Il
"Campo"
Nel
''campo'' rom di via dei Gordiani, a Roma, vivono circa
250 persone.
Cento sono bambini, sessanta dei quali in eta' scolare. Provengono da Kragujevac,
in Serbia. I primi sono arrivati 13 anni fa.
Da allora vivono in un appezzamento di terreno di proprieta' dello I.A.C.P.
(Istituto Autonomo Case Popolari) nella VI Circoscrizione, lungo la Prenestina,
una delle arterie principali di Roma, che si snoda da Porta Maggiore - a pochi
passi dalla Stazione Termini - al raccordo anulare. Si tratta, quindi, di un ''campo''
rom sui generis in quanto ad ubicazione: poco distante dal centro della citta',
in una zona ad alta densita' abitativa.
Eppure il ''campo'' di via dei Gordiani conserva molte delle caratteristiche
tipiche dei campi rom: innanzitutto l'assenza di scambi con l'esterno.
Da oltre dieci anni le persone del campo vivono prevalentemente tra loro, dando
luogo a una comunita' stanziale ''chiusa''. Nessuno ne esce e nessuno vi entra,
fatta eccezione per i nuovi nati. L'unico canale di comunicazione con il ''mondo
esterno'' e' la scuola. Anche via dei Gordiani, infatti, rientra nel programma
di scolarizzazione che il Comune di Roma ha attivato per i bambini rom. Ma e' un
intervento minato alla base dalle condizioni di vita cui sono sottoposti i
bambini del campo, come viene evidenziato in una recente lettera di denuncia
della Scuola materna ed elementare ''Romolo Balzani''.
Intanto, si tratta di bambini cronicamente malati: pediculosi, dermatiti,
herpes, affezioni delle vie respiratorie, problemi dentistici sono le patologie
piu' diffuse, la cui incidenza e' tale da impedire una costante e serena
frequenza delle lezioni.
Ma i problemi affiorano soprattutto sul piano psicologico: i ragazzi del campo
conducono uno stile di vita che ostacola a tutti gli effetti l'integrazione
scolastica. Uno stile di vita imposto innanzitutto dalle condizioni abitative.
Tutte le persone del ''campo'', infatti, alloggiano in baracche fatiscenti,
costruite dagli abitanti con materiali d'occasione, altamente infiammabili.
Entrare nel ''campo'' rom di via dei Gordiani equivale a fare un salto nelle ''favelas''
brasiliane: casupole precarie, addossate le une sulle altre, in un labirinto di
fango e sporcizia.
In ogni baracca risiedono almeno sette o otto persone, e i bambini sono
costretti a condividere modelli di vita adulti, in un contesto di totale
promiscuita'. Questo comporta, tra l'altro, enormi problemi di concentrazione;
ma anche grosse difficolta' nell'apprendimento dei codici (dalla scrittura al
disegno) e nell'elaborazione del pensiero astratto.
Per non parlare del fatto che tutti, bambini e adulti, vivono nella piu'
completa assenza d'igiene, da cui il diffondersi delle malattie. L'intero ''campo''
e' servito da un'unica fontanella, ''prestata'' dal prete dell'adiacente
parrocchia.
Il Comune, invece, e' da sempre assente, come se i 250 rom di via dei Gordiani
non esistessero.
Il progetto
A fronte di questa situazione di estremo degrado e totale
disinteresse da parte delle autorita' comunali, va rilevata l'esistenza, da tre
anni e mezzo a questa parte, di un progetto (elaborato dallo I.A.C.P.,
proprietario dell'area, e finanziato dalla Regione Lazio) per una soluzione
definitiva del problema abitativo dei rom, nel quadro di una generale
riqualificazione del quartiere.
Il progetto consiste nella costruzione di un villaggio (42 moduli abitativi) ed
é il risultato di un lungo dialogo con la gente del campo, nonché di
un'accurata ricerca sull'architettura rom.
L'aspetto più interessante risiede nella metodologia utilizzata: in sede
progettuale, infatti, si è tenuto conto dell'organizzazione della comunita'
rom, strutturata sull'unita' base della famiglia estesa, composta da piu' nuclei
famigliari, sull'identita' di religione, sulla provenienza etnica e geografica.
Considerando il contesto culturale di riferimento, il progetto non si limita a
fornire ai rom un'abitazione ma é diretto a favorire la loro integrazione nella
città.
Il villaggio di via dei Gordiani rappresenterebbe una prima risposta concreta al
problema dell'accoglienza - un nodo da sempre irrisolto nella citta' di Roma.
Tant'e' che il progetto ha tutte le carte in regola per diventare uno standard a
cui rapportare gli interventi futuri destinati al popolo zingaro - ma anche ad
altri immigrati, e alle ''categorie speciali'' in genere.
