di Gennaro Casillo

Il primo Giubileo fu indetto nel 1300 da Bonifacio VIII. Ma l’iniziativa fu una richiesta della gente comune. Nella notte di Natale del 1299 si riversarono nella Basilica di San Pietro cittadini di Roma e migliaia di pellegrini a visitare i sepolcri degli apostoli Pietro e Paolo convinti di afferrare così il perdono di tutti i peccati di cui si erano pentiti.

Inoltre il rinnovamento spirituale introdotto in gran parte dai francescani e domenicani aveva diffuso un grande bisogno di fede, di perdono e di purificazione. Tale fu l’impressione suscitata dal Papa, che decise di indire un Anno Santo. Il Giubileo incominciò il 22 Febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, con la bolla Antiquorum habet fida relatio.

Il nome Giubileo era tratto dall’Antico Testamento. Designava l’anno cinquantesimo, in cui la legge mosaica imponeva il riposo della terra; la terra, di cui Dio era l’unico padrone, doveva in quell’anno essere restituita nelle porzioni di cui il ricco se ne fosse impossessato; gli schiavi ebrei riavevano la loro libertà.

L’idea di una penitenza generale ed estesa a tutta la vita, che già nel V e VI secolo aveva fatto nascere il voto di penitenza, si era sempre conservata viva nella Chiesa. Al Giubileo s’aggiungeva anche un altro vantaggio: poiché il diritto penitenziale del Medioevo, con tutte le sue censure e i suoi casi riservati, aveva finito per diventare troppo complicato, una volta tanto un simile alleggerimento delle difficoltà nel ricevere l'assoluzione doveva essere sentito da tutti come un vero beneficio. L’idea ottenne infatti un’enorme risonanza. Così subito si delineò il senso del Giubileo: purificazione e conversione di vita attraverso la conversione sacramentale, ma anche l’incontro con le comunità concrete di quel tempo e con i testimoni – i Santi e le loro reliquie – attraverso cui è stata trasmessa la fede, visitando le Basiliche di San Pietro e San Paolo per ben 30 volte successive. Ai pellegrini venuti da fuori bastavano solo 15 visite. Se un Cristiano, in seguito, era pentito delle colpe e confessato, il Pontefice gli concedeva "plenam et largiorem, immo plenissimam omnium suorum veniam peccatorum". E questo sarebbe valso per ogni 100 anni. Il 1300, l’anno del Giubileo, è una data memorabile nella storia d’Italia. L’Italia tutta pareva vestirsi a festa, si costruirono Chiese, Basiliche, logge, ma soprattutto fu un anno caratterizzato dalla pace.

IL GIUBILEO DI DANTE

Al Giubileo del 1300 parteciparono numerose persone di notevole caratura. Fra questi si ricordano Giotto, il quale ornò di affreschi la loggia delle benedizioni del Vaticano, che Bonifacio VIII aveva costruito a ricordo del Giubileo, e il suo maestro Cimabue. Ma la persona più di rilievo fu Dante Alighieri, di cui però alcuni testimoni del tempo negano la presenza. Tuttavia ci sono alcuni accenni nelle sue opere che testimoniano la sua presenza nel 1300 a Roma: nel XXIII canto del Purgatorio, incontrando sulla sesta cornice una schiera d’anime silenziose e devote, Dante ricorda i pellegrini che lungo la strada guardavano sospettosi la gente non conosciuta.

 

"Sì come i peregrin pensosi fanno

giungendo per cammin gente non nota

che si volgono ad essa e non restanno"

Purgatorio cap. XXIII versi 16-18

 

Ma pellegrini, taciti e sospettosi, se ne potevano incontrare, lungo la via Cassia, anche negli anni non giubilari. Ma c’è un particolare che soltanto durante l’anno giubilare poteva essere osservato, ed era l’ordinato traffico dei pellegrini sul ponte di San Pietro. A Firenze, Dante era stato anche ufficiale di strade e quindi di certe cose se ne intendeva, e notava perciò quello che neppure il Villani aveva notato, e cioè il doppio senso della circolazione. Da un lato i pellegrini andavano verso San Pietro; dall’altra , tornando da San Pietro, avevano la fronte verso il Monte Giordano.

"Come i Roman per l’esercito molto

l’anno del Giubbileo, su per lo ponte

hanno a passar la gente modo tolto,

che dall’un lato tutti hanno la fronte

verso il Castello e vanno Santo Pietro,

dall’altra sponda vanno verso il monte".

Inferno cap. XVIII versi 28-33

Quindi come spiega il Manfredi Porena in un suo commento questa potrebbe essere la prova della presenza fisica di Dante nel 1300 a Roma.