Saviore dell’Adamello è un piccolo paese situato a 1200 metri sul livello del mare, da uno sperone di roccia la sua parte più antica domina la Val Saviore, convalle della Valcamonica. In trent’anni ha perso più dei tre quarti dei suoi abitanti e quando decidemmo, quindici anni fa, di viverci per intraprendere un’attività di turismo dolce, molti residenti ci interrogarono a lungo e noi sentivamo di non riuscire a dare risposte convincenti. Non c’era e non c’è turismo, né significative attività economiche: la scuola, i trasporti, i servizi pubblici sono carenti o assenti, eppure l’ambiente naturale è così bello e vario ed è così ben inserito nel sistema dei Parchi delle Alpi centrali da rappresentare un luogo ideale per veri “Amici della Natura”.

Il 1° luglio 1987 iniziava la sua attività, in contrada “La Paris” la casa della sezione di Saviore degli “Amici della Natura”, aderente alla Naturfreunde Internationale di Vienna; con sedici posti-letto, un prezzo molto contenuto per il pernottamento e l’uso della casa in autogestione. E’ riuscita a rappresentare per oltre due anni uno spazio aperto e accogliente, frequentata soprattutto da giovani e giovani famiglie;  rispondeva al bisogno di natura e di incontro in un ambiente sobrio ed economico. Dall’inizio la nostra attività si è svolta mantenendo in equilibrio due aspetti: l’incontro umano e l’impegno in difesa della natura. O meglio, l’immersione consapevole, libera, disarmata e profonda nella  “Natura Vivente” (secondo la bellissima espressione di Konrad Lorenz), come esercizio di un diritto: e la pratica della condivisione degli spazi e dei servizi autogestiti come esperimento di una socialità aperta.

Nelle assemblee dei soci della nostra sezione e nello scambio permanente con altri gruppi “Amici della Natura” sia europei, sia italiani, la discussione ha approfondito molti aspetti della nostra vita sociale ed ha cercato lì, in ciò che accadeva quotidianamente le ragioni ed i possibili sviluppi della nostra azione. Lentamente, ma costantemente è cresciuto il numero dei soci (467 nel 1999) e la riflessione sul vero significato del nostro lavoro. Poco dopo esserci trasferiti in un rifugio escursionistico ad una mezz’ora a piedi dal paese siamo stati protagonisti, insieme al Club Alpino Italiano ed alle principali associazioni ecologiste della Valcamonica, di una forte iniziativa contro la prevista asfaltatura di alcune importanti mulattiere che portano nel cuore meridionale del massiccio dell’Adamello. Sarebbe stato probabilmente l’inizio della fine. Era il 1992, intraprendemmo una campagna internazionale che fece leva sui soci europei che da alcuni anni frequentavano la nostra casa e raccogliemmo oltre 5000 firme, una parte importante delle quali proveniva dalla Germania, dalla Francia, dal Belgio e dall’Olanda.

Quasi un anno di presenza sui principali organi di informazione della provincia di Brescia, assemblee ed incontri popolari in diverse realtà e la scoperta, nella primavera di quell’anno, di un popolamento di “Trientalis Europaea Primulacea” (un relitto glaciale artico-alpino), proprio sul tracciato della mulattiera più importante,  sfociarono in una interrogazione parlamentare dei parlamentari Verdi Crippa e Pratesi, alla quale il Ministro dei Beni Culturali Alberto Ronchey rispose vietando l’intervento. La presenza dei soci al rifugio è andata stabilizzandosi, nel corso di alcuni anni, in 3000-3500 presenze giornaliere ben ripartite in tutti i mesi dell’anno; poche regole non scritte e la ricerca dell’autenticità nei rapporti umani bastano a creare un clima semplice e buono nel quale è facile e spontaneo condividere il cibo e, spesso, le idee. Ogni pernottamento costa 13000 lire ai soci adulti e 7000 ai bambini, il rifugio non svolge alcuna attività economica ed è nostra consuetudine fare la spesa nei negozi e presso gli allevatori del paese.

