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articoli del quotidiano di domenica 03.12.2000
Ora la città ha paura. Dopo gli incendi nell'ospedale regionale di Torrette e
all'Umberto I, ieri ad Ancona e provincia si è vissuta un'altra giornata di terrore. Alle
10.40 di ieri mattina a Chiaravalle, qualcuno è entrato nel nosocomio incendiando i
materassini di alcune sedie a sdraio. Ad accorgersi delle fiamme due ausiliari
dell'ospedale. Poco dopo, intorno alle 11.30, al centralino dell'Umberto I di Ancona è
arrivata una telefonata: «Brigate Rosse, abbiamo messo una bomba in ospedale». Controlli
a tappeto ma dell'ordigno nessuna traccia. Altro allarme bomba nel pomeriggio, in corso
Stamira: davanti all'ingresso del palazzo della Provincia viene trovata una valigetta
«sospetta». Intervengono gli artificieri ma dentro la borsa non viene trovato nulla.
Quasi contemporaneamente un'altra telefonata anonima «annuncia» una bomba nel
laboratorio analisi giunge all'Umberto I. Ancora controlli a tappeto, ancora nessuna
traccia dell'ordigno. Nella tarda serata, invece, è stato colpito nuovamente l'Umberto I:
un incendio ha interessato ancora il reparto di gastroenterologia. Tutti i pazienti sono
stati evacuati. Cinque incendi in due giorni. Ed ora la città ha davvero paura.
L'allarme corre sul filo degli ospedali. Il piromane (ma a questo punto c'è più di un
sospetto che ad agire siano più persone) è tornato a colpire ieri mattina. Ma non ad
Ancona. A Chiaravalle, nell'ospedale. Erano le 10.40 quando qualcuno è entrato
indisturbato al quarto piano della palazzina di farmacia, una parte del complesso del
nosocomio della città della Vallesina. Probabilmente con un accendino il piromane ha dato
fuoco a dei materassini di alcune sdraio che vengono di solito utilizzate per l'assistenza
notturna ai pazienti.
Le sdraio si trovavano in uno stanzino inutilizzato, dove, chissà se è un caso, ci sono
gli impianti elettrici che controllano la rete dell'edificio. Il fuoco ha cominciato ad
aggredire un cuscino e alcuni supporti metallici. Due ausiliari, Assunta Quarchioni e
Renato Bellomia, camminando lungo il corridoio del quarto piano avvertono un forte odore
di bruciato. Vedono che un po' di fumo esce dalla stanzetta. Si precipitano e vedino le
fiamme ardere i materassini. Istintivamente prendono il materiale infuocato e lo mettono
sotto una doccia.
Il fuoco viene spento senza l'aiuto degli estintori. Non c'è neanche bisogno di allertare
i vigili del fuoco. L'incendio non è di vaste proporzioni, ma assume subito un
significato importantissimo. Si capisce che l'attentato può essere collegato ai tre roghi
dolosi che il giorno precedente avevano seminato il panico negli ospedali di Torrette e
all'Umberto I.
I due ausiliari allertano il responsabile della sicurezza dell'ospedale di Chiaravalle
Giovanni Bevilacqua che fa intervenire sul posto i carabinieri. Arrivano due pattuglie
dell'Arma della stazione cittadina, agenti della polizia da Ancona. Si cerca di vedere
quel che che è successo. I danni sono irrilevanti. Si accerta che il rogo è stato
appiccato con un accendino: non ci sono tracce di alcool o benzina. La tecnica e le
modalità utilizzate per l'attentato sono la fotocopia dei fatti di Ancona: stanzino
isolato, vicino ai pannelli elettrici. Il responsabile della sicurezza non nasconde che se
non si fossero accorti subito dell'incendio poteva essere un disastro.
