dello stesso autore vedi: Stelle e zanzare
ALBERTO PALMUCCI
Vincitore I premio di poesia " Janua 1997" (sez. B)
Da "L'ultima muraglia", Genova 1997
PROEMIO A L' ULTIMA MURAGLIA (Poesie e Prose)
IL MATTO
Ci
sono certi fatti che si perdono nella memoria; e, quando ci tornano in mente,
sembrano riflessi da una lontananza divenuta mitica; tanto più che quei fatti
non si presentano mai in scansione
spaziale ed in successione temporale, ma lumeggiano gli occhi della memoria come
il lampo di un flasch per lasciarla poi abbagliata e stordita.
Così,
noi non dovremmo raccontare il nostro passato cominciando dai fatti più lontani
per finire ai più vicini, come fanno gli storici, bensì fissare i singoli
fantasmi che di volta in volta salgono
alla mente dalla memoria come nei sogni.
Veramente,
questo è il procedimento ideale per scrivere poesie o un diario di autoanalisi;
ma, nella vita, non sarebbe opportuno rimanere come il matto dei Tarocchi che
guarda la luna, e sta con un piede sull'orlo del precipizio, e con l'altro
proteso nel vuoto, mentre un cane lo tira pei pantaloni e lo salva.
Io
ho vissuto così la mia vita. Non ho avuto certezze se non di ciò che di volta
in volta il cuore mi comandava. Ho scritto poesie e racconti che un giorno ho
gettato nella pattumiera.
Oggi, cerco di recuperare scritti e fatti man mano che affiorano singolarmente nella memoria; e, con la mano rivolta ancora verso il cielo che mi illuse, cerco di ricomporli per riempire quel mosaico di vuoti che è il mio presente. Sì, perché quando tu sei silenzioso e appartato, e non fai, non pensi, non vuoi e non sei niente, allora se un pensiero ti invade la mente, tu veramente non sai, e nemmeno sai di non sapere, quando, dove, come e se veramente quel pensiero esiste; sicché, come il matto dei Tarocchi, potresti anche riempire il tuo vuoto con tutte le galassie che sono nello spazio infinito. Ma può anche accadere che quel vuoto si colmi d'un'angoscia che ti restringa tutto in un punto, e sembri che ti uccida.
P O E S I E
PARTE PRIMA: A N O N I M A
Componimenti non visualizzabili per pagina in ricostruzione
PARTE
SECONDA: L' U L T I M A M U R A G L I A
L'ULTIMA MURAGLIA (1957)
Superarsi
è la vita,
andar
sempre e di là
dal
muro che sembrava la meta;
volgersi
indietro,
veder
un orizzonte di muraglie
come
antiche cinte
che
circondino i nostri sogni.
Son
giunto al punto morto
dove
le gambe tremano.
Ho
incontrato due occhi, neri,
che
m'hanno inchiodato
il
dosso dei piedi
alla
terra, dura,
che
scotta ancora
sotto
il sole autunnale.
Se
quegli occhi non sciolgono
la
dura pietra che li fa ostili
morirò
nel tentativo vano
di
grattare con l'unghie
la
vernice smaltata
sull'ultima
muraglia.
NEVROSI (1957)
Perché
più
che per porre una maschera
sul
viso
si
bleffa per porcela
sul
cuore.
Ma
il mio cuore non tace,
ha
scarti audaci,
sobbalza,
m'inganna.
E
un giorno si fermerà.
Allora,
sarà come destarsi
quando
il sogno ci ha spinti
sull'orlo
del precipizio,
e
il cuore ci balza in gola
e
ci salva.
Sarò
contento del nuovo giorno.
Io
non avrò più voli,
non
crisi, non sobbalzi.
Il
ritmo del cuore
avrà
un ultimo schianto,
e
via.
Di
là, riudrò in sordina
i
tremiti del sangue,
i
sobbalzi del cuore,
le
fitte, i sogni, i crampi.
Ma
sarà come dormire
placidamente,
eternarsi.
ILLUMINAZIONE(1958)
Addormentarmi,
finire
come un animale,
non
essere niente,
come
muoiono gli alberi,
come
finisce un sogno.
Io,
questa parola,
mi
sento vuoto e muoio.
Io
non sarò mai più.
Mi
prendesse
una
forza più grande
e
mi portasse oltre le stelle
a
morire in eterno.
IL FARO (1959)
Sono
solo stanotte
ad
ascoltare il vento
che
fischia fra le case,
sui
fili telegrafici,
fra
le antenne stecchite
come
braccia di spettri,
protese
a una preghiera.
Lunga,
come un fantasma,
il
faro allunga
la
sua bianca polvere di luce
sulla
città
a
perdersi nel mare.
Forse
di là,
sull'orizzonte
che non vedo,
per
qualcuno varrà la vita
quest'ombra
di luce
che
scivola via.
per
me è come una fiammella
che
brucia dalla tomba
di
un'altra vita.
O
almeno diventassi
come
quelle antenne lassù
sulle
case:
come
una croce
tener
le palme aperte
sul
mondo
a
un vano abbraccio.
