La via tradizionale per raggiungere l'Islanda con mezzo proprio è il traghetto della Smyril Line che parte dalla Danimarca occidentale. Scarseggiando il tempo, abbiamo seguito una via più rapida ed a conti fatti non molto più costosa: il camper ha viaggiato sul traghetto merci della compagnia islandese Eimskip che serve la rotta Rotterdam/Reykjavík e noi in aereo. Lo staff Eimskip è stato di una cortesia formidabile; le operazioni ai due porti hanno richiesto non più di un quarto d'ora. L'unico contrattempo, ironicamente, l'ho avuto in Germania: credo possa essere interessante per il viaggiatore italiano, e l'ho raccontato in altra pagina.
L'Islanda è un vero paradiso per il camper. Con spazi enormi a disposizione, ci si può fermare ovunque senza problemi (tranne che nei parchi nazionali, ove i terreni di campeggio sono giustamente delimitati) e gli scenari naturali tolgono il fiato: ghiacciai, fiordi, vulcani. Anche la fauna non è da meno: se vi fermate su una spiaggia, non meravigliatevi di veder arrivare in ricognizione una foca, che scruterà curiosa l'inatteso nuovo vicino. In estate, si ha luce quasi ininterrotta sull'arco delle 24 ore, e questo facilita molto gli spostamenti. L'Islanda (a differenza della Groenlandia) non conosce criminalità; non sono un fanatico del law and order, tutt'altro, ed a conti fatti mi sento infinitamente più a mio agio a Marrakech che a Berna, ma sapere di poter tranquillamente lasciare il camper aperto con la macchina fotografica in vista non è una sensazione spiacevole, una volta tanto.
Ogni stazione di servizio ha una specifica area attrezzata con idranti ed un ordinato scolo della acque: i locali si fermano regolarmente per sciacquare i veicoli, e specialmente i fari, che le sterrate riducono in condizioni penose. Non c'è alcun nesso col rifornimento, e quindi si può far acqua e non gasolio senza complessi; non mi pare fuori luogo neppure scaricare lì le acque grigie, ripulendo bene la piazzola come fanno gli islandesi e lasciando rapidamente il posto agli altri. Le stazioni più "tecnologiche" hanno tutti gli idranti provvisti di lance con scopettone, che si svita però facilmente.
Campeggi? Ci sono ma, date
le premesse, se avete un camper difficilmente vi verrà voglia di
visitarne uno.
Guide
Di regola, adopero l'inimitabile
e ricchissima Guide Bleu francese (quella tradizionale, rilegata
in finta pelle blu) per gli aspetti artistici e monumentali, e l'australiana
Lonely
Planet per quelli pratici ed ambientali: qui serve solo la
seconda, evidentemente, ed è come di consueto perfettamente
affidabile, anche se l'autrice Deanna Swaney si lascia ogni tanto sfuggire
qualche superlativo di troppo. Nel sito Lonely Planet si trova anche un'ottima
scheda
sul paese, con foto, mappe, links e quant'altro; i siti dedicati all'Islanda
sono comunque numerosissimi. Esiste pure un'edizione italiana della guida
LP; per puro caso avevamo con noi entrambe le versioni, ed ho potuto constatare
che quella italiana soffre di una traduzione un po' anonima: se solo masticate
un poco l'inglese la vivace
prosa originale vale la spesa aggiuntiva.
A proposito d'inglese:
ho letto in più occasioni che la migliore introduzione ai panorami
ed al popolo d'Islanda è il romanzo di Halldor Laxness "Gente Indipendente"
(Nobel per la letteratura 1955; secondo la tabella dei Nobel annessa alla
Garzantina Laxness sarebbe irlandese, ma è solo un errore di stampa).
Nulla di più esatto, e si tratta per di più di un libro di
valore letterario assoluto: peccato che sia irreperibile in italiano. Non
solo: se ho ben consultato il Catalogo
Unico, non sarebbe mai stato tradotto nella nostra lingua; piuttosto
sorprendente, per quello che è unanimemente considerato il capolavoro
di un Premio Nobel. Me ne sono dunque procurato una copia in inglese ("Independent
People") presso Amazon; lettura
un poco faticosa, almeno per me, ma ne è valsa la pena. Sotto l'insistente
pioggia d'Islanda non ho potuto certo accusare Bjartur, il protagonista,
di non avermi messo in guardia: «Non capisco questa mania moderna
di essere asciutti: io sono stato bagnato per metà della mia vita
e non ho motivo di lamentarmene». La figlia, Asta Sollilja, da parte
sua stenta a comprendere il racconto biblico del Diluvio, giacché
«alla fattoria in certi anni è piovuto per duecento giorni
e duecento notti, e non è accaduto nulla».