Andrea Massaro
«Avevamo già fatto circolare una nota informativa per allertare il personale dopo quanto
accaduto a Torrette ed è stato utile spiega il responsabile della sicurezza
dell'ospedale di Chiaravalle Giovanni Bevilacqua . Le squadre di emergenza sono
entrate immediatamente in azione tanto che non abbiamo neanche chiamato i vigili del
fuoco. Non so cosa dire su quanto è accaduto prosegue Bevilacqua . Di per
sè il fatto è banale, ma inserito in questo contesto naturalmente assume altri
connotati». Ma perchè proprio Chiaravalle? «Non so. Forse si tratta di un gesto
d'emulazione o di un dispetto. Non vedo l'intenzionalità di creare una tragedia. C'è un
pannello elettrico, ma le fiamme non lo hanno toccato e nel reparto non c'erano degenti.
In ogni caso da oggi staremo ancora più attenti».
Eroi per caso. Se a Torrette sono stati gli infermieri i primi a prestare soccorso, a
Chiaravalle gli ausiliari hanno spento il principio d'incendio. I due coraggiosi si
chiamano Renato Bellomia e Assunta Quarchioni. «Ho visto il fumo uscire dalla stanzetta
al quarto piano di farmacologia racconta il signor Renato e insieme alla mia
collega sono corso a vedere cosa stava accadendo. Un materassino su una sdraio stava
bruciando: lo abbiamo buttato sotto la doccia del bagno. Era più vicina dell'estintore e
non c'era tempo da perdere. Poi abbiamo chiamato subito i responsabili della sicurezza.
Purtroppo non abbiamo fatto caso se c'erano persone estranee nel corridoio, in quel
momento la cosa importante era spegnere il fuoco. Dopo abbiamo collegato il fatto a quanto
è successo a Torrette». Paura? «Beh, certo afferma la signora Assunta al
momento non ci pensi, ma poi a mente fredda rifletti su quello che poteva accadere. Qui
entrano tutti, perchè i parenti che assistono i malati nell'ospedale, lasciano in questo
corridoio le sdraie e i materassini che usano la notte. Sinceramente fino ad oggi non
avevamo mai pensato che potesse succedere qualcosa».
Claudia Pasquini
La notte dopo gli incendi è stata una notte di paura per molti dei ricoverati nel reparto
di gastroenterologia dell'Umberto I. Il secondo rogo, quello divampato alle 21.45 di
venerdì sera, ha scatenato l'ansia e il panico degli ammalati. Monica Mandolini, una
delle ricoverate nel reparto, ha gli occhi segnati dalla stanchezza e dalla paura.
«Credevo che dopo il primo allarme saremmo stati tranquilli racconta . Non
pensavo che dopo poche ore sarebbe ricominciato tutto. Invece ho sentito di nuovo l'odore
del fumo che veniva dal corridoio, le grida degli altri ammalati e le infermiere che
correvano. Ci hanno fatti stare tutti chiusi nelle nostre camere con le finestre aperte,
mentre fuori spegnevano il fuoco. So che una guardia giurata ricoverata nel reparto si è
lanciata con un estintore ad aiutare il personale medico. Non mi sento protetta, ho la
sensazione che il piromane conosca l'ospedale e sappia come muoversi, vorrei che ci fosse
più sorveglianza». Nella stanza accanto Marino Discepoli è meno spaventato, ma comunque
poco tranquillo. «Mi sono accorto di quel che succedeva per il gran trambusto che ho
sentito e per la puzza di fumo. Il pomeriggio così come la sera racconta .
Sono uscito nel corridoio, era pieno di fumo e mi hanno fatto subito rientrare in
camera». «Mi ricordo il fumo e l'agitazione generale dice Franco Orazi .
Non mi sono fatto prendere dal panico, ho cercato di rimanere calmo, almeno per quel che
potevo. Di certo tranquillo qui dentro non si sente nessuno, ma cosa possiamo fare noi
oltre a sperare che tutto vada bene e che questo stato d'allarme cessi al più presto?».
Su tutti i malati vigila Filomena Sopranzetti, la caposala del reparto. «Nonostante tutta
la confusione, durante la notte i pazienti hanno mantenuto la calma racconta
. Agitazione ce n'è stata, soprattutto dopo il secondo incendio. Poi fortunatamente
la situazione è tornata sotto controllo».
