Il
rapporto arte-vita nella poesia di Silvano
Messina (Storie paranoiche,
Edizioni Vivamacondo, Caltagirone 1996) Uno
dei problemi che spesso i critici letterari si sono i posti per la
comprensione di un autore è il rapporto arte-vita. Può la vita influire
sull’opera d’arte? Esiste tra di esse una qualche corrispondenza? Il
problema è stato posto anche da Pirandello nel suo saggio
sull’Umorismo. La conclusione è chiara: l’arte non può scaturire
senza l’espe-rienza personale, è come dire che l’arte non è altro
che la conseguenza delle esperienze di vita acquisite e filtrate
attraverso l’intuizione, proprio perché come diceva Orazio “poeti si
nasce”, come dire che per essere artisti bisogna avere intuito. Il
discorso cade a proposito di Silvano Messina, poeta di Niscemi, nel quale
appunto l’arte e la vita sembrano intersecarsi. In effetti l’arte
diventa vera quando il lettore si chiede: Ma ciò che sto leggendo (o
osservando) è invenzione o realtà? Sono sentimenti veri o inventati?
Come se i sentimenti potessero inventarsi. Messina «ci porge trasognato e
quasi incredulo le effigie di quella vita sotterranea che scorre inconscia
dietro e sopra la nostra, allude ad esperienze personali, e nello stesso
tempo le tramuta e trasfigura in esperienze universali di rabbia, di
rancore e di odio, di dolcezza, di tenerezza e di passione» scrive
Fernando Cannizzo nella prefazione alla silloge di poesie “Storie
paranoiche”. E quel che in effetti appare in essa è proprio il rancore
e l’odio verso la realtà circostante, ma pure la tenerezza e la
passione per la vita, una vita che si vuole vivere intensamente, malgrado
la sua negatività. Un certo tono pessimistico in effetti corre l’intera
raccolta di poesie attraverso le azioni quotidiane, in un intreccio tra
partecipazione e distacco, tra passione e indifferenza. Il rapporto con
gli altri però è essenziale, ed è proprio esso che spinge l’uomo alla
riflessione. «I miei compagni li ho perduti per il viottolo / della mia
nullità d’esistenza in questo mondo / qualcuno soffre di depressione /
ed ha la pensione / va in chiesa e tira avanti tra il Diavolo e Dio /
qualcuno vive / tra grandi tentazioni suicide / ed immense distese di
prati / lussureggianti di fiori e colori / come l’arcobaleno». Pur
nell’apparente rifiuto degli altri, pur nell’apparente isolazionismo,
sono gli altri che coinvolgono e che spingono sia verso il bene che verso
il male. Il male è elemento essenziale della vita, il “male di
vivere” può essere determinato da esperienze contingenti, in un
rapporto chiaro con il bene, un rapporto che corre tra Dio e il Diavolo,
come dire tra la luce e il buio. In questo ha un grande peso la tristezza
della vita, la sconfitta, il dolore, la morte. Ma dalla negatività è il
desiderio di rivincita che emerge, che vuole tendere verso il bene: «Vorrei
trovare l’incanto dolce dell’universo» si esprime Silvano Messina.
Anche l’assenza diventa presenza nella sua poesia.
«Sono stufo / di sopportare / le tue assenze / lunghi silenzi /
dell’esserci». L’amore diventa parte essenziale di una vita
tormentata, ma diventa pure punto di approdo, speranza dell’arrivo in un
porto sicuro che possa portare quiete, secondo l’espressione di Ugo
Foscolo. La poesia di Messina si fa leggere perché non è falsa, perché
sa di realtà e di partecipazione, sa in poche parole di vita. E siccome
l’arte è vita e intuizione insieme, cosa che l’autore sa fondere
bene, scaturisce una poesia di buona elevatezza lirica, intrisa di una
dose di speranza e di certezza: «In mezzo / alla confusione / c’è un
sorriso, / in mezzo / alla morte / c’è un attimo / di vita / c’è
l’Amore». Angelo Manitta |