LA TRADIZIONE DEL BU¢vIBBÈ PRESSO I ROM ABRUZZESI

di SANTINO SPINELLI

 

 

Una delle peculiarità più importanti che sicuramente differenzia il gruppo dei Rom abruzzesi, nel vasto mosaico culturale romanó, e il rituale del bu©vibbé, ovvero la proposta di fidanzamento a scopo matrimoniale. Anche altri gruppi rom conoscono la festa del fidanzamento, come il famoso mangimos dei Rom KalderaÒ cosi ben descritto da Williams (1984), ma le modalità di svolgimento del bu©vibbé sono una caratteristica propria dei Rom abruzzesi. Il termine bu©vibbé non è altro che la forma sostantivata del verbo bu©vibbé significa . mandare, spedire, inviare. Inviare appunto la proposta di fidanzamento attraverso una romanticissima serenata. Letteralmente significa (l'invio) ma più precisamente si può tradurre con (ambasciata). anche perché dei maÒatore o mbasatore (ambasciatori) si avvale. Il bu©vibbé si materializza attraverso una passionale serenata nel quadro di una colorata e calorosissima festa che dalla notte si protrae fino al mattino e, se i famigliari della prescelta accettano la proposta, la festa continua fino a tarda sera, abbracciando così due giorni di gioia intensa. Di certo il bu©vibbé costituisce uno dei mezzi consentiti per avvicinare una famiglia romaní di diverso gruppo parentale con cui non intercorrono saldi rapporti di amicizia. Di solito, vi è dietro una lunga preparazione non priva di tattiche, di sotterfugi, di stratagemmi e di strategie diplomatiche, sia per evitare di toccare la suscettibilità della famiglia della giovane interessata, detta ©hà tarní (ragazza nubile), sia per ottenere una qualche certezza nella riuscita dei propri propositi; in tutti i modi si tende ad evitare la mortificazione pubblica di un eventuale rifiuto. La ©há tarní viene adocchiata dal ©havó tarnó (ragazzo celibe) o dai suoi familiari (genitori) solitamente durante una delle numerose feste rom (battesimi, matrimoni, fidanzamenti) o attraverso un altro evento che favorisca i contatti sociali fra Rom (funerale, corse di cavalli, un tempo le fiere). A volte l'incontro viene propiziato con un semplice pretesto di tipo affaristico che permette ai genitori o ai parenti del pretendente di recarsi a casa dell'interessata (ad esempio la vendita di un'auto usata). Attraverso questi contatti si da modo ai giovani di conoscersi personalmente senza però che entrino in contatto diretto fra di loro. Oggi e sempre più frequente l'intervento preliminare dei maÒjatòre e tuvanjá (ruffiani) che in qualche modo riescono a contattare la ©há tarní o la madre di lei o una parente (una cugina ad esempio) per avere una qualche certezza sull'assenso prima di inviare il bu©vibbé il cui costo varia dai quattro ai dieci milioni a seconda delle spese del gruppo musicale, della distanza del numero degli invitati e partecipanti, della quantità e qualità del Rom banchetto mattutino. Queste cifre si riferiscono solo ed esclusivamente allo svolgimento del bu©vibbé fino al mattino. Se il pretendente riesce a scambiare l'anello di fidanzamento, viene organizzato anche il pranzo di fidanzamento (che spesso si può spostare anche di una settimana) e allora il costo complessivo può arrivare fino a venticinque o trenta milioni. Materialmente la serenata viene eseguita da un gruppo musicale kaÞkanes (non rom) perché