Medio Oriente 2000, appunti da un viaggio in camper

Dopo una sconsiderata parentesi nella fredda e piovosa Islanda, nell'estate 2000 ho ripreso l'amata via del Medio Oriente al volante del mio fidato camper, per una breve divagazione tra Sinai, Giordania, Israele, e Territori dell'Autonomia Palestinese. Alcuni tra i luoghi visitati sono stati successivamente investiti dall'ondata di violenza che ancora perdura mentre queste note vengono pubblicate sul Web (fine novembre 2000). Mi rendo conto che discorrere di turismo in relazione a luoghi bagnati dal sangue può apparire di pessimo gusto, e mi scuso se ciò facendo offendo la sensibilità di qualcuno. Nelle mie intenzioni, desidero rievocare le piacevoli esperienze di viaggio vissute in quelle terre come un auspicio di un pronto ritorno alla normalità ed alla sicurezza.

Anche prima che gli eventi della seconda metà del 2000 esplodessero in tutta la loro drammaticità, sulle labbra degli interlocutori vi era una Sola Inevitabile Grande Domanda:
 

   ma non sono posti pericolosi?

Partiamo quindi senz'altro da qui, puntualizzando innanzitutto che Siria e Giordania sono ormai mete abituali per i camperisti nostrani, e si incontrano ormai sciami di veicoli italiani quasi ovunque, talvolta con suocera a bordo. Nulla di avventuroso insomma (se non la convivenza con la suocera, ma quello è un problema su cui, essendo celibe, non ho competenza alcuna).

Voglio però essere cattivo.

Parlare di posto pericoloso ha poco senso (anzi, non ne ha alcuno) se non sappiamo di che rischio stiamo parlando. E' certo che in Medio Oriente le possibilità di restare coinvolti in un attentato sono maggiori di quelle che si incontrerebbero in Scandinavia, ma sono altrettanto sicuro che a Gerusalemme le possibilità di una rapina a mano armata siano solo una frazione di quelle che attendono il turista a Miami. Al confine siro/libanese incontrai tempo fa una comitiva di tizi di Chicago. Chiedo: Vi sentite più sicuri in Libano o a New York?Ma cosa diavolo hai fumato a Beirut per fare domande così idiote? mi rispondono. A Central Park, di giorno ed armati, siamo forse (forse) al sicuro come sulla Corniche (il lungomare) di Beirut, di notte e disarmati.

Non nego quindi che in Medio Oriente si possano correre alcuni specifici rischi, ma tutto considerato non c'è nulla (in tempi normali) che possa ragionevolmente indurre neppure il più prudente di voi a restare a casa. Il vero pericolo è partire non documentati, almeno un po', sulle situazioni che si andranno ad affrontare. Se non distinguete un kibbutz da un hizbollah (fattoria ebraica ed estremista islamico, nell'ordine), beh, allora non lamentatevi.

Non basta dire: io sono prudente. Benissimo, ma prudente come? Esempio. Nel 1993 la Florida divenne tristemente famosa per i reati a danno dei turisti. La locale polizia fece predisporre una brochure, distribuita massicciamente negli aeroporti e negli altri luoghi frequentati dai visitatori, ove si raccomandava di comportarsi quanto meno possibile da turisti. Niente macchine fotografiche in vista, ad esempio; le compagnie di autonoleggio vennero invitate a rendere le proprie vetture irriconoscibili. Per i Territori Arabi Occupati, la guida Lonely Planet dà invece un consiglio che suona più o meno così: fate capire che siete turisti. I palestinesi ce l'hanno con gli israeliani, non con gli stranieri; rendete evidente che non c'entrate nulla e nessuno se la prenderà con voi, anzi: la maggior parte dei palestinesi (che sono pur sempre arabi) si farà un punto d'onore nel mostrare nei vostri confronti il massimo dell'ospitalità.

Bisogna anche tenersi molto aggiornati. Come i fatti recenti si sono incaricati di dimostrare, la situazione descritta dalle guide turistiche può cambiare molto molto in fretta. In campana. Non parliamo poi di questi appunti, che certo non intendono sostituire le guide e riproducono comunque esperienze e sensazioni estremamente soggettive.

Se capite un po' l'inglese ascoltate i notiziari del BBC World Service in onde medie sui 1323KHz; l'antenna è a Zygi (vicino a Limassol, Cipro), e quindi basta una radiolina tascabile. Ho un personale debito di riconoscenza verso la gloriosa emittente londinese. Una sera in Libia captai l'annuncio di tensioni alla frontiera libico/egiziana per il previsto afflusso di decine di migliaia di cittadini egiziani e sudanesi che venivano in quelle ore espulsi dal regime di Tripoli. Una corsa un po' folle (ma indimenticabile) nella cristallina e profumata notte della Cirenaica mi consentì di raggiungere la frontiera giusto in tempo. La situazione era già molto difficile, con migliaia di persone respinte dagli egiziani e bloccate nella terra di nessuno; dovetti zigzagare col camper tra intere famiglie stese a dormire sulla nuda terra. Una visione allucinante, con solo i miei fari a squarciare il buio.

