28 aprile 2000
Dichiarazione di voto per la fiducia al Governo
Amato
FAUSTO BERTINOTTI.
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio,
signore e signori deputati, vi sono momenti in cui le parole della
politica incontrano qualche difficoltà ad esprimere quello che realmente
si pensa. Allora, mi consentirete di rivolgermi in particolare ai colleghi
del centrosinistra con una frase non rituale: mi sembrate proprio matti!
Fuori da questa formula poco rituale, se ne può usare una più consona a
questo luogo: Dio acceca chi vuol veder perdere.
Signor Presidente del
Consiglio, ho letto con attenzione, come di dovere, il suo discorso per
cercare un motivo razionale di questa sua impresa, per cercare di capire
il perché di un Governo senza D'Alema per fare la politica di D'Alema;
perché non accogliere la proposta almeno di forte semplificazione
dell'esecutivo, venuta autorevolmente dal Presidente della Repubblica? Un
Governo che non riesce a formarsi su grandi progetti politici, si forma
almeno su un elemento forte di per se stesso ed imprime, per questa via,
un elemento di rinnovamento al paese. Perché avete dato luogo ad un
Governo la cui composizione scontenta molti dei protagonisti, apre una
crisi nei Verdi, apre una crisi nei Democratici? Ebbene, signor Presidente
del Consiglio, non ho trovato le ragioni di questa deriva. Ho provato,
allora, a ragionare cercando di guardare più a fondo nel processo e penso
che si sia arrivati a questo per una questione davvero decisiva: quella
del ruolo delle sinistre nel nostro paese.
Le elezioni regionali ci
hanno visti affrontarle in alleanza con lo schieramento del centrosinistra
nei confronti del cui Governo siamo stati - e siamo - radicalmente
all'opposizione. Queste elezioni hanno visto una sconfitta del
centrosinistra e una vittoria delle destre. Voi date oggi una risposta a
questa lezione nella direzione opposta a quella che veniva indicata. Il
Governo D'Alema ha fatto una politica di centro, una politica liberale,
una politica neoliberista. Il suo Presidente del Consiglio era tanto
convinto del successo di quella politica, della sua capacità di aggregare
consensi, da accettare la sollecitazione di Berlusconi a trasformare le
elezioni regionali in un referendum a favore o contro il Governo. La
sconfitta non poteva essere più bruciante. Ma da dove viene quella
sconfitta? Da uno spostamento a destra del paese? No, viene da una
demotivazione dei popoli della sinistra, viene dalla frantumazione
sociale, viene da una separazione tra il paese reale e il paese ufficiale
che ha dato luogo ad una astensione gigantesca che si è ulteriormente
irrigidita. Così le destre guadagnano un consenso anche dentro le nostre
popolazioni, che smottano su temi difficili come la sicurezza e
l'immigrazione.
Di fronte a quella dura lezione, cosa fare, se non una
politica di apertura sociale, di apertura a sinistra? Noi ci abbiamo
provato, come sempre, indicandovi il terreno: aumento delle pensioni
minime sociali, rivalutazione dei salari e degli stipendi, introduzione
del salario sociale, diritti sociali, una nuova politica per
l'occupazione, insomma, un nuovo corso dell'economia. Ma voi, invece di
reagire dialogando a sinistra e aprendo alla socialità, erigete un
monumento al centro, simboleggiato dalla sua indicazione a Presidente del
Consiglio. In realtà, invece di cambiare la sostanza della politica,
cambiate il vestito di cui si ammanta questa sostanza, tenete una politica
di centro e ci mettete sopra un'immagine decisamente di centro. La mia non
è, come è ovvio, la critica di Di Pietro: questo centro, però, cos'è? È
l'espressione di quella sinistra moderata che a partire dal 1980, quando
aiutò l'impresa capitalistica in una rivincita di classe, per arrivare,
nel 1984, all'attacco alla scala mobile e poi nel 1992, signor Presidente,
alla sua concertazione autoritaria che mise in crisi la CGIL, ha sfidato
ed ha combattuto apertamente il sindacato dei consigli, il partito
comunista di Berlinguer, la cultura antagonista di questo nostro paese.
Tangentopoli non è stata un episodio, è stata un processo corruttivo
gigantesco che ha investito l'intera classe dirigente di questo paese.
Oggi può essere messa tra parentesi perché quella sinistra moderata ha
compiuto la sua capacità di egemonia ed oggi, qui, guida la compagine di
Governo. Ma i riformisti, i Verdi, i Democratici di sinistra perché stanno
in questo pasticcio? Questo nuovo centro, pur producendo crisi sociale e
rottura a sinistra, sembrava almeno essere garanzia di vittoria. Dicevate:
bisogna fare l'alleanza col centro per battere le destre. Ebbene, questa
tesi si è rivelata falsa, con questa alleanza le destre vincono, e vincono
pour cause. Vincono perché la sinistra smette di essere se stessa,
non ha un progetto di società e vincono perché così si apre un varco ad
una destra forte, pericolosa, con un'idea di società per me pessima,
persino antropologicamente, fondata sulla disuguaglianza, sulla
competizione, sul successo, e politicamente fondata su un iperliberismo da
una parte ed un autoritarismo dall'altra. Ma voi consentite quella
vittoria. Un centrosinistra senza un'idea di società disarma il suo
popolo, destruttura il suo blocco sociale, apre le strade a questa
vittoria. Volete una prova conclusiva? C'è un referendum nelle prossime
settimane: è la piattaforma delle destre, vuole consentire maggiori
licenziamenti dei lavoratori e vuole cancellare la possibilità che in
questo Parlamento siedano forze dichiaratamente anticapitaliste. Una
piattaforma delle destre richiederebbe alle sinistre una battaglia aperta
per sconfiggere questa operazione. Noi ci impegneremo in questo senso e lo
facciamo anche chiedendo la non partecipazione al voto per far fallire
questa operazione francamente antidemocratica: ma l'altra sinistra dove
sta? Sta nella stessa prigione che ha dato luogo a questo vostro Governo.
Signor Presidente del Consiglio, ieri sono stati forniti due dati:
negli ultimi cinque mesi i salari sono cresciuti meno dell'inflazione, il
che vuol dire che il salario reale in Italia è diminuito. Oggi sentiamo
che la benzina, il gas e l'elettricità sono aumentati. Lei è fortunato,
qualche anno fa un altro Presidente del Consiglio, magari Andreotti o
Rumor, si sarebbe beccato una proposta di sciopero generale da parte delle
organizzazioni sindacali. Noi confidiamo che una crescita della
partecipazione in Italia metta in crisi un disegno di restaurazione come
quello che qui si sta avviando.
In ogni caso, signor Presidente del
Consiglio, viene da un leader della sua maggioranza un invito che io le
consiglierei di ascoltare; viene da Leoluca Orlando, un dirigente del
partito democratico, sindaco di Palermo, che le chiede di rassegnare il
mandato ora, prima di sprofondare nelle sabbie mobili: io penso che sia un
consiglio da ascoltare