Si rifugia in una stanzetta, protetta dai medici e dalle colleghe. Non vuole parlare con i
giornalisti. Ha paura. Rosanna abruzzese d'origine, minuta, capelli lunghi castano
scuri, da poco assunta è la giovane infermiera del Pronto Soccorso dell'Umberto I
che ieri alle 11.30 ha risposto al telefono: «Siamo le Brigate Rosse, ci sarà un
attentato». Terrorizzata, l'infermiera è corsa dal dottor Stefano Polonora. «Pensavamo
ad uno scherzo dice Stefano Carotti (foto) operatore del 118, che era nel box della
triage insieme ad un'altra infermiera e a Fabrizio Mengoni, un paziente, quando è
arrivata la telefonata . Subito, però, visto quello che era successo, si è deciso
di informare i medici». Una bomba, un attentato. Ci mancava solo questo per alzare la
tensione già al livello di guardia. Stefano Polonora uno dei medici storici del
Pronto Soccorso dorico tiene i nervi saldi e informa immediatamente la direzione
sanitaria. In un lampo arrivano i carabinieri. «Era un momento di intensissimo lavoro
racconta . Abbiamo anche pensato di bloccare l'attività. Poi, invece, tutto
è andato avanti regolarmente perchè i carabinieri, dopo il sopralluogo, ci hanno
informato che non c'erano pericoli». Voce maschile senza particolari accenti, poche
parole. La telefonata è uno scherzo, un atto di sciacallaggio nel cuore già ferito della
sanità dorica. E non sarà il solo, purtroppo, visto che sarà ripetuto per altre tre
volte nel corso della giornata. La gente in sala di attesa per la visita è un po'
spaventata e un po' incuriosita per l'improvviso via vai di carabinieri, poliziotti e
finanzieri. Ma non si registrano scene di panico. I carabinieri, dopo il sopralluogo nelle
quattro stanze del Pronto Soccorso, completano l'ispezione al piano superiore dove ci sono
gli uffici della direzione sanitaria e di un istituto di credito. Tutto negativo. Le
visite continuano regolarmente, le ambulanze vanno e vengono come e più di prima visto
che il lavoro è per forza aumentato dopo l'incendio che ha colpito Torrette.
«L'infermiera? No, per carità, non vuole dire una parola spiega il direttore
sanitario Leonardo Incicchitti . Anche se fortemente emozionato ha continuato
regolarmente a lavorare». Nelle foto a destra poliziotti e carabinieri presidiano il
pronto soccorso dopo l'allarme-bomba.
Gli emuli dell' incendiario di Ancona hanno continuato a colpire anche nel pomeriggio di
ieri, con una telefonata anonima che annunciava un incendio in una chiesa del quartiere
residenziale di Brecce Bianche, rivelatosi poi inesistente. Stavolta il telefonista, un
uomo che parlava con un accento italiano, ha chiamato il centralino del 118 (erano circa
le 16.15), segnalando che nella Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, in via Flavia, era
scoppiato un incendio. Gli operatori del 118 hanno avvertito i carabinieri e sono accorsi
con due ambulanze nel luogo indicato, insieme alle pattuglie dell' Arma e ai vigili del
fuoco. Ancora una volta si trattava invece di uno scherzo o un diversivo servito solo a
far perdere tempo agli investigatori, forse nel tentativo di distogliere l' attenzione dal
vero «unabomber» degli ospedali.
Un uomo affetto da disturbi della personalità con tratti paranoidei, che ha maturato un
forte conflitto con la struttura sanitaria per presunti torti o «persecuzioni» subite in
quanto utente o dipendente, o verosimilmente come paziente-dipendente. Secondo Carlo
Ciccioli, primario psichiatra in aspettativa dell'Umberto I e capogruppo regionale di An,
l'unabomber della sanità anconetana potrebbe essere un paziente «doppio, affetto da
turbe psicopatologiche aggravate dalla tossicodipendenza e dalla sieropositività», che
conosce bene i nosocomi di Torrette e dell'Umberto I per averli frequentati a scopo di
cura, o anche come addetto ai servizi sanitari o fornitore della Asl. Ciccioli pensa «a
un uomo le donne sfogano altrimenti la loro aggressività di scarsa cultura.
