Il mondo femminile nella poesia e nella pittura di Teresa Rizzo in Il Ficodindia, (Messina 1995) 

Teresa Rizzo critico d’arte, pittrice e poetessa, donna impegnata nel sociale e nella cultura nel senso più ampio della parola, ovvero una figura poliedra. Ma attraverso lo scorrere delle pagine della silloge “Il Ficondindia” si scopre soprattutto l’essere poeta e pittrice della Rizzo. Così ai suoni dei versi si aggiungono i colori delle opere pittoriche dove figure e paesaggi si intrecciano in un alternarsi di sentimenti e stati d’animo. Ma la silloge è anche un’attenta osservazione del mondo. Ai luoghi comuni e ai tempi vicini si contrappongono quelli dei ricordi lontani: «Non ride più il passato / nella mia terra / alle donne gravide / di nuovi destini ». «Ma la poesia – scrive nella ricca nota critica Carmelo Garofalo – è la traduzione scritta dell’interiorità dell’uomo». Quindi un’interiorità che riprende il filone carducciano e verghiano. Per quanto riguarda quest’ultima influenza letteraria, a mio parere, diventa espressione tangibile nei versi la “Fantasticheria”: «Forse un giorno / un fiore / accenderà ogni sasso / e la notte colorerà / tutta l’estate». Ma la speranza dei Malavoglia che lottano contro le impetuose onde del mare, non è altro che la speranza tipica del siciliano che si trasforma nei versi dell’autrice in: «Vedrò la luce / di ulivi, di gigli / d’altrui mano. / Allora, canterò felice / il mio inverno / senza vegliare più / per un boh! Errante». Ma non solo nella speranza sta il contenuto delle poesie della Rizzo. In esse emerge l’Io di una donna che nello stesso tempo è madre ed osservatrice del mondo che la circonda, così alla guerra si contrappone il desiderio di pace. E quindi l’angoscia di chi vive i problemi della società, ovvero «L’ansia di vivere / in un soffio di rosa, / in un tremulo sguardo, / in un passo accennato /...Ormai tutto è scritto: / Vivere ansiosi / è morire pian piano». La silloge immediata e snella ben si può paragonare ad un dipinto dove pensieri, forme e colori si intrecciano e diventano un tutt’uno. Ma quale figlia di Si-cilia la Rizzo non dimentica il travaglio interiore che ac-compagna l’emigrato al momento della separazione dalla propria terra, separazione che diventa una vera e propria prova quando sul traghetto le coste diventano sempre più piccole e la Madonnina del Porto di Messina con lo sguardo materno accompagna i propri figli in quel viaggio di speranza, mentre: «Lu cori è ‘nte To mani / pu jornu nun luntanu / di rividiri a Tia». A tal proposito scrive nell’introduzione Francesco Cardile: «La meravigliosa avven-tura non ha mai fine e la rilettura di ogni poesia compie il miracolo svelando contenuti sempre nuovi, via via più articolate e penetranti visioni di vite sognate e di vite vissu-te nella fantasmagoria di luci e di colori, di vita ricondotta all’unità dell’intelligenza e del cuore», in quanto come scri-ve Karl Detlef «in ogni cuore femminile non ancora dis-chiuso c’è una pienezza di timida poesia, una musica di arpa eolica, che aspetta soltanto un alito affine per rivelarsi».

                       Enza Conti