Se la Lonely Planet
ha una sporadica tendenza ad esagerare, non è il caso della descrizione
dei sabato sera di Reykjavík: è davvero sorprendente come
una città così piccola possa sfoggiare una vita notturna,
specie musicale, così ricca e variata. Gruppi di tutti i tipi affollano
ogni possibile spazio coperto: al pub Gaukur á Stöng,
in particolare, abbiamo ascoltato strepitoso funky acustico completamente
dal vivo.
Strade
Secondo guide e manuali,
i percorsi dell'interno indicati con sigle che cominciano con la lettera
F sono da considerarsi riservati ai veicoli a quattro ruote motrici. In
linea di principio il concetto è tutt'altro che sbagliato, ma va
preso con un minimo di elasticità. L'equivalente islandese dell'ANAS
mantiene sul web una mappa
costantemente aggiornata dello stato delle strade; all'epoca del nostro
viaggio il sito indicava la F35
(la celebre Kjolur Route, che attraversa da nord a sud l'interno dell'isola)
aperta a tutti i veicoli mentre riportava "4WD only" per la parallela F26
(la Sprengisandur). L'informazione è risultata attendibile. Un turista
italiano alla guida di un'eccellente autocaravan a due ruote motrici mi
ha confermato di aver dovuto rinunciare a quest'ultimo tracciato, costretto
al dietrofront da un guado di un metro abbondante. Da parte nostra, invece,
abbiamo percorso senza il minimo problema, a bordo di Carpento,
tutta la F35. In stagione
(giugno/agosto, diciamo) vi è un traffico esiguo ma costante (tra
cui un autobus di linea quotidiano) e non si corrono pertanto soverchi
rischi. Sono peraltro certo che subito dopo precipitazioni importanti la
situazione sarebbe stata ben diversa, ed i racconti
di viaggiatori che hanno percorso l'interno dell'Islanda fuori stagione
non sono affatto rassicuranti, anche se la Kjolur è sempre descritta
come la strada più abbordabile. Immagino poi che con mezzi moderni
sia tutto un poco più facile, anche se qualche romanticone asserisce
che l'impostazione "2 assi rigidi 4 balestre" dei vecchi Transit non sia
poi un così cattivo viatico su strade difficili. Per la mappa
online è disponibile anche una legenda
in inglese.
Sul posto le informazioni
sono curiosamente piuttosto vaghe, forse perché gli indigeni si
muovono su fuoristrada appositamente rialzati
e modificati per il mercato islandese; si incontrano anche parecchi
IVECO 4WD molto più alti da terra dei nostri, con la scritta "Iceland
Edition". Al volante di simili veicoli, il concetto di "strada difficile"
diventa alquanto sfuocato, probabilmente. Le mappe reperibili in loco sono
però affidabili, per quanto abbiamo potuto constatare.
Le strade normali, distinte
con numeri non preceduti dalla lettera F sono percorribili in tutta tranquillità:
questo non vuol dire che siano sempre asfaltate, beninteso.
Nelle aree meno frequentate
i distributori non sono moltissimi, ma il serbatoio normale è più
che sufficiente (mi riferisco sempre alla stagione estiva). I manometri
per i pneumatici che ho visto erano tutti con la sola indicazione in psi
(libbre per pollice quadrato): basta moltiplicare i nostri kg/cm²
per 14,22.
Piuttosto sconcertante
è la vista di vetture
che da noi sarebbero ancora decisamente ambite, abbandonate ad arrugginire,
senza targa e senza pneumatici, ai margini delle strade.
Prezzi
L'Islanda è ovunque
descritta come devastantemente cara, e non ho ragione di dissociarmi. Viaggiare
col camper attenua un poco il problema, naturalmente. Vi sono poi cose
meno costose che da noi, come il gasolio (siamo intorno ai 50 centesimi
di euro al litro), e persino qualche souvenir che vale il suo prezzo, come
le belle coperte di lana islandese. I supermercati sono un'esperienza divertente,
anche se tutto sommato prevedibile: mezzo chilo di salmone fresco costa
come cinque melanzane non più grosse di un pugno, e con l'equivalente
di una busta di salmone affumicato non si arriva a comprare un meloncino
che qui da noi nessuno degnerebbe di uno sguardo. La soluzione? Mangiare
salmone, ovviamente. Visto che uno c'è ... Tra l'altro è
buonissimo, niente a che vedere con quello corrente qui da noi.
Bisogna poi aggiungere
che in Islanda i classici trappoloni per turisti sono certamente cari,
ma sono anche meno trappoloni che altrove, meno insipidi e stereotipati.
