Il
gioco di specchi tra arte "colta" e fumetto è interminabile. In
questa sede non parteggeremo per una forma d'arte "minore" (o
un medium eccezionale, come preferite) ricercandone parentele
nobili. Sottolineeremo piuttosto uno degli aspetti più interessanti
del fumetto stesso: la sua straordinaria capacità di rielaborare,
consapevolmente o meno, ciò che le arti "maggiori" hanno prodotto
di più funzionale alle proprie esigenze narrative e di ricerca
formale. Negli ultimi decenni di questo secolo l'arte "colta"
ha subìto un fenomeno inverso: comincia ad essere l'arte colta
a citare il fumetto, non solo nelle sue icone universali (ad esempio
Mickey Mouse, Popeye o Dick Tracy) ma anche nella sua tipicità
semantica (l'uso di campiture piatte e dei retini).
1.
Il realismo "irreale" da William Blake ad Alex Ross
Che
relazione ci può essere tra un quadro come Il fantasma di una
pulce del pittore e poeta inglese William Blake (1757-1827)
e il fumetto di Swamp Thing? Cosa può accomunare il dinamismo
futurista delle opere di Umberto Boccioni (1882-1916) e
quello manga di Go Nagai? Il fumetto, come altre forme
d'arte visiva, si nutre principalmente di immagini e a sua volta
ne crea. Attingere a tutto ciò che è immagine è quindi fondamentale
per chi lavora in quest'ambito. I punti di contatto con l'arte
contemporanea possono essere visualizzati su due piani:
a)
quello di una citazione consapevole;
b) quello di una rimasticazione involontaria.
In
entrambi i casi gli esiti sono quanto mai interessanti:
a) la citazione consapevole è frequente soprattutto
tra i rappresentanti di quello che un tempo veniva chiamato "fumetto
d'autore": in questo caso gli autori "citano", appunto, i grandi
maestri dell'arte colta per render loro omaggio oppure per
sfruttarne, o svilupparne, il linguaggio. A questo primo gruppo
sono ascrivibili tutti gli esponenti, ad esempio, del gruppo Valvoline
Motorcomics ma anche, con intenti diversi, Bill Watterson
quando si diverte a fare il verso a Marcel Duchamp (1887-1968)
in un fumetto apparentemente minimalista come Calvin & Hobbes;
Qui
a sinistra,
Marcel Duchamp,
"Nudo che scende le scale",
1912
Una
vignetta di "Calvin & Hobbes"di Bill Watterson.
b)
quella che chiamiamo rimasticazione involontaria è tipica
della maggior parte degli autori di fumetti. Il disegnatore statunitense
Berni Wrightson, con tutta probabilità, non aveva mai visto
il quadro di Blake ricordato prima: eppure Swamp Thing ha le fattezze
del fantasma di una pulce. Cos'è successo? È successo che quel
quadro appartiene alle suggestioni iconografiche contemporanee
e costituisce un tassello importante del suo DNA culturale, che
al momento di realizzare "l'uomo vegetale" è immancabilmente riaffiorato.
In maniera - presumibilmente - inconscia. Su questo stesso meccanismo
di inconsapevolezza fondano le proprie fortune i creativi della
pubblicità quando utilizzano icone mutuate dall'arte contemporanea
(pensiamo a Mondrian e ai prodotti di una nota casa di
cosmetici) che, nonostante non siano state mai "fruite" durante
una visita ad un museo - se non da una minima parte di potenziali
consumatori -, risultano da subito famigliari a chi vi si imbatte
anche accidentalmente. Sia nel primo caso che nel secondo, fumetto
e arte contemporanea si fanno un favore reciproco. Il fumetto
diffonde a livello "popolare" segni altrimenti difficili da veicolare,
mentre l'arte "colta" fornisce stimoli che arricchiscono il fumetto
e il suo linguaggio. O, almeno, lo fa entro certi limiti. Il fumetto
ha infatti una gabbia narrativa che implica che la ricerca formale
e le spinte avanguardistiche debbano comunque tenere d'occhio
la coerenza complessiva delle storie.
Swamp
Thing
nella versione di
Tom Yeats,
1984
Francisco Goya,
"Saturno devorando a un hijo",
1821-23
L'altro
apporto fondamentale dato dall'arte contemporanea ai comics prende
le mosse ancora da Blake, da Constable (1776-1837),
da Füssli (1741-1825), da Goya (1746-1828) e consiste
nella volontà di dare una rappresentazione pittorica non più della
realtà - non dimentichiamo che il realismo nell'Ottocento detta
ancora legge - ma del sogno, dell'incubo, delle paure dell'uomo.
Quegli
artisti cercarono di rappresentare tutto ciò con un segno realistico:
quanto di più funzionale ci sarà poi per i fumettisti che, oltre
un secolo più tardi, si troveranno a dover disegnare con tratto
rapido e chiaro - e, soprattutto, realistico - l'irrealtà di eroi
in calzamaglia che fermano i treni con una mano o che si trasformano
in torce umane. Abbiamo dunque che una certa poetica della trasfigurazione
del reale e della mitizzazione dell'onirico
unisce idealmente i pittori visionari dell'arte del XVIII e XIX
secolo (ma la ritroveremo anche nel XX con il Surrealismo) con
la rilettura in chiave realistica dell'universo supereroistico
attuata, ad esempio, da Alex Ross.
Nel
dettaglio, tra arte "colta" e fumetto si è creato più volte un
proficuo corto circuito che analizziamo partendo dall'Art Nouveau.