i musicisti Rom mal si adattano alle esigentissime prestazioni richieste dai festeggiati, senza considerare le eventuali contestazioni o critiche. Queste incombenze sono cosi lasciate volentieri ai gruppi musicali non rom, i quali, ingaggiati per l'occasione, sotto l'abitazione della prescelta eseguono i brani concordati. Le canzoni destinate alla prescelta sono tre, due a tutti i parenti più prossimi che in qualche modo sono vicini al padre della giovane e che possono così influenzare le decisioni. I brani eseguiti sono attinti dal repertorio musicale più in voga o dagli Standard o dagli Evergreen. Canzoni come (Besame mucho), .(Voglio amarti così). (Ciliegie rosa) difficilmente mancano in un moderno bu©vibbé assieme alle tradizionali canzoni napoletane, mentre un tempo erano eseguiti soprattutto stornelli e canzoni napoletane. La serenata all'indirizzo dei parenti, quali zii paterni e fratelli sposati della prescelta, non è altro che un invito ufficiale alla partecipazione al banchetto mattutino, dove si accoglierà o rifiuterà la proposta matrimoniale. Dopo aver fatto il giro del parentado i musicisti tornano ancora a suonare sotto l'abitazione della giovane e dei suoi genitori e spesso, per evitare fraintendimenti sulla persona interessata in una famiglia in cui ci sono più figlie nubili, si pronuncia a viva voce il nome dell'interessata Di solito la formula e: "La serenata e per X e Y). Questa formula la sentii per la prima volta all'età di undici anni quando arrivò il bu©vbbe a mia sorella Antonietta che noi tutti chiamiamo Nella. Dopo i tre brani risuonò nella notte ."... e questa serenata è per Vittorio e Nella". Non di rado i parenti della ©há tarní sono numerosi e abitano in diverse località per cui la festa e la serenata (o serenate) si protraggono all'aperto in modo itinerante per tutta la notte, dopo un incontro iniziale che serve a riunire parenti, famigliari, amici e simpatizzanti del ©havó tarnó, ad organizzare il gruppo musicale assoldato sui brani che devono eseguire e decidere l'itinerario da seguire dando la priorità alla famiglia della prescelta e poi ai parenti più prossimi. Di solito ci si riunisce a casa del giovane pretendente. Se un bu©vibbé parte per esempio dalla Puglia, sede della famiglia del pretendente, e la ©há taní abita a Pescara, il padre del ©havó tarnó troverà una base logistica in Abruzzo a casa di un parente o di un amico o ancora più semplicemente fermerà la comitiva presso un bar o un ristorante nei pressi di Pescara. Da qui, date le ultimissime raccomandazioni ed indicazioni, si parte per l'esecuzione della serenata alla ©há tarní. In questi primi incontri la festa è sicuramente più calorosa poiché durante l'esecuzione musicale il silenzio è d'obbligo per il rispetto dovuto ai festeggiati e anche gli spostamenti fra un'abitazione ed un'altra vengono eseguiti cercando di evitare inutili confusioni; ma è difficile poiché il seguito è sovente costituito da un gruppo di oltre un centinaio di persone. Al bu©vibbé si partecipa volentieri per l'intensità emotiva che riesce a procurare. Dopo il giro del parentado si torna ad una seconda esecuzione musicale alla prescelta; dopo vi è qualche ora di pausa in attesa del levar del sole. I convitati ne approfittano per rilassarsi e per chiacchierare. Qualcuno preferisce