E' evidente che i partiti della destra non potevano non osteggiare da subito la
filosofia di un simile progetto. Essi hanno messo in atto una campagna
strumentale e denigratoria, basata su affermazioni come quella (contenuta in un
manifesto) che sostiene che la sinistra starebbe ''regalando villette a schiera''
agli zingari - con tanto di interpellanza parlamentare del solito Storace.
Niente di piu' falso: il progetto viene finanziato con i fondi destinati
all'edilizia residenziale pubblica, utilizzando gli stanziamenti riservati alle
cosiddette ''categorie speciali'' (nomadi, immigrati, anziani, giovani coppie e
persone in difficolta'). Dei 122 MLD a disposizione della Regione Lazio per
finanziare
progetti a favore di queste categorie, il villaggio impegnera' circa 12 MLD -
che non potrebbero, comunque, essere destinati ad altri impieghi.
Nel '97 i tre enti interessati: Comune, Regione, IACP, hanno stipulato un
protocollo d'intesa in cui tra l'altro si e' dato vita a una Conferenza dei
servizi che doveva predisporre tutti gli aspetti tecnico-amministrativi
favorendo la collaborazione dei diversi organi competenti. I tempi lunghissimi
trascorsi da allora sono dovuti, a quanto pare,
sia agli errori dell'amministrazione comunale (del progetto era stato
inizialmente investito un assessorato che poi e' stato ritenuto incompetente al
riguardo) sia, evidentemente, a un'insufficiente volonta' politica.
Tuttavia oggi, a 4 anni di distanza, i problemi tecnici sono stati totalmente
risolti.
Lo scorso dicembre si e' tenuta l'ultima Conferenza dei servizi che ha
ratificato un accordo tra comune, Regione Lazio e IACP grazie al quale
quest'ultimo cede gratuitamente l'area per costituire, accanto al villaggio rom,
un parco pubblico di 12000 mq. In compenso, il comune si e' impegnato a
garantire alcune opere essenziali per il quartiere,
come l'illuminazione di via dei Gordiani e la ristrutturazione di alcune case
popolari adiacenti.
Come si vede, un complesso organico di provvedimenti nel quale la soluzione del
problema abitativo per i rom funge da volano per la riqualificazione dell'intero
quartiere.
Impegni disattesi
In sede di Conferenza dei servizi l'amministrazione comunale
si era impegnata a portare in Giunta Comunale entro il 15 dicembre la variante
urbanistica che prevede il cambiamento di destinazione d'uso del terreno su cui
sorgono le baracche, ultimo anello per arrivare finalmente alla fase operativa.
A seguito del mancato rispetto di questa scadenza, il Coordinamento cittadino
(che raccoglie diverse realta' e associazioni impegnate con i rom di via dei
Gordiani per la realizzazione del progetto) ha organizzato una prima fase di
mobilitazione, ottenendo un incontro con l'Assessorato alle Politiche del
Territorio del Comune di Roma.
In questo incontro, tenutosi all'inizio di gennaio, al quale era presente anche
un funzionario della Regione Lazio, l'amministrazione si e' impegnata al
rispetto di un calendario che prevedeva:
1) entro il 18 gennaio 2000 l'approvazione in giunta della delibera concernente
la variante urbanistica
2) entro i trenta giorni seguenti, come previsto dalla legge (e quindi entro il
20 febbraio circa) l'acquisizione dei pareri della Circoscrizione e delle
Commissioni comunali competenti
3) entro i trenta giorni successivi, la discussione della delibera in Consiglio
Comunale (e siamo al 20 marzo circa)
4) l'organizzazione tempestiva della Conferenza propedeutica per l'accordo di
programma, in modo da garantire la firma definitiva dell'accordo da parte del
Presidente della Regione, prevista per l'8 aprile
Come si vede, tempi studiati in modo da scongiurare - nel rispetto di tutti i
margini previsti dalla legge per i diversi adempimenti formali - il pericolo
costituito dalle elezioni regionali del 16 aprile, dalle quali potrebbe emergere
una maggioranza contraria al villaggio e capace di vanificare quattro anni di
lavoro.
Analoghe assicurazioni venivano fornite al Coordinamento cittadino dai
capigruppo dei principali partiti di sinistra, che governano la citta', e dal
presidente della VI Circoscrizione (DS).