La
Torcia Umana nella versione di
Alex Ross in "Marvels", 1994
2.
L'Art Nouveau e i suoi eredi fumettistici
Quando il fumetto intende rendere più chiara e planare possibile
la narrazione dal punto di vista grafico, capita che si rivolga
soprattutto a quanto la grafica art nouveau ha offerto tra la
fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. Questo movimento
artistico, grazie anche alla grafica pubblicitaria, attraversa
rapidamente l'Europa e gli Stati Uniti assumendo in ogni area
geografica un nome differente dietro il quale si cela in realtà
il medesimo linguaggio artistico. In Italia come Liberty, in Germania
come Jugendstil, in Spagna come Modernismo, l'Art Nouveau si caratterizza
per l'accentuato linearismo e l'eleganza decorativa. Il fumetto
le è debitore tanto ai suoi esordi quanto oggi - visto che ancora
adesso vi si rifanno i vari Manara, Giardino, Moebius.
Gustav
Klimt (1862-1918), Alphonse Mucha (1860-1939),
Aubrey Beardsley (1872-1898), sono solo alcuni dei rappresentanti
più noti dell'Art Nouveau. Pur con differenze talvolta notevoli
- che fanno sì che alcuni artisti precorrano certi "turbamenti"
espressionisti - questo stile offre al fumetto un modello pi uttosto
omogeneo di eleganza grafica; inoltre, come vedremo, alcuni pittori
del tempo cominciano a dedicarsi al fumetto vero e proprio. Artisti
minori dell'area francobelga come Franz Melchers, Maurice
Boutet de Monvel, Paul Berthon ed Eugène Grasset
sul finire del XIX secolo illustrano libri dedicati alle vicende
di Giovanna d'Arco, a Tristano e Isotta e ad altri temi storico-mitologici
con un tratto protofumettistico che anticipa, nell'illustrare
temi avventurosi, un disegnatore come l'Harold Foster (1892-1981)
di Tarzan e Prince Valiant.
Illustrazione di
Eugène Grasset,
1883
Prince
Valiant
di Harold Foster
Illustrazione
di Carl Larsson
dallo "Spadarfvet",
1906
Ma
è soprattutto lo svedese Carl Larsson (1853-1919), con
le sue illustrazioni per "Spadarfvet" (1906), a poter oggi essere
paragonato ad un Moebius ante litteram. All'uscita dello
"Spadarfvet" il fumetto compie - se prendiamo come punto di riferimento
il celebre Yellow Kid di Outcault - dieci anni. In realtà
la narrazione per immagini più prossima a ciò che è adesso il
fumetto prende il via con il ginevrino Rodolphe Töpffer
(1799-1846) che, pur non utilizzando ancora i ballons, introduce
tecniche come il montaggio parallelo e una sorta di dissolvenza
incrociata che precorrono addirittura il cinema e che suscitano
l'ammirazione di Goethe. A Töpffer, come agli altri pionieri
del fumetto, le potenzialità narrative di tali tecniche non appaiono
in tutta la loro importanza; inoltre Töpffer, e tanti altri
disegnatori in seguito, non va mai oltre una visione bidimensionale
delle vignette, che vengono trattate come dei piccoli palcoscenici
teatrali sui quali si susseguono le varie scene. Tale situazione
si protrae sino all'avvento di Winsor McCay. Nato nel 1863,
McCay, il padre di Little Nemo e di altri personaggi del
fumetto dei primi decenni del XX secolo, introduce, accanto ad
un segno nettamente art nouveau, la tridimensionalità di strutture
architettoniche rese nei dettagli con un gusto scenografico nuovo
che supera la visione "da palcoscenico" sino ad allora imperante.
Una
vignetta da "Wee Willie Winkie's World" di Feininger,
1906-07
|
Altro fumettista innovativo ed inizialmente legato all'art nouveau
è Lyonel Feininger (1871-1956), pittore newyorkese trapiantato
in Europa. La sua vena sperimentatrice lo porta ad attraversare
le principali avanguardie storiche, approdando all'espressionismo
della Brücke, a quello del Blaue Reiter, alla Bauhaus fino a quando,
nel 1936, perseguitato dai nazisti come "artista degenerato",
torna in America. Feininger si dedica ai comics proprio
come ad una forma d'arte d'avanguardia. I suoi fumetti, come Wee
Willie Winkie's World, contengono invenzioni formali troppo audaci
per il fumetto dei primi del Novecento, così che resterà sempre
un autore amato da pochi cultori e appassionati, ma non riscuoterà
mai il successo di Mc Cay né di altri disegnatori anche
meno brillanti. Ritorniamo all'area francobelga. Abbiamo accennato
ad alcuni illustratori "minori" art nouveau. La cultura francofona
è impregnata dell'eleganza grafica di quello stile: con tali radici
culturali e, più prettamente, visive, nasce quella che il fumettista
olandese Joost Swarte chiamerà "linea chiara". Le caratteristiche
di nitidezza del segno, di pulizia e chiarezza che l'Art Nouveau
promuove, sono tutte ben presenti in fumettisti come Hergé
(1907-1983), l'autore belga che a partire dal 1929 conoscerà
un successo sempre crescente con Tintin. Hergé, Edgar-Pierre
Jacobs (Blake & Mortimer), Bob de Moor (Cori le Moussaillon),
Jacques Martin (Alix) e, in seguito, Roger Leloup
(Yoko Tsuno), sono gli eccezionali promotori di uno stile che
ha fatto scuola, non solo in ambito francobelga.
continua...