riposare in macchina Così si conclude la prima parte del bu©vibbé. La seconda fase si apre di buon'ora con la presenza dei maÒatòre (spesso assonnati, timidi e imbarazzati) che si recano a casa della prescelta. Solitamente vengono accolti con la massima cortesia. Gli onori che i maÒatòre tributano alla famiglia della prescelta con formule di circostanza e alla stessa prescelta con regali sono un obbligo imprescindibile. Agli onori si accompagna la proposta di fidanzamento a fini matrimoniali. Il compito dei maÒatóre è particolarmente delicato e sicuramente devono far appello a tutte le loro risorse diplomatiche. Per questo si scelgono persone che godono di un certo prestigio nel mondo rom e che riescono ad esercitare una certa influenza grazie alle loro doti morali e diplomatiche. I maÒatòre devono appartenere a famiglie estranee ai contraenti e non devono essere vincolati con la famiglia della prescelta da rapporti comparatici, non devono essere pertanto khirivé (compari). Non esistono maÒatòre di professione, ma vengono scelti di volta in volta in relazione alla famiglia della prescelta. Il loro numero varia da tre a otto persone, ma a volte possono essere anche di più e sono spesso amici di entrambe le famiglie contraenti. Ricevere un bu©vibbé è sicuramente un motivo di vanto fra i Rom che rafforza il prestigio e l'onore dell'intero gruppo parentale della prescelta. Per aprire i loro discorsi i maÒatore usano formule come: "Pativalipé a dinjette ta pativalipé sti dèse" ("Onore ti han recato e onore devi tributare"), rivolgendosi al padre della prescelta, tutore dell'onore del suo nucleo familiare. Un altro detto romanès, che viene espresso dal padre della prescelta, fa ben comprendere quale sia l'andamento del bu©vibbé nelle varie fasi: "I ràtte a si tummèngre ta o divèsse a si miró" (."La notte è vostra / comandate voi / il giorno è mio / decido io". Dopo l'ambasciata il genitore della giovane riunisce i parenti e i famigliari in consiglio per decidere se accettare o respingere la proposta di matrimonio avanzata. Qualsiasi sia la decisione, i famigliari della prescelta (in particolare il padre) sono tenuti ad onorare i pretendenti e a recarsi al banchetto appositamente allestito in un bar o in un ristorante. I Rom fanno molta attenzione a non trasgredire le norme che regolano i rapporti sociali all'interno del mondo rom e in modo particolare quelle del bu©vibbé. Trasgredire queste regole di vita romaní provoca disonore e vergogna e un Rom se ne guarda bene. Le norme morali fra i Rom sono vincolanti. È sempre il padre della prescelta a parlare a nome della ©há tarni e a prendere la decisione finale e dopo essersi consultato con la figlia. Se il parere è negativo egli può dichiarare ai convenuti: "Na nemme ©hajá ta prandunàve" (Non ho figlie da maritare). Oppure "Mri ©há na kammèle"(Mia figlia non e interessata). In tale caso il padre della giovane consuma l'aperitivo o il caffe che gli viene offerto e lascia la compagnia senza essere in nessun modo obbligato verso la controparte. Se invece la decisione presa è favorevole alla proposta avanzata, la ©há tarní (ancora a casa) viene chiamata e presentata al pretendente con cui scambia gli anelli per il fidanzamento. Entrambi gli anelli vengono offerti dalla famiglia del giovane e dai maÒatòre.