Se passate da Höfn, ad esempio, non mancate di fare un giro
sul ghiacciaio Vatnajökull. Uno si aspetta un gatto delle nevi
adibito a pulmino ed invece si vede consegnare una motoslitta
Bombardier da pilotare personalmente. Se non avete mai guidato uno
di quegli ordigni (come nel mio caso), trovarsi senza preavviso a filare
a sessanta all'ora su un ghiacciaio grande come metà della Sicilia
nel concitato tentativo di non perdere il contatto col leader è
una vera esperienza. Vi rassicurerà probabilmente apprendere che
c'è un'altra guida in coda al convoglio, a far da ramazza. Dalla
vicina pista di Skaftafell decollano in continuazione i voli
turistici della compagnia Jórvík Aviation; noi abbiamo
scelto l'itinerario
n. 7, che sorvola il vulcano che si trova al centro del ghiacciaio,
e debbo dire che vale il prezzo del biglietto sino all'ultimo centesimo:
i luoghi della celebre eruzione
del 1996 offrono tuttora un panorama impressionante. Alcuni voli sono
effettuati con un bimotore Piper, ma il monomotore è preferibile,
almeno dal punto di vista turistico, perché ha l'ala alta, sopra
la cabina, e la visuale verso il basso non è ostruita (ideale per
chi ama la fotografia).
Cibi e scorte
I prodotti alimentari locali
sono certamente molto sani: raccomando in particolare lo skyr, che definirei
una via di mezzo tra la ricotta e lo yoghurt; è sorprendente apprendere
che non contiene grassi, vista la sua consistenza cremosa. La feta (sì,
il formaggio greco) prodotta localmente è buona, burro e latte eccellenti,
mentre gli altri prodotti caseari sono corretti ma un po' anonimi e la
vista delle confezioni di mozzarella, della consistenza di un foratino
dell'otto, è francamente agghiacciante. Ci sono ovunque prodotti
originali italiani, e sono diffusissime delle buste di carne varia sotto
una specie di marinatura: a prima vista non sembrano particolarmente raccomandabili,
ma si rivelano piuttosto buone. Nelle zone più remote del paese
le stazioni di servizio svolgono funzione anche di fast-food e di supermercato,
e sembrano essere l'unico punto di ritrovo per gli abitanti della zona:
l'atmosfera è vagamente Midwest, con l'odore degli hamburgers e
i grandi fuoristrada al di là delle vetrate. I pasti al ristorante
sono, almeno a Reykjavík, carissimi ma interessanti, specie se non
avete riserve ad affrontare piatti decisamente non politically correct,
come la balena ed il petto affumicato di quel simpaticissimo uccellino
bianco e nero detto Pulcinella di mare (Fratercula Artica; in
inglese puffin ed in islandese lundi); sembra una via di
mezzo tra un pinguino ed un tucano, ma è più piccolo d'un
piccione. Si trovano anche lo squalo decomposto di sei mesi e la testa
di pecora, di cui è particolarmente raccomandato l'occhio, ma confesso
che simili alimenti si collocano al di fuori dei miei orizzonti gastronomici.
A parte la tradizionale
riserva strategica di pasta ed olio, ineliminabile asse portante di ogni
cambusa tricolore che si rispetti (se occorre si trovano entrambi in loco,
comunque), direi che non ha molto senso portarsi scorte particolari, dato
che i prodotti più cari in Islanda sono proprio quelli deperibili
e non vi sono per il resto problemi di approvvigionamento. Piuttosto difficile
da trovare (e cara, tanto per cambiare) l'acqua minerale: poco male, visto
che qualunque rubinetto fornisce un'acqua eccellente. Nei supermercati
si trova una birra leggerissima (2 gradi); sopportabile, a patto che stiate
accuratamente alla larga dalla Malt Extract, il cui sapore è a dir
poco raccapricciante. Gli alcolici veri e propri, compresa la birra che
noi consideriamo normale, sono in vendita in speciali spacci di stato:
i vini sono cari, e le birre in proporzione ancora di più (intorno
ai 5 euro per una bottiglia da mezzo litro di Paulaner). L'introduzione
di alcolici è severamente regolamentata, ed all'ingresso del camper
ho dovuto firmare un modulo con cui dichiaravo formalmente che nel veicolo
non ve n'erano. Attenzione: strong beer, per loro, è tutta
quella che supera i due gradi e mezzo, e quindi anche una bottiglia di
Moretti (4 e qualcosa) rientra nell'embargo. Un'eventuale falsa dichiarazione
non comporta certamente le stesse conseguenze che in Arabia Saudita, ma
chiunque si troverebbe a disagio nel tradire la squisita correttezza che
gli islandesi dimostrano in ogni occasione.
Pesca
Per poter introdurre attrezzature
da pesca in Islanda, occorre che siano accuratamente disinfettate onde
evitare la propagazione alla fauna ittica locale di malattie continentali.
La disinfezione si può fare in Italia; il certificato
che avevamo con noi, fissato sul contenitore sigillato che racchiudeva
l'attrezzatura, non sarà ricordato come un capolavoro della letteratura
inglese (tutt'altro ...) ma è stato accettato senza colpo ferire
dalle dogane di Reykjavík.
ugo bechini