Dallo spirito religioso all’interpretazione della natura in Sogno e realtà di Adua Casotti (Alcaest, novembre 2001)

«Signore, che cos’è la poesia?». «Mah, signore, è molto più facile dire che cosa non è. Noi tutti sappiamo che cosa è la luce, ma non è facile dire che cosa essa sia» scrive il letterato inglese S. Johnson alla fine del XVIII secolo. Ed è proprio questa la domanda che Adua Casotti si pone nella lirica introduttiva di dedica della sua silloge di poesie “Sogno e realtà”. In essa afferma: «Non sono poeta, / so descrivere col cuore / le mie emozioni, / ricordi, / dolci amori, / dispiaceri». La poetessa si serve dell’affermazione iniziale “non sono poeta” per dire in che cosa consiste la sua poesia. E la silloge di Adua Casotti si mostra sin dall’inizio di elevato contenuto poetico e soprattutto di elevata espressività interiore. Il suo obiettivo principale non è quello di fare poesia, ma solo di esprimere la propria interiorità per «lasciare un ricordo nel domani». I ricordo ha quindi una parte preminente, ma è un ricordo in prospettiva e non un ricordo che trasporta il passato nel presente. La silloge mantiene dall’inizio alla fine un suo filo logico. Parte con delle preghiere, in cui il rapporto uomo-Dio diventa ed è familiare, si sofferma sulla definizione dell’essenza spirituale che è Amore e giunge alla interpretazione e all’ascolto della Sua voce fino alla contingenza del suono delle campane. Ma il loro suono penetra «il cuore, / ricorda la fede, / fa sentire l’amore!». Dallo spirito religioso si passa al senso della vita (così infatti ha titolo una delle liriche). E se è sbagliato chiedersi il perché delle cose, un alone di mistero rende più gradevole la vita, in quanto non sempre le spiegazioni sono consone alle profondità interiori. Eppure «il dolore di vivere, / la forza di lottare / è misterioso», misteriosità intramezzata da inevitabili dolori, così come alla luce si alterna l’ombra. Gli eventi più normali esprimono concetti universali. Un compleanno o un battesimo diventano occasione di poesia. Ma ogni evento è avvolto dal tempo e il tempo è infinito: «Un giorno può durare all’infinito / ricordando minuto per minuto / la densità d’amore / che si è dato e ricevuto». Ma è il sogno che deve predominare nella vita umana, il sogno che porta magari la felicità. E in questo sognare la natura diventa viva e umana perché piace pensare che essa abbia una voce che gli alberi abbiano un cuore, che i fiori parlino d’amore. Nella poesia di Adua Casotti la terra e la natura hanno un valore fondamentale. La terra diventa a volte elemento chiave. Essa si pone quasi in rapporto speculare con il Cielo. La sua poesia è, infatti, una poesia di luce e di calore, di bellezza e di profumi. Tutto profuma di fiori. Tutto è un’eterna primavera quando l’uomo sa sorridere ed amare. Ecco che ad un tratto esplode la felicità dell’anima! Il mare a volte è espressione di questa felicità. Il mare ha il suo fascino, come fascinosa è la vita. Il mare diventa metafora. «Sull’onda dei ricordi / ripenso alle parole non dette / che mi uscivano dal cuore, / restavano in gola». Ma alla vita si alterna la notte, il buio, l’autunno, quasi fossero metafora della morte, metafora della vita che sta per finire. Ma l’ultimo raggio di sole porta alla speranza.

Gli animali hanno anch’essi una parte fondamen-tale nella poesia della Casotti. Emblematica è “Io sono Leo”, dove si racconta la storia di un cane lupo. Ma quel cane, praticamente simbolo dell’umanità sofferente, si imbatte in ostacoli e dolori. Il linguaggio metaforico e para-bolico diventa preminente. Ed ecco che dalle liriche della Casotti emerge una grande affezione per gli animali dome-stici. “Leo”, il cane abbandonato e bistrattato, mira alla libertà e alla felicità. E anche se la sua vita è triste non può fare altro che pregare «il Dio dei cani / che mi faccia morire, ormai son vecchio, / il mio cuore è stanco di soffrire».

Angelo Manitta