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Tutti gli articoli del quotidiano di sabato 02.12.2000
Due incendi dolosi appiccati all'ospedale regionale di Torrette ed all'Umberto I. Entrambi per mano dello stesso piromane. Per il primo si è sfiorata una strage: alle 2.20 della notte scorsa le fiamme sono divampate negli scantinati dell'ospedale di Torrette. Due i focolai: il piromane ha dato fuoco ad cumulo di rifiuti ed ha incendiato la biancheria contenuta in tre carrelli posizionati davanti ad un quadro elettrico. Il fumo si è incanalato nella conduttura dell'impianto di areazione ed ha invaso i sei piani dell'ala «E» dell'ospedale regionale. 113 pazienti sono stati evacuati dai reparti interessati, nel giro di pochi minuti si è creato un caos terribile. Nel pomeriggio la scia di terrore si è spostata all' Umberto I. Qualcuno è entrato nel reparto di gastroenterologia appiccando il fuoco in due punti e bruciando rifiuti all'interno di secchi. Il reparto non è stato evacuato. A tarda sera un terzo incendio, subito domato, ha interessato un cestino dei rifiuti sempre nel reparto di gastroenterologia dell'Umberto I.

Una giornata di terrore. Ancona colpita due volte, nel cuore della notte e in pieno giorno. Due attentati criminali quasi sicuramente opera della stessa mano, messi a segno negli ospedali Torrette e Umberto I. Stessa tecnica, stesso modo di agire. La lunga scia di terrore ha fatto irruzione alle due dell'altra notte. Qualcuno entra negli scantinati dell'ospedale di Torrette, approfittando anche dei lavori che da mesi coinvolgono alcuni settori del nosocomio. Viene appiccato il fuoco in due distinti punti: vengono bruciati tre carrelli di camici davanti al quadro dei comandi elettrici della palazzina centrale dell'ospedale ed incendiati alcuni sacchi della spazzatura davanti ad un muro, lungo un corridoio. Il pannello dei comandi va in cenere. Saltano i collegamenti elettrici e telefonici. Il fumo sale lungo le canaline elettriche. Nessun accorgimento frena l'effetto camino. Il fumo si arrampica fino al sesto piano, invadendo sei reparti. Centotredici pazienti, personale medico ed infermieristico, familiari dei degenti restano intrappolati nella gabbia di fumo. Scatta l'allarme. Medici ed infermieri si prodigano nell'aiutare i pazienti ad uscire dai reparti. Molti non possono muoversi dal letto. Sei persone sono trapiantate. I pazienti vengono trasferiti in stanze attigue e nell'atrio dell'ospedale. Scene di panico lungo le corsie, urla. Molti si sentono soffocare ma nessuno alla fine resterà ferito. Solo alcune infermiere vengono sottoposte a cure mediche. Tutti vengono dotati di mascherine. Decine di vigili del fuoco, carabinieri, poliziotti e volontari vengono allertati. A dare il primo allarme ai carabinieri sono alcuni pazienti col cellulare. Tutta la palazzina viene transennata. Ingenti i danni: circa due miliardi. Per tre giorni i reparti resteranno chiusi con inevitabili disagi. Gli investigatori parlano di strage sfiorata. Cinquanta pazienti vengono dimessi, gli altri redistribuiti nei repartidelle ale A e B. Alle 16 la scia di terrore si sposta all'ospedale Umberto I, nel reparto di gastroenterologia di cui è primario il sindaco Galeazzi. Anche stavolta le fiamme vengono appiccate in due stanze, a secchi di plastica. Il reparto non viene evacuato. Tutti sono frastornati, ma appare evidente che a seminare il panico sono le stesse persone che dodici ore prima avevano colpito a Torrette.
Andrea Massaro