Gli eventi drammatici sono fortunatamente l'eccezione per un turista ed anzi, tornando agli hizbollah, anni fa me ne capitò una divertente. Mi stavo dirigendo dalle alture cristiano-maronite del Libano verso la valle della Beqaa, occupata appunto dai guerriglieri di quel movimento. Sapevo che, per non scontarsi con la popolazione locale che trae qualche guadagno dal turismo, gli hizbollah si guardano bene dal disturbare i visitatori; in effetti al primo posto di blocco il barbuto guerrigliero di servizio sembrava preoccupatissimo solo dell'eventualità che io potessi perdermi, e continuava ad spiegarmi e rispiegarmi la strada per Baalbek con grandi movimenti del suo AK47 Kalashnikov. Faceva quasi tenerezza il leggendario mitragliatore, vanto di ogni guerrigliero che si rispetti, ridotto al rango degli ombrellini rosa delle guide turistiche in piazza San Pietro. Restava un problema. In quel periodo l'aviazione israeliana era impegnata in ripetuti attacchi nella Beqaa: ho sempre nutrito la massima stima per l'abilità dei piloti con la stella di David, ma non mi pareva ragione sufficiente per candidarmi a bersaglio. La soluzione mi si presentò non appena arrivato a Baalbek. Il parcheggio del sito archeologico è incastonato proprio tra due dei celeberrimi templi romani: fermando il camper a ridosso del botteghino mi sarei trovato a non più di trenta metri da ciascuno degli imponenti edifici. Israele era già oggetto di energiche critiche internazionali per le sue azioni in Libano: di certo non avrebbe corso il rischio di danneggiare i resti romani più famosi del Medio Oriente. La notte scorre fresca (siamo quasi a mille metri) e tranquilla: dormo della grossa. Al mattino, metto il naso fuori dal camper e vedo che l'asfalto del parcheggio ha assunto uno strano colore grigioverde. Inforco gli occhiali per scoprire che intorno al mio veicolo c'è una distesa di militari siriani nei sacchi a pelo; uno di loro mi porge sorridente il buongiorno. Evidentemente, anche i siriani avevano fiducia nella saggezza (e nella buona mira) degli israeliani.

Un viaggio in Medio Oriente non è avaro di emozioni forti, ma di tutt'altra natura. Alcuni dei luoghi più sacri alle principali religioni del mondo si trovano in quest'area, ed è difficile evitare un coinvolgimento profondo, qualunque sia la vostra esperienza religiosa. Gerusalemme, in particolare, è una citta' dal fascino assolutamente unico, incomparabile. Non posso poi neppure provare a riassumere le infinite tensioni politiche che attraversano questa terra, ma mi sia consentita un'annotazione del tutto personale. Per un viaggiatore non particolarmente prevenuto, c'è di che cedere alla schizofrenia.

Difficile, da un lato, non immedesimarsi nel desiderio del popolo ebraico, vittima di innumerevoli persecuzioni, di vivere con sicurezza in una terra propria. Una visita al museo/memoriale di Yad Vashem, a Gerusalemme, è un'esperienza coinvolgente, assolutamente da non mancare. Difficile (almeno per me) non riconoscere, in molti dei gesti aggressivi compiuti dagli Israeliani, l'assoluto stato di necessità di un popolo minacciato nel suo stesso diritto d'esistere: durante la Seconda Guerra Mondiale, quando il Gran Muftì di Gerusalemme dal suo rifugio di Berlino chiamava (col braccio teso nel saluto nazista) gli arabi alla lotta contro i nemici ebrei, in spaventosa sincronia con i prodromi dell'Olocausto; nel 1948, quando gli arabi si proposero di spazzar via la giovane nazione appena riconosciuta dall'ONU; nel 1967, quando la stessa ONU, per sua eterna vergogna, si ritirò per consentire agli egiziani di Nasser di aggredire la flotta mercantile israeliana con i cannoni di Sharm-el-Sheikh; nel 1973, con l'attacco dello Yom Kippur; infinite volte, con la minaccia terroristica.

Sul fronte opposto, non si può non provare una qualche forma di simpatia per il popolo palestinese che, pure a fronte delle sue responsabilità storiche, avanza una richiesta per più versi minimale, e cioè quella di vivere liberamente sulla propria terra. Chiunque abbia concepito lo slogan sionista Una terra senza popolo per un popolo senza terra ha commesso forse non un delitto ma di certo un tragico errore, visto che la terra che oggi conosciamo come Israele e Palestina è patria da secoli per popolazioni arabe.

Se c'è un attore della scena medio orientale per cui non riesco, al contrario, a provare alcuna simpatia, sono i coloni ebrei della West Bank. Sostengono in buona sostanza che è loro diritto occupare terre arabe perché così sta scritto nella Bibbia: il che di per sè sarebbe solo esilarante. Viaggiando un pochino per i Territori Arabi Occupati si passa però rapidamente allo sgomento. Gli insediamenti ebraici, protetti da filo spinato e da torrette di sorveglianza, punteggiano le colline della West Bank con una densità davvero insopportaibile.
 

   Ma non fa caldo?

