I bambini, le donne e i loro problemi nel mondo contemporaneo, e brasiliano in particolare, visti da Djanira Pio nel volume di racconti Fragmentos (Ysayama, Brasile 1998)

Djanira Pio nel volume di racconti “Fragmentos” rivela un volto femminile: una donna triste e malinconica, scacciata, povera o quasi povera, una donna che cresce i figli da sola: un volto come tanti volti, una donna come tante altre.  Ma l’autrice spesso racconta pure di bambini che non conoscono padre, soli e abbandonati. L’opera è scritta, proclama l’autrice, per quelle donne «traídas ou humiliadas, numa sociedade regida por duras regras masculinas». Ma quando Djanira Pio «racconta dei bambini e delle donne la storia diventa densa e pregna di liricità» aggiunge la scrittrice Vera Moll. Il libro offre una duplice possibilità di lettura: o come racconti isolati o come un unicum tematico. Il lettore comunque vi troverà numerose situazioni che l’autrice presenta attraverso un narrare a frammenti, in maniera agile e accattivante, ma sempre attraverso una sensibile ottica femminile, rivelando numerosi elementi per comprendere la realtà: «Donne solitarie, tristi, oppresse, innocenti e nello stesso tempo alla ricerca di se stesse, quasi simbolo frammentato dell’attuale femminilità» scrive nella nota introduttiva Ricardo Matsukawa. Ma non solo. I bambini hanno anche una parte determinante, come nel racconto “Segredinhos”, dove una bambina crea un suo proprio mondo o in “O Garoto”, dove la madre consola il figlio che non ha conosciuto il padre. L’autrice presenta situazioni e sfide della società contemporanea brasiliana, volendo dare una scrollata a tutti noi e farci capire certe realtà sociali, come nel racconto “Bárbara”, dove la protagonista percepisce i propri limiti e l’assurdità di un matrimonio tra una persona di una certa età ed una ragazza. Ebbene questo libro è innanzitutto una profonda riflessione femminile. I suoi racconti fanno riflettere su noi stessi – uomini o donne, – una riflessione personale che comunque è necessaria per capire il mondo che ci circonda, proprio come ha detto Socrate: «Non mi resta che vivere con me stesso ed ora in verità sono l’unica persona dalla quale non potrei separarmi, sono l’unica persona la cui compagnia devo sopportare per tutta la vita».

                              Angelo Manitta.