O nguÒtiasibbé (il fidanzamento) viene festeggiato calorosamente e alla giovane fidanzata (prianí) vengono offerti grandi doni in oro e vestiario da parte dei genitori del pretendente e dei maÒatòre. Vengono scelte le vesti più belle e sgargianti e anelli, orecchini, bracciali, collane che vengono fatte direttamente indossare. I donatori vogliono fare bella figura e in tal modo tendono ad ingraziarsi le simpatie dei presenti e della famiglia della prescelta. La ©há tarní è la reginetta della festa, tutte le attenzioni sono per lei e a lei vengono tributati gli onori. Quasi sempre i maÒatòre diventano khirivé di ngustlí (compari d'anello) al momento del matrimonio. La loro riuscita diventa così completa e sembrano quasi farsi garanti di un amore che hanno contribuito a far decollare. Dopo il periodo di fidanzamento, che varia da tre mesi a due anni, in cui i due giovani approfondiscono la loro conoscenza, si fissa la data del matrimonio (xlosivibbé o prandilipé). Spesso pero sorgono dei contrasti fra le famiglie contraenti o fra gli stessi fidanzati e il vincolo del fidanzamento viene cosi rotto. Il padre della giovane è obbligato a risarcire alla famiglia del fidanzato tutte le spese sostenute dal bu©vibbé fino a quel momento: musicisti, ori, vestiario, viaggi, ecc. Non c'e prezzo che un Rom non pagherebbe per il proprio onore. È proprio per mettersi al sicuro da imprevisti del genere e per consentire alla giovane prescelta di poter eventualmente ricevere altri bu©vibbé, che i promessi sposi non entrano in un rapporto confidenziale intimo. La purezza fisica della donna è un valore assoluto nella cultura dei Rom abruzzesi. Un vecchio detto recita: ."Na ©èle xlosivibbé ta na né sastí". (Non vi é matrimonio senza verginità). I genitori Rom cercano soprattutto di evitare per le loro figlie quegli atteggiamenti e quelle abitudini che rappresentano delle distorsioni e delle degenerazioni nella cultura romaní rispetto al mondo kaÞÞó (non rom). Per questo alle romnjá (donne rom) è severamente proibito dall'etica romanes: indossare pantaloni, fumare, truccarsi, indossare costumi da bagno al mare o giocare d'azzardo. Grande è l'importanza che viene attribuita al bu©vibbé. Importanza logica, poiché è considerato l'espressione del più delicato dei sentimenti fatta in pubblico con la solennità che la musica e la notte gli conferiscono in un mondo, come quello romanó, dove tutti si conoscono e dove ognuno tiene in sommo grado alla stima ed al rispetto altrui. Le spese del fidanzamento sono a carico dei genitori del giovane pretendente, quelle del matrimonio sono invece a carico dei genitori della giovane prescelta. I contraenti possono, in ogni caso, accordarsi diversamente. In passato molto spesso si verificavano le "fughe d'amore" "a naÒtlippèng!" proprio per evitare le grandi spese del fidanzamento e del matrimonio. Ancora oggi avvengono soprattutto quando la giovane si sente minacciata da un bu©vibbé che non desidera, così preferisce accettare la richiesta di qualche spasimante che avviene nella più completa riservatezza attraverso la mediazione di qualche amica o cugina, grazie alla quale si fissa un appuntamento per la fuga. Un tempo queste proposte avvenivano nelle fiere e la parente o l'amica chiedeva alla ©há tarní "A kammèse kuá ©havó?". (Vuoi sposare quel giovanotto?). Se la risposta era affermativa ci si metteva d'accordo per la fuga; al contrario se la risposta era negativa potevano esserci delle ritorsioni o rancori che potevano sfociare in grandi risse. Non si sa quando i Rom abbiano cominciato a fare il bu©vibbé, ma mia madre, Giulia Spinelli di 58 anni mi illumina sul bu©vibbé di mezzo secolo fa: "Avevo 7 o 8 anni quando a Sant'Antonio (quartiere di Lanciano, provincia di Chieti), che allora era un tratturo e ci accampavarno con le nostre tende sotto le bighe, giunse in piena notte una serenata per una mia cugina, figlia di una sorella di mio padre, che aveva già età da marito. C'erano quattro o cinque famiglie accampate sotto le tende a distanza di circa dieci, quindici metri ciascuno. Vennero alcuni musicisti kaÞÞé, ma con loro c'erano i Rom di Campobasso che mandavano il bu©vibbé. Erano tanti e hanno cantato tre canzoni vicino alla tenda di mio zio e due presso gli altri. II cantante stornellava con i nomi del ©havó tarnó e della ©há tarní suggeriva attraverso il canto le intenzioni del giovane. Ricordo alcune parole della canzone che più o meno intonava così: Buna sera e buna notte;