Una certezza buca il fumo dei due incendi dolosi negli ospedali di Ancona: a dar fuoco di notte all'ospedale di Torrette e alle 16 all'Umberto I sono state le stesse persone. Gli investigatori non hanno in mano elementi sicuri, ma sospettano che ad agire siano stati più piromani. Persone che conoscono molto bene gli ambienti ospedalieri di Ancona, che sanno dove, come e quando colpire. Che sanno quando la vigilanza opera, che conoscono le abitudini del personale. Ma tra i due attentati c'è una differenza sostanziale: il primo, quello più grave, che ha trascinato nel panico più di cento persone a Torrette è un atto di una crudeltà inaudita. Voluto e studiato. Una strage evitata dall'encomiabile lavoro di medici, infermieri, dirigenti ospedalieri, volontari e forze dell'ordine. Il secondo episodio, quello dell'Umberto I, appare invece chiaramente dimostrativo, forse di una sorta di onnipotenza che pervade chi ha dato fuoco. Lo dimostra il fatto che le fiamme sono state appiccate in due stanze in cui difficilmente si sarebbe potuto verificare un disastro. L'attentato all'Umberto I è chiaramente la firma di una strategia del terrore iniziata nel cuore della notte a Torrette. Ma perchè dar fuoco agli ospedali? C'entra qualcosa il fatto che i reparti dell'Umberto I stanno per essere trasferiti a Torrette? Perchè un rogo doloso proprio a Gastroenterologia? Perchè non rivendicare i gesti? La direzione ospedaliera dice che non ci sono mai stati problemi: nessun paziente scontento, nessun conflitto nel mondo degli appalti. Galeazzi dice: «è un'aggressione mirata». Ma a chi?
a.mas.

Quando il fumo sprigionatosi nei sotterranei del nosocomio di Torrette ha cominciato ad invadere i piani superiori, incanalandosi per le condotte di areazione che collegano i reparti in una sorta di ragnatela che si arrampica dentro i muri, l'allarme interno dell'ospedale è stato fatto scattare, probabilmente da un infermiere. Secondo quanto prevede il piano una telefonata è arrivata al numero speciale «3194» in collegamento con il responsabile della squadra di emergenza. Il quale, a sua volta, ha attivato il sistema chiamando i vigili del fuoco, il direttore sanitario e gli elettricisti. Sono stati evacuati in tutto 113 pazienti attraverso le vie di fuga indicate dagli infermieri. I malati sono stati condotti in luoghi considerati sicuri. «I pazienti autosufficienti — spiega Roberto Signore (foto), responsabile della sicurezza dell'azienda ospedaliera Umberto I — sono stati sistemati nell'atrio dell'ospedale mentre gli altri, quelli impossibilitati a mettersi in salvo autonomamente sono stati smistati in altri reparti nei corpi L-N e C». L'azienda, comunque, ancor prima dello spaventoso incendio di ieri, stava predisponendo un nuovo sistema di sicurezza interno che prevede tra l'altro la chiusura automatica di alcune porte, apribili dall'interno, per evitare che fiamme e funo si estendano, e un circuito chiuso di riprese video. «Il problema però — dice Signore — è che se si chiudono porte e cancelli automaticamente si rischia di non avere vie di fuga». Signore fa osservare anche che le fiamme avrebbero potuto raggiungere le cucine e gli impianti a gas e a metano. «Per fortuna — dice — l'incendio ha interessato solamente l'impianto elettrico compromettendo le linee». Le fiamme sono arrivate fino ai piani alti seguendo i cavi della corrente che collegano i reparti uno sopra l'altro. La luce, infatti, è mancata in tutto l'ospedale fino alle sei del mattino. E lo stato di emergenza ha paralizzato anche l'attività delle sale operatorie nelle quali sono stati autorizzati solo gli interventi di massima urgenza.
di Lorenzo Moroni

Il Sap entra in polemica con il questore di Ancona dopo l'incendio di Torrette. Contesta «il potenziamento dell' attività di prevenzione voluto dal dottor Luciano de Matthaeis, attuato senza considerare le esigenze di altre branche dell' attività di polizia». Infatti, secondo il sindacato di polizia, «sono stati lasciati sguarniti alcuni uffici di vitale importanza, come ad esempio il presidio ospedaliero presso l'ospedale regionale di Torrette, chiuso ormai da circa due anni». Riguardo all' episodio specifico, il Sap osserva: «Può darsi che la presenza costante della polizia all'interno della struttura non sarebbe bastata a far desistere i criminali, però, sicuramente, gli stessi non avrebbero agito indisturbati». Il Sap confida in un «ripensamento del questore». Tre sono i precedenti tentativi di incendi negli ospedali anconetani: nell' marzo del '97 vennero bruciati alcuni materassi sempre nei sotterranei di Torrette, nell'aprile dello stesso anno le fiamme vennero appiccate nel reparto psichiatrico dell'Umberto I e nel agosto del '98 andò a fuoco la chiesetta di fronte alla struttura.