Una stima ci porta a dire che se le entrate del rifugio sono intorno ai 35milioni di lire l’anno, almeno doppia è la cifra che resta al villaggio. La cosa è piccola, ma gradita e noi siamo consapevoli che lì sta una parte non piccola della simpatia e comprensione di cui godiamo. Sentiamo molto vicine a noi le donne anziane ed alcuni allevatori che ci hanno incoraggiato, nei primi anni non facili,  dicendoci che riportavamo la vita in paese, che ci hanno detto a proposito dell’asfalto: “Non è più montagna !”, che ci aspettano, soprattutto d’inverno. Della “qualità” del rapporto con i cittadini di Saviore possiamo francamente essere orgogliosi, siamo riusciti ad essere discreti in tutti questi anni, ci è sempre piaciuto camminare e fare il bagno al fiume, (come lo facevano loro fino a trent’anni fa ) e le nostre battaglie in difesa dei cervi, dei larici centenari etc…sono sempre state percepite come un elemento di valorizzazione del territorio. Certo, gli Amici della Natura sono un punto vitale, ormai si può dire interno alla comunità,  stimolante, ma per ora niente di più; eppure sappiamo di avere lavorato ad un’opera di bonifica e dissodamento, il terreno potrebbe essere pronto ed abbiamo trovato anche l’idea: nelle città l’inquinamento dell’aria e da rumore sta diventando intollerabile per i cittadini, i costi per il Servizio Sanitario Nazionale sempre più alti e gli interventi strutturali e stabili lontani nel tempo.

Una forma molto efficace di prevenzione consiste nel sottrarsi periodicamente all’intossicazione, periodi anche brevissimi, ma ripetuti ed accompagnati da attività fisica, aiutano a contrastare la tendenza alla cronicizzazione delle malattie e, come ben si sa questo è il pericolo maggiore. Perché non lavorare, partendo dai soggetti più deboli, bambini ed anziani,  alla  valorizzazione di un grande patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato (ex-scuole, asili, sanatori etc…) da usare proprio per rispondere ad un così profondo bisogno di salute? E non potrebbe essere la via d’uscita da una difficile situazione economica ed occupazionale per molte piccole comunità in quota? Sarebbe poi la conquista definitiva dell’idea stessa di Parco presso quegli strati della società che per debolezza economica e spesso anche culturale non conoscono e non praticano la natura.  Nel 1993, a dieci anni dall’istituzione del Parco Regionale dell’Adamello, iniziava  una campagna di raccolta di firme intitolata “Un Parco per l’Europa” che chiedeva al Parlamento Europeo di  riunire i Parchi delle Alpi Centrali (Engadina, Stelvio, Adamello, Adamello-Brenta) in un unico grande Parco Europeo.

Gli Amici della Natura, insieme al Club Alpino Italiano di Valcamonica ed alle associazioni ecologiste riunite in un comitato raccoglievano quasi 7.000 firme di cittadini e nella primavera del 1995, con il sostegno del compianto Alexander Langer, le presentavano al presidente del Parlamento Europeo. Nel corso della nostra visita a Strasburgo abbiamo conosciuto una delegazione di indiani Apache San Carlos che erano stati invitati dai parlamentari Verdi a protestare contro la profanazione della loro Montagna Sacra: il Monte Graham in Arizona USA. L’università di Arizona sta costruendo, dal 1990, tre telescopi sulla vetta di DZIL NCHAA SI AN (Grande Montagna Seduta in lingua Apache): questo fatto l’ha portata ad entrare in conflitto con i Nativi e con le loro pratiche tradizionali, (non era mai successo in USA); dopo essere stata abbandonata da tutti i principali istituti scientifici statunitensi, a partire dal Massachussets Institute of Technology, si è rivolta a partners europei. Per questo protestava  Ola Cassadore Davis e le sue parole, nell’aula di quella Commissione Parlamentare, sembravano venire da molto lontano; ci scambiammo ufficialmente un impegno alla reciproca solidarietà, una cosa “tra popoli delle montagne” come ci disse affettuosamente Ola. La fine prematura e tragica di Alexander Langer ci ha spinto, con ancora maggiore convinzione, a coltivare un’eredità tanto complessa ed affascinante e nel corso degli anni alcune delegazioni di soci della nostra sezione hanno visitato la Riserva Apache San Carlos in Arizona. Nel mese di luglio 1998 Ola Cassadore Davis e il marito Michael Davis, visitavano Saviore dell’Adamello. Aveva così inizio, con la collaborazione del gruppo “Amici della Natura” del Nepal, un impegno comune verso le “Montagne Sacre e le Terre Ancestrali”.