Dietro le quinte la situazione era ben diversa. Alcuni consiglieri DS della VI
Circoscrizione alla presenza del capogruppo DS al consiglio comunale hanno
scritto una relazione in cui venivano esposte sostanziali perplessita' a che la
delibera venisse approvata. C'e' da dire che tutti gli appunti tecnici sollevati
in questa sede erano gia' stati ampiamente discussi e risolti in Conferenza dei
servizi; ma soprattutto che questo documento fornisce un'immagine denigratoria e
distorta del popolo zingaro. Si afferma che i rom ''sono persone non educate al
rigoroso rispetto delle regole'', si suggerisce l'introduzione di ''un presidio
fisso di polizia, carabinieri ed esercito'' per controllare la situazione, si
stigmatizzano i ''lussi che il progettista ha introdotto rispetto all'uso di
materiali da costruzione'' proponendo in alternativa ''di realizzare abitazioni
solide, con i requisiti primari aventi i requisiti di vivibilita', ma non delle
case che presentano una tipologia che non e' presente nel territorio, tali
ricercatezze stridono con gli
immensi palazzoni che costituiscono il quartiere''. (Va notato che la scelta di
utilizzare materiali il piu' possibile naturali e durevoli non e' un vezzo
dell'architetto ma nasce dall'esigenza di ridurre al minimo gli interventi di
manutenzione, e i relativi costi, recependo le nuove normative riguardanti la
bio-edilizia.
In sostanza, le casette di cinquanta mq destinate ai rom e costruite con i costi
standard dell'edilizia popolare (circa 1.100.000 al mq) sembrano scandalizzare
gli autori del documento perche', se realizzate, sarebbero troppo belle per gli
zingari.) Il documento di questo gruppo di consiglieri DS si concludeva con
un'affermazione lapidaria:
''e' ingiusto e immorale dare a pochi tanto e niente ai molti''.
Mentre in circoscrizione accadeva questo, la delibera concernente la variante
urbanistica veniva bloccata in giunta comunale, contrariamente agli impegni
assunti in Conferenza dei servizi e confermati dall'Assessore Cecchini ai rom e
al Coordinamento Cittadino.
Il
ripiego del campo attrezzato
Accantonato il progetto di costruzione del villaggio
sperimentale, (nel frattempo Storace e la destra si insediano in Regione), la
giunta capitolina propone, ai rom e alle forze della maggioranza interessate a
risolvere il problema abitativo dei rom di via dei gordiani, l'ipotesi della
costruzione in tempi rapidissimi di un campo attrezzato con moduli abitativi,
ciascuno dotato dei servizi igienici e dell'acqua corrente.
In una serie di riunioni tra il maggio e giugno 2000, gli assessori Cecchini,
Piva e Montino, i primi due fanno visita al campo più di una volta, mettono a
punto il progetto: affitto dell'area dallo Iacp, stanziamento dei fondi in
giunta, reperimento dei moduli abitativi, ... Previsione di inizio lavori:
immediata, tempi di realizzazione: tre-quattro mesi, prima comunque dell'inverno.
I lavori effettivamente cominciano il 2 agosto e vengono interrotti pochi
giorni dopo per l'opposizione della Sovrintendenza ai Beni Archeologici, non
consultata preventivamente ed ignara del progetto in atto (l'area in questione
è sottoposta a vincolo ambientale e di PRG).
Il Coordinamento cittadino per via dei gordiani riprende la battaglia politica
per i diritti dei rom di via dei gordiani. Viene sottoscritto un appello
internazionale a loro favore, che vede, tra le tantissime altre, anche le firme
di tre premi nobel (Dario Fo, Jsè Saramago e Adolfo Perez Esquivel, ma anche
Moni Ovadia, Goran Bregovic, Rossana Rossanda, Rita Borsellino, Marco Revelli,
Enrico Ghezzi, Raniero La Valle, ...). Viene organizzata una folto e
vivace sit-in di protesta in Campidoglio, vengono tempestati di telefonate gli
Uffici competenti. Il Coordinamento riesce a svolgere anche un ruolo di
mediazione tra Uffici che non si parlano (sic).
La risposta del Comune alla nuova situazione è la convocazione di una nuova Conferenza dei Servizi che deve rimettere intorno allo stesso tavolo le Sovrintendenze interessate (Beni Archeologici e Beni Architettonici), il Comune di Roma (XII Dipartimento), l'Ufficio Speciale Immigrazioni, la Regione Lazio. La convocazione, effettuata dall'Ufficio della dott.ssa Montenero (XII dip.) viene fissata per il giorno 30 gennaio 2001.
Due insidie turbano i lavori
della Conferenza: non esiste più un potere politico in Campidoglio (Rutelli
dimissionario ha lasciato venti giorni prima la guida del Comune al Commissario
prefettizio); e il parere, secondo il XII dipartimento vincolante, della Regione
all'attuazione del progetto.
Nella riunione del 30 gennaio, come temuto, la Regione Lazio non interviene ma invia
a firma del capo struttura Rinversi un parere negativo sulla costruzione del
campo attrezzato, motivandolo con "ragioni tecnico-urbanistiche".