Quando il fumo sprigionatosi nei sotterranei del nosocomio di Torrette ha cominciato ad invadere i piani superiori, incanalandosi per le condotte di areazione che collegano i reparti in una sorta di ragnatela che si arrampica dentro i muri, l'allarme interno dell'ospedale è stato fatto scattare, probabilmente da un infermiere. Secondo quanto prevede il piano una telefonata è arrivata al numero speciale «3194» in collegamento con il responsabile della squadra di emergenza. Il quale, a sua volta, ha attivato il sistema chiamando i vigili del fuoco, il direttore sanitario e gli elettricisti. Sono stati evacuati in tutto 113 pazienti attraverso le vie di fuga indicate dagli infermieri. I malati sono stati condotti in luoghi considerati sicuri. «I pazienti autosufficienti — spiega Roberto Signore (foto), responsabile della sicurezza dell'azienda ospedaliera Umberto I — sono stati sistemati nell'atrio dell'ospedale mentre gli altri, quelli impossibilitati a mettersi in salvo autonomamente sono stati smistati in altri reparti nei corpi L-N e C». L'azienda, comunque, ancor prima dello spaventoso incendio di ieri, stava predisponendo un nuovo sistema di sicurezza interno che prevede tra l'altro la chiusura automatica di alcune porte, apribili dall'interno, per evitare che fiamme e funo si estendano, e un circuito chiuso di riprese video. «Il problema però — dice Signore — è che se si chiudono porte e cancelli automaticamente si rischia di non avere vie di fuga». Signore fa osservare anche che le fiamme avrebbero potuto raggiungere le cucine e gli impianti a gas e a metano. «Per fortuna — dice — l'incendio ha interessato solamente l'impianto elettrico compromettendo le linee». Le fiamme sono arrivate fino ai piani alti seguendo i cavi della corrente che collegano i reparti uno sopra l'altro. La luce, infatti, è mancata in tutto l'ospedale fino alle sei del mattino. E lo stato di emergenza ha paralizzato anche l'attività delle sale operatorie nelle quali sono stati autorizzati solo gli interventi di massima urgenza.(di Lorenzo Moroni)


All'inizio era sembrata la «firma» del piromane. Una sorta di rivendicazione dell'incendio divampato negli scantinati dell'ospedale. Prima si era parlato di una zucca di Halloowen, ma era solo un cocomero trovato in mezzo ai rifiuti incendiati che aveva fatto pensare a qualcuno che si potesse trattare di una «firma». Dopo qualche ora il «mistero» si è risolto. Il cocomero era semplicemente un «rifiuto» proveniente dal servizio di allergologia dove era stato usato per gli esami antiallergici. Un bel tassello nel mezzo del cocomero, tanto hanno «prelevato» i medici allergologi per effettuare l'esame. Dopo di che l'hanno buttato tra i rifiuti, dentro una busta di plastica. Il «mistero» è stato chiarito dall'economo del nosocomio, durante la conferenza stampa convocata dalla direzione sanitaria.

Ai carabinieri, l'allarme incendio, è stato lanciato da un paziente ricoverato proprio al quinto piano dell'ospedale regionale di Torrette. L'uomo ha sentito il forte odore di fumo, ha visto che la situazione stava aggravandosi e non ha perso tempo: ha acceso il suo telefono cellulare ed ha chiamato il 112. Dopo un po' ai militari dell'Arma ed ai vigili del fuoco sono giunte altre telefonate, ancora da parte dei pazienti dell'ospedale di Torrette allarmati per il «troppo fumo» nei reparti. Hanno rischiato grosso i pazienti del blocco «E». Nel pomeriggio, come se non bastasse, sono state appiccate le fiamme anche all'Umberto I, nel cuore della città. La mano, sostengono gli investigatori, è la stessa. Una situazione delicata che ha fatto riunire d'urgenza il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblicata presso la Prefettura di Ancona. Dopo aver individuato i punti maggiormente a rishio nelle varie strutture ospedaliere, il comitato ha disposto l'intensificazione della vigilanza delle Forze di Polizia presso tutte le strutture sanitarie della Provincia, un sensibile potenziamento della vigilanza interna da parte dell'azienda ospedaliera per i due ospedali «incendiati» e l'attivazione in tempi ravvicinati dell'osservazione televisiva agli accessi ed ai punti sensibili.