Chiunque abbia un minimo di senso critico non colpirebbe l' ospedale, ma un luogo dal
richiamo simbolico più vicino al potere, ad esempio il Municipio, o minaccerebbe
direttamente il dirigente sanitario da cui si sente perseguitato». Un ausiliario sospeso
dal servizio, un tossico-psicotico (in passato ci fu chi diede fuoco a una stanza in
psichiatria) sono, a puro titolo di ipotesi generale, le figure descritte da Ciccioli,
aiutate da un' eventuale spalla.
Ora la città ha davvero paura. L'episodio della scorsa notte all'ospedale regionale di
Torrette, con quell'incendio doloso che ha messo in pericolo la vita di pazienti, medici
ed infermieri del blocco «E» non è rimasto isolato. Da quella notte ad oggi, tanti
altri fatti sono accaduti ché sembra quasi essere trascorsa un'eternità. I due incendi
nel reparto di gastoenterologia dell'Umberto I, quello fortunatamente senza gravi
conseguenze all'ospedale di Chiaravalle nonostante l'allarme «piromane» fosse
già scattato, la tensione provocata dagli allarmi «bomba», prima all'Umberto I
con tanto di presunta telefonata rivendicatoria delle Brigate Rosse e nel
pomeriggio al palazzo della Provincia in corso Stamira, nel pieno centro della città. Uno
dietro l'altro: tanti fatti, tanti episodi, tanti allarmi. La città, ora, ha davvero
paura. Ad assistere all'intervento degli artificieri in corso Stamira, con quella
valigetta rossa nascosta davanti al portone d'ingresso del palazzo della Provincia,
c'erano tanti anconetani. Incuriositi da quello spiegamento di poliziotti e carabinieri,
hanno atteso che qualcuno «rassicurasse» sul contenuto della valigia che poi si è
scoperto essere vuota. Dentro non c'era nulla. Nulla di materiale, per lo meno. Di
sensazioni, invece, quella valigia è piena zeppa. Ci sono quelle degli investigatori che
devono fare i conti con chissà che cosa un folle? la criminalità organizzata?
e ci sono anche quelle degli anconetani i quali stanno vivendo una situazione che
non può che mettere paura. Ed è una paura collettiva.
m. micu.
Il panico riesplode all'ora di pranzo, in un'Ancona ancora incredula e sconvolta dal
venerdì di fiamme e fumo agli ospedali di Torrette e Umberto I. Mentre i tiggì nazionali
e le radio aggiornano la striscia di paura raccontando dell'attentato incendiario
all'ospedale di Chiaravalle, il quarto in due giorni, un'auto delle volanti della polizia,
pattugliando la zona del centro, si accorge che vicino all'ingresso del palazzo della
Provincia c'è una valigetta rossa.
Il sospetto che possa contenere un ordigno prende il sopravvento. Gli agenti si
mobilitano. Sono le 14.30. Arrivano carabinieri, agenti della polizia municipale. Il
tratto di corso Stamira che scorre davanti alla Provincia viene blindato. Vengono
transennati tutti gli accessi. Sul posto c'è il capo della squadra mobile Italo D'Angelo.
La zona del centro si riempie di carabinieri, poliziotti, semplici cittadini che si
accalcano davanti alle transenne. Vengono allertati gli artificieri. Prendono corpo tante
ipotesi, prima fra tutte quella che ad aver messo la valigetta davanti alla Provincia sia
stata la stessa persona che ha colpito quattro volte gli ospedali. Gli inquirenti non
sanno più cosa pensare. C'è la paura che si tratti di una cosa maledettamente seria.