Il freddo è un'altra cosa, sia chiaro, ma anche in agosto c'è modo di passare una vacanza molto confortevole senza aria condizionata. I luoghi desertici hanno la piacevole caratteristica di rinfrescare parecchio, la notte, e quindi si dorme in modo accettabile; se poi c'è un po' d'altitudine (come a Petra e Wadi Rum in Giordania, per esempio, od al Monastero di Santa Caterina nel Sinai) si sta proprio benone. Anche nelle immediate vicinanze del mare la situazione è piacevole, come sempre. Da evitare quindi i contesti urbani e soprattutto l'infernale (da questo punto di vista) depressione del Giordano e del Mar Morto, che ci ha "regalato" l'unica notte fastidiosa.

Nonostante i 24 anni di anzianità di servizio, il vecchio Carpento ha retto con gran dignità, frigo compreso: ho tenuto molto sott'occhio il termometro dell'acqua, per la verità, ma solo una volta ho dovuto prendere provvedimenti, impostando una salita davvero al rallentatore nella già citata zona del Mar Morto, e più esattamente dalle parti di Sodoma (postaccio da sempre infrequentabile, com'è ben noto). L'Autore Biblico (Genesi 19, 24) per descrivere la celeberrima tempesta di zolfo e fuoco, non deve aver sforzato molto la fantasia: con ogni probabilità è semplicemente capitato da quelle parti d'estate. A proposito: sappiamo tutti quel che facevano a Sodoma, ma a Gomorra, che diavolo facevano? (Daniele Luttazzi).
 

   In viaggio col camper (1)

Un camper italiano con equipaggio italiano attraversa senza colpo ferire praticamente tutti i valichi di frontiera normali; per il momento si deve rinunciare al leggendario Allenby Bridge, sulla strada tra Amman e Gerusalemme, che ha un suo particolarissimo status; si può attraversare il Giordano una settantina di chilometri più a nord, in Galilea. E' noto però che alcuni Paesi come Siria e Libia rifiutano l'accesso a chi ha visti israeliani, e la soluzione corrente è farsi mettere il visto israeliano su un foglio di carta a parte. In aereo tutto bene, ma se viaggiate via terra il vostro passaporto recherà egualmente una traccia incriminante: il timbro del posto di frontiera arabo. La guardia di frontiera siriana sa benissimo che se siete entrati in Giordania dal King Abdullah potevate venire solo da Israele. Anche se poi, mi è stato riferito, in genere fa finta di non saperlo.
 

   In viaggio col camper (2) Paesi arabi

Spostarsi in camper nei paesi arabi non comporta particolari difficoltà. La segnaletica non sarà sempre ottimale, le strade talora un po' approssimative, ma si può andare ovunque e la gente è calorosamente ospitale. Quasi ogni sera, al momento di fermarmi per la notte, è arrivato qualcuno a chiedermi se servisse qualcosa, a segnalarmi un posto migliore, oppure ad invitarmi a casa sua. Gli arabi riescono a diventare insopportabili solo sui luoghi turistici, con un'insistenza e petulanza senza pari: a Marrakech sono stato sul punto di strangolare con le mie mani una (falsa) guida turistica. Basta allontanarsi cinquecento metri dalle rotte Alpitour, e tornano ad essere le persone più adorabili che un camperista possa incontrare. Solo una volta un arabo mi ha bruscamente invitato a non fermarmi per la notte vicino a casa sua, e mi duole aggiungere che si trattava di un cristiano maronita.

Sul fronte sicurezza non ho molto da dire: non ho mai percepito (in almeno una decina di viaggi) ostilità nei miei confronti; da parte sua la polizia fa ovunque buona guardia, ed è evidente che hanno sempre l'istruzione di tutelare al massimo il turista; in alcuni Paesi ci sono persino corpi appositi. In Siria ebbi uno scontro frontale con un motociclista che viaggiava contromano: la polizia, piombata sul posto, come primissima cosa mi mandò via (non era neppure arrivata l'ambulanza): OK mister, OK mister, you OK mister.

Bisogna però essere pronti ad un poco di burocrazia alle frontiere, specie in Algeria, Libia ed Egitto (meglio partire provvisti del celebre Carnet de Passage en Douane, oltre che di tanta pazienza). Gli egiziani poi non rinunciano mai alle rituali (e sfacciate) richieste di mancia (baksheesh), peraltro modiche: in un caso un poliziotto è parso soddisfattissimo di aver potuto parlare con la mamma al Cairo per cinque minuti, attraverso il mio cellulare.

Sorprendentemente, talvolta ci sono sporadiche difficoltà di rifornimento. Il criterio con cui sono collocati i distributori in Giordania, ad esempio, sfugge ai miei migliori sforzi analitici: sulla strada che costeggia il Giordano c'è un distributore ogni dieci chilometri, mentre sulla celebre Desert Highway, Amman/Aqaba, ne ho fatti circa 150 imbattendomi solo in una pompa abbandonata. Nel deserto libico ho incontrato ben tre distributori consecutivi senza gasolio; nell'ultimo (a quel punto ero proprio a secco) un beduino mosso a pietà mi ha insegnato a preparare un cocktail con quello che loro chiamano "gas" (petrolio da illuminazione? kerosene? non l'ho mai capito): aggiungere un poco di olio da motore, agitare bene la tanica e versare nel serbatoio. Il buon vecchio Carpento non ha mosso obiezioni: sembrava persino filare più del solito (non ci vuol molto, peraltro).
 

