Dalla luce esteriore ad una visione intimistica: poesia aerea e sottile in Immagini del silenzio di Franco Dino Lalli (Tracce, giugno 1999) 

«Le parole notte, notturno… le descrizioni della notte… sono poeticissime perché la notte confondendo gli oggetti, l’animo non ne concepisce che un’immagine vaga, indistinta, incompleta, sì di essa che di quanto ella contiene» scrive Giacomo Leopardi nello “Zibaldone” e più avanti afferma che «la rimembranza è essenziale e principale nel sentimento poetico, non per altro se non perché il presente non può essere poetico». La poesia di Franco Dino Lalli della silloge “Immagini del silenzio”, a mio avviso, è improntata a questi due principi leopardiani: la memoria e la ricerca delle parole poetiche. Il modulo stilistico del poeta di Assergi, pur essendo legato a versi asciutti ed essenziali, va alla ricerca di elementi simbolici, tratti di solito dalla natura e dal paesaggio, per giungere ad una profondità esistenziale. L’elemento naturale è presente a partire dalla poesia introduttiva della silloge dove, contrariamente ad ogni convenzione, l’opera è dedicata al vento, al sole, alla neve, alla pioggia. Si tratta di elementi che si accordano con il ricordo ed il passato per filtrare il presente, quale entità sensitiva e vivificante. In poche parole non potrebbe esistere presente senza passato, come non potrebbero esistere l’uomo e le sue emozioni senza il contesto naturale da cui egli scaturisce e con cui si confronta. Il ramarro, l’usignolo, l’acqua, il lago, il fiume, la sorgente, l’albero, il sole diventano espressione di canto e di vitalità umana, assumono valore simbolico. «Anche una creatura – afferma il poeta - / che incute tanto timore / diventa una cosa bella, / illuminata dal sole». In una simbiosi e concomitanza di intenti, i sentimenti umani diventano tutt’uno con gli elementi naturali. La poesia appare non altro che espressione interiore, mistificazione della propria esistenza, misticismo contemplativo della realtà circostante. Ma la natura è soprattutto esplosione di colori e di vita. L’elemento ‘luce’ nella poesia di Lalli è determinante. In questo senso la sua poesia può essere accostata alla sua pittura, dove colori forti si alternano a colori tenui per far meglio spiccare i primi. Ma anche qui si tratta quasi di un eterno dialogo tra uomo e natura. E vengono alla mente la poesia “Chiare, fresche e dolci acque” di Francesco Petrarca e il “Dialogo della natura e di un Islandese” di Leopardi. In quest’ultimo all’espressione del protagonista: «Sono un povero Islandese che vo fuggendo la Natura», la Natura risponde: «Io sono quella che tu fuggi». I versi di Lalli sembrano farvi eco: «Io so chi sono, / come sono nel sole e nel vento / e quando cambio, quando cambio / per niente e per nulla». La natura si mani-festa allora quale espressione di silenzio, di pace, di quiete interiore. Se la natura è silenzio e riflessione, la terra assu-me valore deistico, diventa quasi divinità. «Non voglio par-lare di destini più audaci / non voglio parlare di desideri soavi, / ma trarre parole dalle zolle di terra». La reticenza è già una confessione. Il non voler dire è dire. Il verso assume una sua musicalità e sonorità che ben si adegua al contenuto, ma il tono costante della poesia di Lalli è aereo, labile, sottile. La sua poesia, attraverso una epicità e un titanismo più o meno palesi, giunge alle piccole cose, alle semplici emozioni, alla ricerca primordiale dei sentimenti e delle emozioni, con una penetrazione metaforica e simbolica della natura, sapendo fondere anima e corpo. La montagna in tal senso simboleggia l’aspirazione verso l’alto, verso il mistero e la perfezione. La realtà viene vista in positivo, «l’Autore ci trasporta su un piano quasi surreale, moltiplicando i riferimenti simbolici degli elementi naturali e creando una potente suggestione grazie alla forza icastica ed evocativa del testo» afferma nella postfazione Ubaldo Giacomucci.

                              Angelo Manitta