sta serenata e per Pasquale e Carolina.

Chist'uocchie miei non hanno dormuto ancora,

Ve so' venuto a cantà stà canzone d'amore.

No me so' nammorato de la ricchezza

so' nnammorato de le tue bellezze,

il tuo parlare mi sazia e mi onora.

Ma il giorno seguente mio zio respinse la proposta e del fidanzamento non se ne fece più nulla".

Mio padre, Gennaro Spinelli di 57 anni, intanto aggiusta il tiro: "Ma quale Sant'Antonio, quella serenata avvenne presso la Fonte del Borgo dove noi Rom ci accampavamo per la grande Fiera di Lanciano nel mese di settembre. Lo ricordo come ora, anche se ero solo un bambino. I Rom non avevano una fissa dimora, né tantomeno si potevano permettere una casa e allora si aspettavano le fiere dove più o meno si sapeva quali famiglie avrebbero partecipato. Chi avrebbe dovuto ricevere una serenata in qualche modo veniva contattato e avvertito, mai però direttamente dai parenti stretti del ©havó tarnó, ma attraverso la mediazioni di amici e conoscenti delle due famiglie. La famiglia che riceveva la serenata spesso si portava con se tutto il parentado in una tal fiera e si accampavano tutti assieme nei pressi del paese. Allora non era come oggi e al bar, al mattino, i parenti della giovane venivano a prendersi il "mischietto", una miscela di liquori come Caffé Sport, Strega, Anice e Sambuca, che a quei tempi era una primizia. Ricordo che quel giorno lo zio non voleva neanche andare al bar perché si riteneva offeso da quella serenata. Quella famiglia di Campobasso non era molto stimata, perché era composta da persone rissose e che, ancora peggio, maltrattavano le loro donne. Per questo lo zio rifiutò la proposta di fidanzamento. Erano comunque pochi coloro che mandavano un bu©vibbé perché non c'erano molti soldi all'epoca e ancora meno erano coloro che arrivavano ad un regolare matrimonio. Di solito si preferiva la fuga d'amore. Ciò nonostante da noi il bu©vibbé sempre esistito!".