   In viaggio col camper (3) Israele

Israele ha tutte le caratteristiche di un paese europeo; il viaggio si svolge come se ci si trovasse, per dire, in Spagna.  Ciò non toglie che la realtà israeliana sia multiforme ed interessantissima, ed è una vera fortuna che esista in lingua inglese un giornale ricco ed informativo come il Jerusalem Post (attenzione a non confonderlo col Jerusalem Times, palestinese) che consente di capire cosa accade. Dal JP del 27/8/2000, per esempio, si apprende che sono 97 (diconsi novantasette) le società israeliane quotate al Nasdaq. I cambiamenti sono rapidi ed evidenti; all'eroico Israele dei pionieri, unito intorno all'ideale sionista, si è sostituito un Paese moderno, avanzatissimo sul piano tecnologico, sempre più secolarizzato, ma anche molto frammentato. Quest'ultimo è un dato evidente anche al turista meno attento. Da un lato, nulla sembra unire la godereccia e disinibita Tel Aviv alle comunità di stretta osservanza religiosa, prevalentemente impiantate a Gerusalemme. Ma questa non è una novità: è invece fenomeno relativamente nuovo la crescente disarticolazione anche sul piano culturale e linguistico. La comunità russa, in particolare, dimostra nel complesso uno scarso desiderio di integrazione, e continua a fare amplissimo uso della propria lingua, come dimostrano giornali, insegne e scritte di ogni tipo in carattere cirillico.

I giovani con meno di trent'anni non hanno conosciuto che una vita mediamente molto agiata, di standard assolutamente europeo; ciò che è stato guadagnato dall'infinita intelligenza e tenacia e (purtroppo) dal sangue dei loro nonni e padri, per loro è un fatto scontato, il che spande di quando in quando una patina di arroganza su alcuni loro comportamenti. L'abitudine ai comforts moderni è tale che alcuni militari di leva, di guardia al confine libanese, trovavano del tutto normale usare il cellulare per ordinare pizze da farsi recapitare negli avamposti ed anche, pare, per scambiarsi informazioni più delicate: il tutto con prevedibile gioia degli Hizbollah, ben provvisti di adeguati scanners per intercettare le conversazioni. Dana International, cantante transessuale che ha vinto l'Eurofestival del 1998, è per quasi unanime opinione il simbolo dei tempi nuovi: per molti laici incarna la libertà di cui si ormai gode in Israele; per i segmenti più tradizionalisti il fatto che un transessuale rappresenti Israele nel mondo illustra a perfezione l'abisso di degrado in cui il Paese è, a loro dire, sprofondato.
 

Una sola cosa mi ha sempre irritato degli israeliani: la loro freddezza e scortesia con i turisti. In un ufficio del porto di Ashdod, dove stazionavamo da un paio d'ore per le pratiche di rispedizione del camper in Italia, sono arrivati a negare alla mia compagna di viaggio l'uso della toilette, cedendo solo ad una mia richiesta molto secca. Secondo un israeliano che ho incontrato i turisti non c'entrano nulla, gli indigeni sono fatti così e basta. Mi ha anche raccontato una passabile barzelletta in argomento. Londra, congresso rabbinico ai tempi della prima mucca pazza. Un rabbino inglese accompagna tre suoi colleghi, un americano un russo ed un israeliano, a passeggio per la città. Vedono un cartello su una macelleria: A causa delle attuali difficoltà di approvvigionamento, non possiamo garantire l'abituale assortimento di carni. Ce ne scusiamo con i clienti. Subito il rabbino inglese è tempestato di domande. Cosa sono le difficoltà di approvvigionamento? chiede l'americano. Cos'è un assortimento di carni? chiede il russo. Cosa sono le scuse? chiede l'israeliano.

Ci si può fermare abbastanza tranquillamente fuori dai campeggi, che comunque sono disponibili. Difficile da trovare (per chi non conosce questi appunti ;-)) quello di Gerusalemme, che sta nel moshav di Beit Zayit, pochi chilometri fuori città sulla via di Tel Aviv. L'autostrada inizia con un discesa piuttosto ripida: esattamente nel punto ove il percorso torna pianeggiante c'è lo svincolo di Beit Zayit. Seguite le indicazioni per la piscina (il campeggio è proprio lì).

Su una guida ho letto che in Israele si vedono pochi Internet café perché tutti hanno il collegamento in casa. Veramente ne ho trovati ovunque; ad Eilat se ne incontra uno ogni dieci metri, ed è ottimo quello del bar a fianco del più famoso Red Lion: 5NIS (circa 1,3 euro) per un quarto d'ora, ma a velocità fulminante; la vostra navigazione può per di più essere irrigata da eccellente birra Goldstar alla spina. A Gerusalemme si segnala, per la posizione invidiabile, un locale a ridosso del Santo Sepolcro, proprio sopra la leggendaria pasticceria Zalatimo (è per questo che la posizione è invidiabile, naturalmente). Ideale se siete marcati stretti dal punto di vista dietetico: cara, debbo assolutamente controllare la posta elettronica, ci rivediamo tra mezz'ora.
 