Francesca Bonfigli, 15 anni, pensava di aver ormai vinto la paura. Si trovava in ospedale, ricoverata nel reparto di Ortopedia, dopo un brutto incidente con il motorino. «La gamba è compromessa, forse deve essere amputata» avevano detto i medici ai suoi genitori. Invece, grazie alla chirurgia, lo spettro dell'amputazione e il terrore di vivere una vinta da menomata Francesca li ha scacciati. Un altro incubo, però, è ripiombato su di lei l'altra notte quando dormiva tranquilla nel suo letto, sognando di tornare presto a casa. «Mi ha svegliato un'infermiera — racconta con la paura dipinta sullo sguardo — che è corsa dentro la mia stanza per spalancare la finestra. Non capivo cosa stesse accadendo. Ho aperto gli occhi e mi sono accorta che non riuscivo nemmeno a vedere la mia vicina di letto. C'era fumo dappertutto e buio. La stessa infermiera, poi, mi ha aiutato ad alzarmi dal letto e mi ha portato davanti alla finestra a prendere aria. Quando mi sono trovata lì — prosegue — ho sentito che stavo soffocando. Non riuscivo più a respirare. Ho cominciato a gridare, ero terrorizzata. Poi qualcuno mi ha preso e mi ha accompagnato fuori». Forse per i suoi 15 anni, forse per lo stato d'animo già duramente provato dalla brutta avventura con quell'incidente in motorino, la ragazzina ha vissuto momenti di panico. Dal sonno si è ritrovata in una bolgia. «Nelle stanze e lungo i corridoi — aggiunge — tutti urlavano e correvano. Ho avuto tanta paura». Insieme agli altri pazienti di Ortopedia Francesca è stata trasferita in un altro reparto. Poi le hanno dato la notizia più bella: «oggi puoi tornare a casa tua». Francesca sorride. Ora può pensare solo a ristabilirsi.
di Lorenzo Moroni

Fumo, tanto fumo. Una colonna alta, tanto quanto l'edificio dell'ospedale regionale di Torrette. I sei piani dell'ala «E» dell'ospedale sono stati completamente invasi dal fumo nero generato dall'incendio. E i pazienti dei reparti interessati, tutti evacuati e redistribuiti in altri settori o addirittura dimessi. «Ho sentito un odore molto forte, mi sono affacciato sul corridoio e mi sono accorto del fumo». Duilio Andreucci, di Camerano, ha in mano una borsa piena di indumenti. Era ricoverato da un paio di giorni nel reparto di ortopedia, in attesa di un intervento alla spalla. «E' stata una brutta nottata — dice Andreucci —, in pochi minuti si è creato un caos terribile. Ora mi rispediscono a casa, hanno bisogno di posti letto». Gino Paggi, 67enne di Monte Marciano, anche lui uno dei ricoverati «evacuati» nella notte. «C'era tanto fumo... non si vedeva nulla... l'aria era irrespirabile — racconta —. Devo dire che i medici e gli infermieri hanno fatto miracoli. Ho visto trascinare con forza i letti senza ruote». Una vera e propria situazione d'emergenza. Il fumo, le grida di paura e di allarme dei pazienti costretti a letto dalla malattia, medici e infermieri e vigili del fuoco in mezzo al caos e «dentro» il fumo per cercare di agevolare l'evacuazione dei reparti. C'è anche chi situazioni di questo tipo, probabilmente, le ha già vissute. Bernard Jushi, ragazzo albanese, s'è alzato dal letto, s'è accomodato nella sua carrozzina e si è appartato in un angolo del corridoio per continuare a dormire: «Ho un ginocchio rotta — dice — e attendo di essere operato. Mi hanno trasferito in un altro reparto. Sono stati tutti bravi,hanno fatto tutto molto velocemente...». «Stavo dormendo quando sono stato svegliato dalla confusione — racconta Vincenzo Baldassarri, 59enne di Castelfidardo, ricoverato alla maxillo-facciale —. Un mio compagno di stanza immobile a letto ha iniziato a gridare, fuori nel corridoio c'era gente che correva. Ci hanno fatto scenedere lungo le scale, poi ci hanno sistemato nell'atrio dell'ospedale. Abbiamo aspettato fino alle 6.15». David Bruno, 21enne di Osimo, e Umberto Goretti di Civitanova Marche, stanno seduti in sala d'attesa di fronte al reparto di neurochirurgia: «Eravamo in stanza insieme — dicono —, quando ci siamo resi conto della situazione abbiamo cercato di mantenere la calma ma c'era davvero tanto fumo e tanta confusione». Il dottor Alberto Longhi (foto), aiuto primario in ortopedia, è stato chiamato in piena notte: «Alle 3 i malati erano sistemati. Abbiamo avuto difficoltà, certo... con tutto quel fumo non si vedeva nulla. Tutti si sono impegnati, qualche infermiere ha avuto anche problemi per via del fumo respirato...».
di Marco Micucci