Due giorni dopo, il 1° febbraio, la giunta
regionale emana un provvedimento di indirizzo con il quale cancella il
finanziamento relativo alla costruzione del villaggio sperimentale. Un atto
simbolico che non ha conseguenze pratiche immediate sul campo attrezzato, ma che indica
l'ostilità della nuova giunta regionale nei riguardi della comunità rom di via
dei gordiani. Tale ostilità si riscontra nelle successive dichiarazioni
dell'assessore alla casa Dionisi ("I rom di via dei Gordiani se ne devono
andare" .. "Costruiremo al loro posto dei centri di accoglienza per
handicappati") e soprattutto nell'iniziativa politica di Alleanza Nazionale
(4 febbraio) nel quartiere di Casilino 23: un brindisi per festeggiare la
decisione della Regione e la cacciata dei Rom.
Sulla base di un nuovo
progetto, concordato in primo luogo con la Sovrintendenza ai Beni Archeologici (dott.ssa
Buccellato), gli altri attori della Conferenza si dichiarano favorevoli
all'attuazione del progetto. Ma perchè si arrivi alla stesura definitiva
del progetto ed alla successiva emanazione dei pareri favorevoli passano atri
due mesi.
I lavori, nel frattempo, non riprendono, nonostante ciò venga espressamente
concordato in sede di Conferenza dei servizi, almeno per tutta quella parte
concernente le infrastrutture: luce, acqua, fogne, ...
L'ostacolo principale resta
comunque quello della Regione Lazio.
Si moltiplicano le pressioni su quell'ente perchè conceda il parere favorevole.
Il Coordinamento cittadino organizza per il giorno di carnevale uno spettacolo
nella piazza di Casilino 23 che vede la partecipazione l'intervento, a sostegno
della causa dei rom di via dei gordiani, di Moni Ovadia, Erri De Luca,
Sandro Portelli, Pedrag Matvejevic.
La Scuola Elementare di Via Ferraironi si schiera dalla parte dei rom,
organizzando assemblee con gli insegnanti ed i genitori, facendo votare un
o.d.g. in tale direzione al Consiglio di Circolo e trascindando sulle sue
posizioni l'intera rete scolastica del XIV e XV distretto.
Scende in campo anche la parrocchia S.Maria della Misericordia, che si trova
adiacente all'attuale campo. Viene concordata una lettera aperta, a firma delle
consigliere regionali Tarsia (CCd-Cdu) e Rodano (Ds), all'assessore Dionisi.
Il 24 aprile il capo struttura
Rinversi emana, per la Regione il parere favorevole alla costruzione del campo
attrezzato.
Sembrerebbe fatta, ma ancora una volta non è così.
Il XII Dipartimento del Comune di Roma chiede ancora, prima di muoversi,
ulteriori garanzie. Sostenendo di volta in volta l'esistenza di problemi tecnici
di sconosciuta natura, ritarda il suo intervento in attesa dell'esito delle
elezioni amministrtive.
Il Coordinamento cittadino
incontra nella campagna elettorale il candidato sindaco Veltroni, informandolo
sui fatti e ricevendo rassicurazioni al riguardo.
Il 13 maggio il municipio di Roma VI viene conquistato ancora una volta dal
centro-sinistra, mentre al primo turno Veltroni è in netto vantaggio sul
candidato della destra.
Su pressione del
coordinamento, gli uffici del XII dipartimento, riprendono l'iter
burocratico.
Il 21 maggio viene firmato il nuovo verbale di consegna dei lavori alla ditta
appaltatrice.
Giovedì 24 maggio riprendono i lavori al campo: viene ricostruita la
recinzione, vengono effettuati i primi scavi, vengono avviati nuovi sondaggi
archeologici.
Domenica 27 maggio Veltroni diventa Sindaco di Roma.
Il 6 giugno nuovo stop ai
lavori.
Il ritrovamento di un canale di scolo delle acque piovane è motivo per la
Sovrintendenza ai Ben Archeologici per chiedere, senza invocare il blocco dei
lavori, un'estensione dell'area di scavo, il che comporterà un'aggiunta di
circa 300 milioni al preventivo di spesa dell'intero progetto.
Il XII Dipartimento non intende proseguire i lavori, come potrebbe, fino a che
non abbia la certezza sulla totale copertura finanziaria dell'intera operazione.
Il 23 luglio, l'Assessore Milano invia una nota al XII Dipartimento e all'Assessorato ai Lavori Pubblici, nei quali informa l'avvenuto reperimento della somma in questione (inserimento nell'assestamento di bilancio) chiedendo la riattivazione immediata del cantiere, per consentire di completare i lavori prima del prossimo inverno.
Il cantiere è ancora chiuso.
1° agosto 2001