   In viaggio col camper (4) Territori Arabi Occupati

I Territori Arabi Occupati, la cosiddetta West Bank ancora sotto controllo israeliano, sono un altro discorso: frequenti posti di blocco ma soprattutto barriere invisibili per noi viaggiatori. Queste ultime sono decisamente impressionanti, specie a Gerusalemme, tra la parte est e quella ovest. Si sta viaggiando tranquillamente in territorio arabo, le vetture intorno a noi hanno la targa verde dei palestinesi; il contesto urbano è inconfondibilmente arabo, caldo e vitale quanto approssimativo. All'improvviso, dietro una curva, la metamorfosi: le automobili hanno la targa gialla israeliana, le case ed i marciapiedi sembrano quelli di Stoccolma; una pattuglia militare sorveglia arcigna. Una vera fortuna che un veicolo con targa italiana sia il benvenuto su entrambi i versanti. Non è una lieta constatazione, ma pochissimi abitanti della regione possono sognarsi la libertà e sicurezza di movimenti di cui gode un turista europeo.

Si è letto talora che i turisti non possono in realtà sentirsi affatto al sicuro nei Territori Occupati, giacché alcune frange palestinesi, passando sopra la tradizionale ospitalità araba, colpirebbero i turisti in quanto fonte di ricchezza per Israele. Non ho riscontri diretti, ma sarei certamente a disagio a viaggiare per i Territori con un Tour Operator, una guida od un autobus israeliano. La guida Lonely Planet dà in proposito consigli precisi: se volete viaggiare nei Territori usate taxi od autobus arabi oppure procuratevi automobili a nolo con targa araba (a Gerusalemme Est si trovano). Credo invece fortemente improbabile, per la mia esperienza, che un viaggiatore individuale od un veicolo con targa straniera sia preso di mira. Capitasse, non dimenticate che gli ineffabili venditori di T shirt di Gerusalemme hanno una maglietta anche per questa occasione: I have been stoned in ... (sono stato preso a sassate in ...).
 

   In viaggio col camper (5) Autonomia Palestinese

I territori dell'Autonomia Palestinese, che ci crediate o no, nell'estate 2000 erano una meta piacevolissima. Al ritiro delle forze israeliane era succeduta una situazione molto più serena, che spero sia presto recuperata. Betlemme ha cambiato volto: eleggerei a simbolo il nuovo centro culturale dinanzi alla Basilica della Natività, che ha rimpiazzato una fortificatissima ed inquietante caserma israeliana. I commercianti esibiscono con orgoglio le loro nuove licenze rilasciate dalle autorità arabe; la sensazione è che si sentano finalmente padroni in casa propria. Anche Ramallah è perfetta per una visita rilassata, non foss'altro che per sedersi ad uno dei suoi ottimi ristoranti, frequentati dalla rampante borghesia palestinese. Siamo andati in uno dei più noti, Bardauni in Jaffa Street, ed abbiamo mangiato proprio magnificamente, in un locale elegante e curato; splendida la mussakha (una pietanza a base di pollo, niente a che vedere col quasi omonimo piatto greco). Molti ristoratori italiani potrebbero lì prender lezione persino su come si serve la birra, che viene presentata in un bicchiere ghiacciato. A proposito: anche la birra è prodotta nell'Autonomia, vicino a Ramallah, e si chiama Taybeh; sull'etichetta vanta di essere la miglior birra del Medio Oriente. Personalmente forse le preferisco l'israeliana Goldstar, ma in ogni caso è un bel match: la Taybeh è di osservanza tedesca, anche se tradisce qualche profumo della sua terra, mentre la Goldstar ricorda un po' le birre inglesi. E poi, siamo sinceri, non saremmo comunque nella posizione di fare i difficili: in Italia si produce di peggio (di molto peggio).
 

   Acqua ed altri liquidi ;-)))

Nessun problema per l'acqua, in realtà. La rete idrica è giustamente un vanto israeliano, e si trovano ovunque rubinetti con una portata miracolosa, degna della verga di Mosè (Esodo 17; Numeri 20,11). In Sinai, all'opposto, l'acqua è pochissima, ma mal che vada si può fermare per strada una delle innumerevoli cisterne che trasportano l'acqua un giro (sono in genere camion talmente vecchi che persino il mio Transit del 76 non ha difficolta' a raggiungerli e superarli), ed il pieno è assicurato. Viene spontaneo in casi simili offrire una mancia, ma attenzione: in un caso me la sono vista letteralmente sbattere in faccia, mentre in un inglese approssimativo il tizio urlava che un vero musulmano non si fa pagare per dare l'acqua a chi ne ha bisogno. In diversi casi (in Siria e Libia, ad esempio), ho avuto altri rifiuti, garbati e sorridenti ma altrettanto decisi. In genere i distributori in Sinai non hanno acqua, ma fa eccezione la grande stazione Mobil sulla tangenziale di Sharm-el-Sheikh. Nelle altre zone non ho mai incontrato difficoltà particolari; nelle aree più aride, d'altronde, non tutte le case hanno l'acqua corrente e quindi le fontane pubbliche sono ben visibili ed attive. Sarà un paradosso, ma trovo che far rifornimento d'acqua col camper sia facile dove l'acqua è moltissima (ovvio) oppure dove è pochissima: in quest'ultimo caso gli indigeni hanno lo stesso nostro problema e basta fare come loro ;-))

Tutto questo sia detto con lo spensierato spirito del turista; per chi vive in Medio Oriente, l'acqua è motivo di serissima preoccupazione, e secondo molti la prossima guerra sarà combattuta per l'acqua. Dio non voglia.