La funzionalità dei reparti del blocco «E» dell'ospedale di Torrette danneggiati dal fumo potrà essere ripristinata fra tre giorni. Lo ha detto — incontrando i giornalisti a fine mattinata - il direttore generale dell' azienda ospedaliera «Umberto I», di cui il nosocomio è plesso principale. Nessun danno ai pazienti, ma problemi respiratori per alcuni infermieri prodigatisi nei reparti affumicati: un bilancio tutto sommato contenuto, «ma è chiaro — osserva l' assessore regionale alla sanita Augusto Melappioni — che in un contesto in cui i dispositivi di ermergenza non avessero risposto come invece hanno fatto, il rischio per i degenti sarebbe stato molto alto». Elogi a non finire soprattutto per gli infermieri, ma anche per il personale del 118, per i volontari della protezione civile e per «i ragazzi della direzione sanitaria», precipitatisi in ospedale praticamente in tempo reale. Dei 113 pazienti evacuati — ha spiegato Montesi — 50 che erano nelle condizioni per esserlo sono stati dimessi, mentre il resto è stato distribuito nei vari reparti con letti disponibili. Tutti, comunque, assolutamente incolumi e tutti rimasti a Torrette, compresi quattro trapiantati di ematologia, portati nell' area «recovery-day» del blocco operatorio. Una specie di quadratura del cerchio se si pensa che i reparti evacuati sono sei: otorinolaringoiatria, chirurgia maxillo-facciale, divisione di neurochirurgia, clinica e divisione oculistica, ortopia, ematologia-endocrinologia. Danni ancora da quantificare, ma certo non lievi se si considera che, oltre a quello elettrico, sono da rifare la rete dati (informatica), gli impianti antincendio, quelli telefonici e il sistema chiamata pazienti.

La scia di terrore riesplode alle 16, in pieno giorno, ma stavolta all'ospedale Umberto I, nel reparto degenze di Gastroenterologia, di cui è primario ilsindaco Renato Galeazzi. Gli echi del panico notturno all'ospedale di Torrette sono stati improvvisamente riaccesi. I venti pazienti, i medici e gli infermieri avvertono un odore intenso di fumo. Proviene dal bagno e da uno stanzino vuoto. Locali che si trovano ai lati estremi del corridoio. Il personale si mobilita. Allerta il sorvegliante che prende in mano l'estintore e nel giro di qualche secondo spegne l'incendio appiccato a due cestini di plastica contenenti guanti in lattice, garze ed altri rifiuti speciali. Le fiamme bruciano i contenitori, la plastica si squaglia. Il fumo invade la corsia. La sorveglianza lancia l'allarme ai vigili del fuoco che arrivano in pochi minuti. Arrivano anche i carabinieri e gli agenti della polizia. Si ripete la scena triste e preoccupante che era andata in onda di notte all'ospedale di Torrette. Gli investigatori dicono di avere elementi importanti per far più luce sulle indagini. Gli inquirenti non esitano a dire che ci sono ragionevoli dubbi di pensare che ad aver appiccato il fuoco siano gli stessi che avevano agito nottetempo a Torrette. Le modalità del rogo sono le stesse: due focolai in due distinti punti. Ma l'attentato dell'Umberto I appare chiaramente dimostrativo. Come di chi si sente di poter dire a tutti che è in grado di seminare il panico quando e come vuole, senza essere fermato.
a.mas.