Dopo qualche minuto arrivano gli artificieri. Mettono in funzione il robottino per far
saltare in aria la valigetta. La tensione aumenta. Attorno alle 15.20 al 112 arriva una
telefonata: «La bomba esploderà tra 20 minuti». Uno scherzo? Non si sa. Ma la zona
viene ancor più blindata. Le decine di curiosi che nel frattempo avevano raggiunto la
zona vengono allontanati a più di cento metri dal palazzo della Provincia. Il robottino
fa il suo dovere. Tutti seguono le operazioni col fiato sospeso. Uno, due botti. La
valigetta rossa esplode. Ma dentro non c'è niente, neanche un bigliettino. Secondo gli
investigatori è stata messa lì apposta. Difficile pensare che sia di qualcuno che l'ha
dimenticata inquel punto. Anche perchè era chiusa con due pezzi di scotch, in maniera
rudimentale. L'angoscia aumenta.
a.mas.
Uno dei possibili obiettivi del «piromane» che sta imperversando nelle strutture
sanitarie della Asl dorica potrebbe essere quello di gettare loro addosso discredito.
L'elemento sicurezza è sicuramente tra quelli che attribuiscono più «stelle» agli
ospedali, insieme con la qualità dei servizi e la bravura dei medici. E' proprio la
sicurezza, dopo gli allucinanti episodi di questi giorni, a finire nel mirino. Sino a
qualche anno fa gli ospedali disponevano di un posto fisso di Polizia, che bene o male
garantiva la presenza costante degli agenti, e della collaborazione di guardie giurate,
che potevano controllare accessi ed anche movimenti sospetti. La necessità di far
quadrare i bilanci ha imposto paradossalmente tagli drastici proprio sulla sicurezza. E
così a Torrette, sino all'incendio dell'altra notte, il compito di vigilare era affidato
ad una sola guardia, dislocata al pronto soccorso, al posto del poliziotto precedentemente
eliminato. Troppo poco in un complesso imponente come l'ospedale regionale di Torrette,
reso peraltro difficile dai tanti lavori in corso, che «offrono affermano i
«Metronotte» ottimi nascondigli e possibilità di accedere all'interno
dell'ospedale». La lezione, dura, pare sia servita. Da ieri notte le guardie giurate a
Torrette sono tornate ad essere 3 (come parecchi anni fa) e presteranno servizio dalle 22
alle 6 del mattino. E' tornata la vigilanza anche all'Umberto I, che era rimasto
completamente sguarnito: una guardia dalle 22 alle 6. Al «Lancisi» invece vigilanza
stretta 24 ore su 24 con due guardie giurate. Anche al cardiologico la vigilanza era stata
abolita.Si tratta tuttavia di una sorta di prova. Lunedì ci sarà un nuovo summit e se
queste misure non saranno sufficienti, verrà aumentato il numero delle guardie private,
fornite dalla «Metronotte».
«Cerchiamo di mettere ordine e di chiarire motivazioni e modalità dei gesti». Il pm
Mansi non si sbilancia troppo. Le indagini sono aperte a 360° «anche se dice
escluderei la matrice terroristica non essendo giunte rivendicazioni credibili».
Si tenta di fare luce sugli episodi per accertare o meno la matrice comune e per capire se
ci sono uno o più autori. «Chi ha appiccato il fuoco all'ospedale di Torrette
aggiunge il pm deve conoscere bene il posto. Bisogna studiare il movente e capire a
chi è diretta l'azione». Per ora le indagini sono aperte contro ignoti, il pm procederà
per tentata strage.