Restando in tema bevande, in Israele si trovano vini molto buoni: lo Chardonnay barricato di Yarden, ad esempio, è davvero eccellente. I migliori vini israeliani provengono dalle alture del Golan; se mai verranno restituite alla Siria speriamo non facciano scherzi ;-)) Si tratta d'altra parte di bottiglie vendute a caro prezzo, pur sempre fonte non disprezzabile di occupazione ed introito; non ci dovrebbero essere ostacoli di principio, giacché in Siria si produce già vino (c'è una significativa presenza cristiana). Vini di gran classe si trovano anche in Libano.
 

   Sinai

Mentre Giordania e Siria sono battutissime dai camperisti nostrani, il Sinai sembra off limits: in due viaggi ho incontrato un veicolo italiano in tutto. Non capisco assolutamente il perché: se si viene da nord non è neppure necessario passare per Israele, dato che c'è un traghetto tra Aqaba, in Giordania, ed il porto sinaitico di Nuweiba. Gli unici ostacoli sono una certa vischiosità burocratica delle formalità d'ingresso (per chi ha fatto l'esperienza di una concessione edilizia in Italia sarà comunque una boccata d'aria fresca) e la tassa d'ingresso del veicolo, decisamente elevata, sull'ordine dei 200 euro; gasolio e cibo sono però talmente a buon mercato che non si tarda a rifarsi della gabella. Per una vacanza in Sinai, mi sento di dare qualche consiglio.

Dimenticare Sharm el Sheikh, orrida putrescenza cementizia. Basti dire che l'unico edificio degno di nota è l'ospedale, che un architetto non privo di coraggio ha disegnato come una piramide di vetrocemento. Raccontata così viene voglia di preparare il plotone di fucilazione, ma dal vivo si deve ammettere che c'è in giro di molto peggio. Seconda ed ultima attrattiva: nell'area commerciale ad ovest della cittadina, c'è (proprio sul lato che dà verso la strada principale) un magazzino di bibite all'ingrosso che per quattro soldi sarà felicissimo di rifornirvi di birra Stella. Non sarà l'Oktoberfest, ma se siete a becco asciutto ...

Non perdetevi l'alba sul Monte Sinai. Come disse un ufficiale sovietico accomiatandosi dal suo incarico nelle forze ONU in Sinai: non so se Dio abbia davvero dettato i Dieci Comandamenti, ma se così è stato non poteva scegliere altro luogo per farlo.

Andate poi dritti al Parco Nazionale Ras Mohamed e restateci più a lungo che potete. C'è una magnifica area di campeggio (con rubinetto d'acqua) lungo la spiaggia: la barriera corallina disterà non più di trenta metri dal vostro camper (o tenda). Sono tornato a Ras Mohamed dopo alcuni anni d'assenza, e devo dire che le migliaia di turisti che l'assediano quotidianamente hanno lasciato il segno: i pesci sono meno numerosi, i fondali meno spettacolari: qualche quintale di corallo deve aver preso la via dell'Europa via charter (Francesca Pace, sul 24 ore del 27/8/2000, pagina 35, deve aver avuto sensazioni analoghe visto che titola Il saccheggio del Mar Rosso). Ma aspettate che gli autobus Alpitour se ne siano andati, verso le cinque, e godetevi le due/tre ore che vi separano dal tramonto in quello che resta certamente uno dei luoghi più belli del mondo, uno sprazzo fuggitivo di deserto che si tuffa voluttuosamente nel mare. Una spiaggia da dépliant sarà tutta vostra, almeno sino alle dieci dell'indomani quando torneranno le orde tuttocompreso, che sembrano però fortunatamente girare alla larga dalle spiaggie dell'area campeggio: non avranno i fondali più spettacolari della zona ma restano un'oasi di relativa pace.

Tornando verso nord, non mancate una tappa a Dahab, il posto più adorabilmente scombinato che conosca. La località è cresciuta in modo curiosamente anarchico, senza la regìa delle grandi organizzazioni turistiche: sul lungomare si succedono negozietti, improbabili scuole sub dal tetto di paglia, Internet café alla beduina, dromedari in servizio taxi, venditori ambulanti di frutta al lavoro anche a mezzanotte; la spiaggia è punteggiata di ristoranti dai nomi tipo Al Capone, dove si mangia (mica male) seduti sulle stuoie all'uso arabo mentre gattini deliziosi fanno la posta alle pietanze migliori. Non so come né perché, ma non mi sono mai sentito così rilassato come in quell'allegra confusione; persino i lentissimi collegamenti Internet diventano sopportabili. Attenzione: non sono un ragazzino viziato. Quando ho cominciato ad andare in Rete col mio 286 a fosfori verdi, il massimo era 1200 bps (ITAPAC, qualcuno ricorda?); altro che ADSL a 128.000 minimo garantito. Quindi, se dico lentissimi, intendo dire: lentissimi. Nella vicina Eilat, in territorio israeliano, Internet va invece come uno sparo, uno spettacolo.

