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I PAGANI

La Valle Camonica, santuario della preistoria, con centinaia di migliaia di incisioni rupestri, aveva già una solida tradizione spirituale quando gli evangelizzatori giunsero tra le sue montagne, che custodivano da millenni un Pantheon di divinità legate all’adorazione del sole, alla caccia, al culto dell'acqua; aveva fatto proprio il dio celtico Cernunnos, dalla testa di cervo, mirabile incisione del Parco delle Naquane a Capo di Ponte, ed anche le divinità romane erano state sovrapposte a quelle locali.

Toponimi inerenti i Pagani sono frequenti in tutto l’arco alpino ed indicano spesso siti cultuali pre-cristiani; a Saviore le Rumine, all'uscita dal paese verso Fabrezza, erano anticamente chiamate Dosso dei Pagani, forse anche per la presenza di un'iscrizione incisa sulla roccia in caratteri sconosciuti; la chiesa dei Ss Nazario e Celso ad Andrista sarebbe sorta sui resti di un antico tempio. La santella del Güsgiöl dele Crìstule, a Cevo, è stata eretta vicino ad una lastra di granito detta Tomba del diàol, tomba del diavolo e nei pressi esistono incisioni rupestri. Le Tambe dei Pagà, sul crinale del monte che separa Ponte e Valle, furono probabilmente il rifugio degli ultimi uomini della Valsaviore che rifiutarono la conversione al cattolicesimo. La loro struttura si snoda in un meandro di cunicoli sotterranei, ancora in buono stato; erano miniere di rame preistoriche. Tamba significa luogo nascosto. Nel 1812 Cristoforo Boldini parla del “Castello di Romini sopra Saviore detto il Dos dei Pagani si chiama anco indistintamente Castegnocolo”, che presentava, ancora nell’ ‘800, avanzi visibili delle mura, "a varia discreta altezza”; accanto vi era una fontana, detta Pozzo delle Zane (corruzione di Puteum Dianae), sulla quale era presente un’iscrizione in antichi caratteri ignoti.

A Saviore, la tradizione celtica di accendere fuochi nella notte del solstizio d’estate è stata mantenuta fino a pochi anni fa. Per la festa patronale, il 24 giugno, si facevano ardere lumicini, preparati con resina d’abete, posti su tutto il muro che circonda la chiesa. Una leggenda parla poi di fiammelle vaganti prima dei temporali. Tale usanza è testimoniata in Irlanda, Russia, Svezia, Norvegia, Spagna, Grecia, Germania; è celebrata ancora oggi nei dintorni di Hallstatt (il più antico sito celtico), in Austria. I fuochi di San Giovanni proteggono i raccolti dai demoni ed il calore rende fertile la terra. Un’ampia trattazione dell’argomento è contenuta nel Ramo d’oro di James Frazer. Il Venerdì Santo, durante l’usanza del Maridà le püte, si accendevano grandi falò e si intonavano cori epitalamici. Del resto, persino la Chiesa eccezionalmente celebra la nascita di un santo e non la sua morte, sovrapponendola ai riti pagani. La parrocchia di Saviore per l’occasione donava pane bianco, ciliegie, pere e carrube anche agli abitanti dei paesi vicini.

Anche le Rogazioni, una delle festività cattoliche più sentite nel mondo rurale, conservano un legame con i culti di fertilità della terra, retaggio di un politeismo cristiano, di origini ancestrali. Ai neonati si faceva sempre il segno di croce prima di portarli fuori, affinché non fossero stregati; per la medesima ragione, le donne non uscivano mai di casa con il capo scoperto. I Santi cattolici furono sovrapposti a divinità pagane, come San Vito, invocato dai Longobardi contro le vipere, cui sono dedicate santelle nei viali di campagna (ce n'è una sulla strada per Brata, tra Ponte e Saviore). 

LA CRISTIANIZZAZIONE

In cronache medievali viene riferito che fu il vescovo di Trento S. Vigilio, martirizzato in Val Rendena nel 405, a cristianizzare la Valsaviore, dopo che due suoi legati, venuti a portare il Vangelo, vennero trucidati dagli abitanti pagani. La cristianizzazione si consolidò in Valle Camonica con i Longobardi, che nel 568 conquistarono Brescia ed il suo territorio; anche la Valsaviore venne infeudata al Duca Longobardo ed al monastero di San Salvatore di Brescia. Nel 774 Carlo Magno la affida ai monaci di Tours, anche se nel 764 Lotario rivendica possedimenti camuni. Il dominio francese si affievolisce a vantaggio del Vescovo di Brescia, che diventa il riferimento per le famiglie potenti della zona.

Intorno all’XI secolo, quella di Saviore fu la prima chiesa battesimale a distaccarsi dalla reggente Pieve di San Siro a Cemmo unica autorizzata ad amministrare il Battesimo. I battezzandi, o Catecumeni, erano accolti, vestiti di tonache bianche, presso il fonte battesimale ed il rito spesso avveniva per immersione. La concessione del Battistero avvenne con l’intento di incrementare la presenza cattolica anche nei centri periferici, riducendo gli spostamenti, difficoltosi durante la stagione invernale. La costruzione della chiesa di S. Sisto a Cevo attesta la presenza della comunità cristiana già dal XII secolo.