Qualcuno lo definisce l'Unabomber della sanità. Cinque attentati in due giorni agli
ospedali di Ancona e provincia tracciano un identikit, peraltro molto labile, del piromane
che sta seminando il terrore. Ieri, intorno alle 22, l'ultimo drammatico episodio nel
reparto di Gastroenterologia dell'Umberto I° del quale riferiamo a fianco. Il fatto che
il piromane abbia colpito proprio al cuore degli ospedali forse non è un caso. Ma i dubbi
restano ed aumentano se si considerano gli allarmi bomba, le telefonate anonime che
arrivano da voci diverse e soffocate. L'attenzione delle autorità e delle forze di
polizia si concentrano soprattutto sugli ospedali. La ferita della tentata strage a
Torrette è ancora difficile da rimarginare. Dopo l'attentato all'ospedale di Chiaravalle,
chiaramente dimostrativo, il prefetto ha convocato ieri d'urgenza il comitato provinciale
per l'ordine e la sicurezza pubblica. Presidente della giunta regionale, della Provincia,
sindaco di Ancona hanno deciso, d'intesa con le alte cariche delle forze dell'ordine di
disporre la vigilanza fissa davanti a tutti gli ospedali di Ancona e della provincia. E'
stato predisposto anche un controllo interno agli ospedali, reparto per reparto. Mentre le
autorità decidevano il da farsi ad Ancona scoppiava il terrore. Erano le 11.30 quando
arrivava la prima telefonata d'allarme della giornata all'ospedale Umberto I. Una voce
maschile, al centralino dell'ospedale annunciava sotto il nome delle Brigate Rosse che nei
reparti c'era una bomba. L'attentatore non si è fermato, ha continuato a colpire.
L'allarme è scattato. Carabinieri e polizia hanno passato al setaccio tutti i reparti, ma
la bomba non è mai spuntata fuori. Tutti coloro che erano all'interno dell'ospedale in
quel momento sono stati ascoltati. Nessuno ha visto movimento sospetti. L'allarme bomba
più significativo potrebbe essere quello del pomeriggio. Alle 15.20 sempre all'Umberto I
arriva un'altra telefonata: «C'è una bomba nel laboratorio analisi». Gli investigatori
riescono a intercettare la telefonata: era partita dal reparto di radiologia che si trova
nella stessa palazzina. Qualcuno che si è divertito in maniera incosciente? O è la firma
della stessa persona che ha eseguito gli attentati incendiari e che ha dato l'allarme
bomba al mattino? Nel frattempo il centro era blindato a causa della valigetta rossa
davanti alla Provincia. Anche qui una telefonata, stavolta ai carabinieri: «Esploderà
tra venti minuti». La valigia non è mai esplosa, ma i dubbi e i sospetti sì. Non c'è
nessun fermo, solo tanti pezzi da incollare.
a.mas.
Ancona è ripiombata nel terrore ieri sera. Attorno alle 22 un incendio è divampato nel
reparto di Gastroenterologia dell'ospedale Umberto I che era stato già interessato da un
rogo doloso venerdì pomeriggio alle 16. Alcuni infermieri e pazienti del reparto di cui
è primario il sindaco di Ancona Galeazzi hanno visto uscire un gran fumo da un armadio
che si trova in una stanza del reparto. Una paziente ha notato che la porta della gastro
era stranamente aperta. Ha chiesto il perchè ad un'infermiera. Ma nel frattempo qualcuno,
nonostante il rafforzamento dei controlli dopo i quattro attentati delle ore precedenti,
era riuscito ad entrare ed aveva appiccato il fuoco a quattro lenzuola. Ormai è una
beffa. I piromani hanno dato la risposta immediata alle autorità che nel pomeriggio
avevano deciso di intensificare i controlli, tentando di blindare gli ospedali cittadini.
Il rogo si è sviluppato in pochi istanti. Il personale ha dato l'allarme alla sicurezza
che ha fatto intervenire immediatamente i vigili del fuoco, i carabinieri e gli agenti di
polizia. Si sono sviluppate fiamme alte. Il fumo ha invaso immediatamente il reparto. Tra
i circa quindici pazienti e tra il personale è stato il panico. Urla, pianti, gente che
non sapeva dove rifugiarsi. Sono arrivati i primi soccorritori. Le fiamme sono state
domate. I danni non sono ingenti. Il reparto è stato completamente evacuato. Ma qui è
nato un altro dramma. Le ambulanze del 118 e il personale medico dell'ospedale non
sapevano dove poter collocare i pazienti della gastroenterologia. A Torrette il reparto è
chiuso dopo l'incendio di venerdì notte. I degenti sono stati caricati sulle ambulanze
per ripararsi dal gran freddo. Anche questo attentato non è stato rivendicato. |