I miei genitori rappresentano una enciclopedia vivente di ziganologia e un serbatoio inesauribile di informazioni che i più giovani non conoscono. Mio padre continua: "Anche i KaÞÞé mandavano la serenata soprattutto quelli che vivevano nell'ambiente rurale, ma era diversa dalla nostra. Innanzitutto la serenata dei KaÞÞé era eseguita con un solo strumento con il canto ed era seguita da poche persone, le canzoni venivano cantate solo alla sposa che già conosceva l'amato. La fidanzata che accettava la proposta apriva la finestra o la porta di casa. Fra i Rom questo e vergognoso perché il bu©vibbé si ascolta in silenzio e senza affacciarsi, per nessun motivo. I giovani non si conoscono ancora, se non di vista, e il rituale rom prevede tre suonate alla giovane e due ai parenti. Infine i KaÞÞé non vanno al bar, ne inviano i maÒatòre ma fanno entrare in casa il pretendente assieme ai suoi amici. Nessun'altro gruppo rom usa come proposta matrimoniale il bu©vibbé nella forma dei Rom abruzzesi. Il bu©vibbé non si riscontra né fra i Rom balcanici meridionali da dove i Rom abruzzesi provengono, né in nessun altro luogo dove vivono i Rom. Ciò lascia supporre che sia stato adottato in Italia, sicuramente attinto dalla tradizione locale dell'Italia meridionale e con tutta probabilità dal passionale ambiente napoletano. Già nel 1221 Federico II emanò una Assisa in cui limitava manifestazioni di tal genere nelle ore notturne. Cantanti e musicisti popolari erano numerosi nei secoli XV e XVI ed essi animavano dei loro concertini le vie della città in ogni ora del giorno. Quegli stessi cantanti e suonatori venivano ingaggiati dagli innamorati per portare serenate alle loro belle. Di quelle serenate ci sono numerose testimonianze con precise descrizioni (cfr. Di Massa, 1961). Del resto antenati dei Rom abruzzesi, che rappresentano uno dei gruppi rom di più antico insediamento in Italia se non il più antico, erano stanziati a Napoli, fuori di Porta Capuana già dalla fine del XVI secolo, prima con tende e poi con baracche (cfr. Piasere, 1994). Lo stesso mio trisnonno, Angelo Spinelli, era nato nel 1840 a Vairano Patenora oggi Vairano Scalo (Caserta) a circa quaranta chilometri da Napoli. Era figlio di Giuseppe Spinelli e Maria Romano. Molti Romano, ancora oggi, sono rom che vivono nel napoletano. Il figlio di Angelo, Fedele Spinelli, mio bisnonno, nacque a Venafro (Isernia) e quindi vi è già uno spostamento nel Molise. Mio nonno Rocco Spinelli, nacque a Lanciano in Abruzzo dove la mia famiglia attualmente vive. È quindi possibile che l'uso della serenata sia stato attinto dall'ambiente napoletano e si sia diffuso in seguito tra i Rom grazie anche ai continui spostamenti. Di certo i Rom hanno inserito la serenata nel bu©vibbé ma adottata e reinterpretata. Durante il Settecento, quando il teatro popolare ebbe vigorosa ripresa ed il canto della strada saliva al palcoscenico e da questo tornava rielaborato per le vie cittadine, l'usanza della serenata ha conservato la sua tradizione. Piena ripresa, e quindi molte testimonianze, dell'usanza della serenata troviamo a Napoli nell'Ottocento (Di Massa, 1961). Questo è probabilmente il periodo e l'ambiente che ha dato un grande impulso al bu©vibbé dei Rom abruzzesi. Ed è interessante notare come proprio durante questo secolo la canzone serenata, partendo dalla sua più semplice espressione di canto d'amore dell'innamorato alla sua bella, veda man mano modificato quella che può considerarsi la cerimonia rituale della serenata e la natura stessa del canto, arricchendosi di elementi letterari o teatrali dai quali in un certo qual modo essa resta snaturata. La serenata venne inserita come "pezzo in genere". in numerose opere come : "Barbiere di Siviglia" "Trovatore" "Maestri Cantori". Handel e Mozart certo non rimasero insensibili verso la serenata che inclusero nelle loro opere. Ma fra i Rom abruzzesi la cerimonia rituale della serenata è rimasta legata alla tradizione originaria, anche se adattata ad hoc alle proprie esigenze, ai propri propositi e alla propria visuale di vita. Costituisce il mezzo a cui il Rom ha affidato il compito di trasmettere i propri desideri, i propri sentimenti, la propria volontà. Come supporto fondamentale vi è la musica. Già, la musica, un elemento fondamentale della cultura dei Rom che accompagna gli eventi più importanti della vita come la festa e la morte (fra i Rom abruzzesi il feretro è accompagnato dalla banda musicale; (cfr. Spinelli, 1994). E poco importa se e soprattutto la musica dei KaÞÞé ad essere eseguita o che siano gli stessi gruppi musicali kaÞÞé a suonare. Ciò che è fondamentale è lo spirito, l'organizzazione e l'interpretazione del bu©vibbé che è tipicamente romanes. La musica, il canto, la danza sono elementi artistici che permettono di rappresentare i sentimenti più profondi dell'essere