Lo studio e la difesa dei luoghi e delle culture sono il nostro impegno, così come l’incontro umano è il terreno naturale sul quale sperimentare forme di fratellanza universale, come ci suggeriscono i nepalesi. In un documento di quell’anno il Professor Stanesvar Timislina, docente di Tantra all’Università di Sanscrito di Katmandu (Nepal), tracciava una prospettiva di lavoro sulle Montagne Sacre dell’Asia (a partire dal Monte Kailash e dal Monte Everest) di grande interesse. Naturalmente l’obbiettivo primario degli Apache è salvare, con la sacralità della loro montagna, le loro radici e la loro cultura, mentre per noi in Valcamonica è essenziale salvaguardare l’integrità dei luoghi sacri dell’antichità preistorica. Nel 1976, primo titolo per l’Italia, la Valcamonica veniva inserita nella Lista del Patrimonio Culturale Mondiale dell’UNESCO: lungo un arco temporale di 8.000 anni, dall’epipaleolitico all’invasione romana (26A.C.), è testimoniata una presenza umana che si insedia nella media valle fra due montagne, il Pizzo Badile Camuno, sul versante orografico sinistro del fiume Oglio e la Concarena su quello destro. Oltre 350.000 incisioni rupestri rimandano ad un mondo spirituale e metafisico di fantastica ricchezza e profondità: i segni lasciati sulle rocce sono solo una piccola parte delle espressioni rituali e simboliche, la maggior parte delle quali è deperita e scomparsa: e questi segni erano opera di “addetti” al culto (Medicine Men e Medicine Women, direbbero gli indiani), è facilmente immaginabile la nostra valle piena di simboli e di ricercatori dello spirito, un vero e proprio santuario alpino racchiuso tra due monti rappresentanti simbolicamente, a causa della loro morfologia, l’elemento maschile (il Pizzo Badile) e l’elemento femminile (la Concarena).

Non è certamente un caso che ancora oggi abbiano una, un nome maschile e l’altra un nome femminile, ma l’aspetto più interessante è che nei periodi dell’anno legati agli equinozi, fenomeni ottici di rifrazione della luce solare esaltano fino al parossismo il carattere “sessuale” delle due montagne. Nel settembre del 1999 Raleigh Thompson, presidente degli Apache San Carlos  per 17 anni, è venuto a trovarci a Saviore dell’Adamello: “Siete quasi Apache”, ci ha detto e per noi è stato davvero un complimento straordinario. Un mese prima una delegazione di quattro nostri soci aveva partecipato in Arizona alla Corsa Sacra che lungo un percorso di 170 chilometri porta dalla Riserva alla vetta del Monte Graham, è una corsa molto importante per gli indiani perché rappresenta anche un modo per ritrovare un’identità culturale e perfino fisica messa costantemente in pericolo da uno stile di vita estraneo e dannoso. Anche a Saviore il 14 agosto ’99 abbiamo fatto una “Corsa Sacra” idealmente legata a quella del Monte Graham e questo collegamento a distanza è un’idea molto più concreta di quanto possa sembrare. Raleigh Thompson è stato molto gentile con noi, con il suo aiuto abbiamo controllato che la “Sweat Lodge” (capanna del sudore, sauna tradizionale indiana), costruita dai soci di ritorno dall’Arizona, fosse orientata esattamente a Est e soprattutto in quale modo renderla parte autentica e concreta dello scambio culturale. I conquistadores prima ed i puritani poi, consideravano i bagni di vapore malsani e corruttori, perseguitarono i Nativi anche per questo dimostrando ancora una volta come la stupidità generi violenza e cudeltà. Ora che l’uso della “Sweat Lodge” è entrato nella pratica dei soci che frequentano il rifugio, iniziamo a coglierne gli aspetti salutari e ad intravederne il mondo mitico. Tutto questo e molto altro che non è possibile scrivere in poco spazio e forse semplicemente si scontra con le parole perchè le sorpassa, fa parte della vita della nostra sezione e del nostro rifugio; i viaggi in pullman che organizziamo ogni inverno nella Foresta Nera, le conferenze ed i dibattiti con gli studenti, gli incontri popolari serali e le feste.