Fino al 1942 il parroco di Valle veniva eletto con tre voti: uno da parte della famiglia Zendrini, uno del parroco di Saviore ed uno dai rappresentanti del popolo. San Vito (santo invocato dai Longobardi contro le vipere, culto risalente forse all'epoca in cui la zona non era bonificata). Sta per essere terminata una sezione riservata a tradizioni e pratiche religiose in Valsaviore, sui decreti dell’arcivescovo milanese SanCarlo Borromeo del 1580 ed alla visita del vescovo Bollani; sulla presenza dell’Oratorio dei Disciplini a Cevo e a Saviore, dove esisteva anche la Scöla de la Candela, i cui adepti usavano recare ceri accesi durante i funerali; sulla missione del Beato Innocenzo da Berzo a Cevo; su San Benardino da Siena. Se desiderate essere informati sull'aggiornamento, inviate la vostra richiesta via e-mail

LE STREGHE

La fonte più ricca sulla caccia alle streghe in Valle Camonica sono i Diarii del veneziano Marin Senudo, che riporta vicende accadute tra il 1496 ed il 1536. Alla fine del XV secolo si parla dell’esistenza di una setta diabolica ad Edolo, dove nel 1510 fu innalzato uno dei primi roghi di streghe, accusate di aver arrecato siccità con i loro incantamenti. In Valle, nel solo mese di luglio del 1518, furono arsi vivi sessanta donne e venti uomini, i beni incamerati nei benefici ecclesiastici. Ancora nel 1690, una donna, accusata di stregoneria, muore in prigione a Breno. Di questo mondo rimase traccia nelle antiche leggende.

Tra Cevo e Saviore, al Bàit dei Sànch (Fienile dei Santi), di notte si sente la Dòna del zöck, la Signora del gioco, residuo di antiche divinità pagane, forse una volgarizzazione di Erodiade o Diana; tale entità è citata nel Canon Episcopi, apportatrice di danni e paure. Secondo la leggenda saviorese, in questo fienile ridde di demoni d’ogni sorta intessevano danze sabbatiche: talvolta i giovani del paese venivano invitati a festeggiare da avvenenti creature, che rivelavano poi la loro natura, mostrando ripugnanti piedi di capra. Chi osasse avvicinarsi vedrebbe “un lume in basso quando si trova in alto, in alto quando si trova in basso”. Quando la Dòna del zöck giungeva nei pressi di baite isolate, faceva impazzire gli animali, graffiava porte e finestre, lasciava i prati ricoperti d’escrementi; si potevano vedere i segni della stregoneria sugli animali (come i crini intrecciati dei cavalli) che di lì a poco sarebbero morti. Sopra Cargiöla, a Saviore, c’è un fienile che riporta diverse date del 1700, iniziali e numerosissime croci, intagliate nel portone di legno, con l’intento apotropaico di far divergere il male da quel luogo.

A Cevo si parla delle Strìe de l’Andròla, che avrebbero dimorato nelle antiche miniere di rame lì presenti, il cui accesso era custodito da un serpente che sulla coda recava un anello d’oro; celebravano il sabba infernale durante i temporali. E’ probabile che anche le streghe valsavioresi, viaggiando a bordo di capre, gatti e quant’altro, si unissero ai “barilotti” che avevano luogo al Tonale, deputato al ritrovo dei demoni di Valle Camonica, Valtellina e Val Seriana, anticamente dedicato al culto della divinità pagana Tonante Pennino. Sopra una roccia chiamata Preda del Gal furono apposte dodici croci ed una figura circolare: in tutta la Valle Camonica si riscontrano croci di cristianizzazione, realizzate con l’intento di risacralizzare luoghi precedentemente dedicati al culto di divinità preesistenti.

Con l’epiteto Caterina de Bèrs si indicava una persona che aveva le visioni per la fame, perché questa donna sosteneva di essersi cibata, per dodici anni, della sola ostia consacra. Venerata come santa dai compaesani, Caterina, della famiglia Rossi di Poschiavo, ogni giorno vede demoni che la distolgono dalle sue orazioni; comunica direttamente con Gesù Bambino, la Madonna e San Francesco; dopo la comunione entra in estasi. Il Vescovo di Brescia esamina il caso ma non gli attribuisce rilevanza; il parroco allora le vieta la comunione. Fu condannata a 10 anni di prigione nel 1642, per affettata santità,: le accuse riguardano atti di insofferenza verso le autorità e violazioni alle regole della Chiesa. Un testimone la accusò di appartenere ad una società di streghe ed il tribunale inquisitorio notò che aveva segnati sulle spalle i caratteri J,V,K,M, spariti però il giorno dopo. Anche il frate cappuccino Fulgenzio da Cevo aveva le visioni come Caterina, tanto che ogni mattina era destato dalla Vergine degli Angeli, la quale ebbe il merito di salvarlo da una caduta dall’alto di una chiesa. Nonostante le corrispondenze soprannaturali, non seguì lo stesso destino di Caterina.

Per un approfondimento del tema, consiglio la lettura del testo di M. Prevideprato, Tu hai renegà la fede, EDIT.TE, Nadro, 1992.


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