umano stabilendo chiavi di comunicazione che superano il campo della razionalità. In tutte le culture, in tutti i popoli, la musica forma parte della propria storia esistenziale e in ogni manifestazione artistica si possono rintracciare una infinita di esperienze passate. Il bu©vibbé va sicuramente inquadrato sotto quest'ottica. I Rom abruzzesi hanno perso la loro musica originaria, codificata come genere alla maniera dei KaÞÞé ma hanno conservato la maniera romaní di usufruire della musica (cfr. S. Spinelli e P. Suarez). Ancora una volta è l'ambiente napoletano a fornire un valido supporto musicale e vocale. Non è quindi una casualità se oggi i Rom dell'Italia meridionale, divisi dagli ziganologi in tanti gruppi ma che in realtà rappresentano un unico gruppo con qualche differenza fonetica e lessicale a livello linguistico, amano il genere napoletano. Nella musica partenopea sono condensati un insieme di influenze musicali, fra cui quella spagnola che a sua volta è influenzata dalla musica araba e da quella gitana. Nei melismi, nei vibrati, nella calda passionalità della musica napoletana i Rom abruzzesi ritrovano le tracce della loro musica originaria, dimenticata razionalmente perché non praticata, ma che aleggia ancora nella loro anima. Molte canzoni napoletane sono molto vicine a certe canzoni rom e similmente armonizzate sulla scala di importazione orientale che prevede nel modo maggiore la 2° e la 6° abbassate di un semitono, mentre nel modo minore presenta la 4° e la 7° aumentate di un semitono. E quando qualcuno associa gli rom ai Napoletani e viceversa vi è sicuramente una certa verità di fondo: il modo di agire, di comportarsi, di sentire la vita è decisamente molto affine. Tuttavia la vita romaní segue un ritmo, un proprio ritmo, inconfondibile a chi sa percepirlo. Nel ritmo vi è un movimento, nel movimento vi è uno spostamento, nello spostamento vi è il viaggio, nel viaggio vi è il nomadismo dei Rom. Il bu©vibbé con le sue fasi, i suoi ritmi e i suoi spostamenti rispecchia tutto questo. Il ritmo è sicuramente l'elemento più sensuale della musica con una influenza fisica. La ricchezza ritmica favorisce il libero fluire dei movimenti, dell'espressività dei desideri nascosti. La melodia ha un'efficacia psichica, ovvero affettiva sentimentale, emotiva. La musica così agisce sull'anima, sulla volontà, sugli impulsi più reconditi. Il bu©vibbé condensa in se tutto questo, quasi che i Rom si affidino alla musica per influenzare l'esito della risposta alla proposta di fidanzamento. Già nell'antichità i Greci elaborarono la tecnica dell'ethos musicale in cui la musica non solo poteva modificare o determinare gli stati d'animo ma anche agire sulle facoltà volitive. Le azioni della musica erano fondamentalmente tre a seconda che produceva un atto di volontà (ethos energico), la paralizzasse (ethos snervante) o provocava uno stato di ebbrezza (ethos estasiante). Musica diastaltica, sistaltica ed esicastica secondo il teorico Aristosseno. Lo stesso Dante, nel Purgatorio, quando incontra l'amico musicista Casella ricorda l'effetto benefico della musica e dice: "Mi solea quetar tutte le mie voglie" chiaro che agisce l'ethos esicastico (cfr. Mila, 1977). A ben riflettere ancora una volta, il bu©vibbé dei Rom abruzzesi racchiude in se tutti questi elementi miscelati con la fantasia, la vivacità, il calore dei Rom a sottolineare la ricchezza umana di un popolo che ha fatto della precarietà il proprio stile di vita dimostrando di amare la musica, la natura, la vita nella sua pienezza al di là del dolore e dei sacrifici, dei conflitti e delle incomprensioni. Il bu©vibbé viene così ad essere l'espressione più alta dei sentimenti di un Rom, quasi un rito attraverso il quale si impegna al cospetto della natura e degli uomini ufficialmente nella sua promessa d'amore. Il matrimonio romanès oggi si svolge seguendo i canoni della cultura maggioritaria, in chiesa, seguendo il rito cattolico a cui i Rom sono allineati più per convenzione che per sincera devozione, essendo la loro religione soprattutto esistenziale. Il matrimonio fra i Rom abruzzesi è una grandissima festa; quasi sempre gli sposi vengono accompagnati da una scintillante carrozza trainata da più pariglie di cavalli. La festa nuziale, tra lauti banchetti e abbondanti libagioni, costituisce un momento particolare di incontro fra gruppi familiari diversi ed occasione ghiotta per sviluppare nuove relazioni sentimentali. Ogni invitato vuol ben figurare e mette in mostra il proprio status sociale e fa volentieri mostra di benessere e di agiatezza con ori, automobili, vestiti ed altri oggetti preziosi. La festa, però, è sempre dominata da un profondo calore umano e da una trascinante vivacità, con tanta musica e con tanti buoni bicchieri di vino.

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