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URBANISTICA

Cevo sta in alto in questi siti aprichi, gode forse la miglior posizione della valle… nessun monte s’innalza davanti con sgarbato profilo, nessuna rupe lo minaccia, è tutto una luce e un verde chiaro di prati e un’estensione di colture che spesso biancheggiano peri fiori del grano saraceno...una nota alpestre e gaia che ne faceva ammirare ed invidiare quell'immensa veduta e quella luce, quel mare di luce” (1895, Arturo Cozzaglio, Paesaggi di Valcamonica).

La data più antica risale 1072 ed appare incisa sulla casa Scolari, detta Cà de Tròs; l’attuale Via Adamello appartiene allo stesso periodo. A testimonianza del borgo antico rimane la contrada Cà de Gos: il centro storico è ben conservato, nonostante i frequenti incendi nel corso dei secoli: costruzioni tipiche dell’architettura alpina si possono osservare anche in Piasa de maròc; il resto del paese viene interamente ricostruito nel dopoguerra. Altre date sono scolpite sul fienile di (1226) e su un sasso al Clèf de la Cèsa (1274). La chiesa romanica di San Sisto fu edificata nel XII secolo, la Parrocchiale di San Vigilio è del 1600. E’ presente un’altra piccola chiesa presso la Colonia Ferrari, sulla strada che conduce a Saviore, dedicata al Sacro Cuore, del 1925, originariamente dedicata a Sant'Antonio. Sul Dosso dell'Androla, il Santuario della Madonna di Caravaggio, del XVI secolo. Presso i Salesiani, il Santuario mariano di Santa Maria Ausiliatrice, del 1962. La costruzione del cimitero attuale risale all’Ottocento; fino agli anni ’50 si utilizzava anche quello di San Sisto. Nelle cronache, i Cevesi sono descritti come un popolo devotissimo, che coltivava la pietà negli oratori di Sant'Antonio da Padova e di San Francesco, dove c’era la Scuola della Disciplina, ovvero l'Oratorio dei Disciplini. Sopra il paese erano indicate tre sorgenti d’acque termali calde. Ben nove mulini sono documentati nel 1870, oltre ad una segheria e ad una fucina a grosso maglio; tracce di torri segnalate verso Saviore. Interessanti le antiche miniere di rame preistoriche all’Andròla; sono citate anche miniere di ferro di proprietà di persone veneziane (Canzera, Stella, la monaca Polissena Badoer).

STORIA

Nel 1319, a Cevo si hanno alterne vicende di occupazione tra i Visconti di Milano e la Serenissima Repubblica Veneta. I passaggi di dominio furono frequenti e dannosi ed il paese subì danni apportati da numerosi incendi (1590-1644-1886-1887). Nel 1386 un atto di vendita cita Comino da Cerete e Guanino di Cevo. In epoca medievale il centro godette di esenzioni fiscali, concesse dal Vescovo di Brescia, probabilmente grazie alla presenza d’influenti famiglie veneziane in Valsaviore. Il 14 dicembre 1449 ai conti Giorgio e Pietro di Lodrone, per la loro fedeltà alla Serenissima, furono assegnati beni e possedimenti anche a Cevo. Le antiche tradizioni medievali, che vedevano le terre di Cevo libere da imposizioni curiali (decime e servitù parrocchiali), furono ripristinate verso la metà del 1500 e perdurarono fino al 1633, quando il vescovo Giustiniani le abolì. In seguito, Cevo si liberò del dominio dei feudatari locali per divenire libero comune, rafforzandosi attraverso le Vicinie.

Il paese fu distrutto molte volte da incendi e frane: sono ricordati quello del 1590 ed uno ancora più devastante, il 22 aprile 1644, forse causato da un fulmine. Altre distruzioni il 17 gennaio del 1886 e il 17 giugno 1887; quest'ultima, ben documentata, devastò oltre a 50 edifici di civile abitazione (case e fienili), il municipio e la scuola. Furono segnalate alle autorità del regno ben 56 famiglie, per un totale di 400 persone rimaste senza tetto. L'emigrazione verso le Americhe ed altri paesi stranieri raggiunse il culmine verso la fine del 1800 e l'inizio del 1900; il 1811 fu un anno particolarmente disgraziato per la già povera economia montana, tanto che la popolazione fu costretta a chiedere fondi alle autorità per sopravvivere. Le principali fonti di sostentamento erano costituite dalla pastorizia, dall’allevamento di bovini e dalla coltivazione di segale, patate e mais: da un censimento del 1857, effettuato dai delegati dell'Impero Austro Ungarico, si contavano, sulle terre di Cevo, 250 giovenche, 400 capre, 112 maiali.

Durante la Guerra Bianca in Adamello, Cevo fu coinvolto nelle operazioni belliche che avevano luogo sull’Adamello, zona di confine con l’Impero Austro-ungarico e teatro di sanguinosi combattimenti. Nel 1927 Cevo fu unificato a Saviore nel comune di Valsaviore; nel 1954 ridivenne autonomo. Negli anni ’20 del Novecento furono portati avanti i lavori di regimazione dei bacini valsavioresi per lo sfruttamento idroelettrico. Il secondo conflitto mondiale accentuò le condizioni di povertà della popolazione, decimata per l’elevato numero di soldati morti in guerra. Molti Cevesi, dopo l’8 settembre 1943, si arruolarono come partigiani nella 54° Brigata Garibaldi. I rastrellamenti e le operazioni di polizia messe in campo dai fascisti locali furono durissimi. Il 3 luglio 1944 le rappresaglie culminarono con l'incendio del paese e numerosi atti d’estrema violenza: 151 case totalmente distrutte, altre 48 rovinate e 12 saccheggiate. Furono uccise 4 persone. Su una popolazione totale di circa 1200 abitanti, dopo l'azione fascista furono contati ben 800 senza tetto. L’episodio segnò profondamente la vita di numerose famiglie cevesi; a lato del palazzo comunale nel 1964 è stato costruito un sacrario; in memoria delle vittime della Resistenza, nel luglio del 1979, in Pineta, è stato posto un monumento. I recenti lavori realizzati nella zona della Pineta, dove è stato costruito un Centro congressi e sono state ampliate le strutture turistiche, accanto al lodevole impegno degli operatori locali, promettono un possibile futuro nello sviluppo di un’idea di valorizzazione turistica della Valsaviore.

TOPONIMO

In dialetto si chiama Séf: deriverebbe dal latino (verificare) clivius, “pendio”, da antiche malghe chiamate Clèf e Clevet; oppure da un’antica località indicata col nome Cleve, posta verso il confine orientale della Val Caffaro, degradante verso la Val Daone. Da saevus, aspro o boscoso; il comparativo saevior, “più montano”, originerebbe il nome di Saviore. Altra derivazione accettata è quella da cef, “roccia”, con riferimento alla grande rupe del Còran de la Panèra. Forse da sef, dal latino sebus, (verificare) “grasso d’animale”, o dalla voce germanica hòf indica un riparo, o un rifugio.


Scorcio


Cà de Gos


Casa del Beato Innocenzo


Scorcio


Monumento ai Caduti


Municipio


Portone


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Daniela Rossi © 2000

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