Tornando al Sinai, una tappa rilassante può essere il Soft Beach Camp di Nuweiba; da quelle parti per campo si intende bungalows coi servizi in comune. Arriviamo col camper generando disorientamento nello staff: lo spazio c'è, ma che facciamo di questo strano coso? Con fare molto filosofico il più anziano, dopo averci pensato un po' su, ha preso il prospetto usato per annotare le consumazioni ed ha aggiunto una nuova colonna intitolata: Car. I fondali non sono un granché, onestamente, ma il mare è di cristallo, la spiaggia è bella, dalla sabbia effettivamente morbida come vuole il nome; è tenuta molto pulita, e c'era persino un agente armato della Tourist&Antiquities Police di guardia permanente sotto un ombrellone. I gestori sono molto simpatici; il cibo, servito indifferentemente sulla spiaggia o nel campeggio su stuoie e cuscini (comodissimo ...), è semplice ma molto buono: pesce freschissimo alla brace, riso cotto alla perfezione, shish kebab ed hommos fatti come si deve. E si spende una vera miseria.
 

   E se turisti siamo ...

Una volta ero molto ortodosso: nessun luogo che non fosse frequentato anche dagli indigeni, niente trappoloni per turisti. Col tempo mi sono un po' rilassato: dev'esser così che si finisce, da pensionati, col mettere sul televisore la gondola comprata a Venezia per i vent'anni di matrimonio (rigorosamente incrostata di conchiglie, si capisce). Ricordate Remo e Romolina? Erano i personaggi di Alberto Sordi e Stefania Spugnini, in Le Vacanze Intelligenti, episodio (regista lo stesso Sordi) di Dove vai in vacanza?, 1978.

Vigliacchissimo, mi confeziono anche gli alibi: OK, baraccone per turisti, ma di qualità. Il premio quest'anno va senz'altro a Dolphin Reef, Eilat. Il posticino è simpatico e curato, neppure troppo caro per gli standard di Eilat: se prenotate via Internet vi fanno persino lo sconto. La grande attrattiva è la nuotata in compagnia dei delfini. Lo staff è preocupatissimo di far mostra di assoluta ortodossia ecologica: i delfini sono liberi di entrare ed uscire dal recinto quando vogliono attraverso due varchi sempre aperti, in acqua non bisogna nuotare verso i delfini ma sono loro a decidere se avvicinarsi o meno, si può grattare il delfino solo in certe parti del corpo, e via così. Tutto giusto nella sostanza, ci mancherebbe, ma sorge il sospetto che lo scelto lessico di impronta vagamente sessantottina (manca solo: il corpo è del delfino e se lo gestisce lui) serva soprattutto a far sentire il cliente evoluto, colto, moderno, molto politically correct. La nuotata dura una mezz'ora: nel nostro caso i delfini non si sono fatti pregare, e si sono lasciati accarezzare come vecchi gattoni mettendosi a pancia all'aria. Se poi volete realizzare una performance completa, degna di una comitiva di pensionati di Kansas City, non vi resta che ordinare il video: un operatore scenderà in acqua con voi e riprenderà istante per istante in VHS tutte le smancerie col mammifero. Vi supplico, nessuno mi chieda se me lo sono fatto fare anch'io.
 

   GSM (con postilla su libanesi ed israeliani)

Funziona ovunque in Medio Oriente, tranne (che io sappia) in Siria; la copertura è buona ovunque, favolosa in Libano.  Neppure nei Territori dell'Autonomia Palestinese sarete al riparo dall'infernale trillo, dato che l'operatore locale Jawwal (codice 425-05) funziona a meraviglia, almeno con TIM.

Israele e Libano sono probabilmente le due nazioni più fieramente antagoniste del Medio Oriente; d'altra parte, non sono poi passati troppi anni da quando l'esercito israeliano ridusse Beirut ad un colabrodo, per tacere dell'occupazione di una piccola parte del Paese, terminata nel 2000, e della vergognosa collusione nelle stragi di Sabra e Chatila. Una cosa li accomuna senz'altro: l'uso smodato del cellulare. Girate un poco per questi due Paesi, ed al ritorno l'Italia vi sembrerà un paradiso di discrezione.

