was really good that they asked me to be me. In fact, South Park has really taken off in the U.K. and to the younger generation of my extended family over here, everything else I have done has paled in significance compared to appearing in South Park. It's like I'm now a cartoon uncle to my younger nephews and nieces and I've become cool for the first time in 10 years.
(In Traduzione)
 

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