Alcuni anni fa abbiamo comprato una vecchia casa ed un fienile annesso, nella parte storica dell’abitato di Saviore, per farne la sede definitiva delle attività, sia turistiche , sia culturali, della nostra sezione. Stiamo ristrutturandola e l’impegno si rivela più complesso e lungo di quello che pensavamo, comunque, una parte verrà aperta entro l’estate, avrà 10 posti letto con servizi ed uso cucina in autogestione. Condividono la proprietà con noi i naturfreunde della sezione di Dietlingen (Foresta Nera), con i quali è in corso da molto tempo una forte amicizia. Abbiamo scelto il paese perché il paese si spopola, perché è l’ultimo della valle, perché dobbiamo tracciare un confine invalicabile tra tutte le attività umane e l’immersione nella natura. Come per fare un bagno ci togliamo i vestiti, così ci vuole un posto in cui liberarsi delle zavorre prima di percorrere la natura.

Ogni volta scopriamo di essere una realtà viva e multiforme, da dodici anni perseguiamo con determinazione e continuità un progetto ed un esperimento che è cominciato con una vera e propria scelta di vita e continua a svilupparsi (da un anno due soci hanno iniziato un’attività di allevamento di capre “Bionde dell’Adamello” in un Baìt vicino al rifugio) anche al di fuori e oltre le nostre previsioni. Da sempre amministratori locali e politici ci chiedono progetti e “Pacchetti”, da sempre tentiamo di fargli capire che il “Turismo” non esiste più, che il futuro sarà dei luoghi che non avranno tradito la loro identità, perché potranno rispondere a quei profondi bisogni fisici e psichici che spingono le persone a muoversi ed amare i luoghi. Andranno per la loro strada le località del turismo industriale, molte di loro hanno varcato la soglia del non ritorno e saranno sempre più esposte a crisi e difficoltà: entro cinquant’anni, prevedono seri studi di climatologia, i ghiacciai alpini potrebbero essere scomparsi…

Il nostro lavoro continua e vive di rapporti, di amicizia e di scoperte, come quella di un antropomorfo Nord-Etrusco (figura di guerriero-cacciatore-danzatore) del 7°-8° secolo A.C., in un riparo sottoroccia a venti minuti dal nostro rifugio, riparo visitato da studiosi e che mostra segni di un possibile uso cultuale anche in epoca storica. E’ un contributo concreto che proviene direttamente dall’esperienza e dalla vita sociale degli Amici della Natura alla conoscenza delle origini dell’insediamento umano in Val Saviore. Lo abbiamo interpretato anche come un segno. Raleigh Thompson ha pregato e cantato in quel posto, ha offerto il polline sacro e la piuma d’aquila, ha anche pianto e mentre i meravigliosi suoni della lingua Apache risuonavano nel bosco vicino al fiume, era come se in quel riparo tornasse un po’ della vita definitivamente perduta.

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