CIVITAVECCHIA, 14 MAGGIO 1943 (1959)
Crollavano le chiese
nella
città urlante,
e
udivo i vivi
bestemmiar
la vita,
e
i morti iddio.
Dopo,
sulle spente macerie
andai
cercando un fiore.
C'era
chi mi diceva:
<<rinchiudilo
nel cuore
ché
il vento che confonde
la
polvere e le pietre
non
te lo porti via>>.
E
c'era chi diceva:
<<buttalo
in pasto ai cani>>.
Io
lo portai nel cuore,
aperto
ai vivi e ai cani,
al
vento e al mondo.
Il
vento entrò come una furia,
e
ad uno ad uno i petali
sfogliando
e turbinando
portò
lontano.
Qualcuno,
infine,
con
un fiammifero acceso,
frugando,
trovò
ed arse
lo
sterpo di quel fiore.
Ed
ora io sono
come
le pietre e al polvere
del
mio paese
quando
gli dèi morirono
sotto
il fuoco del cielo.
Ma
la mia vita
è
ancora aperta ai cani e al mondo.
Qualcuno
potrebbe entrare,
disperdere
la cenere,
e
ripiantarvi un fiore.
L'ERRORE (1957)
Fu
uno sbaglio iniziale,
una
rottura che mi portò di là
perché,
bambino, vidi
le
case crollare nel mio paese.
Vidi
gente diversa
che
pestava le aiuole
che
mio padre con zelo
aveva
curate. Vidi,
sotto
le rosse ali del
cielo
in fiamme,
correr
la vita
verso
la morte, come
se
tutti i sogni,
la
volontà e la fede
che
hanno creato il mondo
cadessero
nel nulla.
Poi
che il cielo si spense
poveri
bimbi
chiesero
a frotte
il
pane ai vincitori.
E
c'era chi fuggiva
spinto
da quel miraggio
che
ai vinti è il Nuovo Mondo.
Ma
a me che importava
se
di là dall'oceano
miriadi
di luci
correvano
impazzendo
sulle
le vie di New York.
Le
luci del mio paese
s'erano
spente sotto
il
fuoco del cielo.
Io
sapevo che tutta la vita
precipita
quando
Lucifero
sbatte l'ali
sul
declino d'un popolo.
Ma,
forse
la mia rottura vera
avvenne
un tempo
così
lontano
che
ne ho perduto il senso:
nel
grembo di mia madre,
forse in un'altra vita.
PARTE TERZA: SPUTNIK
SPUTNIK 5-10-1957
I
E'
salito il mio cuore
con
te
di
là dal cerchio
che
chiude il nostro mondo,
di
là, negli orizzonti
che
furono il mio sogno
quando
invocai, bambino,
un
missile nel cielo
che
portasse la vita,
la
mia gioia, il mio amore
a
vivere di là
per
farsi eterni.
Salivamo
rombando.
La
tua fibra è d'acciaio,
ma
il mio cuore è umano:
sobbalza
ad ogni scarto,
ha
chiesto tutto il sangue,
s'è
impennato
ed
è morto.
Perché
più da vicino
tu
vedrai le stelle,
se
nel tuo giro immenso
incontrassi
per caso
i
sogni che m'hanno impazzito,
ti
prego, mandami un cenno
II
Non
voglio che tu cada,
perché
la mia vita cadrebbe.
Meglio,
per me, che tu restassi
eterno
lassù, o ti perdessi.
Tu
hai violato a ritroso
il
cammino del tempo,
e
sei approdato nell'infinito
dove
un giorno fuggì la mia vita.
Certo,
tu avrai incontrato
le
vecchie stelle
che
vidi brillare
nel
cielo del mio paese.
Vedi?
Le avevo amate
come
puoi amare Dio.
Se
ti perdessi
resterebbero
sole,
vedove,
eterne di dolore,
vive
solo di luce.
Ma
se cadessi
morrebbero
con te
e
tornerebbero a me
da
una plaga antica
che
non voglio rivivere.
III
Credevo
d'esser finito,
finché
un giorno la Sputnik
salì
nel cielo
e
percosse l'anima mia
ch'era
fuggita un giorno
di
là dal firmamento.
Lei,
come un gong,
vibrò
nell'infinito
fino
quaggiù
dov'io,
stupito,
sentii
la voce antica del cielo
che
mi chiamava ancora.
PARTE
QUARTA: ANNA.
ERBA E PENSIERI (1961)
Andavamo
per un viale ombroso,
noi,
piovuti dal cielo.
Il
tuo amore era come un'erba
fresca,
bagnata dalla rugiada
dei
tuoi pensieri.
GRANDINE SUGLI OCCHI (1961)
Miriadi
di stelle
grandinarono
a noi sugli occhi.
IL PUNTO (1962)
Mi trovai fra le braccia una bambina
piccola
come un punto.
E
fu quell'attimo
che
invase tutto il tempo,
e
mi fece sorridere.