Ad essere onesti, ci sarebbero altri punti di contatto (restando, per carità, nell'ambito delle supeficiali considerazioni di un turista). Si tratta dei due Paesi che hanno senz'altro lo standard di vita più elevato del Medio Oriente: vedrete ovunque bei negozi, buoni ristoranti, grosse automobili. Il che, tra l'altro, non contribuisce a renderli simpatici presso i confinanti: la faccia dei benzinai siriani od egiziani che fanno il pieno ai macchinoni a targa libanese ed israeliana è tutta un programma. I macchinoni, appunto. Sperando che né gli amici israeliani né quelli libanesi mi leggano mai. In entrambi i Paesi sono tutti convinti di essere formidabili e spericolati guidatori. Raccontano anche le barzellette, tipo gli israeliani dovrebbero imparare che è meglio essere in ritardo a questo mondo che in anticipo nell'altro. Mi spiace dirlo, ma la realtà è molto più prosaica: guidano malissimo, veramente da cani. Se in curva le gomme fischiano non dipende dalla velocità, è solo che non sanno impostare decentemente una traiettoria. Quando guido il mio camper in Europa, le automobili mi passano così in fretta che a stento vedo di che colore sono. In Libano od Israele, gli otto cilindri ruggiscono, nelle manovra di sorpasso ci mettono più grinta di Schumacher e magari in chiusura ti stringono pure, ma insomma, dopo due o tre curve guardi avanti e il grande pilota è sempre lì a tiro.

A proposito di otto cilindri. Se vi hanno rubato una bella BMW o Mercedes guardatevi attorno, quando viaggiate in Medio Oriente. Secondo molte voci, avete ottime probabilità di rivederla, specie in Libano e nei Territori Arabi Occupati o nell'Autonomia. In effetti si vedono più ammiraglie tedesche dai 3000 in su che a Montecarlo.
 

   Guide e ristoranti

Abbiamo portato con noi Lonely Planet (attendibile come sempre) la Guide Bleu francese (sontuosissime le descrizioni dei luoghi d'interesse culturale ed artistico) e la Mondadori: niente male neppure quest'ultima, forse un po' troppo patinata ma davvero ben fatta. E' una guida inglese adeguatamente tradotta, anche se i diabolici False Friends (parole apparentemente simili ma dal significato diverso nelle due lingue) riescono a segnare un punto persino qui: "i prezzi dei campeggi aumentano col crescere delle facilitazioni" (p. 231). Ovviamente era il crescere delle facilities, dei servizi. Ci siamo affidate a queste guide anche per le nostre scorrerie gastronomiche, e non abbiamo mai avuto motivo di pentircene. Ci siamo trovati splendidamente al Taboon, al porto di Jaffa, mangiando pesce indimenticabile anche se carissimo (verso i 70 euro a testa); molto bene, ad un terzo della spesa, anche al Philadelphia, Gerusalemme Est: non c'entra nulla la Pennsylvania, Philadelphia è l'antico nome di Amman. Eccellente il pesce San Pietro, ma anche se non si mangiasse troppo bene quel ristorante meriterebbe una segnalazione solo per l'emozione di spiegare dove si trova: partite dalla porta di Jaffa in direzione Gethsemani/Monte degli Ulivi costeggiando le mura di Solimano il Magnifico; oltrepassate la porta di Damasco; giunti alla porta di Erode svoltate a sinistra in via del Saladino; ignorate le prime due viuzze a destra e svoltate alla terza, ben riconoscibile in quanto costeggia un giardino: cento metri e siete arrivati.

Un'esperienza curiosa, a Gerusalemme Ovest, è Fink, un bar/ristorante che tempo fa Newsweek inserì nella lista dei locali più importanti del mondo. In effetti, è lì da quando Gerusalemme era dominio ottomano, e buona parte della storia della regione è in qualche modo passata per quei tavoli. La cucina austrobavarese è inappuntabile, e vi assicuro che un'ottima goulashsuppe è una soluzione eccellente per una cena a Gerusalemme, persino in pieno agosto: le serate sono freschissime.

Buono anche il Red Cave di Petra. Dell'eccellente Bardauni di Ramallah e dei simpatici ristorantini di Dahab ho già detto. Evitate invece come la peste un ristorante greco che sta ad un paio di chilometri dal centro di Eilat sulla strada del Sinai; mi pare si chiami The Greek Fisherman ma non ci giurerei, ho rimosso. Mostruosamente caro (con la stessa cifra si mangia, molto meglio, a Portofino o Montecarlo), ed ho persino il sospetto che mi abbia propinato qualcosa di non perfettamente in regola, visto che l'indomani mi sono esibito in una delle più esplosive diarree del viaggiatore che la storia del Medio Oriente ricordi.
 
 

   Italia/Israele: il viaggio

Come già in altre occasioni, ho spedito il camper via mare raggiungendolo in aereo. Standing ovation per Alitalia. Volo spesso con questa compagnia ma non trovo frequenti occasioni di parlarne bene e quindi mi scuserete se stavolta ne approfitto con larghezza: voli perfetti e puntuali con magnifici A321, film recenti, spumante in abbondanza anche in economica, una clientela cosmopolita (di solito la sensazione è da Festa de noantri) ed una presenza autorevole, quasi imponente, sulle piste di Tel Aviv; ad un certo momento c'erano tre aerei Alitalia simultaneamente in parcheggio. Merito anche del Giubileo, naturalmente. Grande disponibilità, poi, a cambiare data ad un biglietto all'ultimo momento, senza che fossero assolutamente tenuti a farlo.
 

ugo bechini, ugo@bechini.net

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