SPOSA (1963)
T'aspetterò
sulla soglia
d'una
chiesa che non conosco.
A
me, come da un tempo infinito,
saliranno
alla mente
tutti
i ricordi.
Tu
avanzerai pallida e bionda
nel
tuo velo di sposa.
E
sentirò la tua giovinezza
venirmi
incontro.
Tu
sola hai sciolto il nodo
che
strinse la mia vita.
L'AMORE (1963)
L'amore
è il cielo dei tuoi occhi,
il
sapore della tua pelle.
L'amore
è un prato d'erba,
un
tesoro di bacche,
un
nido tra le fronde,
una
grotta nel bosco,
il
trillo di una rondine,
il
canto d'un gabbiano.
Il
tuo corpo
pioggia
di veli bianchi
quando
cadde sui fiori.
Sapore
di pesche, d'arance,
di
mele agre.
TENERAMENTE (1977)
T'ho
amata
teneramente
assorto
ed
incantato
come
a ridar la vita a un fiore
spezzato
sopra un prato.
DIETRO GLI OCCHI
Te ne vai.
La
barca ti porta
sulla
marina immensa
a
perderti nell'aria
tremula
di calura
fra
le scaglie di sole
che
di rimbalzo
dall'onda
mi
feriscono gli occhi.
Ma
non è il sole
a
farmi lacrimare.
Nel
buio,
dietro
gli occhi,
un
triste male
mi
ferisce il cuore.
I O
Io
sono un pover'uomo
che
guarda la luna.
PARTE QUINTA: FRAMMENTI.
Sul
mare,
lampare
vagolanti
come
frammenti di stelle antiche.
MIAGOLIO
Miagolio
di gatti sull'orizzonte.
Che
siano le voci antiche
delle
sirene,
che
ascoltai fanciullo.
MORTE DEL SOLE
Quella
sera il sole
non
voleva morire,
e
il cielo lo premeva
e
lo schiacciava
fra
cime di monti.
Ammiccava,
chiudendosi
in un punto,
come
un occhio,
il
sole,
e
scoppiò
Insanguinò
le stelle.
LO SCOGLIO
Lo
scoglio.
Parla
col vento,
ride
con l'onda sommessamente;
e,
a sera, stanco,
sorride
alla luna.
LO STERPO
No,
non strappate lo sterpo.
E'
solo. Sull'arida scogliera
chissà..
che sogna d'altre colline.
Chissà.
che polline di fiori
aveva
chiesto al vento,
che
foglie gli aveva promesso
il
seme che lo portò.
E'
solo. La mano dell'uomo
lo
prende e butta via.
Forse
è caduto in cielo.
CONCERTO (1956)
Stasera,
nel mio paese,
c'era
in giro
un
concerto di voci di donne.
E'
stato come un volo.
Quando
il cielo s'è spento,
l'ultima
voce
ha
acceso nell'aria
un
concerto di stelle.
VIAVAI (1957)
Stasera
che il sole
è
tramontato ancora,
la
lava rossa è scesa
sul
paese d'incanto
divenuto
animato
dal
viavai della gente.
Ora
si sciolgono
le
pietre del mio cortile.
IN TRENO (1957)
Piovi,
ché la mia fronte è calda,
gli
occhi mi bruciano.
Piovi,
ché spegnerai l'arsura
sulle
mie labbra.
Alle
mie nari saliranno
gli
umidi odori
della
polvere spenta.
Sulla
vetrata, le gocciole
scendono
come girini
che
vadano in frotta.
E
piovi. E' di là.. mia vita.
FRAGILITA'
(1957)
Sono
così fragili le stelle,
che
un lampione le acceca.
LE PALME (1957)
Che
pena mi fanno le palme
sospese
nel cielo,
curve
verso il gelido sole,
nel
vento di tramontana.
PIOGGIA (1959)
Piove
lontano,
piove
sui monti,
piove
forse sul mare.
Piovesse in tutto il mondo.
INGANNO
Avresti
potuto prendermi per mano,
dirmi
che di là c'era il cielo,
e
buttarmi in un pozzo.
LAMA DI LUNA
Lama
di luna,
tagliami
il cuore.
Ho
baciato la terra.
Ha
morso le mie labbra
e
la mia lingua
il
mio amore.
Seno
di donna
proteso
a una carezza.
Luna,
tagliami il cuore.
La
mia vita
ha
coltelli che sanguinano
come
ferite.
MATTINO A ROMA (1989)
Usciti
dallo scrigno di vetro della stazione,
allo
sguardo ammirato dell'adolescente
si
staccavano, nell'aria azzurra e assolata,
auree
madonne,
fontane
e statue di dei.
MISTICA
Sei
la prima visione
che
appare al pensiero che emerge.
Sei
l'estremo sussulto
quando
la mente travalica nel nulla.
Agli
occhi,
come
un grido d'amore,
si
slargò improvvisa
la
marina immensa.
TRAMONTO
(1996)
Oltre
il mare,
sui
monti,
stasera,
disteso
in un sorriso
è
tramontato il sole.